Morte di Giocasta dall'Edipo re di Pasolini |
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La morte per laccio
Il nodum
del laccio che pende da un'alta trabes
si trova nel suicidio della regina Amata alla fine dell'Eneide: "et nodum
informis leti trabe nectit ab alta" (XII, 603), e attacca a un'alta
trave il nodo di una morte deforme. Conte suggerisce questo modello epico che a
sua volta può averne uno tragico nel suicidio "deforme" di Giocasta
nell'Edipo re di Sofocle "poi
vedemmo la donna impiccata/ e avviluppata in lacci ritorti" (vv. 1263 - 1264)
.
Altro suicidio sconcio, in quanto conseguente
a una violenza pedofila è quello della bambina Matrioŝa che ne I demoni di Dostoevskij si impicca in
"un minuscolo ripostiglio, una specie di pollaio" dopo che il suo
viso aveva espresso "una disperazione che era impossibile di vedere sul
viso di una bambina" (p. 448) . La bambina era stata stuprata da Stavrogin.
Questa è una delle più terribili tra
quelle sofferenze di bambini delle quali Ivan Karamazov dice: " E se le
sofferenze dei bambini servono a completare la somma delle sofferenze
necessarie per acquistar la verità, io dichiaro fin d'ora che tutta la verità
presa insieme non vale quel prezzo"[1].
- ferro: richiama il suicidio di
Didone (Eneide IV, 663 - 666) del
quale si è già detto. - caedis: genitivo oggettivo.
"Qui, nisi desierit, misero periturus amore est, /desinat, et nulli
funeris auctor eris" (21 - 22) , chi, se non avrà smesso, è destinato
a morire di amore infelice, smetta e per nessuno tu sarai causa di morte. - desierit…desinat: poliptoto. - funeris auctor: Ovidio insiste sul
concetto che Amore non deve essere causa di morte ma di vita.
"Et puer es, nec te quicquam nisi ludere oportet: /lude; decent annos
mollia regna tuos" (vv. 23 - 24) , sei un fanciullo e a te nulla
conviene se non giocare: gioca; ai tuoi anni si addicono governi dolci. - ludere…lude: altro poliptoto. In effetti
a Eros non può mancare questa componente. Il verbo ludo, come il sostantivo ludus
derivano dalla radice indoeuropea *loid - che ha dato come esito in latino lud - e in greco loid (or) - da cui loidorevw, "insulto".
Il significato del verbo greco non è estraneo al latino ludibrium, derisione, e all'italiano ludibrio. Si vede dunque che
la radice ha una componente negativa che può sempre affiorare.
Per esempio in collusione, delusione, illusione
Ma finché prevale la positiva, non tanto a
lungo di solito, conviene valorizzarla e godersela: "Garzoncello scherzoso,
/cotesta età fiorita/ è come un giorno d'allegrezza pieno…"[2].
L'amore dunque viene collegato alla pestis e alla rovina ma anche al gioco. Afrodite
dea dell'amore è anche dea del gioco.
Quando è passato il momento buono del ludus e del iocus allora è tempo di rimpianti, come si legge in Catullo: "Ibi illa multa tum iocosa fiebant, /quae tu
volebas nec puella nolebat. / Fulsere vere candidi tibi soles " (8, 6
- 8) , lì allora accadevano quei molti meravigliosi giochi/che tu volevi né la
ragazza rifiutava. /Davvero hanno brillato radiosi i soli per te. Ma Ovidio
insegna a non avere rimpianti
"Nam poteras uti nudis ad bella sagittis, /sed tua mortifero sanguine
tela carent" (vv. 25 - 26) , infatti avresti potuto servirti per la
guerre di frecce vere, ma le tue armi non hanno il sangue della morte. Questi
versi presenti in quasi tutti i codici sono stati espunti da diversi editori. Li
lascio perché ribadiscono l'idea di fondo che Amore è collegato alla vita, alla
salute, alla gioia non alle ferite né morte, checché ne dicano alcuni, pure
autorevoli. Vero è che in certi casi solo morendo si capisce quanto forte sia
il collegamento tra l'amore e la vita e quanto sia doloroso avere perduto
l'occasione di amare le creature viventi nel breve tempo a noi concesso. Questo
è l'insegnamento che ci dà Tolstoj attraverso i pensieri del principe Andrej
ferito a morte a Borodino. Gli vengono in mente: "La commiserazione, l'amore
per i fratelli, per coloro che ci amano; l'amore per coloro che ci odiano, l'amore
per i nemici, sì, quell'amore che Dio ha predicato sulla terra, che mi ha
insegnato la principessina Mar'ja e che io non capivo; ecco perché mi
dispiaceva di lasciare la vita, ecco quello che ancora mi restava, se fossi
vissuto. Ma adesso è troppo tardi. Lo so!"[3].
