sabato 6 dicembre 2025

Conferenza che terrò a Teramo su Enea e Didone.


 

Le donne abbandonate e infuriate: Didone e Medea. La pietas spietata di Enea. La pietas in Orazio e Lucrezio.

Didone non accetta le scuse e non cessa di incendere (v. 360): infatti , infiammata ("accensa " v. 364), risponde all’amante con parole di fuoco: “Nec tibi diva parens, generis nec Dardanus auctor/perfide, sed duris genuit te cautibus horrens/Caucasus Hyrcanaeque admorunt ubera tigres./Nam quid dissimulo aut quae me ad maiora reservo?/Num fletu ingemuit nostro? Num lumina flexit?/Num lacrimas victus dedit, aut

miseratus amantem est?” (vv. 365-369), non una dea è tua madre, né Dardano ti è capostipite, perfido, ma ti ha generato il Caucaso irto di dure rupi e tigri Ircane ti hanno accostato le poppe. Infatti perché dissimulo  o per quali mali più grandi mi tengo da parte? a forse emesso un gemito al nostro pianto? Ha girato lo sguardo? Ha versato lacrime vinto, ha commiserato l’amante?

Torquato Tasso ricorda questi versi nel XVI canto della Gerusalemme liberata, quando Armida viene abbandonata da Rinaldo ed ella, forsennata, gli dice: “Non te Sofia[1] produsse e non sei nato/de l’ Azio[2]

 sangue tu; te l’onda insana /del mar produsse e  ‘l Caucaso gelato,/e le mamme allattàr di tigre arcana./Che dissimulo io più? l’uomo spietato/pur un segno non diè di mente umana. /Forse cambiò color?  Forse al mio duolo/bagnò almen gli occhi o sparse un sospir solo? (57).

Rinaldo, come Enea, è stato richiamato al suo dovere di eroe necessario e fatale. E’ l’eterno tipo dell’uomo che antepone all’amore la carriera, di eroe o di impiegato nel catasto.

La caduta della fides-pivsti~ lamentata da Medea e Didone le donne abbandonate dagli uomini che hanno aiutato.

C’è stata da parte di Enea  un'ingratitudine e una malafede, tanto grandi da avere spento in lei ogni possibilità di credere nella buona fede che oramai in nessun luogo è sicura"Nusquam tuta fides " (v. 372).

Torniamo sulla  fides e sentiamo ancora La Penna-Grassi:" fides  è propriamente quella garanzia che si dà col foedus , specialmente collo stringere la destra (cfr. v. 307) e la cui violazione è punita dagli dèi. Didone si riferisce soprattutto alla fides  data da Enea col vincolo del matrimonio. Probabile che Virgilio avesse in mente Euripide, Med. 412 s. "Gli uomini vogliono solo frodi, la fede giurata per gli dèi non si regge più"; ancora più probabile l'eco di Catullo 64, 143 s. Nunc iam nulla viro iuranti femina credat,/nulla viri speret sermones esse fideles[3]  (ancora una volta si può misurare la differenza di tono: Catullo è più elegiaco, più effusivo, Virgilio più tragico nella sua concisione)"[4]. 

E’ Arianna, ovviamente, che parla.

Le parole del verso 412 del primo stasimo della Medea di Euripide sono queste: “ oujkevti pivsti~ a[raren” che significano “”. la fede non è più salda volendo tradurre le parole scelte da Euripide.

 

Didone sente che il fuoco d'amore è diventato un incendio di odio:" Heu  furiis incensa feror (v. 376), ahi sono trascinata in fiamme dalle furie!

Poi congeda  l'amante, che la sta abbandonando, con una maledizione:" …Neque te teneo neque dicta repello./  i, sequere Italiam ventis, pete regna per undas;/spero equidem mediis, si quid pia numina possunt,/supplicia hausurum scopulis et nomine Dido/saepe vocaturum. Sequar atris ignibus absens/et, cum frigida mors anima seduxerit artus,/ omnibus umbra locis adero. Dabis, improbe, poenas;/ audiam et haec manis veniet mihi fama sub imos " (vv. 381- 386), Non ti trattengo e non confuto le tue parole. Va', insegui l'Italia coi venti, cerca un regno attraverso le onde. Spero però che in mezzo agli scogli, se i pii numi hanno qualche potere, berrai la pena e invocherai spesso Didone per nome. Ti inseguirò con fiaccole funebri anche da lontano e quando la gelida morte avrà separato le mie membra dall'anima, sarò presente in tutti i luoghi come ombra. Pagherai il fio malvagio! starò in ascolto e questa fama mi raggiungerà sotto gli abissi. Dido è anche accusativo.

