PER VISUALIZZARE IL GRECO CLICCA QUI E SCARICA IL FONT HELLENIKA
Procedo con il commento del
recentissimo libro di Remo Bodei Immaginare
altre vite
Realtà, progetti, desideri.
Feltrinelli, Milano, 2013
Ho inserito
questo percorso in una delle lezioni che terrò per l’Università Primo Levi di
Bologna tutti i sabati dal primo
marzo al 7 aprile 2014
Il VII capitolo si intitola La vita più desiderabile (pp. 127-135).
Commento il primo paragrafo che tratta di Santi e martiri (pp. 127-130)
La religione e la filosofia suggeriscono vie diverse
per arrivare alla gloria. Nelle religioni “i grandi modelli sono rappresentati,
in primo luogo, dai fondatori che hanno ascoltato la voce di Dio o sono di
natura divina e, in secondo luogo, da coloro che li hanno seguiti o imitati,
con creativa umiltà: gli apostoli, i santi, gli asceti, i profeti, i sacerdoti,
i mistici, i monaci e le monache” (p. 126).
Socrate nel Fedro
di Platone attribuisce alla profetessa di Delfi e alle sacerdotesse di Dodona
la facoltà di procurare all’Ellade molti e benefici, e belli, quando sono manei`sai, in stato di maniva, mentre ne procurano
pochi, o nessuno, quando sono in senno (swfronu`sai, 244B). Viene poi menzionata la Sibilla che come
altri hanno avuto il talento della mantica quale ispirazione divina, e
predicendo molte cose hanno indicato a
molti la dritta via verso il futuro (polla; de; polloi`~ prolevgonte~ eij~ to; mevllon
w[rqwsan,
244B).
Già presente in Eraclito è la Sibilla che “con bocca folle grida
parole prive di sorriso, di abbellimento e di profumo, e con la voce giunge al
di là di mille anni per il dio che è in lei-dia; to;n qeovn-” (fr. 119 Diano).
Si tratta di donne ispirate e invasate dunque,
possedute da una maniva che è più saggia della saggezza del mondo.
Infatti gli antichi, coniando i nomi, hanno chiamato manikhv la più bella delle arti
che prevede il futuro. Sono stati i moderni, ajpeirokavlw~, con ignoranza del bello, che mettendoci dentro una tau, mantikh;n ejkavlesan (244c), l’hanno
chiamata mantica.
Le manie provenienti dagli dèi sono più belle
dell’assennatezza umana.
Nell’Eneide
abbiamo la Sibilla cumana che grida e si trasfigura.
Leggiamo i versi di Virgilio tradotti[1]
“Si era alla soglia, quando la vergine: ‘è il momento
di interrogare il destino’, dice, ‘il dio, ecco il dio!’. E
a lei che diceva tali parole/
davanti ai battenti, all'improvviso, non il volto, non il
colore rimase lo stesso/
non composte le chiome: ma il petto è ansimante,
e il cuore estasiato è gonfio di sacro delirio; è più grande
a vedersi
e non manda suoni mortali, poiché è ispirata dalla potenza
già molto vicina del dio-adflata
est numine quando-iam propiore dei (VI, 45-51).
San Pietro nel Paradiso
di Dante si trascolora[2][3] e
parla con “voce da sé trasmutata” nel
pronunciare l’invettiva contro Bonifacio VIII.
“Il termine ‘santo’, che indica un individuo inserito nella dimensione
del sacro, deriva dal latino sancire,
prescrivere per legge, e, quindi, proclamare tale (…) Sebbene l’immagine del
santo cambi nel tempo, mantiene però intatti alcuni tratti fondamentali:
l’esemplarità della vita, la fede incrollabile dinanzi alle difficoltà e alle
tentazioni, le privazioni, le rinunce, l’amore donato o suscitato, la capacità
di convertire, i miracoli compiuti”[4].
I pagani talora attribuiscono ai loro eroi morti funzioni non dissimili
a quelle assegnate ai santi dai cristiani: dalle tombe dei grandi personaggi emana l' influsso
della loro potenza.
"Dappertutto la venerazione di un eroe è collegata al luogo dov'è
la sua tomba (…) le anime degli eroi si aggiravano più vicine ai viventi, nella
felicità e nell'infelicità si sentiva la loro potenza"[5].
