incisione di A. De Carolis |
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La follia metodica
dei sogni (Eumenidi, v. 116, p. 36).
Freud sostiene che "ogni
sogno si rivela come una formazione psichica densa di significato"[1] e che nella follia onirica, come in quella
di Amleto, c'è un metodo. L'autore di L'interpretazione
dei sogni riconosce il suo debito
alla letteratura classica:"Non diversa era l'opinione degli antichi sulla
dipendenza del contenuto onirico dalla vita" (p. 29). Quindi cita un
episodio di Erodoto, grosso modo, e, in latino dei versi di Lucrezio:"Et quo quisque fere studio devinctus
adhaeret,/aut quibus in rebus multum sumus ante morati/atque in ea ratione fuit
contenta magis mens,/in somnis eadem plerumque videmur obire:/causidici causas
agere et componere leges,/induperatores pugnare ac proelia obire,/nautae
contractum cum ventis degere bellum,/nos agere hoc autem et naturam quaerere
rerum/semper et inventam patriis exponere chartis [2]",
De rerum natura , IV, 962-970, e quasi sempre l'attività cui ciascuno è
strettamente legato, o ciò su cui ci siamo molto intrattenuti prima, e in quel
meditare si è più contenuta la mente, questi medesimi pensieri per lo più ci
sembra di incontrare nei sogni: gli
avvocati trattano cause e confrontano leggi, i generali combattono e affrontano
battaglie, i marinai continuano la guerra ingaggiata coi venti, noi facciamo
quest'opera, e indaghiamo la natura sempre, e, scopertala, la esponiamo in
carte latine.
L'inventore della
psicoanalisi utilizza molto i classici ed è interessante se non
altro quale saggista letterario.
Il sogno dunque è
spesso l'appagamento mascherato di un desiderio rimosso; in altre parole le
idee latenti nel presentarsi si camuffano, quindi, per conoscerle, bisogna
cavar loro la maschera. Allora bisogna
tenere conto della condensazione per cui "ogni situazione porta la traccia
di due o più reminiscenze della vita reale...non è neanche raro che il processo
del sogno si diverta a formare un'immagine composta con due idee contrastanti;
per esempio una giovane donna sogna di portare un ramo fiorito, quello dell'angelo
nei quadri dell'Annunciazione (simbolo d'innocenza; questa giovane si chiama
Maria). Soltanto, in questo caso, il ramoscello porta dei fiori bianchi e
carnosi simili alle camelie. (Il contrario dell'innocenza: la signora dalle
camelie)"[3].
La condensazione
onirica tra l'altro può spiegare gli ibridi mostruosi della mitologia e della
letteratura.
Poi, sempre per
risalire alla parte latente, e vera, si deve considerare lo spostamento
psichico o spostamento nel sogno:"tutto ciò che vi era di essenziale nelle
idee latenti è rappresentato nel sogno da particolari secondari"[4]. Per giunta le idee latenti si manifestano
travestite, attraverso immagini:"Tali idee non ci si presentano sotto la
forma verbale più riassuntiva possibile, con la quale noi abbiamo l'abitudine
di concretare i nostri pensieri, ma il più delle volte trovano un mezzo
simbolico per esprimersi, il mezzo di cui si serve il poeta che nella sua opera
fa uso di raffronti e di metafore"(p. 67). Il sogno infatti si rappresenta
"con una serie di immagini visive" (p. 68) le quali sono alimentate
dai ricordi che hanno lasciato maggiore impressione e "la cui origine
risale addirittura alla prima infanzia". Le idee latenti, dicevamo, si
mascherano perché la coscienza non le ammette, e i sogni, che si formano con lo
stesso procedimento dei sintomi nevrotici e dei lapsus, "sono
realizzazioni velate di desideri inibiti"(p. 102).
Subito dopo Freud
suddivide i sogni "dal punto di vista di realizzazione di desideri...in
tre categorie: in primo luogo sta il sogno che senza camuffamenti rappresenta
un desiderio non inibito. E' questo il sogno di tipo infantile che diviene
sempre meno frequente man mano che il fanciullo cresce...In secondo luogo
abbiamo il sogno camuffato che rappresenta un desiderio inibito. La maggior
parte dei nostri sogni è di questo tipo ed ecco perché non possono venir
compresi senza l'analisi...Infine viene il sogno che esprime un desiderio
inibito senza travestimento o con un travestimento molto ridotto. Quest'ultimo
sogno è sempre accompagnato da una sensazione di angoscia che lo costringe
all'interruzione" (p. 103).
Un caso di visione
notturna che rappresenta un desiderio non camuffato è quello di Medea nelle Argonautiche di Apollonio Rodio: la
ragazza sogna che Giasone sia andato nella Colchide non per il vello d’oro, ma
per lei: per portarla nella sua casa come legittima sposa (3, 619 sgg.). “Si
tratta di un sogno “fotografico”, in cui il desiderio compare nella sua
trasparenza, praticamente senza l’intervento della condensazione e dello
spostamento…Nella poesia antica il sogno aveva sempre un carattere premonitore
e allegorico: qui invece per la prima volta si configura come chiara
realizzazione di desiderio”[5].
