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mercoledì 9 dicembre 2015

I "Remedia amoris" di Ovidio, Parte III

Morte di Giocasta
dall'Edipo re di Pasolini

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La morte per laccio
Il nodum del laccio che pende da un'alta trabes si trova nel suicidio della regina Amata alla fine dell'Eneide: "et nodum informis leti trabe nectit ab alta" (XII, 603), e attacca a un'alta trave il nodo di una morte deforme. Conte suggerisce questo modello epico che a sua volta può averne uno tragico nel suicidio "deforme" di Giocasta nell'Edipo re di Sofocle "poi vedemmo la donna impiccata/ e avviluppata in lacci ritorti" (vv. 1263 - 1264) .
Altro suicidio sconcio, in quanto conseguente a una violenza pedofila è quello della bambina Matrioŝa che ne I demoni di Dostoevskij si impicca in "un minuscolo ripostiglio, una specie di pollaio" dopo che il suo viso aveva espresso "una disperazione che era impossibile di vedere sul viso di una bambina" (p. 448) . La bambina era stata stuprata da Stavrogin.
Questa è una delle più terribili tra quelle sofferenze di bambini delle quali Ivan Karamazov dice: " E se le sofferenze dei bambini servono a completare la somma delle sofferenze necessarie per acquistar la verità, io dichiaro fin d'ora che tutta la verità presa insieme non vale quel prezzo"[1]. - ferro: richiama il suicidio di Didone (Eneide IV, 663 - 666) del quale si è già detto. - caedis: genitivo oggettivo.

"Qui, nisi desierit, misero periturus amore est, /desinat, et nulli funeris auctor eris" (21 - 22) , chi, se non avrà smesso, è destinato a morire di amore infelice, smetta e per nessuno tu sarai causa di morte. - desierit…desinat: poliptoto. - funeris auctor: Ovidio insiste sul concetto che Amore non deve essere causa di morte ma di vita.

"Et puer es, nec te quicquam nisi ludere oportet: /lude; decent annos mollia regna tuos" (vv. 23 - 24) , sei un fanciullo e a te nulla conviene se non giocare: gioca; ai tuoi anni si addicono governi dolci. - ludere…lude: altro poliptoto. In effetti a Eros non può mancare questa componente. Il verbo ludo, come il sostantivo ludus derivano dalla radice indoeuropea *loid - che ha dato come esito in latino lud - e in greco loid (or) - da cui loidorevw, "insulto". Il significato del verbo greco non è estraneo al latino ludibrium, derisione, e all'italiano ludibrio. Si vede dunque che la radice ha una componente negativa che può sempre affiorare.
Per esempio in collusione, delusione, illusione
 Ma finché prevale la positiva, non tanto a lungo di solito, conviene valorizzarla e godersela: "Garzoncello scherzoso, /cotesta età fiorita/ è come un giorno d'allegrezza pieno…"[2].

L'amore dunque viene collegato alla pestis e alla rovina ma anche al gioco. Afrodite dea dell'amore è anche dea del gioco.
Quando è passato il momento buono del ludus e del iocus allora è tempo di rimpianti, come si legge in Catullo: "Ibi illa multa tum iocosa fiebant, /quae tu volebas nec puella nolebat. / Fulsere vere candidi tibi soles " (8, 6 - 8) , lì allora accadevano quei molti meravigliosi giochi/che tu volevi né la ragazza rifiutava. /Davvero hanno brillato radiosi i soli per te. Ma Ovidio insegna a non avere rimpianti