"Proust ricordava che nessun altare fu considerato dagli antichi
più sacro, circondato da più profonda venerazione e superstizione quanto le
tombe d’Edipo a Colono e di Oreste a Sparta”[6].
Edipo giunto
a Colono, promette di riversare collera postuma sui Tebani per il trattamento
ricevuto dai figli:"il mio freddo cadavere anche dormendo sepolto sotto
terra un giorno berrà il loro sangue caldo"[7],
mentre la sua ombra sarà sempre propizia[8]
alla terra ateniese che gli ha dato l'ultimo asilo.
“Per i cristiani, santo è chi, sull’esempio di Gesù,
ha conformato la sua vita ai precetti del Vangelo, e, da un certo periodo in
poi, al modello dei primi martiri o agli insegnamenti dei fondatori e dei
dottori della Chiesa. L’imitatio Christi diventa
l’ideale più alto, perché significa far vivere Cristo nel fedele, secondo le
parole di Paolo: “Non vivo già più io, ma Cristo vive in me”[9].
Per questo ingresso del dio nel suo seguace e
profeta, Paolo di Tarso è assimilabile alla Sibilla Eraclitea (dia; to; qeovn) e a quella cumana di Virgilio (adflata
est numine quando-iam propiore dei) ricordate sopra.
Torniamo a Bodei: "Tale imitazione, normalmente perseguita nello
spirito, talvolta si stampa sulla carne, come nel caso di san Francesco, alter Christus, di Santa Caterina da
Siena o, più recentemente (e in modo, almeno per un certo tempo controverso),
di Padre Pio di Pietralcina.[10]
Il cristianesimo individua nella santità due generi di gloria, tra loro
compatibili: quello dell'esaltarsi, innalzandosi sopra se stessi, tipico degli
"atleti di Cristo" che si affidano a Dio offrendogli la vita per
testimoniare la propria fede, e quello dell'umiliarsi, svuotandosi di ogni
potere e autorità sull'esempio stesso di Gesù, che si fece servo e accettò di
morire nel più doloroso dei modi[11],
oppure su quello di San Francesco che si fece piccolo nella sua povertà, o di
una mistica francese del Seicento, che baciava i lebbrosi e leccava le piaghe
più ripugnanti[12]"
(p. 128).
Per gli atleti di Cristo, si può pensare all'elogio che il francescano
San Bonaventura fa da San Domenico nel cielo del Sole del Paradiso di Dante chiamandolo "l'amoroso drudo/della fede
cristiana, il santo atleta /benigno a' suoi ed a' nemici crudo"[13].
Bodei ricorda che "l'apologetica cristiana e la storiografia hanno
molto insistito sulle persecuzioni e sui tormenti che i martiri hanno dovuto
subire: si pensi solo all'Esortazione ai
martiri di Tertulliano" (p. 128).
Il sangue sparso dai martiri per l'apologeta di Cartagine non era una testimonianza sterile: "Etiam plures efficimur, quotiens metimur a
vobis: semen est sanguis Christianorum! (Apologeticum.50, 13), siamo
resi ancora più numerosi ogni volta che ci falciate: è seme il sangue dei Cristiani!
Bodei ricorda la Passio Perpetuae
"tra le opere umanamente più toccanti"
Si tratta di "una giovane madre ventitreenne, che non ha voluto
rinnegare la propria religione e, per salvarsi, sacrificare all'imperatore
Settimio Severo. E' un documento eccezionale, perché è l'unico testo
autobiografico di mano femminile che ci sia stato tramandato dal mondo
antico" (p. 129).
Vengono poi citati dei versi dal Peristephanon
, una raccolta di inni liturgici di
Prudenzio che glorifica l'eroismo dei martiri dopo il trionfo del cristianesimo,
alla fine del IV secolo.
"Nei martiri le energie dell'uomo sembrano crescere su se
stesse, assumere tratti sovrumani di coraggio e di sopportazione del dolore…I
martiri non mirano all'innalzamento di se stessi nella considerazione dei
contemporanei e dei posteri (diversamente da quanto accadeva nel giovane
Agostino prima della conversione), ma hanno come obiettivo la maggior gloria di
Dio" (Immaginare altre vite, p.
