Giacomo Di Chirico, Quinto Orazio Flacco |
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Orazio
Dicevamo che pure Orazio e Ovidio si
sono espressi in questo tovpo" il quale effettivamente può trovare risonanze
in tutti gli uomini di tutti i tempi.
Il Venosino nella Satira I 3 afferma che le brutture e i difetti dell'amante
ingannano l'innamorato cieco e addirittura proprio quelle imperfezioni gli
piacciono (vv. 38 - 40) . Si deve porre mente a questo per imparare un poco di
indulgenza verso le manchevolezze del prossimo. Il locus è utilizzato come
exemplum di tolleranza. La conclusione della satira è che se compatiremo, verremo
compatiti. Si vede come un argomento può essere impiegato per dare insegnamenti
opposti.
Lo stesso poeta può usare il medesimo tovpo" in libri
diversi per sostenere una tesi e quella contraria.
Ovidio
Così fa Ovidio che nei Remedia amoris apre gli occhi sui
difetti delle donne suggerendo perfino di accentuarli con il pensiero, mentre
nell'Ars amatoria consiglia di guardarsi bene soprattutto dal rinfacciare alle
ragazze le loro imperfezioni (parcite
praecipue vitia exprobrare puellis, II, 640) : a molti fu utile avere fatto
finta di non vedere. Questo vale per non disgustare le donne le quali anzi
vanno adulate.
Con l'adulazione si può sedurre persino
una vestale. Dostoevskij, Flaubert, Ovidio.
L'adulazione funziona sempre quando si vuole
compiacere una donna. Sentiamo Svidrigàilov il " vecchio libertino
incancrenito" di Delitto e castigo che
ha "una specie di scintilla sempre accesa nel sangue": "... finalmente
feci ricorso al mezzo supremo e infallibile per soggiogare il cuore femminile, il
mezzo che non fallisce mai e che agisce decisamente su tutte le donne, senza
eccezione. Niente al mondo è più difficile della sincerità e più facile
dell'adulazione... per quanto infantilmente grossolana possa essere l'adulazione,
almeno per metà essa sembra senz'altro vera. E questo vale per gente di ogni
livello e di ogni ceto sociale. Con l'adulazione si può sedurre perfino una
vestale"[1].
Non è difficile essere creduti quando si
adula, suggerisce Ovidio nel primo libro dell'Ars amatoria: "Nec credi
labor est: sibi quaeque videtur amanda/pessima sit, nulli non sua forma placet
" (vv. 611 - 612) e non è difficile essere creduto: a ognuna sembra di
essere degna di amore, sia pure pessima, a nessuna dispiace il suo aspetto.
Sentiamo il seduttore di Madame Bovary: "Finalmente
lo hai davanti, il tesoro tanto cercato: risplende, scintilla. Eppure dubiti
ancora, non osi crederci: ne resti abbagliato come all'uscita dalle tenebre
alla luce" (p. 118) .
Ovidio nel II libro dell'Ars amatoria afferma che chiudere un
occhio sui difetti dell'amante è utile non solo alla conquista ma anche al
mantenimento del rapporto il quale riceve lunga vita dalla transigenza fondata
a sua volta sull'abitudine: "Quod
male fers, adsuesce: feres bene: multa vetustas/leniet; incipiens omnia sentit
amor " (vv. 647 - 648) , a quello che sopporti male, abituati: sopporterai
bene: la lunga durata allevierà molte cose difficili; l'amore all'inizio fa
caso a tutto.
Lo stesso passare del tempo toglie tutte le pecche
del corpo, e quello che era un difetto smette di esserlo con la dilazione. Sapere
aspettare serve, ma anche l'uso intelligente delle parole è funzionale a questo
scopo.
