lunedì 1 dicembre 2025

Ifigenia XXXIV. Pinuccia samaritana e Ifigenia profetessa del fato.


 

Quel 30 novembre dunque fu un giorno davvero ricco di casi dies opimus casibus  che mi indussero a fare una scelta. Decisi che dovevo proseguire sulla via favorita dal vento senza zavorre  né ostacoli né deviazioni, bensì seguendo  la stella polare  dell’amore con la donna che Eros mi aveva inviato. Da quando il giovane dio, ammaestrato dalla madre sua Afrodite,  aveva colpito nello stesso tempo  me e Ifigenia con  dardi inevitabili,  adoravo sopra tutti i numi questa  bella divinità che impugna il fulmine   {Erwta keraunofovron per incenerire i deboli rinunciatari e corroborare i forti tanto desiderosi quanto capaci di gioia e bellezza. 

Avrei fatto incidere la sua immagine santa sullo scudo  se ne avessi avuto uno.

Era una decisione necessaria quella di  congedare la seconda amante rimasta in campo dopo l’addio a Esculapia. Nemmeno Pinuccia infatti mi piaceva del tutto, né potevo educarla a diventare la mia donna ideale, siccome non ne aveva la stoffa. Non possedeva le qualità naturali che mi inducono ad amare una femmina umana della mia levatura, e avevo oramai compreso che l’educazione può valorizzare e potenziare le persone ma non deve cambiarle.

Pinuccia non era cattiva, anzi aveva qualche cosa di buono: soprattutto faceva  l’amore  volentieri e in questo mi somigliava. In alcuni dettagli ci si comprendeva.

In mancanza del grande amore tipo quelli, del resto mensili, per Helena, Kaisa e Päivi, avevo discretamente gradito la compagnia di questa amorosa amica  le sere di ogni mercoledì esclusi quelli dei mesi estivi quando eravamo entrambi lontani da Bologna e l’uno dall’altra. Il suo pregio più grande era una certa mitezza non senza bontà fatta di compassione per le umane sventure. Mi recava soccorso quando cadevo dalla bicicletta e mi ferivo portando a casa mia garze cerotti e disinfettanti che non avevo. Perciò la chiamavo anche la mia buona  Samaritana .

Non aveva del resto la forza di spingermi alle cose egregie che dovevo a me stesso. Credo che nella relazione tra un uomo e una donna non possa mancare lo stimolo a creare secondo l‘anima o secondo il corpo.  Intendo un’opera d’arte o dei figli. Magari questi e quella.

 Päivi  nel’ 74 mi aveva fatto pensare a una figlia, l’aveva perfino disegnata, ma poi si era ricreduta  ritenendo  di essere più interessata a studiare. Io non le ho dato torto, anzi l’ho imitata.  Ho studiato molto per quattro anni, quasi maniacalmente dopo l’abortimento della bambina.

Quindi mi era  apparsa Ifigenia, prima come  risacimento per la figlia perduta, poi come la Musa che doveva e poteva spingermi alla creazione kata; th;n  yuchvn, secondo l’anima  data la soppressione della creatura concepita kata; to; sw`ma, secondo il corpo con Päivi.  

Individuata un’ occasione di rivalsa con Ifigenia, che me l’aveva offerta, l’avevo acciuffata e volevo alzarmi a volo sulle acque stagnanti e infossate dove sguazzavo stirando il collo al pari di un’oca, senza del resto vedere nulla oltre gli argini della palude fangosa.

Il 29 novembre avevo fatto l’amore con una gioia che non provavo da anni e il giorno dopo, durante l’assemblea studentesca, avevo visto in quella giovane collega che parlava agli studenti il mio  completamento di essere umano non ordinario: nella voce calda e sicura, nelle parole forti e precise, negli occhi suoi fiammeggianti avevo colto un segno divino. Parlava politicamente piuttosto che retoricamente e la sua loquela mi pareva espressiva del fato, erano parole  di Dio che mi spingevano a uscire dal bunker dove mi ero chiuso per studiare e imparare parole da riferire agli studenti. Ne avevo già apprese molte, e tante altre ne avrei imparate ancora, ma dovevo pure dare  voce e forma ai pensieri miei. Trovare frasi dense e chiare per educare non solo i ragazzini della mia classe ma la polis prima, poi un popolo intero. Ero certo di volere questo.

 

Bologna primo dicembre  2025 ore 20, 10 giovanni ghiselli.

 

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