Raffaello, La
Scuola di Atene
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108 Come si
devono ascoltare i filosofi
Attalo, con Sestio Nigro e Papirio Fabiano, costituì una
scuola di moralisti di ispirazione stoica e insegnando diceva: “et docenti et dicenti debet esse propositum,
ut ille prodesse velit, hic proficere” (3).
Chi frequenta un filosofo aut sanior domum redeat aut sanabilior. Chi ascolta un filosofo ne
trae giovamento anche se è negligente, così come qui in solem venit, licet non in
hoc venerit, colorabitur.
Certo il vantaggio arriva neglegentibus, non repugnantibus (4).
Questi repugnantes non
discipulos philosophorum sed inquilinos voco (5). C’è una grande parte cui philosophi schola deversorium otii est,
è un rifugio durante il riposo. Non vogliono liberarsi dai vizi ma solo provare
piacere con gli orecchi. Aliqui tamen et
cum pugillaribus veniunt, vengono con le tavolette, non ut res excipiant, sed ut verba quae tam sine profectu alieno dicant
quam sine suo audiunt (6), non per afferrare idèe ma parole.
Altri si eccitano e smaniano non meno dei semivĭri al suono e al cenno del
flautista frigio.
Le belle frasi e le belle idee risvegliamo le buone
disposizioni dell’animo assopite. I teatri risuonano di applausi sentendo
sentenze valide come questa di Publilio Siro
Desunt inopiae multa,
avaritiae omnia
O questa (comici romani incerti)
In nullum avarus bonus
est, in se pessimus.
Perfino il sordidissimus
, lo spilorcio, applaude e gode sentendo biasimare i suoi vizi.
Cleante diceva che i pensieri messi in versi sono più
memorabili. E’ come se i pensieri venissero lanciati da un braccio più robusto
Viene citato un altro verso memorabile:
is minimo eget
mortalis qui minimum cupit.
Poi un altro
quod vult habet, qui
velle quod satis est potest, ha quello che vuole chi è capace di volere
quello che basta.
Molti anche avidi ci pensano, allora bisogna insistere
lasciando da parte frasi ambigue, sillogismi, sottigliezze, sofisticherie (12)
Devi toccare l’animo di chi ti ascolta.
Ascoltai Attalo inde ostreis (ostrea e ostreum) boletisque (boletus) in omnem
vitam renuntiatum est, nec enim cibi
sed oblectamenta-diletti- sunt ad
edendum saturos cogentia. Inde in omnem vitam unguento abstinemus (eo), quoniam
optimus odor in corpore est nullus, L’odore migliore nel corpo è
l’assenza di odore
Inde vino carens
stomachus. Inde in omnem vitam balneum fugimus: decoquěre corpus atque exinanīre (assottigliarlo) sudoribus inutile
simul delicatumque (segno di mollezza)
credidimus. In altri vizi sono ricaduto, ma in questi no.
Da giovane ammirai molto Pitagora. Avevo imparato animalibus abstinere. L’uomo può
nutrirsi senza abituarsi alla crudeltà lacerando le carni. Pitagora ha
insegnato inter omnia cognationem esse et
animorum commercium-una relazione- in
alias atque alias formas transeuntium (19). Quella che noi chiamiamo morte
è una migratio. Come i corpi celesti
anche le anime per orbem aguntur. Si vera sunt ista, abstinuisse animalibus
innocentia est, si falsa, frugalitas est. Il presunto danno è che alimenta tibi leonum et vulturum eripio
(21), ti privo degli alimenti di leoni e avvoltoi. Sotto Tiberio essere
vegetariano era considerata una superstizione: alienigena tum sacra movebantur (22), allora si bandivano i culti
stranieri.
Pregato dal padre che philosophiam
oderat, ad pristinam consuetudinem redii.