"Nam poteras uti nudis ad bella sagittis, /sed tua mortifero sanguine tela carent" (vv. 25 - 26) , infatti avresti potuto servirti per la guerre di frecce vere, ma le tue armi non hanno il sangue della morte. Questi versi presenti in quasi tutti i codici sono stati espunti da diversi editori. Li lascio perché ribadiscono l'idea di fondo che Amore è collegato alla vita, alla salute, alla gioia non alle ferite né morte, checché ne dicano alcuni, pure autorevoli. Vero è che in certi casi solo morendo si capisce quanto forte sia il collegamento tra l'amore e la vita e quanto sia doloroso avere perduto l'occasione di amare le creature viventi nel breve tempo a noi concesso. Questo è l'insegnamento che ci dà Tolstoj attraverso i pensieri del principe Andrej ferito a morte a Borodino. Gli vengono in mente: "La commiserazione, l'amore per i fratelli, per coloro che ci amano; l'amore per coloro che ci odiano, l'amore per i nemici, sì, quell'amore che Dio ha predicato sulla terra, che mi ha insegnato la principessina Mar'ja e che io non capivo; ecco perché mi dispiaceva di lasciare la vita, ecco quello che ancora mi restava, se fossi vissuto. Ma adesso è troppo tardi. Lo so!"[3].
 - poteras: falso condizionale che esprime irrealtà, come fanno i tempi storici in greco. - nudis sagittis: i dardi di Amore invece sono metaforici e non feriscono il corpo. Chi è intelligente e morale non ne viene ferito in alcun modo.

"Vitricus et gladiis et acuta dimicet hasta/et victor multa caede cruentus eat; /tu cole maternas, tuto quibus utimur, artes, /et quarum vitio nulla fit orba parens " (vv. 27 - 30) , il tuo patrigno combatta con spade e lancia acuminata ed esca vincitore insanguinato per molta strage; tu coltiva le arti materne, delle quali ci serviamo senza pericolo, e per colpa delle quali nessuna madre viene privata dei figli. - Vitricus: è Marte in quanto amante di Venere. Il dio combatte con armi vere e nude che provocano stragi; tuttavia, come sappiamo dall'inno a Venere del De rerum natura perfino questo dio sanguinario può essere vinto dalle ferite metaforiche dell'amore (I, 34) . - maternas…artes: sono quelle della seduzione, fondamentalmente due: la bellezza dell'aspetto e quella della parola. Odisseo aveva soprattutto la seconda, Giasone la prima, Alcibiade le aveva entrambe. - tuto quibus utimur: chi è devoto di Venere e Amore si trova al sicuro rispetto alla guerra.
Lo afferma anche Tibullo: "Quisquis amore tenetur, eat tutusque sacerque/qualibet; insidias non timuisse decet! " (I, 1, 29 - 30) , chiunque sia occupato da amore, vada in qualsiasi luogo sicuro e intoccabile; gli conviene non prendersi paura delle insidie.
Similmente Properzio: "nec tamen est quisquam, sacros qui laedat amantes” (III, 16, 11) , né tuttavia c'è alcuno che tocchi i sacri amanti.
Non certo i santi sacerdoti dell'Antonio e Cleopatra che benedicevano la regina nella sua lussuria. The holy priests bless her when she is riggish (II, 2)

 - orba parens: è una sommessa maledizione della guerra che stronca le giovani vite, una delle tante. -
Cfr. Edipo re di Sofocle: vv. 182 - 185: "e intanto le spose e anche le madri canute/di qua e di là, presso la sponda dell'altare/gemono supplici/per le pene luttuose".

"effice, nocturna, frangatur ianua rixa/ et tegat ornatas multa corona fores; /fac coeant furtim iuvenes timidaeque puellae/ verbaque dent cauto qualibet arte viro, /et modo blanditias rigido, modo iurgia, posti/dicat et exclusus flebile cantet amans" (vv. 31 - 36) , fai in modo che le risse notturne infrangano la porta e che molte corone coprano i battenti addobbati; fai incontrare di nascosto i giovani e le timide ragazze ed esse ingannino con qualsiasi mezzo l'amante sospettoso, e all'uscio inflessibile l'amante dica ora parole carezzevoli ora invettive e, chiuso fuori, canti compassionevolmente.
 - effice…frangatur…tegat: costruzione paratattica senza ut.
 - multa corona: la violenza delle risse, del resto non omicide, è attenuata dalle ghirlande di fiori. "il nesso multa corona rimanda anche, per antifrasi, a multa caede del v. 28"[4].
 verbaque dent: " dare verba è espressione del sermo cotidianus comico satirico equivalente come senso a decipere, "ingannare" (per esempio Terenzio, Eunuchus, v. 24 e Orazio, Satire I, 3, v. 22)"[5].
 - cauto…viro: è il marito o l'amante sospettoso. Appartiene, vedremo, a questa categoria L'eterno marito descritto da Dostoevskij come predestinato alle corna.
 - rigido…posti: l'inflessibilità della porta chiusa davanti all'innamorato è in realtà quella della donna insensibile alle sofferenze dello spasimante. Rigidus evoca il freddo dell'animo della donna che non apre: deriva infatti dalla radice rig - /frig su cui si formano pure rigeo, "sono rigido" per il freddo e frigus, "freddo". Postis è propriamente lo stipite che delimita l’apertura della porta.
 In Amores I, 6, 17 i claustra (le serrature) sono definiti inmitia (spietate) e alla fine dell'elegia l'addio è rivolto ai battenti crudeli con la soglia insensibile ("Vos quoque, crudeles rigido cum limine postes", v. 73) . - flebile: neutro avverbiale, molto comune in greco.

