sabato 25 gennaio 2025

Metodologia 59 Le parole potenti rafforzano l’agire.


 

Il potenziamento dei lovgoi è pure rafforzamento degli e[rga in tutti i campi, compreso quello centralissimo di Eros. Seneca, Hesse, Ovidio e Kierkegaard.  Ulisse quale eroe ovidiano (La Penna). Leopardi.

 

Noi antichisti dobbiamo chiarire che la facoltà verbale è potenziata dalla conoscenza dell'italiano antico, ossia dal latino, e da quella del greco[1], e che tale rafforzamento  delle parole si trasmette alle azioni .

 La sapientia , sostiene Seneca "res tradit, non verba"[2] insegna ad agire, non solo a parlare. E in un'altra Epistula: "Sic ista ediscamus ut quae fuerint verba sint opera" (108, 35), cerchiamo di apprendere la filosofia in modo che quelle che furono parole diventino azioni.

Infatti "Soltanto il pensiero vissuto ha valore"[3].  

Le azione si preparano con il pensiero e con la parola. Ciò che è verbale deve diventare reale in termini di comunicazione produttiva :"aveva visto che la sua esperienza era reale. Era irradiata da lui e l'aveva mutato, aveva attirato verso di lui un'altra creatura umana. Il suo isolamento era infranto…"[4].

Compresi molto bene la veridicità di queste parole quando suscitai l’attenzione di Helena Augusta nei miei confronti citando Cesare Pavese[5].  

Lo vedo ancora da ottantenne: scrivo tutti i giorni di mattina e di pomeriggio per essere letto e molti mi leggono in tante parti del mondo, quasi tutte. Oramai personalmente non agisco più come una volta ma credo che non pochi tra i miei lettori trovino tra i miei scritti parole che spingono ad agire anche molto bene.

 

Le invenzioni, le rivoluzioni puramente verbali, lasciano il tempo che trovano. Si pensi al movimento letterario della neoavanguardia dei primi anni Sessanta. Presentava e propugnava “lo sperimentalismo assoluto, letterario fino all’illeggibilità e all’inservibilità”[6]. Era di fatto un movimento reazionario dunque. O nemmeno tale.

 

 Quando i giovani capiscono qual è la forza della parola, e la constatano, diventano più disponibili a faticare per impossessarsi di tale potenza. Noi quarant'anni fa nei licei ci impegnavamo a studiare per non essere bocciati, se non per altro motivo; questi ragazzi, che non hanno quasi più lo spauracchio della bocciatura contro l'infingardaggine, devono essere motivati a imparare le lettere con l'incentivo della duvnami~ della parola, utile in tutti i campi, compreso quello centralissimo di Eros: "Non formosus erat, sed erat facundus[7] Ulixes/et tamen aequoreas torsit amore deas "[8]. 

Abbiamo ricordato Kierkegaard che cita questi due versi. Sentiamo anche come li commenta: “Una bellezza maschile, un aspetto lusinghevole eccetera, sono ottimi mezzi. Con essi si può anche giungere a varie conquiste, ma non mai a una vittoria completa. Perché? Perché con essi si porta guerra a una fanciulla nel suo stesso campo, e nel proprio campo ella è sempre più forte. Con tali mezzi si può spingere una fanciulla ad arrossire, ad abbassare gli occhi, ma mai si arriva a ingenerarle quell’ansia soffocante e indescrivibile che rende interessante la bellezza”[9].

 Nei versi precedenti Ovidio consiglia di imparare bene il latino e il greco, per potenziare lo spirito e controbilanciare l'inevitabile decadimento fisico della vecchiaia:"Iam molire animum qui duret, et adstrue formae:/solus ad extremos permanet ille rogos./Nec levis ingenuas pectus coluisse per artes/cura sit et linguas edidicisse duas" (Ars amatoria , II, vv. 119-122), oramai prepara il tuo spirito a durare, e aggiungilo all'aspetto: solo quello rimane sino al rogo finale. E non sia leggero l'impegno di coltivare la mente attraverso le arti liberali, e di imparare bene le due lingue. Il latino e il greco ovviamente. Senza con questo disprezzare altre lingue. A me è servito ed è piaciuto l’inglese.

Nei versi seguenti il poeta di Sulmona racconta che Calipso chiese a Ulisse in procinto di partire di farle conoscere il destino crudele di Reso, re di Tracia, alleato di Priamo, ucciso da Diomede.

Egli allora disegnò sulla sabbia  parte della vicenda crudele narrata nel X libro dell’Iliade. Non aveva finito di  segnare la rena con una verga, “subitus cum Pergama fluctus-abstulit et Rhesi cum duce castra suo” (vv. 139-140), quand’ecco che un’ondata improvvisa cancellò Pergamo e l’accampamento di Reso con il suo comandante.

Quindi Calipso fece notare all’amante che non era il caso di fidarsi delle onde, tanto rapide a cancellare ogni cosa.

Infine il commento di Ovidio: “Ergo age, fallaci timide confide figurae,-quisquis es, atque aliquid corporis pluris habe” (vv. 143-144), su dunque, fidati con precauzione dell’aspetto esteriore, chiunque tu sia, e considera qualche cosa più di valore del corpo.

“Si capisce che il portatore dei valori ovidiani è Ulisse, l’eroe che alla bruta forza, al coraggio cieco contrappone le doti e le arti sottili della mente, la prudenza, la seducente eloquenza; un pezzo dell’Ars amatoria (II 107-144), una scena di singolare grazia in cui Ulisse, un momento prima di imbarcarsi, conversa con Calipso, ci dà la prova sicura della predilezione di Ovidio e ci fa capire il senso di questa predilezione”[10].  

“Egli è indubitato: la nuda cognizione di molte lingue accresce anche per se sola il numero delle idee, e ne feconda poi la mente”[11].

 

Bologna 25 gennaio 2025 ore 11 giovanni ghiselli

 

 

 



[1]"In ogni caso, la cosiddetta cultura classica ha un unico punto di partenza sano e naturale, cioè l'assuefazione, artisticamente seria e rigorosa, a servirsi della lingua materna",  Nietzsche, Sull'avvenire delle nostre scuole , p. 52.

[2]Seneca, Epist. ad Luc. , 88, 32.

[3] H. Hesse, Demian (del 1919),  p. 116.

[4] H. Hesse, Klein e Wagner (del 1920), p. 132.

[5] Cfr. Il mio Tre amori a Debrecen in prestito nella biblioteca Ginzburg di bologna dove i gennaio riprenderò le mie conferenze: una al mese fino a maggio.

[6] Pasolini, in Saggi sulla Letteratura e sull’arte, p. 2614.

[7]  Un limite alla facundia, come del resto alla pietas, lo suggerisce Orazio:" Cum semel occideris et de te splendida Minos/ fecerit arbitria,/ non Torquate, genus, non te facundia, non te/restituet pietas" (Carm. IV, 7, vv. 21-24), una volta che sarai morto e Minosse avrà dato sul tuo conto chiare sentenze , non la stirpe, Torquato, non la facondia, non la devozione ti restaurerà. Questo limite dunque è la morte, solo la morte.

[8] Ovidio,  Ars Amatoria , II, 123-124. Bello non era ma era bravo a parlare Ulisse e pure fece struggere d'amore le dee del mare. Sono versi non per caso citati da Kierkegaard nel Diario del seduttore .

[9] Diario del seduttore, p. 75.

[10] A. La Penna, Aspetti del pensiero storico latino, p. 9.

[11] Leopardi, Zibaldone, 2214

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