Budapest di notte |
Katina 1970
Riprendo l’epica della mia gioventù. Con epica intendo atti non necessariamente di valore eroico, le ajristeivai di Omero, ma comunque significativi.
Riprendo l’epica della mia gioventù. Con epica intendo atti non necessariamente di valore eroico, le ajristeivai di Omero, ma comunque significativi.
I ragazzi della mia generazione trovavano lavoro, anche a
tempo indeterminato, appena laureati, e, quindi, potevano permettersi il
“lusso” di cercare significati nella vita oltre la sopravvivenza materiale e
l’indipendenza dai genitori.
Nell’estate del 1970
dopo i mesi assai duri di Carmignano e Cittadella sedes ancor più moribundae
della mia Pesaro[1], tornai nel collegio
universitario di Debrecen, in mezzo alle giovani borsiste europèe. Avevo fame
arretrata di compagnia, soprattutto di quella delle giovani donne libere e non
a caccia di marito. Insomma vezzose ragazze[2] con
un’educazione accademica. Le femmine specifiche del paese dove avevo insegnato
erano allieve giovanissime, quindi sacre e intoccabili, o colleghe dai denti zitelleschi
pronti ad azzannare anche l’ombra di un possibile sposo. Sposo infelicissimo
sarei stato, dato il carattere mio. Non dico solo con una zitella dai denti
voraci, ma pure con un soavissimo angelo-femmina. Il matrimonio, nella mia
testa, se volete bacata, va bene per chi non sa stare solo, o per quanti, non
pochi, vogliono tenere nascosta la loro omosessualità. Secondo me, sposarsi è
un atto contro natura. Per lo meno contro la mia natura. Giurare fedeltà eterna
a una donna, o a un uomo, è un’avventatezza del tutto irresponsabile: può farlo
un bambino, non una persona matura e avveduta. E poi diciamo la verità: “Chi a
una sola è fedele/verso l’altre è crudele”[3].
Il mio omonimo forse anche eponimo[4] aveva
capito tutto. Che dire di più?
A Debrecen dunque incontrai Katina, una delle finlandesi
della mia collana. Questa era bella e colta meno delle altre[5], ma
ha avuto una parte lei pure nel mio apprendistato e nella mia formazione: mi
fece capire quanto potessi riuscire simpatico e gradevole a una donna nel letto,
il mobile più importante di ogni casa secondo Euripide[6], secondo
le donne e pure secondo me[7].
Katina veniva da Helsinki, aveva ventidue anni passati senza
sviluppare qualità eccelse, ma faceva sesso molto volentieri e con un buonumore
continuo, comunicativo, rallegrante ed eccitante: ricordo che l’ultima sera del
corso estivo, eravamo a Budapest nel Budaörsi Kollegium[8], la
simpatica ragazza mi guardò a lungo negli occhi, sorrise e disse: “Gianni, ti
ringrazio e ti sarò sempre grata per la magnifica estate che mi hai regalato”. “Grazie
a te”, risposi, e non solo perché si usa tra persone educate. Quindi la
fanciulla concluse: “questa che è l’ultima sera nostra, voglio essere più
felice del solito: “sixty nine, I hope”.
Non traduco per pudore e perché, tutto sommato sono ancora timido e riservato.
Feci l’errore di sottovalutare Katina, sopravvalutando tra
le altre chi non ha messo al mondo la creatura che aspettava da me. Ogni volta
che vedo una bambina correre e ridere, vado a nascondermi e piango. Quella
nostra figlia aveva diritto di vivere. Prima di dare il permesso di abortire a
una donna incinta si dovrebbe interpellare anche chi l’ha fecondata, pure se le
Erinni di Eschilo hanno sentenziato[9] che
l’uomo conta poco nel generare.
Ho sotto gli occhi due fotografie con me e Katina: in
entrambe lei sorride felice e io guardo la macchina fotografica con
l’espressione dolce, ammiccante, quasi sicura, del giovane maschio soddisfatto
e orgoglioso delle proprie prestazioni. Infatti questa mia amante, che il
Signore la benedica, viva o morts che sia, mi gratificava spesso, nel talamo
nostro, dicendo tutta contenta e orgogliosa di noi: “but you are not normal”, e
così via. Questa volta è per modestia che non traduco. Io che venivo dal
digiuno forzato del motel Palace di Cittadella, ero contento della gran
scorpacciata erotica, e mi sentivo un uomo già non poco vissuto, intelligente, capace
di una bella e sana complicità con la vita, ossia di ottenere quanto desidera, sia
questo educare i giovani, sia piacere alle donne e trarne piacere e darne a
loro, il “piacer maggiore - che per lo mar dell’essere si trova”[10], come
ha scritto l’infelice di Recanati.
In realtà all’epoca ero poco più di un bambino. Mi
aspettavano prove molto dure e severe, utili del resto, a temprare la mia
umanità. Avrei provocato la fortuna pochi mesi più tardi, durante il servizio
militare, quindi insegnando, facendo l’amore, perfino facendo sport[11], e
sarei diventato quell’uomo forte raffigurato da Seneca con queste parole : "ecce par deo dignum, vir fortis cum fortuna mala compositus, utique
si ei et provocavit"[12].
Ma per ora basta di questo
giovanni
il blog è arrivato a 264002. Punto ancora ai 300 mila entro questo
anno, al più tardi entro i tre anni di vita del blog (febbraio 2016). Altrimenti
perché scrivere?
[1] Cfr, Catullo, 81, 3: “moribunda ab sede Pisauri”
[3] Don Giovanni, II, 1
[4] Pure Giovanni Battista
però mi piace come omonimo-eponimo. Mi sento vicino a lui come agitatore di
coscienze e sovversivo politico. Ho sempre cercato del resto di non farmi
decapitare
[5] Helena (1971), Kaisa
(1972) e Päivi (1974) delle quali ho già raccontato le storie presenti in
questo blog. Le raccomando a chi non le avesse ancora lette, e non perché
scritte da me, ma perché sono belle, molto belle.
[6] Leggi in particolare la Medea e l’Alcesti.
[7] Magari a pari merito con
la libreria
[8] Già ricordato nella storia
di Päivi, il grande amore (presunto) del 1974.
[9] Consiglio a chi mi legge, di
leggere, a maggior ragione, l’intera Orestea,
anzi tutte le tragedie di Eschilo, Sofocle,
Euripide.
[10] Amore e morte, 6-7
[11] Nel maggio del 1972 mi
sarei rotto il braccio destro correndo precipitosamente in discesa.
[12] De providentia, 2, 9. ecco una coppia di atleti degna di dio: Uomo
forte opposto alla cattiva fortuna, soprattutto se l’ha provocata
Ia cosa migliore del tempo è che ricordi solo il meglio delle cose....per me ,almeno, è così. Per quanto riguarda l'aborto ritengo che andrebbe proibito,trovo che sia un'azione indegna. Salvo gravi problemi di salute. Vi sono tanti mezzi di prevenzione e ,interpellati entrambi i procreatori, esiste l'adozione. Scegliere di uccidere una creatura in arrivo non solo è spregevole,ma indica il grado di inciviltà a cui siamo giunti. D'altronde permettiamo la morte dei migranti bambini e adulti e ,se non bastasse, usiamo queste tragedie per fare politica..MA ORA VOGLIO GODERMI SOLO LA DOLCEZZA DI QUESTO RACCONTO. Giovanna Tocco
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