-
poteras: falso condizionale che
esprime irrealtà, come fanno i tempi storici in greco. - nudis sagittis: i dardi di Amore invece sono metaforici e non
feriscono il corpo. Chi è intelligente e morale non ne viene ferito in alcun
modo.
"Vitricus et gladiis et acuta dimicet hasta/et victor multa caede
cruentus eat; /tu cole maternas, tuto quibus utimur, artes, /et quarum vitio
nulla fit orba parens " (vv. 27 - 30) , il tuo patrigno combatta con
spade e lancia acuminata ed esca vincitore insanguinato per molta strage; tu
coltiva le arti materne, delle quali ci serviamo senza pericolo, e per colpa
delle quali nessuna madre viene privata dei figli. - Vitricus: è Marte in quanto amante di Venere. Il dio combatte con
armi vere e nude che provocano stragi; tuttavia, come sappiamo dall'inno a
Venere del De rerum natura perfino
questo dio sanguinario può essere vinto dalle ferite metaforiche dell'amore (I,
34) . - maternas…artes: sono quelle
della seduzione, fondamentalmente due: la bellezza dell'aspetto e quella della
parola. Odisseo aveva soprattutto la seconda, Giasone la prima, Alcibiade le
aveva entrambe. - tuto quibus utimur:
chi è devoto di Venere e Amore si trova al sicuro rispetto alla guerra.
Lo afferma anche Tibullo: "Quisquis amore tenetur, eat tutusque
sacerque/qualibet; insidias non timuisse decet! " (I, 1, 29 - 30) , chiunque
sia occupato da amore, vada in qualsiasi luogo sicuro e intoccabile; gli conviene
non prendersi paura delle insidie.
Similmente Properzio: "nec tamen est quisquam, sacros qui laedat
amantes” (III, 16, 11) , né tuttavia c'è alcuno che tocchi i sacri amanti.
Non certo i santi sacerdoti dell'Antonio
e Cleopatra che benedicevano la regina nella sua lussuria. The holy priests
bless her when she is riggish (II, 2)
-
orba parens: è una sommessa
maledizione della guerra che stronca le giovani vite, una delle tante. -
Cfr. Edipo re di Sofocle: vv. 182 - 185: "e intanto le spose e anche
le madri canute/di qua e di là, presso la sponda dell'altare/gemono
supplici/per le pene luttuose".
"effice, nocturna, frangatur ianua rixa/ et tegat ornatas multa corona
fores; /fac coeant furtim iuvenes timidaeque puellae/ verbaque dent cauto qualibet
arte viro, /et modo blanditias rigido, modo iurgia, posti/dicat et exclusus
flebile cantet amans" (vv. 31 - 36) , fai in modo che le risse
notturne infrangano la porta e che molte corone coprano i battenti addobbati; fai
incontrare di nascosto i giovani e le timide ragazze ed esse ingannino con
qualsiasi mezzo l'amante sospettoso, e all'uscio inflessibile l'amante dica ora
parole carezzevoli ora invettive e, chiuso fuori, canti compassionevolmente.
-
effice…frangatur…tegat: costruzione
paratattica senza ut.
-
multa corona: la violenza delle risse,
del resto non omicide, è attenuata dalle ghirlande di fiori. "il nesso
multa corona rimanda anche, per antifrasi, a
multa caede del v. 28"[4].
verbaque dent: " dare verba è
espressione del sermo cotidianus
comico satirico equivalente come senso a decipere,
"ingannare" (per esempio Terenzio, Eunuchus, v. 24 e Orazio, Satire
I, 3, v. 22)"[5].
-
cauto…viro: è il marito o l'amante
sospettoso. Appartiene, vedremo, a questa categoria L'eterno marito descritto da Dostoevskij come predestinato alle
corna.
