Richard, del ducato di York |
Margherita
constata la vanità del titolo e del potere della regina Elisabetta: “poor shadow,-skovtoς- painted-pingere-picta- queen… a queen
in
jest – Origin. a story, a merry tale res
gestae, la storia, una regina per
burla, una sollevata in alto per essere buttata giù (IV, 4. 83ss.).
Il primo coro delle donne di Micene dell’Agamennone si rivolge alla fallax Fortuna: con grandi beni inganni
e collochi sull’orlo dei precipizi i posti più alti in precipiti dubioque locas/ excelsa nimis (58-59).
Quindi: “quidquid
in altum fortuna tulit,/ ruitura levat (vv. 101-102)
Allora:
felix medio quisquis turbae (Agamennone, 104)
Nella
Fedra il quarto coro: minor in parvis Fortuna furit (1123)
Nel prologo di questa tragedia Tieste ricorda
i delitti dei Pelopidi dalla cena di Tantalo e conclude Versa natura est retro (34).
Cfr.
la spada di Damocle in Cicerone (Tusc.
V, 61-62)
cum
quidam ex eius adsentatoribus, Damŏcles, commemoraret in sermone copias eius,
opes, maiestatem dominationis, rerum abundantiam, magnificentiam aedium
regiarum, negaretque umquam beatiorem quemquam filisse: "Cupisne igitur -
inquit - o Damocles, quoniam te haec vita delectat, ipse eam degustare et
fortunam experiri meam?" Cum ille se cupere dixisset, Dionysius collocari
iussit hominem in aureo lecto, strato puicherrimo textĭli stragulo (tappeto),
magnificis operibus picto, abacosque (tavoli) compluris ornavit argento auroque
caelato. Tum ad mensas servos delectos iussit consistere eosque nutum illius
intuentes diligenter ministrare. Aderant unguenta, coronae; incendebantur
odores, mensae conquisitissimis epulis extruebantur. Fortunatus sibi Damocles
videbatur. In hoc medio apparatu fulgentem gladium e lacunari saetā equinā aptum
demitti iussit , ut impendēret illius beati cervicibus. Itaque nec pulchros
ìllos mìnìstratores aspiciebat nec plenum artis argentum nec manum porrigebat
in mensam, iam ipsae deflŭebant coronae; denique exoravit tyrannum, ut abire
liceret, quod iam beatus nollet esse.
La duchessa di
York maledice suo figlio Riccardo: “bloody
thou art; bloody will be thy end” (IV, 4, 195).
Come
Coriolano, seppur non proprio nella stessa maniera e con esiti diversi,
Riccardo si lascia rimproverare solo dalla madre: Duchess: Hear me a word, for I shall never speak to thee again.
Richard: So (IV, 4, 181-182)
Il
sangue in Eschilo e nel Manzoni. La mano sporca di sangue non si lava.
Versare il sangue a terra è un peccato irredimibile
Il coro dell'Agamennone nel
terzo stasimo canta:"una volta
caduto a terra-to; ga;r ejpi; ga'n peso;n a[pax) , nero/sangue mortale di quello che prima era un
uomo chi/potrebbe farlo tornare indietro cantando?"(vv.
1019-1021).
Una domanda retorica che afferma la
sacralità della vita umana e trova un correlativo cristiano in questa del
Manzoni che mette in evidenza la mano:" il sangue d'un uomo solo, sparso
per mano del suo fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la
terra"(Osservazioni sulla morale
cattolica, VII)
Nella Parodo delle Coefore
il Coro canta: "Tutti i canali convogliati in un'unica via, bagnando la
strage che imbratta la mano, correrebbero inutilmente a
purificarla" (vv.72-74). Nella lamentazione funebre che conclude il primo
episodio, Oreste ribadisce: "infatti se uno versa tutti i libami in cambio
di una sola goccia di sangue, vano è il travaglio: così è il detto" (Coefore,
vv. 520-521).
Nel Macbeth
il protagonista, dopo che ha assassinato il re, fa: Will all great
Neptune's Ocean wash this blood clean from my hand?, tutto l'oceano del
grande Nettuno potrà lavar via questo sangue dalla mia mano? No, piuttosto
questa mia mano tingerà del colore della carne le innumeri acque del mare
facendo del verde un unico rosso (II, 2).
Il
modello di questo passo si trova nella Fedra di Seneca dove Ippolito, sentendosi contaminato dalla matrigna,
dice:" quis eluet me
Tanais aut quae barbaris/Maeotis undis pontico incumbens mari?/Non ipse toto
magnus Oceano pater tantum expiarit sceleris, o silvae, o ferae! "
(vv.715-718), quale Tanai mi laverà o quale Meotide che con le barbare onde
preme sul mare pontico? Nemmeno il grande padre con tutto l'Oceano potrebbe
purificare un delitto così enorme. O foreste, o fiere!
Lady
Macbeth in un primo momento afferma che poca acqua basterà a pulire le mani
lordate dal misfatto: "A little water clears us of this deed "
(Macbeth, II, 2) leggiamo nella
tragedia di Shakespeare[1].