129)
Bodei fa anche notare che "nei primi secoli della nostra era i
cristiani affrontano una serie di persecuzioni discontinue da parte delle
autorità imperiali romane (su 54 imperatori solo una dozzina li perseguita per
una durata di 129 anni, con un numero di vittime non calcolabile, forse
migliaia, mentre vi sono 120 anni di tolleranza)" (p. 130).
Un esempio di relativa tolleranza si può trarre dalla risposta di
Traiano a una lettera di Plinio il
Giovane che, legato imperiale in Bitinia, chiede lumi al princeps su come debba
comportarsi nei confronti dei cristiani denunciati. L'alto funzionario fa
sapere che sino a quel momento ha punito
solo gli ostinati: "perseverantes
duci iussi. Neque enim dubitabam, qualecumque esset quod faterentur,
pertinaciam certe et inflexibilem obstinationem debere puniri" (X, 96,
3), ho fatto portare al supplizio gli ostinati. Infatti non avevo dubbi che,
qualunque fosse la fede che professavano, si dovessero punire la caparbietà
e l' inflessibile ostinazione.
Quando gli è giunto un libellus
sine auctore, un'accusa anonima,
Plinio ha fatto indagini interrogando i denunciati: alcuni negavano di essere
cristiani, altri dicevano di non esserlo più e arrivavano a bestemmiare Cristo.
Del resto i loro costumi vengono descritti come innocui: " Adfirmabant
autem hanc fuisse summam vel culpae suae vel erroris, quod essent soliti stato
die ante lucem convenire carmenque
Christo quasi deo dicere secum invicem, seque sacramento non in scelus aliquod obstringere, sed ne furta, ne latrocinia, ne adulteria committerent, ne fidem fallerent, ne depositum
appellati abnegarent. Quibus peractis morem sibi discendendi fuisse
rursusque coeundi ad capiendum cibum,
promiscuum tamen et innoxium "
(X, 96, 7), affermavano d'altra parte che questa era stata l'essenza della loro
colpa o dell'errore, il fatto che erano soliti riunirsi in un giorno stabilito
prima dell'alba, e cantare tra loro, alternatamente, un inno in onore di Cristo
come se fosse un dio e impegnarsi con giuramento, non a perpetrare qualche
crimine, bensì a non commettere furti, rapine,
adultèri, a non tradire la parola data,
a non rifiutarsi di restituire, richiesti, una cosa avuta in consegna.
Compiute tali cerimonie, avevano l'abitudine di andarsene e di riunirsi
un'altra volta per prendere del cibo, comunque ordinario e innocente.
C'è da notare
che il
sacramentum dei cristiani
esclude comportamenti esecrati anche dai tradizionalisti romani: in
particolare: ne adulteria
committerent, ne fidem fallerent .
Plinio veramente è meno illuminato del
suo imperatore: fa inquisire et per
tormenta, anche mediante tortura, due serve quae ministrae dicebantur, chiamate diaconesse,
ma non ha tovato altro che una superstizione perversa e sfrenata (Nihil aliud inveni quam superstitionem
pravam, immodicam[14], X, 96, 8). Il
legato conclude la lettera scrivendo con soddisfazione che si è ripreso a
frequentare i templi e a vendere le carni delle vittime
Traiano risponde a Plinio (X, 98) che i
cristiani non vanno puniti d’ufficio, ma puniti in caso di denunzia non anonima
e di confessione senza apostasia. Nel caso che l’abiura sia resa manifesta
dall’adorazione delle divinità “nostre” ossia pagane, gli apostati devono
ottenere il perdono dal pentimento.
Quanto alle denunce anonime (sine auctore vero propositi libelli),
queste non devono avere valore di accusa: “nam
et pessimi exempli nec nostri saeculi est”, infatti è di pessimo esempio e
non si confà allo spirito del nostro tempo.
Ma concludiamo il paragrafo Santi e
martiri di Immaginare altre vite :
“Per evitare di essere colpiti, diversi cristiani comprano certificati di fedeltà
agli dei di Roma e all’imperatore e, se pentiti di questo atto di viltà,
chiedono di essere riammessi nella comunità dei fedeli, suscitando dibattiti
nelle singole Chiese[15].