"His lacrimis contentus eris sine crimine mortis: /non tua fax avidos digna subire rogos. " (vv. 37 - 38) , ti accontenterai di queste lacrime senza la colpa della morte: la tua fiaccola non è adatta ad andare sotto ai roghi ingordi. - fax: abbiamo già detto dell'ambivalenza simbolica della fax e della taeda nella storia di Didone.
Qui possiamo aggiungere che nell'Agamennone di Eschilo una funzione del genere la assume il tappeto rosso, la via coperta di porpora (porfurovstrwto" povro", v. 910) , fatto stendere dalla regina per il re vincitore. Questo oggetto rosso - sangue è simbolico: da una parte è segno di lusso eccessivo, come noterà lo stesso Atrìde, dall'altra prefigura il sanguinoso assassinio del re.

Amore è convinto dal poeta.
"Haec ego; movit Amor gemmatas aureus alas/et mihi "propositum perfice" dixit opus" (vv. 39 - 40) , queste parole io; Amore aureo scosse le ali adorne di gemme e mi rispose "porta a termine l'opera promessa". - movit…gemmatas…alas: Amore dà l' assenso in tutto il suo fulgore (aureus) e avalla il piano di lavoro del suo fedele.

Il poeta quindi impiega questa ispirazione in pro dei lettori: "Ad mea, decepti iuvenes, praecepta venite, /quos suus ex omni parte fefellit amor. /Discite sanari, per quem didicistis amare; una manus vobis vulnus opemque feret " (vv. 41 - 44) , venite alle mie lezioni, giovani raggirati, quelli che da qualsiasi parte il suo amore ha ingannato. Imparate a essere risanati da quello per cui avete imparato ad amare; una sola mano vi porterà la ferita e l'aiuto. - decepti: si può dire delle illusioni di Amore quanto afferma Gorgia della tragedia: essa crea un inganno nel quale chi inganna è più giusto di chi non inganna, e chi è ingannato è più saggio di chi non viene ingannato: "o{ te ajpathvsa" dikaiovtero" tou' mh; ajpathvsanto" kai; oJ ajpathqei; " sofwvtero" tou' mh; ajpathqevnto" "[6]. - sanari: come si è detto, Ovidio vuole assimilare il suo poemetto a un trattato di medicina. Questo verbo verrà ripreso, vedremo, nell'ultimo verso. - amare: l'accostamento di questa attività alla passività di sanari mostra come anche il tenerorum lusor amorum accosti l'amore alla malattia che ha bisogno di precetti curativi. - vulnus: ecco che infatti torna la solita calunnia dei poeti. Ma, abbiamo sentito la lucidità del principe Andrej in Guerra e pace, l'amore è vita, è potenziamento della vita.
Possiamo aggiungere Eugenia Grandet di Balzac: la figlia dell'avaro, dopo che ha visto il cugino si sente tutta ravvivata, e non solo fisicamente: "Le erano sorte più idee in un quarto d'ora che da quando era venuta al mondo…E andò, leggera come un uccello…"[7].
"Terra salutares herbas eademque nocentes/nutrit et urticae proxima saepe rosa est " (vv. 45 - 46) , la terra nutre erbe salutari e pure quelle nocive e spesso la rosa è vicinissima all'ortica. - terra: la similitudine della terra alla donna, diffusissima in letteratura, ci dà conto di come dall'una e dall'altra si possano trarre frutti diversi, anche contrapposti. In ogni caso il raccoglitore che sbaglia non può incriminare la Grande Madre che offre. Altrettanto varie sono le offerte di Amore

