Giovanni Battista Tiepolo Mecenate presenta le arti liberali all'imperatore Augusto |
114 la decadenza
dello stile è effetto della decadenza dei costumi.
C’è un proverbio dei Greci: talis hominibus fuit oratio
qualis vita, il modo di esprimersi corrisponde alla vita. Lo stile
della persona è uno.
L’anima e l’ingegno hanno lo stesso colore e dopo tutto
anche l’anima e il corpo. non vides, si
animus elanguit, trahi membra et pigre moveri pedes? (3), se l’anima è
svigorita si trascinano le membra e i piedi si muovono lentamente. Si ille effeminatus est, in ipso incessu
apparere mollitiam? Si ille acer est
et ferox, concitari gradum? Se è energico e fiero il passo si affretta. Si furit, turbatum esse corporis motum nec
ire sed ferri?
Mecenate ebbe uno
stile molle (oratio soluta) come la
sua persona snervata (et ipse discinctus)
Le sue parole sono ricercate (insignita verba) tam quam
cultus, quam comitatus, quam domus, quam uxor, tanto quanto il suo tenore
di vita, il seguito, la casa, la meglie
Videbis itaque eloquentiam ebrii hominis, involutam
stile oscuro, et errantem,
divagante, et licentiae plenam, pieno
di eccessi.
Seneca fa esempi di questo stile affettato e bizzarro: quid turpius “amne silvisque ripa
comantibus?” (5) che cosa è più brutto di quella riva con il fiume dalle
selve con i capelli lunghi? (como-are)
Oppure feminae cinno crispat arriccia il volto
con l’ammiccare a una donna et labris columbatur e con le labbra
fa il verso del colombo incipitque
suspirans, e comincia sospirando, ut
cervice lassa fanantur nemoris
tyranni, come infuriano i signori del bosco con il collo spossato.
Il correlativo vestiario di questi versi stava nel fatto che
Mecenate camminava sempre nell’Urbe solutis tunicis con la tunica
sciolta e adempiva persino le funzioni dell’imperatore assente discinctus
slacciato.
Cfr. la sui
neglegentia di Petronio in Tacito.
Così Petronio elegantiae arbiter , maestro di buon
gusto alla corte di Nerone, viene descritto da Tacito: “habebaturque non ganeo et profligator, ut
plerique sua haurientium, sed erudito luxu. Ac dicta factaque eius quanto solutiora et quandam sui neglegentiam praeferentia, tanto
gratius in speciem simplicitatis accipiebantur" (Annales
, XVI, 18), ed era considerato non un
dissoluto o un dissipatore, come i più tra quelli che sperperano le proprie
fortune, ma uomo dalla voluttà raffinata. Le sue parole e i suoi atti
quanto più erano liberi e manifestavano una certa noncuranza di sé, tanto più
piacevolmente erano presi come segno di semplicità.
Oppure in tribunale in rostris, sul palco degli oratori,
Mecenate in omni publico coetu sic
apparuerit ut pallio velaretur caput exclusis utrimque auribus con il
mantello che gli copriva il capo escluse le orecchie, come lo schiavo fuggitivo
di un ricco nelle commedie
Girava accompagnato da due eunuchi peraltro più virili di
lui spadones duo magis tamen viri quam ipse
(spavdwn da spavw, strappo).
Uno che ebbe una sola moglie, Terenzia uxorem milliens duxit, la sposò mille volte dopo altrettanti
dissidi.
Nel De providentia
Seneca scrive che Mecenate era amoribus
anxius agitato per la passione amorosa e deplorava i quotidiani rifiuti di
una moglie capricciosa morosae uxoris
cotidiana repudia deflens , ed era pure voluptatibus
marcidus (3, 10)
Dunque mores novi et pravi et singulares,
strani perversi e singolari come i verba tam inprobe structa, messi
insieme così male, tam neglegenter abiecta,
buttate giù con tanta negligenza, tam
contra consuetudinem omnium posita, disposte senza rispetto per l’uso
comune.
Mecenate non fu un sanguinario ma mostrò la sua potenza
nella dissolutezza. Dunque appāret mollem
fuisse non mitem (7), è chiaro che fu un rammollito non un mite. Si leggono
verba transversa, espressioni
contorte, sensus miri, pensieri che
vogliono suscitare meraviglia, magni
quidem saepe sed enervati elevati ma fiacchi. La nimia felicitas, la fortuna troppo favorevole gli aveva sconvolto
la testa (8). Tale difetto di un uomo,
talora diventa vitium temporis,
quello di un’età.
La prosperità (felicitas)
diffonde la mollezza (luxuria).
Ne segue un cultus
corporum diligentior, una eccessiva accuratezza nel tenere il corpo, poi le
supellettili più raffinate, poi la casa con marmi e fregi dorati e allo
splendore dei soffitti corrisponda quello dei pavimenti ut lacunaribus pavimentorum respondeat nitor (114, 9).