Clitennestra che è "un sogno"(v. 116), continua a incitarle.
Sicché le vergini Erinni si svegliano con mugolìi e
gemiti. La corifèa quindi grida: "prendilo prendilo prendilo
prendilo; stai attenta!"(labe; labe; labe; labe;: fravzou, v.
130), con un uso ossessivo della paratassi che indica la primitività di queste
creature di queste creature [6].
La madre assassinata, vedendo le sue
vendicatrici che si muovono, le incita: "tu soffiandogli contro un soffio
di sangue, emaciandolo con l’alito, con
il fuoco del ventre (nhduvo~ puriv), incalzalo, consumalo con un secondo
inseguimento"(Eumenidi,
vv.137-139). Il fuoco del ventre rappresenta la paura del sesso della donna.
Vengono in mente le varie lupe, culminanti in quella di Verga:"Al
villaggio la chiamavano la Lupa
perché non era sazia giammai di nulla. Le donne si facevano la croce quando la
vedevano passare, sola come una cagnaccia[7], con
quell'andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro
figliuoli e i loro mariti in un batter d'occhio, con le sue labbra rosse, e se
li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da
satanasso"(La Lupa ).
All'inizio del Primo episodio (vv.179-243) Apollo esce
dal tempio con l'arco teso contro le Erinni, ordinando loro di "uscire
subito fuori"(v.179) poiché la loro sede non è quella delfica, bensì i
luoghi:"dove si tagliano teste, dove si strappano gli occhi con processi e
supplizi, e si distruggono i semi e si danneggia la virilità dei ragazzi (paivdwn kakou'tai
clou'ni~),
e ci sono mutilazioni, lapidazioni, e mugghiano con lunghi gemiti quelli
trafitti nella schiena"(vv. 186-190).
Dunque esse devono abitare in un "antro
di leone che ingozza sangue"(v. 193).
Insomma queste divinità più antiche
rappresentano il dolore, la miseria, e possono essere venerate solo da gente
per la quale la vita è tortura e strazio.
Segue un dibattito tra Apollo e
le Erinni. Il dio ricorda che la donna uccisa dal figlio, aveva ammazzato il
suo sposo (v. 211), e la corifèa ribatte che la moglie non si macchiò del
delitto di un consanguineo (v. 212). E' dunque vincolante solo il legame di
sangue per l'antichissima religione. Un vincolo molto sentito da Sofocle.
Apollo replica che esistono anche
patti di fedeltà sanciti dal matrimonio e, per giunta:" Viene disonorata e
buttata via da questo discorso Cipride, dalla quale ai mortali derivano le
gioie più care. Il letto infatti per l'uomo e la donna è fatale (eujnh; ga;r ajndri;
kai; gunaiki; movrsimo~), è più grande del giuramento (o{rkou jsti meivzwn), ed è protetto dalla
giustizia"(vv. 215-218).
Il letto, vedremo è il mobile più
importante della casa nell'Alcesti di Euripide (vv. 177 e sgg.), e nella Medea
è un nodo di affetti così sacro e forte che, se l’uomo unilateralmente
lo scioglie o lo taglia, rende la donna feroce (vv. 265-266).
Ma l'Erinni corifèa risponde:
"mi aizza il sangue della madre"(230), e aggiunge che per questo
motivo non può cessare di dare la caccia a Oreste.
Quindi la scena si sposta
sull'Acropoli di Atene dove Oreste abbraccia la statua della dea e la supplica
di accoglierlo benigna (v. 236).
Poi rientra il coro delle Erinni
(Epiparodo) e la corifèa ribadisce la loro feroce determinazione di cacciatrici
del matricida: "infatti come un cane fa con un cerbiatto ferito, noi
seguiamo le tracce del sangue che goccia"(vv.246-247).
La portavoce della banda sembra
eccitata da una voluttà depravata di sguazzare nel sangue: "mi arride
l'odore di sangue umano"(v.253).
Quindi le Erinni si incitano a
vicenda: "liquido sangue materno versato a terra, oh, non si raccatta: il
liquido versato al suolo è perduto. Ma bisogna che tu in cambio mi dia che da
te vivo possa ingozzare denso liquido rosso dalle membra"vv. 261-265).
L'offesa alla madre è un peccato per il quale
non c'è remissione.
Perciò Oreste deve morire ed essere trascinato
sotto terra dove si trova " chi tra i mortali ha peccato commettendo
sacrilegio contro dio o un ospite o i propri genitori"(vv. 269-271),
trasgressioni considerate gravissime, lo abbiamo visto, già nelle Supplici, poi ricordate, sia pure in un contesto comico
e con qualche variante, da Aristofane
che nelle Rane scrive:
"poi vedrai molto fango e sterco perenne, e in esso attuffati chi una volta ha maltrattato l'ospite, o
eccitando un ragazzo lo ha derubato, o ha battuto la madre o ha percosso la
mascella del padre[10] o ha
giurato un giuramento falso"(vv. 145-150).