D’altra parte, in quanto ciascuno è, secondo la formula di Lutero, simul peccator et iustus, anche i
tiepidi nella fede, gli apostati e, a maggior ragione, i malvagi e gli empi
sono nel cristianesimo invitati a partecipare a un grandioso progetto di
redenzione, a credere contra spem, in
spem (p. 130)
Giovanni Ghiselli
P. S.
[1] Le traduzioni dal greco e dal latino nelle parti del
mio commento (quelle scritte in carattere più piccolo) sono mie.
[2] XXVII, 19.
[3] XXVII, 38.
[4] Immaginare altre vite, p. 127
[5] E. Rohde, Psiche,
p. 163 e p. 196
[6] Giovanni Macchia, L’angelo
della notte, p. 166.
[9] R. Bodei, Immaginare
altre vite, p. 128.
[10] Per Paolo, cfr. Lettera ai Galati, 2, 19-20. Su Padre Pio, si veda S. Luzzato, Padre Pio. Miracoli e politica nell'Italia
del Novecento, Einaudi, Torino 2007 e, per le premesse del tema, C.
Frugoni, Francesco e l'invenzione delle
stimmate, Einaudi, Torino, 2010. Un classico esempio devozionale è il
quattrocentesco De imitatione Christi,
tr. it. Imitazione di Cristo,
Rizzoli, Milano 2009, attribuito a lungo a Thomas à Kempis, ma forse opera di
Jean Gerson. Il libro ebbe una vasta influenza anche perché, oltre a dare
consigli su come curare la propria interiorità, proponeva il comptemptus omnium vanitatum mundi, il
disprezzo di tutte le vanità del mondo.
[11] Cfr. paolo, Lettera
ai Filippesi, 2, 6.
[12] Cfr. L. du Néant, Il
trionfo delle umiliazioni, Lettere, a cura di M. Bergamo, Marsilio, Venezia
1996.
[13] XII, 56-57.
[14] Echeggia l’ exitiabilis superstitio di Tacito (Annales, XV, 44 ). Torna in Svetonio che nella Neronis Vita (16) scrisse: "afflicti suppliciis Christiani, genus hominum superstitionis novae et
maleficae" suppliziati i Cristiani, razza di uomini seguaci di una
superstizione nuova e malefica.
[15] Tra le innumerevoli opere si vedano almeno quelle di
W. H. C. Frend, Martyrdom and Persecution in the Early Church,
Basil Blackwell, Oxford 1965; R. Lane Fox, Pagans
and Christians in the Mediterranean World from the Second Century AD to the
Conversion of Constantine, Viking, London 1986; G. W. Bowersock, Martyrdom and Rome, Cambridge University
Press, Cambridge 1995; J. Perkins, The
Suffering Self. Pain and Narrative
Representation in the Early Christian Era, Routledge, London-New York 1995;
e J. Engberg, Impulsore Chresto.
Opposition to Christianity in the Roman Empire c. 50-250 AD, Peter Lang,
Frankfurt a. M. 2007. Aggiungo, per chi
non lo sapesse, che l’espressione impulsore
Chresto si trova nella Claudii Vita di Svetonio in una espressione che identifica
i cristiani con gli Ebrei: “Iudaeos
impulsore Chresto assidue tumultuantis Roma expulit ”(25)”, cacciò da Roma
i Giudei che continuamente tumultuavano per istigazione di “Cresto”.
Sarebbe davvero bello conoscere in anticipo il futuro...magari un poco deprimente perché l'idea di un futuro disegnato in anticipo e leggibile toglie vigore all'idea dell'uomo artefice del proprio destino. Edipo deve diventare cieco come Tiresia e accettare di non essere colui che sa, ma se avesse conosciuto in anticipo passato e futuro avrebbe ripercorso le stesse scelte? L'uomo è padrone o schiavo del proprio destino? Ciao Giovanna e Stefano
RispondiEliminaMartirio o follia? Fede o pazzia ? Non siamo forse il sogno di un Dio crudele ? O , forse , siamo solo troppo umani per intravedere il progetto di Dio? Siamo solo un granello di polvere in questo universo stellato o siamo il progetto di Dio? E' più importante la vita o la vita dopo la morte? Ma se si potesse comprare la salvezza...Questa sera ho di che pensare....Giovanna
RispondiElimina