Laudare solebat
Attalus culcĭtam (guanciale e materasso)
quae resisteret corpori non cede al peso del corpo: tali utor etiam senex, in qua vestigium apparere non possit (23)
Dunque i tirunculi
(principianti) si dirigono con entusiasmo ad
optima quaeque si quis exhortaretur illos, si quis impelleret, se qualcuno
li esorta e li incita.
Ma i giovani vengono fuorviati e
traviati da certi maestri qui nos docent
disputare, non vivere anche per colpa
dei discepoli che vogliono coltivare non
animum sed ingenium. Itaque quae philosophia fuit facta
philologia est (23). Chi studia Virgilio per diventare un filologo e
legge fugit inreparabile tempus (Georgica
III, 284) nota solo che Virgilio quotiens
de celeritate temporum dicit, hoc uti verbo illum “fugit”. Ma Virgilio ci
mette in guardia contro l’inerzia e la neghittosità: inscii rapimur, siamo trascinati senza che ce ne accorgiamo (24)
Infatti nella stessa Georgica (III, vv. 66 ss.) leggiamo
“optima queque dies miseris mortalibus aevi-prima
fugit; subeunt morbi tristisque senectus-et labor , et durae rapit inclementia
mortis”.
Il filosofo nota del verso di Virgilio 284 “vigilandum est; nisi properamus relinquemur;
agit nos agiturque velox dies-ci spinge ed è spinto-inscii rapimur; omnia in futurum disponimus et inter praecipitia lenti
sumus.
Dobbiamo imparare da questi versi che in aetate nostra quod est optimum
in primo est. In fondo come nelle anfore di vino, c’è la feccia. Non
dobbiamo nobis faecem reservare della
nostra vita.
Quare optima prima
pars aevi? Quia iuvenes possumus discere, imparare, esercitarci, quello che
resta è segnato da maggiore fiacchezza. Senectus insanabilis morbus est.
Virgilio qualifica le senectus con
l’aggettivo tristis
Subeunt morbi tristisque senectus (Georgica III, 66)
Pallentesque habitant
Morbi tristisque senectus (Eneide VI,
47, nel vestibolo dell’inferno).
Sicché nel medesimo testo ciascuno raccoglie quanto gli è
congeniale: in eodem prato bos herbam quaerit, canis lepŏrem, ciconia lacertam (29) la lucertola
Il filologo e l’esegeta grammatico dà la caccia agli
arcaismi verba prisca o ai neologismi
aut ficta, e alle metafore translationes, e alle figure troppo
ardite improbas figurasque dicendi,
mentre noi cerchiamo profutura praecepta, i precetti utili, et magnificas voces et animosas sentenze nobili e incoraggianti quae
mox in rem transferantur. Sic ista ediscamus ut quae fuerint verba sint opera
(35).
La filosofia non va insegnata velut aliquod artificium venale. Chi la insegna e non la vive si
presenta come esempio di una disciplina inutile
Exempla enim se ipsos
inutilis disciplinae circumferunt (36).
Cfr. T. Mann e Musil
Talis praeceptor
non può essere più utile di un gubernator
in tempestate nauseabundus (36) Tenendum rapiente fluctu gubernaculum,
luctandum cum ipso mari, eripienda sunt vela vento: quid me potest adiuvare
rector navigii attonitus et vomitans? Non est loquendum sed gubernandum.
Le massime di Platone, Zenone, Crisippo e Posidonio mi
appartengono si faciam quae dixero (37).
109 Può il saggio
giovare al saggio?
Prosunt inter se boni.
Malus malum nocet
facitque peiorem, iram eius incitando, tristitiae adsentiendo, voluptates laudando,
ergo ex contrario bonus bono proderit. Qomodo? Gaudium illi adferet, fiduciam
confirmabit, praeterea quarundam illi rerum scientiam tradet.
Possono giovare anche gli stolti che ci dispensano cose indifferenti : pecuniam, gratiam, incolumitatem, alia in
usus vitae cara aut necessaria: quello che è apprezzato o necessario per la
vita in
his dicetur etiam stultus prodesse sapienti
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