Più avanti la stessa donna che,
aizzando il marito al tradimento e al delitto, era sembrata tanto salda, resa
malata dal crimine sospira:"All the perfumes of Arabia will not sweeten
this little hand ", tutti i balsami d'Arabia non basteranno a
profumare questa piccola mano (V,1). Fa il gesto di lavarsi le mani che non si
nettano mai: “yet here’s a spot (…) Out damned spot!”, vcia macchia maledetta
E il doctor: “unnatural deeds do breed unnatural troubles” (V, 3) atti contro
natura producono turbamenti innaturali
Poi
Riccardo convince la regina vedova Elisabetta la propria cognata, vedova di
Edoardo IV ad aiutarlo a sposarne la figlia Elisabetta. Dice tra l’altro che le
morti da lui provocate erano predestinate: “all
unavoided is the doom-qevmiς law, from tivqhmi- of
destiny”
( IV, 4, 218) , il decreto del destino è inevitabile, alla nascita dei bambini
ammazzati erano avverse le stelle.
Cfr Echilo, Agamennone
:"to;
mevllon h{xei"
(v. 1240), il futuro verrà. Lo dice Cassandra.
Nel terzo stasimo dell’Alcesti di Euripide, il coro commenta
dicendo kreivsswn
oujde;n j Anavgkaς hu\ron (965-966), niente ho trovato più forte
della Necessità.
Riccardo dice alla cognata che deve
annegare (drown) nel Lete del suo
animo adirato- in the Lethe of thy angry-
anger, collera, Lat. angor- soul” il ricordo dei torti che ella
pensa siano stati arrecati da lui.
Cfr. to; th'ς Lhvqhς pedivon in Platone Rp. 621A, il mito di Er.
La ajlhvqeia però nega lhvqh.
Riccardo promette che la ragazza
sarà la sola vincitrice. Caesar’s Caesar,
il Cesare di Cesare.
Alla fine Elisabetta cede e
Riccardo commenta: si è arresa la sciocca, changing-cambio-are-
woman! (431).
Cfr. Virgilio:”varium et mutabile sempre –femina (Eneide, IV, 569-570).
Quando si aspetta notizie non
buone, Riccardo reagisce come Renzi: “out
on you, owls!- lat. ululo. Nothing
but songs of death? (IV, 4, 507)
Poi c’è la battaglia finale con
Richmond progenie della Casa di Lancaster (V, 3) che vince e sposerà Elisabetta
di York.
La notte prima della battaglia
Riccardo, come Bruto, è tormentato dagli spettri degli assassinati e dalla “coward conscience, how dost thou afflict-adflictus-
me!”, adflīgo, getto a terra
Tutti gli spettri delle sue vittime
gli rinfacciano i delitti e concludono despair-despēro-
and die (V, 3).
Riccardo però prova a darsi animo Richard loves Richard, that is, I and I,
Riccardo ama Riccardo e io sono io (V, 3, 184)
Cfr. I am Antony yet (Antonio e Cleopatra
III, 3) e Medea superest di Seneca (Medea, 166)
Cesare
non teme Cassio anche se Cassio è da temere: I rather tell thee what is feared-rather than I fear; for always I am
Caesar (Giulio Cesare, I, 2) E’
il darsi animo dei personaggi di Shakespeare
Si lamenta
che nessuno avrà pietà di lui, del resto nemmeno lui ce l’ha per se stesso: and if I die, no soul will pity me- and
wherefore should they, since that I myself –find in myself no pity to myself?
(202-204)
Si fa tuttavia coraggio dicendo che se non
splende il sole non è un brutto segno: lo stesso cielo accigliato con me guarda
con occhio triste anche lui , Richmond the
self-same heaven –that frowns on me looks sadly upon him (287-288)
Cfr. Alessandro Magno
che la coscienza è una parola usata
dai codardi e inventata in origine per fare paura ai forti: Conscience is but a word-lat. verbum, that
cowards-lat. cauda probabily named from the bob-tailed hare, lepre dalla
coda tagliata.- use, devis’d a first to
keep the strong—straggovς- tightly twisted, strettamente intrecciato (complesso)- in awe timore e soggezione – [acoς pena-
(V, 3, 310-311)
La
coscienza dunque come strumento di potere, al pari della religio.
E' la ragione già svelata da Crizia, sofista e
tiranno sanguinario, (460-403 a. C.) nel dramma satiresco Sisifo che contiene la teoria razionalistica dell'utilità
politica della religione la quale è un'invenzione geniale e valida a frenare i
male intenzionati con la paura dei castighi poiché le leggi non bastavano a
inceppare i malvagi quando agivano di nascosto:"mi sembra che prima un
uomo accorto e saggio di mente, inventò per i mortali il terrore (devo") degli
dei, affinché per i malvagi ci fosse uno spauracchio ("ti dei'ma")
anche se fanno o parlano o pensano qualche cosa furtivamente ("lavqra/")[2].
CONTINUA
[1] Una battuta che nel libretto di Piave del
melodramma musicato da Verdi diventa:" Ve' le mani ho lorde anch'io; poco
spruzzo e monde son" (Macbeth, I atto).
Giovanna Tocco
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