NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 28 febbraio 2016

Introduzione alla tragedia greca: Eschilo. Parte IV

incisione di A. De Carolis

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La follia metodica dei sogni (Eumenidi, v. 116, p. 36).
Freud  sostiene che "ogni sogno si rivela come una formazione psichica densa di significato"[1] e che nella follia onirica, come in quella di Amleto, c'è un metodo. L'autore di L'interpretazione dei sogni  riconosce il suo debito alla letteratura classica:"Non diversa era l'opinione degli antichi sulla dipendenza del contenuto onirico dalla vita" (p. 29). Quindi cita un episodio di Erodoto, grosso modo, e, in latino dei versi di Lucrezio:"Et quo quisque fere studio devinctus adhaeret,/aut quibus in rebus multum sumus ante morati/atque in ea ratione fuit contenta magis mens,/in somnis eadem plerumque videmur obire:/causidici causas agere et componere leges,/induperatores pugnare ac proelia obire,/nautae contractum cum ventis degere bellum,/nos agere hoc autem et naturam quaerere rerum/semper et inventam patriis exponere chartis [2]", De rerum natura , IV, 962-970, e quasi sempre l'attività cui ciascuno è strettamente legato, o ciò su cui ci siamo molto intrattenuti prima, e in quel meditare si è più contenuta la mente, questi medesimi pensieri per lo più ci sembra di incontrare nei sogni:  gli avvocati trattano cause e confrontano leggi, i generali combattono e affrontano battaglie, i marinai continuano la guerra ingaggiata coi venti, noi facciamo quest'opera, e indaghiamo la natura sempre, e, scopertala, la esponiamo in carte latine.
L'inventore della psicoanalisi  utilizza  molto i classici ed è interessante se non altro quale saggista letterario.
Il sogno dunque è spesso l'appagamento mascherato di un desiderio rimosso; in altre parole le idee latenti nel presentarsi si camuffano, quindi, per conoscerle, bisogna cavar loro la maschera.  Allora bisogna tenere conto della condensazione per cui "ogni situazione porta la traccia di due o più reminiscenze della vita reale...non è neanche raro che il processo del sogno si diverta a formare un'immagine composta con due idee contrastanti; per esempio una giovane donna sogna di portare un ramo fiorito, quello dell'angelo nei quadri dell'Annunciazione (simbolo d'innocenza; questa giovane si chiama Maria). Soltanto, in questo caso, il ramoscello porta dei fiori bianchi e carnosi simili alle camelie. (Il contrario dell'innocenza: la signora dalle camelie)"[3].
La condensazione onirica tra l'altro può spiegare gli ibridi mostruosi della mitologia e della letteratura.
Poi, sempre per risalire alla parte latente, e vera, si deve considerare lo spostamento psichico o spostamento nel sogno:"tutto ciò che vi era di essenziale nelle idee latenti è rappresentato nel sogno da particolari secondari"[4]. Per giunta le idee latenti si manifestano travestite, attraverso immagini:"Tali idee non ci si presentano sotto la forma verbale più riassuntiva possibile, con la quale noi abbiamo l'abitudine di concretare i nostri pensieri, ma il più delle volte trovano un mezzo simbolico per esprimersi, il mezzo di cui si serve il poeta che nella sua opera fa uso di raffronti e di metafore"(p. 67). Il sogno infatti si rappresenta "con una serie di immagini visive" (p. 68) le quali sono alimentate dai ricordi che hanno lasciato maggiore impressione e "la cui origine risale addirittura alla prima infanzia". Le idee latenti, dicevamo, si mascherano perché la coscienza non le ammette, e i sogni, che si formano con lo stesso procedimento dei sintomi nevrotici e dei lapsus, "sono realizzazioni velate di desideri inibiti"(p. 102).
Subito dopo Freud suddivide i sogni "dal punto di vista di realizzazione di desideri...in tre categorie: in primo luogo sta il sogno che senza camuffamenti rappresenta un desiderio non inibito. E' questo il sogno di tipo infantile che diviene sempre meno frequente man mano che il fanciullo cresce...In secondo luogo abbiamo il sogno camuffato che rappresenta un desiderio inibito. La maggior parte dei nostri sogni è di questo tipo ed ecco perché non possono venir compresi senza l'analisi...Infine viene il sogno che esprime un desiderio inibito senza travestimento o con un travestimento molto ridotto. Quest'ultimo sogno è sempre accompagnato da una sensazione di angoscia che lo costringe all'interruzione" (p. 103).
Un caso di visione notturna che rappresenta un desiderio non camuffato è quello di Medea nelle Argonautiche di Apollonio Rodio: la ragazza sogna che Giasone sia andato nella Colchide non per il vello d’oro, ma per lei: per portarla nella sua casa come legittima sposa (3, 619 sgg.). “Si tratta di un sogno “fotografico”, in cui il desiderio compare nella sua trasparenza, praticamente senza l’intervento della condensazione e dello spostamento…Nella poesia antica il sogno aveva sempre un carattere premonitore e allegorico: qui invece per la prima volta si configura come chiara realizzazione di desiderio”[5].