Ovidio dunque nell' Ars amatoria presenta come astuzia da usare quello che Lucrezio
considera un errore da evitare: "Nominibus
mollire licet mala: "Fusca" vocetur, /nigrior Illyricā cui pice
sanguis erit; /si paeta est, "Veneri similis"; si rava, "Minervae";
/sit "gracilis", macie quae male viva sua est; /dic
"habilem", quaecumque brevis, quae turgida, "plenam"; /et
lateat vitium proximitate boni " (, II, vv. 657 - 662) , i difetti si
possono attenuare con le parole: "abbronzata" si chiami quella che
avrà vene più nere della pece illirica; se è un pò strabica, "simile a
Venere"; se ha gli occhi grigi, "a Minerva"; sia
"gracile" quella che, del tutto esaurita, è viva per poco, chiama
"maneggevole" chiunque sia corta; quella gonfia, "piena", e
si nasconda il difetto con il pregio più vicino.
Le parole insomma servono ad avvicinare e
conservare la donna.
L’accentuazione dei difetti nei Remedia amoris.
Viceversa nei Remedia Amoris il poeta Peligno consiglia di accentuare mentalmente
i difetti dell'amante per tenerla lontana. Non è difficile compiere l'una o
l'altra operazione siccome è sottile il confine tra vizio e virtù.
"Profuit adsidue vitiis insistere amicae/idque mihi factum saepe salubre
fuit. /"Quam mala" dicebam "nostrae sunt crura puellae"/ (nec
tamen, ut vere confiteamur, erant) ; / "bracchia quam non sunt nostrae
formosa puellae"/ (et tamen, ut vere confiteamur erant) /"quam brevis
est" (nec erat) , "quam multum poscit amantem"; /haec odio venit
maxima causa meo. / Et mala sunt vicina bonis: errore sub illo/pro vitio virtus
crimina saepe tulit. / Qua potes, in peius dotes deflecte puellae/iudiciumque
brevi limite falle tuum. /"Turgida", si plena est, si fusca est, "nigra"
vocetur; /in gracili "macies" crimen habere potest. /Et poterit dici
"petulans" quae rustica non est; /et poterit dici "rustica",
si qua proba est " (vv. 315 - 330) , mi ha fatto bene pensare senza
tregua ai difetti dell'amante e questa pratica ripetuta mi è stata salutare. "Quanto
sono fatte male - dicevo - le gambe della mia donna" (né tuttavia, a dire
il vero, lo erano) ; "quanto non sono belle le braccia della mia
donna" (e tuttavia, a dire il vero, lo erano) " quanto è corta"
(e non lo era) , quanto esige dall'amante", questo divenne il motivo più
grande per la mia avversione. Poi i mali stanno vicino ai beni: sottomessa a
quell'errore spesso la virtù si è presa le colpe del vizio. Per quanto puoi, volgi
in peggio le doti della tua donna e, dato il breve confine, inganna il tuo
giudizio. "Gonfia" devi chiamarla se è piena, se è abbronzata
"negra"; in quella magra la secchezza può essere incriminata. E potrà
chiamarsi "sfrontata" quella che non è campagnola e si potrà chiamare
"campagnola" se una è virtuosa. - quam
multum poscit (v. 321) : ecco il difetto più odioso per l'amante poiché
l'utile è valutato più del bello e del buono. Una riflessione che si trova
anche in Machiavelli il quale consiglia al suo principe di evitare quello che
anche secondo lui è il difetto più odioso: "ma, sopra a tutto, astenersi
dalla roba d'altri; perché li uomini sdimenticano più presto la morte del padre
che la perdita del patrimonio"[2].
Citeremo ancora l'autore de Il Principe
poiché Ovidio è il maestro, se vogliamo il cattivo maestro, dello sganciamento
di un'attività dalla morale. - et mala
sunt vicina bonis (v. 323) :: " Unnatural
vices/are fathered by our heroism. Virtues/ are forced upon us by our impudents
crimes "[3],
afferma il classicista Eliot, vizi innaturali hanno come padre il nostro
eroismo. Virtù ci sono imposte dai nostri impudenti delitti.