-
rigido…posti: l'inflessibilità della
porta chiusa davanti all'innamorato è in realtà quella della donna insensibile
alle sofferenze dello spasimante. Rigidus
evoca il freddo dell'animo della donna che non apre: deriva infatti dalla
radice rig - /frig su cui si formano
pure rigeo, "sono rigido"
per il freddo e frigus, "freddo".
Postis è propriamente lo stipite che
delimita l’apertura della porta.
In Amores
I, 6, 17 i claustra (le serrature) sono
definiti inmitia (spietate) e alla
fine dell'elegia l'addio è rivolto ai battenti crudeli con la soglia
insensibile ("Vos quoque, crudeles
rigido cum limine postes", v. 73) . - flebile: neutro avverbiale, molto comune in greco.
"His lacrimis contentus eris sine crimine
mortis: /non tua fax avidos digna subire rogos. " (vv. 37 - 38)
, ti accontenterai di queste lacrime senza la colpa della morte: la tua
fiaccola non è adatta ad andare sotto ai roghi ingordi. - fax: abbiamo già detto dell'ambivalenza simbolica della fax e della taeda nella storia di Didone.
Qui possiamo aggiungere che nell'Agamennone di Eschilo una funzione del
genere la assume il tappeto rosso, la via coperta di porpora (porfurovstrwto"
povro", v.
910) , fatto stendere dalla regina per il re vincitore. Questo oggetto rosso - sangue
è simbolico: da una parte è segno di lusso eccessivo, come noterà lo stesso
Atrìde, dall'altra prefigura il sanguinoso assassinio del re.
Amore è convinto dal poeta.
"Haec ego; movit Amor gemmatas aureus alas/et mihi "propositum
perfice" dixit opus" (vv. 39 - 40) , queste parole io; Amore
aureo scosse le ali adorne di gemme e mi rispose "porta a termine l'opera
promessa". - movit…gemmatas…alas: Amore
dà l' assenso in tutto il suo fulgore (aureus)
e avalla il piano di lavoro del suo fedele.
Il poeta quindi impiega questa
ispirazione in pro dei lettori: "Ad
mea, decepti iuvenes, praecepta venite, /quos suus ex omni parte fefellit amor.
/Discite sanari, per quem didicistis amare; una manus vobis vulnus opemque
feret " (vv. 41 - 44) , venite alle mie lezioni, giovani raggirati, quelli
che da qualsiasi parte il suo amore ha ingannato. Imparate a essere risanati da
quello per cui avete imparato ad amare; una sola mano vi porterà la ferita e
l'aiuto. - decepti: si può dire delle
illusioni di Amore quanto afferma Gorgia della tragedia: essa crea un inganno
nel quale chi inganna è più giusto di chi non inganna, e chi è ingannato è più
saggio di chi non viene ingannato: "o{ te ajpathvsa" dikaiovtero" tou' mh; ajpathvsanto"
kai; oJ ajpathqei; " sofwvtero" tou' mh; ajpathqevnto" "[6].
- sanari: come si è detto, Ovidio
vuole assimilare il suo poemetto a un trattato di medicina. Questo verbo verrà
ripreso, vedremo, nell'ultimo verso. - amare:
l'accostamento di questa attività alla passività di sanari mostra come anche il
tenerorum lusor amorum accosti
l'amore alla malattia che ha bisogno di precetti curativi. - vulnus: ecco che infatti torna la solita
calunnia dei poeti. Ma, abbiamo sentito la lucidità del principe Andrej in Guerra e pace, l'amore è vita, è
potenziamento della vita.
Possiamo aggiungere Eugenia Grandet di
Balzac: la figlia dell'avaro, dopo che ha visto il cugino si sente tutta
ravvivata, e non solo fisicamente: "Le erano sorte più idee in un quarto
d'ora che da quando era venuta al mondo…E andò, leggera come un uccello…"[7].
