lunedì 27 gennaio 2025

Ifigenia 287. La visita di due compagni e la rievocazione dell'Ungheria di maniera, “un poco falsa, come piace a me”.


 

il nevone e il caldone

 

Il 24 aprile, all'uscita da scuola, trovai Alfredo e Fausto, i due

vecchi compagni di Debrecen. Era il tocco e andammo a desinare come si faceva dopo le lezioni, allegramente, nella mensa dell’Università magiara.

Le stesse cose ritornano. Niente è isolato dal tutto né avviene per caso.

Li osservavo scherzare, li ascoltavo fare progetti sulla prossima

vacanza ungherese, partecipavo con simpatia alle rievocazioni di

episodi significativi  delle tante ferie estive passate insieme.

Sentivo anche un poco di nostalgia delle avventure erotiche, degli

amori mensili con le Finlandesi, dell'Aranybika, dell'Egribikavér,

il sangue di toro di Eger, del tram numero Uno, del grande bosco

dalle querce profetiche, del laghetto con le ninfee, le rane canore, lontane o vicine, con il ponte di legno che risuonava al nostro lieto passaggio, dell'orto botanico dagli alberi strani, dello stadio dove tante volte avevo spremuto le forze, in allenamento e pure gareggiando e vincendo davanti agli occhi delle ragazze, per salire nella loro considerazione; rimpiangevo la csárda di Hortobágy dove i cembali e i violini degli zigani suonavano le  danze ungheresi di Brahms mentre sul ponte a nove arcate scendeva la sera già densa di tristi presagi autunnali quando arrivava agosto.

Questa Ungheria di maniera, anche un poco falsa, che tuttavia a me piaceva1,

destava risonanze dolci, echi pieni di affetti, rimembranze care e desideri antichi per lo più soddisfatti, eppure, a quel punto, la mia vita aveva preso una strada diversa dalla vecchia via non malagevole, anzi rosea, passata tante volte per Debrecen: oramai mi ero avviato sull'erto e arto cammino in salita dell'impegno serio nello studio volto a educare i giovani attraverso una  cultura  assimilata alla  sensibilità e confrontata con l’ esperienza. Non avevo più tempo da impiegare in scherzi, bevute, amori a perdere. Dovevo fare qualche cosa di grande, di egregio, di eccezionale, per scuotere gli adolescenti dall'indifferenza morale e dall'ignoranza nella quale li stava gettando il regime degli speculatori che pagavano dei mercenari  rapaci, ignari di bellezza e cultura. Per fare questo dovevo amare una donna viva, presente, reale, non un'apparizione mensile un idolo mandatomi dalla Finlandia per poche settimane come Elena di Troia inviata a Sparta dagli dèi secondo Stesicoro poi  Euripide. Le donne reali erano  tornate  là. Forse, anzi, le avevo soltanto sognate.

 Ancora non disperavo che una figura non solo spettrale potesse essere Ifigenia stessa. Comunque gli amori feriali, le femmine umane apparse e sparite come meteore  nel cielo sopra la grande foresta di Debrecen, le donne fantasma, materia di sogni e ricordi ormai remoti, o peggio, di rimpianti e rimorsi, vani pascoli che fanno camminare retrogradi gli spiriti disoccupati, non mi bastavano  più.  Magari con il tempo avrei infuso in quei fantasmi anima eterna2, ma tornare in luglio  a Debrecen con quei due compari

 in cerca di altre avventure mensili con donne a perdere sarebbe stata regressione e follia. Questo  pensiero però lo tenni per me.

Ora un pensiero sulle stagioni

Manca poco alle “giornate già lunghe” di febbraio

Tuttavia ai giovani faccio presente che il 16 febbraio del 1956 a Pesaro cominciò a nevicare e seguitò per settimane. Noi vecchi ricordiamo ancora “il nevone”. Venne chiusa la strada statale numero 16 coperta da lastroni di ghiaccio, furono chiuse le scuole. Questo non spiacque punto a noi scolari. Facevo la prima media al Lucio Accio. Ero contento di giovare a palle di neve e sciare sul corso dalla piazza alla pescheria.

 Da quando sono adulto invece ogni anno temo la retro marcia di febbraio verso l’inverno.

Il passo retrogrado se non viene corretto presto diventa follia.

I primi di marzo di solito riportano il freddo ma dura poco.

Poi gli uomini più usi al male che al bene lo ripristinano e lo fanno durare fino a ottobre con l’aria condizionata. Per reazione vado a pedalare nei 40 e più gradi del sud della Grecia. Accumulando tale riserva di caldone e pedalando mi salvo la salute fisica e mentale, la vita da torero e la vita senz’altro.

 

Note

1 Cfr. G. Gozzano, Paolo e Virginia, vv. 28-29.

2 Cfr. Foscolo, Le Grazie, Inno Primo, A Venere, 24.

 

Bologna 27 gennaio 2025 ore 10, 46 giovanni ghiselli

p. s

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