Già Machiavelli aveva indicato questa
confusione di virtù magari deleterie e vizi che possono creare il bene: "se
si considerrà bene tutto, si troverà qualche cosa che parrà virtù, e, seguendola
sarebbe la ruina sua, e qualcuna altra che parrà vizio, e seguendola, ne riesce
la securtà e il bene essere suo" [4].
- in
peius
(v. 325) : il pessimismo è quasi sempre legato a frustrazioni vitali, soprattutto
amorose e di salute.
Denigrazione della donna nel Secretum del Petrarca
Un'eco di questa svalutazione e
svilimento del corpo femminile, necessario a chi voglia liberarsi
dall'irrazionale soggezione alla libidine erotica, si trova nel Secretum del Petrarca quando S. Agostino
che vuole liberare l'animo di Francesco dai due errori più pericolosi, l'amore
per la gloria e l'amore per Laura, mette in guardia il poeta dai pericoli
connessi alla bellezza delle donne, effimera e ingannevole se non addirittura
inesistente: "Pauci enim sunt qui, ex
quo semel virus illud illecebrose voluptatis imbiberint, feminei corporis
feditatem de qua loquor, sat viriliter, ne dicam satis constanter, examinent
" (III, 68) , sono pochi quelli che, da quando una volta sola abbiano
assorbito quel noto veleno del piacere seducente, possono considerare
abbastanza energicamente, per non dire con sufficiente costanza, la laidezza
del corpo femminile
. -
rustica (vv. 329 e 330) : la rusticitas
che può essere cosa buona o cattiva a seconda di come la si prende.
A volte, controbatto, la seduzione della
bellezza femminile o maschile, insomma l'inganno di Cipride, porta aiuto a chi
subisce o lo infligge: così è nel poema di Apollonio Rodio dove Fineo consiglia
agli Argonauti: cercate l'aiuto della dea Cipride che inganna: in lei infatti
sta il compimento glorioso delle vostre fatiche (Argonautiche, II, 423 - 424) . Ma già Saffo chiede aiuto ad
Afrodite invocandola come dolovploke, tessitrice di inganni (I D, v. 2) .
Continuiamo ancora con Ovidio il quale
consiglia pure di mettere in imbarazzo l'amata spingendola in situazioni dove
non si trovi a suo agio: "Quin etiam,
quacumque caret tua femina dote, /hanc moveat, blandis usque precare sonis: /
exige uti cantet, si qua est sine voce puella; /fac saltet, nescit si qua
movere manum; /barbara sermone est, fac tecum multa loquatur; /non didicit
chordas tangere, posce lyram; /durius incedit, fac inambulet; omne
papillae/pectus habent, vitium fascia nulla tegat; /si male dentata est, narra,
quod rideat, illi; /mollibus est oculis, quod fleat illa refer " (Remedia Amoris, 331 - 340) , anzi, di
qualsiasi qualità sia priva la tua donna, pregala continuamente con toni di
lusinga che eserciti questa: pretendi che canti, se è una ragazza senza voce; falla
danzare, se è una che non sa muovere una mano; se è rozza nel modo di
esprimersi, falla parlare molto con te; non ha imparato a toccare le corde, chiedile
di suonare la lira; cammina goffamente, falla passeggiare; i capezzoli occupano
tutto il petto, nessun reggiseno copra il difetto; se ha una dentatura brutta, raccontale
qualcosa di cui rida; se è di occhi piagnucolosi, dille qualcosa di cui pianga.
- precare (v. 332) : imperativo di precor.
Viene consigliata una diabolica, sistematica
distruzione della creatura oggetto di amore - odio, conseguenza dell'amare senza bene velle e della cattiva competizione tra i sessi.
Secondo Cesare Pavese questa strategia è
concepita e messa in atto sistematicamente dal "popolo nemico" delle
donne per annientare gli uomini: "Una donna che non sia una stupida, presto
o tardi, incontra un rottame umano e si prova a salvarlo. Qualche volta ci
riesce. Ma una donna che non sia una stupida, presto o tardi trova un uomo sano
e lo riduce a rottame. Ci riesce sempre"[5].
continua
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