"Terra salutares herbas eademque nocentes/nutrit et urticae proxima
saepe rosa est " (vv. 45 - 46) , la terra nutre erbe salutari e pure
quelle nocive e spesso la rosa è vicinissima all'ortica. - terra: la similitudine della terra alla donna, diffusissima in
letteratura, ci dà conto di come dall'una e dall'altra si possano trarre frutti
diversi, anche contrapposti. In ogni caso il raccoglitore che sbaglia non può
incriminare la Grande
Madre che offre. Altrettanto varie sono le offerte di Amore
"Vulnus in Herculeo quae quondam fecerat hoste, /vulneris auxilium
Pelias hasta tulit " (vv. 47 - 48) , l'asta pelia che una volta aveva
inferto una ferita nel nemico figlio di Ercole, portò aiuto alla ferita. - Herculeo hoste: Ovidio procede con un exemplum tratto dal mito dopo quello
ricavato dalla natura. L'Eraclide in questione è Telefo che la lancia di
Achille, ricavata dal legno di un frassino del Pelio, monte della Tessaglia[8], prima
ferì poi risanò. Come dire che l'amore è un'arma a doppio taglio. Telefo era
figlio di Eracle e Auge. Re di Misia viene ferito da Achille, poi risanato
dalla sua lancia.
"Sed quaecumque viris, vobis quoque dicta, puellae, /credite; diversis
partibus arma damus" (vv. 49 - 50) , ma tutto quanto è detto per gli
uomini, è detto anche per voi, ragazze, credete; noi offriamo le armi alle
fazioni opposte. - vobis quoque: è
l'obiettività epica applicata al campo erotico; Ovidio vuole evitare l'accusa
di parzialità. E’ l’biettività degli storiografi applicata alla poesia amorosa
- arma: armi, beninteso, non cruente.
"Ordior a cultu[9].
Così Ovidio inizia, dopo il lungo proemio, la precettistica riservata alle
donne nel terzo libro dell'Ars.
Cultus, riferito
come qui alla vita della donna, indica più o meno la "cura della
persona" e quindi la "raffinatezza"[10].
"E quibus ad vestros si quid non pertinet usus, /attamen exemplo multa
docere potest. /Utile propositum est saevas extinguere flammas/nec servum vitii
pectus habere sui " (vv. 51 - 54) , e se tra queste (armi) qualcuna
non è adatta ai vostri bisogni, tuttavia può insegnare molto con l'esempio. Proposito
utile è spengere le fiamme crudeli e non avere il cuore schiavo della sua
malattia. - exemplo: l'esempio
fornisce l'elemento concreto alla didassi. - saevas flammas: sono quelle distruttive; infatti il fuoco è, pure
lui, ambivalente e può essere anche purificatore. - vitii…sui: la malattia del cuore è l'emotività eccessiva.
Seguono esempi di amori pessimi che gli amanti
avrebbero evitato se avessero ascoltato i precetti del maestro. Così Fillide, Didone,
Medea, Tereo, Pasife, Fedra, Menelao e Scilla, che per amore di Minosse mandò
in rovina suo padre Niso, avrebbero risparmiato tanto dolore se avessero
utilizzato le lezioni di Ovidio che si sente il nocchiero della navigazione
erotica: "Me duce damnosas, homines
compescite curas; /rectaque cum sociis me duce navis eat " (vv. 69 - 70)
, sotto la mia guida, umani, controllate le ansie nocive; sotto la mia guida la
nave proceda diritta con l'equipaggio. Ancora una metafora nautica.
continua
[1]
F. Dostoevkij, I fratelli Karamazov, p. 318.
[2]
G. Leopardi, Il sabato del villaggio, vv. 43 - 45.
[3]L.
Tolstoj, Guerra e pace, p. 1228.
[4]G.
B. Conte, Scriptorium classicum 2, p. 180.
[5]G.
B. Conte, Scriptorium classicum 2, p. 180.
[6]In
Plutarco, de glor. Ath. 5 p. 348 C
[7]
Eugenia Grandet, p. 51. Del 1883
[8]
Quello da cui Giasone "spinse nel mar gli abeti, / e primo corse a
fendere/ co' remi il seno a Teti" (V. Monti, Al signor di Montgolfier,
vv. 2 - 4)
[9]
Ars amatoria, III, 101.
[10]Conte
- Pianezzola, Il libro della letteratura
latina, Edizione Modulare, 8, p. 513.
bellissimo e nello stesso tempo tremendo,la morte per amore è sconvolgente. Giovanna Tocco
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