Anima (v. 385) è il soffio vitale: deriva dall'indoeuropeo *anem- che ha dato come esito in greco ajnem- da cui a[nemo", vento e in latino anim- da cui, oltre anima, animus, animo,  coraggio, animal, animosus.  

 

 Il “pio” eroe deve eseguire comunque gli ordini degli dèi e non può permettersi l'amore:"At pius Aeneas, quamquam lenire dolentem/solando cupit et dictis avertere curas,/multa gemens magnoque animo labefacto amore,/iussa[5] tamen divom exsequitur classemque revisit " (vv. 393-396), ma il pio Enea, sebbene desideri mitigare la dolente consolandola e rimuovere gli affanni con le parole, gemendo molto e scosso nell'animo da grande amore, esegue nondimeno gli ordini degli dèi e torna a vedere la flotta.

Enea si comporta come Aristeo,“l’eroe” della Georgica IV, che dopo avere fatto morire Euridice inseguendola per violentarla, esegue senza indugio gli ordini della madre: “haud mora: continuo matris praecepta facessit” (v. 548).

Altrettanto fa Abramo nella Genesi  ( 22) dove "Dio tentò Abramo e gli disse:-Abramo!- Ed egli rispose:-Sono qui!".

Quindi ricevette l’ordine di offrire il suo unico figlio Isacco in olocausto su un monte che Dio gli avrebbe indicato e il giorno dopo, ricevuta l’indicazione, si incamminò con il figlio e due servi verso il monte.

Questi sono i furfanti bigotti che obbediscono a ordini iniqui e vengono premiati. Orfeo che invece non obbedì (rupta tyranni- foedera, Georgica IV, 492-493) venne punito

La pietas falsa e quella vera.

 

 Pius Aeneas è una formula che torna una ventina di volte nel poema. Qui  (IV, 393) l'epiteto pius "riappare dopo un lungo intervallo (l'ultima volta in I 378). Poiché gli epiteti virgiliani sono spesso coerenti con la situazione, anche qui il legame va cercato. Pius esprime il rispetto e l'amore dei valori morali e religiosi, soprattutto devozione alla famiglia, alla stirpe, alla patria, agli dèi…Qui l'aggettivo può essere sentito in legame col dolore che egli prova per Didone; ma più probabilmente prevale (forse senza escludere l'altro) il legame col rispetto degli ordini divini"[6]. 

 

Secondo Gian Biagio Conte, Enea deve giungere alla "spoliazione di sè" per realizzare il suo scopo:"La pietas di Enea potrebbe essere vista, se mi si concede, in termini di ossimoro, come insensibile sensibilità, ossia una partecipazione al dolore di personaggi perduti o vinti durante il cammino, ma al tempo stesso un vietarsi ad essa in nome del valore della meta da raggiungere"[7].

Personalmente, almeno in questo caso, assimilo la pietas di Enea all'ipocrisia  del furfante bigotto. La assomiglio pure al culto della peiqarciva (disciplina) di Creonte che, per reprimere la disobbedienza della nipote, la manda a morte, mentre ella morendo rivendica la pietà come virtù propria:"O rocca della terra di Tebe e dei miei padri/e dèi progenitori/io vengo portata via e non indugio più./Guardate, maggiorenti di Tebe,/l'unica superstite della stirpe regale,/quali sofferenze inumane da quali uomini subisco/poiché onorai la pietà- th;n eujsebivan sebivsasa- " ( Antigone,  vv.937-943).

  Capisco e apprezzo di più la motivazione dell'abbandono di Calipso da parte di Odisseo:" ejpei; oujkevti h{ndanh nuvmfh " (Odissea , V, 153), poiché la ninfa non le piaceva più.