Luogo simile nell'Eneide dove
sono elencati, con ampliamenti dovuti ai programmi restauratori di
Augusto, i grandi criminali del Tartaro.
Dopo varie figure del mito, ecco i delinquenti umani :" Hic quibus invisi fratres, dum vita
manebat,/ pulsatusve parens et fraus innexa clienti,/aut qui divitiis soli
incubuere repertis/nec partem posuere suis (quae maxima turba est./quique ob
adulterium[11]
caesi, quique arma secuti/impia nec veriti dominorum fallere
dextras""(Eneide, VI, vv. 608-613), qui ci sono quelli
dai quali furono odiati i fratelli, finché la vita restava, o fu maltrattato il
padre[12], o
frode fu ordita al cliente, o quelli che da soli si stesero sulle ricchezze
trovate e non ne fecero parte al prossimo loro (che è la masnada più grande), e
quelli ammazzati per adulterio, e quelli che armi seguirono empie e non
esitarono a ingannare la fede dei padroni.
Tra i dieci comandamenti dettati
da Dio a Mosè si trova
“Onora tuo padre e tua madre.
Non uccidere.
Non commettere adulterio”. (Esodo, 20).
continua
[1]L'interpretazione dei sogni
, (del 1900) p. 23.
[2] Gli ultimi tre versi non
compaiono nella citazione freudiana.
[3]Freud,
Il sogno e la sua interpretazione
, (del 1900) pp. 45 e 53
[4]Freud,
Il sogno e la sua interpretazione .,
p. 59
[5]
Massimo
Fusillo, Apollonio Rodio in Lo spazio
letterario della Grecia antica, Volume I, Tomo II, L’Ellenismo, p. 123
[6] Così la prima strega del Macbeth di Shakespeare
minaccia, con l’ aggiunta di un anticipo di nonsense:
“una moglie di marinaio aveva nel
grembiale delle castagne, e masticava, masticava, masticava. "Dammi
qua" feci io. "Vai via strega !" grida quella carogna
rimpinzata. Suo marito è andato ad Aleppo, capitano della Tigre. Ma io farò
vela per colà imbarcata in uno staccio. And like a rat without a
tail-I'll do, I'll do and I'll do" (I, 3), come un topo senza coda io farò
e farò e farò.
[7] In I Malavoglia
troviamo:"quella cagna della Vespa" (XV cap).
[8]
A Roma nell'età di Cesare e
Catullo si chiamavano così i poeti che volevano raffinare le lettere latine,
snellirle, ma erano guardati con sospetto dai tradizionalisti
[9] La lotta tra vecchi e nuovi dèi si trova pure nei Veda
(dove si chiamano Asura e Deva) e nella mitologia scandìnava (Asi e
Vani).
[10] Questo spauracchio non distoglie Fidippide, il giovane delle Nuvole corrotto dalla cattiva educazione di Socrate,
dal picchiare il padre Strepsiade; e l'antica tradizione che inculca il
rispetto per i genitori e gli anziani non gli impedisce di coonestare l'atto
empio con ragionamenti sofistici.
[11] Si pensi alla volontà augustea di reprimere
l’adulterio dilagante e di incoraggiare la monogamia matrimoniale. Essa verrà
codificata, invano, dalla lex Iulia de adulteriis coercendis, dalla lex
Iulia de maritandis ordinibus ( entrambe del 18 a . C.) e dalla lex Papia Poppaea ( del 9 d. C. ). Seneca nel De beneficiis mette in rilievo la
diffusione di poliandria e poligamia : “Numquid
iam ullus adulterii pudor est, postquam eo ventum est, ut nulla virum habeat,
nisi ut adulterum inritet? Argumentum est deformitatis pudicitia”(III, 16,
3), c'è forse più un poco di vergogna dell'adulterio, dopo che si è arrivati al
punto che nessuna donna ha il marito, se non per stimolare l'amante? La
pudicizia è indizio di bruttezza. Si ricordi anche l'irrisorio "casta
est quam nemo rogavit di Ovidio (Amores, I, 8, 44), è casta quella
cui nessuno ha fatto proposte.
[12] Trattare male i genitori dunque è un peccato
classico. Della mancanza di affetto e comprensione per il proprio padre dovrà
dolersi a lungo lo Zeno di Svevo dopo lo schiaffo e la morte di
lui:"Magari mi fossi comportato con semplicità e avessi preso fra le mie
braccia il mio caro babbo divenuto per malattia mite e affettuoso!"( La coscienza di Zeno, p. 59.).
Così pure il protagonista
dell'autobiografico Il male oscuro di Giuseppe Berto conclude il suo romanzo con
queste parole:"si è fatto tardi ma innaffierò egualmente l'orto e stasera
proverò a portare i due bidoni pieni come faceva mio padre può darsi che ce la
faccia senza versare l'acqua né cadere, e poi sarà tempo di dire Nunc dimittis
servum tuum Domine, forse è già tempo"(p. 416).
Giovanna Tocco
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