Clitennestra che è "un sogno"(v. 116), continua a incitarle.
Sicché le vergini Erinni si svegliano con  mugolìi e  gemiti. La corifèa quindi grida: "prendilo prendilo prendilo prendilo; stai attenta!"(labe; labe; labe; labe;: fravzou, v. 130), con un uso ossessivo della paratassi che indica la primitività di queste creature di queste creature [6].
 La madre assassinata, vedendo le sue vendicatrici che si muovono, le incita: "tu soffiandogli contro un soffio di sangue,  emaciandolo con l’alito, con il fuoco del ventre (nhduvo~ puriv), incalzalo, consumalo con un secondo inseguimento"(Eumenidi, vv.137-139). Il fuoco del ventre rappresenta la paura del sesso della donna. Vengono in mente le varie lupe, culminanti in quella di Verga:"Al villaggio la chiamavano la Lupa perché non era sazia giammai di nulla. Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia[7], con quell'andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro figliuoli e i loro mariti in un batter d'occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso"(La Lupa ).
 La Parodo (vv. 143-177) è piena dei lamenti delle Erinni. Esse si dolgono degli "dèi nuovi"( oiJ newvteroi[8] qeoiv, v. 162) che governano l'universo trascurando la giustizia[9].  L'ombelico della terra è insozzato di sangue (v.166). Ma ci penseranno loro a vendicare la madre punendo il colpevole.
All'inizio del Primo episodio (vv.179-243) Apollo esce dal tempio con l'arco teso contro le Erinni, ordinando loro di "uscire subito fuori"(v.179) poiché la loro sede non è quella delfica, bensì i luoghi:"dove si tagliano teste, dove si strappano gli occhi con processi e supplizi, e si distruggono i semi e si danneggia la virilità dei ragazzi (paivdwn kakou'tai clou'ni~), e ci sono mutilazioni, lapidazioni, e mugghiano con lunghi gemiti quelli trafitti nella schiena"(vv. 186-190).
 Dunque esse devono abitare in un "antro di leone che ingozza sangue"(v. 193).
 Insomma queste divinità più antiche rappresentano il dolore, la miseria, e possono essere venerate solo da gente per la quale la vita è tortura e strazio.
Segue un dibattito tra Apollo e le Erinni. Il dio ricorda che la donna uccisa dal figlio, aveva ammazzato il suo sposo (v. 211), e la corifèa ribatte che la moglie non si macchiò del delitto di un consanguineo (v. 212). E' dunque vincolante solo il legame di sangue per l'antichissima religione. Un vincolo molto sentito da Sofocle.
Apollo replica che esistono anche patti di fedeltà sanciti dal matrimonio e, per giunta:" Viene disonorata e buttata via da questo discorso Cipride, dalla quale ai mortali derivano le gioie più care. Il letto infatti per l'uomo e la donna è fatale (eujnh; ga;r ajndri; kai; gunaiki; movrsimo~), è più grande del giuramento (o{rkou  jsti meivzwn), ed è protetto dalla giustizia"(vv. 215-218).
Il letto, vedremo è il mobile più importante della casa nell'Alcesti  di Euripide (vv. 177 e sgg.), e nella Medea  è un nodo di affetti così sacro e forte che, se l’uomo unilateralmente lo scioglie o lo taglia, rende la donna feroce (vv. 265-266).
Ma l'Erinni corifèa risponde: "mi aizza il sangue della madre"(230), e aggiunge che per questo motivo non può cessare di dare la caccia a Oreste.

Quindi la scena si sposta sull'Acropoli di Atene dove Oreste abbraccia la statua della dea e la supplica di accoglierlo benigna (v. 236).
Poi rientra il coro delle Erinni (Epiparodo) e la corifèa ribadisce la loro feroce determinazione di cacciatrici del matricida: "infatti come un cane fa con un cerbiatto ferito, noi seguiamo le tracce del sangue che goccia"(vv.246-247).
La portavoce della banda sembra eccitata da una voluttà depravata di sguazzare nel sangue: "mi arride l'odore di sangue umano"(v.253).
Quindi le Erinni si incitano a vicenda: "liquido sangue materno versato a terra, oh, non si raccatta: il liquido versato al suolo è perduto. Ma bisogna che tu in cambio mi dia che da te vivo possa ingozzare denso liquido rosso dalle membra"vv. 261-265).
 L'offesa alla madre è un peccato per il quale non c'è remissione.
 Perciò Oreste deve morire ed essere trascinato sotto terra dove si trova " chi tra i mortali ha peccato commettendo sacrilegio contro dio o un ospite o i propri genitori"(vv. 269-271), trasgressioni considerate gravissime, lo abbiamo visto, già nelle Supplici,  poi ricordate, sia pure in un contesto comico e con qualche variante, da Aristofane che nelle Rane  scrive: "poi vedrai molto fango e sterco perenne, e in esso attuffati  chi una volta ha maltrattato l'ospite, o eccitando un ragazzo lo ha derubato, o ha battuto la madre o ha percosso la mascella del padre[10] o ha giurato un giuramento falso"(vv. 145-150).
Luogo simile nell'Eneide dove sono elencati, con ampliamenti dovuti ai programmi restauratori di Augusto,  i grandi criminali del Tartaro. Dopo varie figure del mito, ecco i delinquenti umani :" Hic quibus invisi fratres, dum vita manebat,/ pulsatusve parens et fraus innexa clienti,/aut qui divitiis soli incubuere repertis/nec partem posuere suis (quae maxima turba est./quique ob adulterium[11] caesi, quique arma secuti/impia nec veriti dominorum fallere dextras""(Eneide, VI, vv. 608-613), qui ci sono quelli dai quali furono odiati i fratelli, finché la vita restava, o fu maltrattato il padre[12], o frode fu ordita al cliente, o quelli che da soli si stesero sulle ricchezze trovate e non ne fecero parte al prossimo loro (che è la masnada più grande), e quelli ammazzati per adulterio, e quelli che armi seguirono empie e non esitarono a ingannare la fede dei padroni.
Tra i dieci comandamenti dettati da Dio a Mosè si trova
“Onora tuo padre e tua madre.
Non uccidere.
Non commettere adulterio”. (Esodo, 20).