La pietas  che Virgilio celebra e lo stesso Enea si attribuisce[8], presentandosi e qualificandosi  alla madre presunta virgo[9], viene smontata da Orazio quando afferma che essa, nemmeno se attestata dal sacrificio di un toro al giorno, porterà una sosta alle rughe né alla vecchiaia che incalza né alla morte invitta:"nec pietas moram/rugis et instanti senectae/adferet indomitaeque morti " (Odi, II, 14, 2-4).

 Parimenti nel quarto libro delle Odi  il poeta avverte il nobile Torquato che né la stirpe né la facondia né la pietas  potranno restituirlo alla vita una volta che sarà morto e Minosse avrà dato sul suo conto giudizi inappellabili:"Cum semel occideris et de te splendida Minos/fecerit arbitria,/Non Torquate, genus, non te facundia, non te/restituet pietas " (vv. 21-24).

 

Altrettanto inefficace si rivela la pietas dei Meli di Tucidide quando rispondono agli Ateniesi che saranno in grado di resistere alla loro superprepotenza :"o{ti o{{sioi pro;" ouj dikaivou" " (V, 104), in quanto siamo pii opposti a persone ingiuste.

 

Canzonatorio e dissacrante a proposito della pietas di Enea è Ovidio che menziona il figlio di Anchise tra gli amanti infedeli: egli causò la morte di Didone e tuttavia  "famam pietatis habet " (Ars  III 39) ha la reputazione di pio. Ovidio opera un rovesciamento nei confronti di Virgilio e dell'etica di cui il poeta augusteo si faceva portatore. La pagherà cara.

 

Nel primo Stasimo delle Baccanti di Euripide il Coro invoca la Pietà perché scenda sulla terra a punire l'empia violenza di Penteo  :"  J Osiva povtna qew'n,- J Osiva d ' a{ kata; ga'n-crusevan ptevruga fevrei",-tavde Penqevw" ajivvvei" ;" (vv. 370-373), Pietà signora tra gli dèi/Pietà che attraverso la terra/porti l'ala d'oro,/odi queste bestemmie di Penteo?

Antigone qualifica come "santa" ispirata dalla pietà la trasgressione degli ordini del tiranno:"o{sia panourghvsa" ' (Antigone, v. 74), dopo che ho compiuto un'illegalità santa. In questo caso è pia non l'obbedienza ma la disobbedienza.

 

Secondo Lucrezio, pietas non è mostrarsi spesso con il capo velato

 Nec pietas ullast velatum saepe videri né nel rivolgersi a una pietra e visitare tutti i templi vertier ad lapidem  atque omnis accedere ad aras-(De rerum natura, V, 1198-99),    gettarsi prosternati a terra nec procumbere humi prostratum (1200) cospargere le are di molto sangue di animali, nec votis nectere vota (1202)  intrecciare le offerte votive sed mage pacata posse omnia mente tueri (De rerum natura, V, 1203) ma piuttosto poter osservare tutto con mente serena.

Temptat enim dubiam mentem rationis egestas” (1211) travaglia la mente dubbiosa la carenza di ragione

Bastano tuoni e fulmini a spaventare gli sprovveduti. Quelli pieni di sensi di colpa hanno sempre paura.

Perfino il comandante di una flotta induperator classis (1227) se viene colto da una tempesta nel mare si riempie di terrore.

Bologna 6 dicembre 2025 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] La madre di Rinaldo.

[2] Gli Azi sarebbero stati i progenitori degli Estensi.

[3] Ora nessuna donna creda più nell'uomo che giura, nessuna speri che siano sincere le parole degli uomini.

[4] Op. cit. p. 441

[5] Come il suo obbedientissimo eroe Virgilio esegue gli ordini non teneri (haud mollia iussa, Georgica III, 41)  di Mecenate, il committente a cui si fa riferimento più volte nel poema agricolo. Mecenate "E'insomma un patrono esigente, che vuole impegnare tutto intero l'impianto didascalico dell'opera con il contenuto etico-politico di cui è interprete autorevole" Alessandro Perutelli, Il testo come maestro in Lo spazio letterario di Roma antica, vol. I, p. 299. 

[6] A. La Penna-C. Grassi, op. cit., p. 446.

[7]Virgilio , p. 94.

[8] Sum pius Aeneas (I, 378)

[9] O quam te memorem virgo ?  ( I, 327), o vergine, come debbo chiamarti? 


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