"Vulnus in Herculeo quae quondam fecerat hoste, /vulneris auxilium Pelias hasta tulit " (vv. 47 - 48) , l'asta pelia che una volta aveva inferto una ferita nel nemico figlio di Ercole, portò aiuto alla ferita. - Herculeo hoste: Ovidio procede con un exemplum tratto dal mito dopo quello ricavato dalla natura. L'Eraclide in questione è Telefo che la lancia di Achille, ricavata dal legno di un frassino del Pelio, monte della Tessaglia[8], prima ferì poi risanò. Come dire che l'amore è un'arma a doppio taglio. Telefo era figlio di Eracle e Auge. Re di Misia viene ferito da Achille, poi risanato dalla sua lancia.

"Sed quaecumque viris, vobis quoque dicta, puellae, /credite; diversis partibus arma damus" (vv. 49 - 50) , ma tutto quanto è detto per gli uomini, è detto anche per voi, ragazze, credete; noi offriamo le armi alle fazioni opposte. - vobis quoque: è l'obiettività epica applicata al campo erotico; Ovidio vuole evitare l'accusa di parzialità. E’ l’biettività degli storiografi applicata alla poesia amorosa - arma: armi, beninteso, non cruente.

"Ordior a cultu[9]. Così Ovidio inizia, dopo il lungo proemio, la precettistica riservata alle donne nel terzo libro dell'Ars.
Cultus, riferito come qui alla vita della donna, indica più o meno la "cura della persona" e quindi la "raffinatezza"[10].


"E quibus ad vestros si quid non pertinet usus, /attamen exemplo multa docere potest. /Utile propositum est saevas extinguere flammas/nec servum vitii pectus habere sui " (vv. 51 - 54) , e se tra queste (armi) qualcuna non è adatta ai vostri bisogni, tuttavia può insegnare molto con l'esempio. Proposito utile è spengere le fiamme crudeli e non avere il cuore schiavo della sua malattia. - exemplo: l'esempio fornisce l'elemento concreto alla didassi. - saevas flammas: sono quelle distruttive; infatti il fuoco è, pure lui, ambivalente e può essere anche purificatore. - vitii…sui: la malattia del cuore è l'emotività eccessiva.
 Seguono esempi di amori pessimi che gli amanti avrebbero evitato se avessero ascoltato i precetti del maestro. Così Fillide, Didone, Medea, Tereo, Pasife, Fedra, Menelao e Scilla, che per amore di Minosse mandò in rovina suo padre Niso, avrebbero risparmiato tanto dolore se avessero utilizzato le lezioni di Ovidio che si sente il nocchiero della navigazione erotica: "Me duce damnosas, homines compescite curas; /rectaque cum sociis me duce navis eat " (vv. 69 - 70) , sotto la mia guida, umani, controllate le ansie nocive; sotto la mia guida la nave proceda diritta con l'equipaggio. Ancora una metafora nautica.



continua



[1] F. Dostoevkij, I fratelli Karamazov, p. 318.
[2] G. Leopardi, Il sabato del villaggio, vv. 43 - 45.
[3]L. Tolstoj, Guerra e pace, p. 1228.
[4]G. B. Conte, Scriptorium classicum 2, p. 180.
[5]G. B. Conte, Scriptorium classicum 2, p. 180.
[6]In Plutarco, de glor. Ath. 5 p. 348 C
[7] Eugenia Grandet, p. 51. Del 1883
[8] Quello da cui Giasone "spinse nel mar gli abeti, / e primo corse a fendere/ co' remi il seno a Teti" (V. Monti, Al signor di Montgolfier, vv. 2 - 4)
[9] Ars amatoria, III, 101.
[10]Conte - Pianezzola, Il libro della letteratura latina, Edizione Modulare, 8, p. 513. 

1 commento:

  1. bellissimo e nello stesso tempo tremendo,la morte per amore è sconvolgente. Giovanna Tocco

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