continua



[1]L'interpretazione dei sogni , (del 1900)  p. 23.
[2] Gli ultimi tre versi non compaiono nella citazione freudiana.
[3]Freud, Il sogno e la sua interpretazione ,  (del 1900) pp. 45 e 53
[4]Freud, Il sogno e la sua interpretazione ., p. 59
[5] Massimo Fusillo, Apollonio Rodio in Lo spazio letterario della Grecia antica, Volume I, Tomo II, L’Ellenismo, p. 123
[6] Così la prima strega del Macbeth  di Shakespeare minaccia, con l’ aggiunta di un anticipo di nonsense: “una moglie di marinaio aveva nel grembiale delle castagne, e masticava, masticava, masticava. "Dammi qua" feci io. "Vai via strega !" grida quella carogna rimpinzata. Suo marito è andato ad Aleppo, capitano della Tigre. Ma io farò vela per colà imbarcata in uno staccio. And like a rat without a tail-I'll do, I'll do and I'll do" (I, 3), come un topo senza coda io farò e farò e farò.
[7] In I Malavoglia troviamo:"quella cagna della Vespa" (XV cap).
[8] A Roma nell'età di Cesare e Catullo si chiamavano così i poeti che volevano raffinare le lettere latine, snellirle, ma erano guardati con sospetto dai tradizionalisti
[9] La lotta tra vecchi e nuovi dèi si trova pure nei Veda  (dove si chiamano Asura e Deva) e nella mitologia scandìnava (Asi e Vani).
[10] Questo spauracchio non distoglie  Fidippide, il giovane delle Nuvole  corrotto dalla cattiva educazione di Socrate, dal picchiare il padre Strepsiade; e l'antica tradizione che inculca il rispetto per i genitori e gli anziani non gli impedisce di coonestare l'atto empio con ragionamenti sofistici. 
[11] Si pensi alla volontà augustea di reprimere l’adulterio dilagante e di incoraggiare la monogamia matrimoniale. Essa verrà codificata, invano, dalla lex Iulia de adulteriis coercendis, dalla lex Iulia de maritandis ordinibus ( entrambe del 18 a. C.) e  dalla lex Papia Poppaea (  del 9 d. C. ). Seneca nel De beneficiis mette in rilievo la diffusione di poliandria e  poligamia : “Numquid iam ullus adulterii pudor est, postquam eo ventum est, ut nulla virum habeat, nisi ut adulterum inritet? Argumentum est deformitatis pudicitia”(III, 16, 3), c'è forse più un poco di vergogna dell'adulterio, dopo che si è arrivati al punto che nessuna donna ha il marito, se non per stimolare l'amante? La pudicizia è indizio di bruttezza. Si ricordi anche l'irrisorio "casta est quam nemo rogavit di Ovidio (Amores, I, 8, 44), è casta quella cui nessuno ha fatto proposte.
[12] Trattare male i genitori dunque è un peccato classico. Della mancanza di affetto e comprensione per il proprio padre dovrà dolersi a lungo lo Zeno di Svevo dopo lo schiaffo e la morte di lui:"Magari mi fossi comportato con semplicità e avessi preso fra le mie braccia il mio caro babbo divenuto per malattia mite e affettuoso!"( La coscienza di Zeno, p. 59.).
Così pure il protagonista dell'autobiografico Il male oscuro  di Giuseppe Berto conclude il suo romanzo con queste parole:"si è fatto tardi ma innaffierò egualmente l'orto e stasera proverò a portare i due bidoni pieni come faceva mio padre può darsi che ce la faccia senza versare l'acqua né cadere, e poi sarà tempo di dire Nunc dimittis servum tuum Domine, forse è già tempo"(p. 416). 

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