Cfr. Non splendeat toga, ne sordeat quidem (Ep. 5, 4)
Quindi ad cenas
lautitia transfertur, la sontuosità passa alle mense, dove la commendatio il titolo di
raccomandazione, il fare bella figura ex
novitate et soliti ordinis commutatione captatur, si ricava dalla novità
dei cibi e dal cambiamento dell’ordine consueto in modo che i piatti di
chiusura si servono per primi (9)
Si diffonde questa moda di fastidire quae ex more sunt di sdegnare quello che è conforme al
costume prendere solita pro sordidis
come spregevoli, così etiam in oratione
quod novum est quaerit uno ricerca la novità o il disusato et modo antiqua verba atque exoleta revocat ripristina
e ora richiama in vita parole invecchiate e cadute in disuso, modo fingit et ignota ac deflectit, ne forma delle nuove e le volge a significati
sconosciuti pro cultu habetur, si considera raffinatezza audax translatio et frequens, metafore ardite e frequenti.
Si ricorre a veri e propri trucchi: sunt qui sensus praecīdant et hōc gratiam sperent, si sententia
pependerit, c’è chi tronca le frasi a metà e spera di riuscire gradito se
il pensiero rimane sospeso et audienti
suspicionem sui fecerat, e mette
l’ascoltatore in condizione di incertezza. Altri prolungano i periodi
all’infinito. Dove oratio corrupta placet, ibi mores quoque a recto descivisse non erit
dubium (11), non ci sarà
dubbio che i costumi hanno abbandonato la retta via.
Come la sontuosità dei banchetti e delle vesti ( quomodo conviviorum luxuria, quomodo vestium), sono i sintomi di una città malata aegrae civitatis indicia sunt, sic
orationis licentia ostendit animos quoque a quibus verba exeunt procidisse
di cui le parole sono espressioni sono
caduti.
.Il parlare male, fa male all'anima. Lo afferma Socrate nel Fedone:
"euj ga;r i[sqi…a[riste Krivtwn, to; mh; kalw'" levgein ouj
movnon eij" aujto; tou'to plhmmelev"[1], ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'"
yucai'"" (115 e), sappi bene…ottimo Critone che il non parlare
bene non è solo una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime
E tale stile guasto viene accolto non tantum a corona sordidiore non solo da un uditorio piuttosto
rozzo seda ab hac turba cultiore da
una calca di gente più educata che però è diversa per la toga, non per il modo
di giudicare. Non vengono lodati solo i discorsi pieni di difetti (vitiosa) ma i difetti stessi (vitia), infatti vitia virtutibus immixta sunt, i vizi sono legati alle virtù al
punto che se le tirano dietro (12) Il costume della città muta frequentemente e
fa mutare lo stile
Molti ricavano le parole da generazioni passate e parlano la
lingua delle 12 tavole. I Gracchi, l’oratore Crasso (140-91) e Curione (console
nel 76) per costoro sono nimis culti et
recentes (13). Sicchè tornano al console (307 e 296) Appio Claudio cieco e
al pontefice massimo Coruncanio (III sec).
Altri invece nihil
nisi tritum et usitatum volunt e in sordes
incidunt, cadono nella volgarità. Utrumque
diverso genere corruptum est: alter se
plus iusto colit, alter plus iusto neglegit; ille et crura, hic ne alas
quidem vellit (14) uno si strappa i peli anche dalle gambe, l’altro nemmeno
dalle ascelle.
Sentiamo Ovidio: i
denti siano senza tartaro (careant rubigine dentes, Ars, I, 513), i piedi abbiano calzari della loro misura[2],
il taglio di barba e capelli sia buono, le unghie siano ben limate e senza
sporcizia (Et nihil emineant et sint sine sordibus ungues, 517),
non ci siano peli nella cavità delle narici, non ci siano cattivi odori nel
fiato né addosso alla persona. "Cetera lascivae faciant concede
puellae/et si quis male vir quaerit habere virum " (521-522), il resto
lascia che lo facciano le donne lascive e chi, uomo presunto, desidera
possedere un uomo.
Passiamo alla disposizione delle parole, ad compositionem
transeamus (15). I pensieri sono difettosi si in vanum exeunt et sine effectu nihil amplius quam sonant (16)
se escono vuoti e non producono altro effetto che il suono
Quando Sallustio (86-35) era nel suo vigore, Sallustio vigente anputatae sententiae et
verba ante expectatum cadentia et obscura brevitas fuere pro cultu (17)
pensieri tronchi e parole inattese espressioni brevi e oscure passarono per
eleganti.
Se l’animo è sano e
vigoroso, oratio quoque robusta, fortis,
virilis est: si ille procubuit et cetera ruinam sequuntur. Rex noster est
animus (114, 23)
Animus noster modo rex est, modo tyrannus: è re quando mira
alla virtù, e non comanda al corpo nulla di ignobile, invece è tiranno se è impotens, cupidus, delicatus, sfrenato, avido, corrotto.
Nulla ti gioverà ad
temperantiam omnium rerum, alla moderazione in tutto quam frequens cogitatio brevis aevi et huius incerti; respice ad
mortem. Vale
FINE
[2] Nec vagus in laxa pes tibi pelle natet "
(v. 514), Mentre l' a[groiko" del IV dei Caratteri di Teofrasto è
un tipo capace di portare la scarpa più larga del piede:" a[groiko" toiou'tov" ti" oiJ'o"
… meivzw tou' podo;" ta; uJpodhvmata forei'n.
Nessun commento:
Posta un commento