Bruno Snell |
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Il Quinto atto (vv. 783
- 969 comincia con un agone tra il figlio e il padre: Sostrato si lamenta del
fatto che il padre gli consente sì di sposare la ragazza povera, ma non concede
a Gorgia la mano della figlia. Callippide ribatte così:
"non voglio
prendere insieme una nuora e un genero
pezzenti: per noi è
sufficiente uno dei due" (795 - 796). Questa cruda battuta dà luogo ad una
risposta sulla labilità delle ricchezze e dei possessi umani:
"Tu parli dei
beni materiali, cose malsicure.
Se infatti sai che
queste ti rimarranno
per tutto il tempo, guardati
dal darne parte
ad alcuno; ma se di
esse tu non sei
il padrone, e le
possiedi non grazie a te stesso bensì alla fortuna,
non devi sottrarre
niente, padre, ad alcuno di loro.
Questa infatti dopo
avere tolto tutto a te
potrebbe arricchire
un altro a caso, magari indegno.
Perciò dico che tu
devi, finché possiedi dei mezzi,
usarli con nobiltà (crh'sqaiv se
gennaivw"), padre, aiutare
tutti (ejpikourei'n
pa'sin), fare del bene
a quante più persone
puoi. Questo infatti è un capitale
che non muore, e se
tu ti trovi nella perdita,
di lì ti verrà un
contraccambio.
Vale molto più un
amico palese (ejmfanh;
" fivlo")
che una ricchezza
latente (plou'to"
ajfanhv") che tu puoi
scavare" (797 - 812).
In questo discorso
di Gorgia troviamo la stessa idea, di origine delfica, manifestata da Solone a
Creso nelle Storie di Erodoto (I, 29
- 32). Il pacchiano re barbaro, considerato l'uomo più ricco del mondo, aveva
domandato al saggio legislatore ateniese "se avesse già visto l'uomo più
felice i tutti, sperando di essere il più felice degli uomini". Invece
Solone rispose: "O Creso, io so che il divino è tutto invidioso e
turbolento, e tu mi interroghi sulle vicende umane... A 70 anni io pongo il
limite della vita per l'uomo... Di tutti questi giorni compresi in 70 anni che
sono 26250 non ce n'è uno che porti un fatto del tutto simile a un altro. Così
dunque, Creso, l'uomo è una cosa completamente in balìa degli eventi. A me
sembra che tu sia davvero ricco e re di molti uomini; ma la risposta a quello
che mi domandavi non te la posso dare prima di avere saputo che hai finito bene
la vita". Questa interpretazione poi è divenuta topos ideologico presente in diversi autori, da Euripide a Seneca
per nominarne solo alcuni. Restringendo l'ottica al dramma di Menandro e al
matrimonio tra un povero e una ricca vediamo che tali nozze costituiscono un
correttivo non rivoluzionario alle sperequazioni economiche e sociali. Callippide
accetta il suggerimento del figlio:
"dai, distribuisci
(divdou, metadivdou): io mi sono completamente lasciato persuadere
da te" (818). Poi aggiunge anche "volentieri (eJkwvn) " (819) poiché una persuasione estorta
non avrebbe valore. A questo punto è Gorgia che oppone resistenza al proprio
matrimonio con un'ereditiera:
"mi considero
degno di lei,
ma non mi sembra
giusto prendere molto dal momento che ho poco" (833 - 834). Tuttavia
bastano un paio di battute (del resto arrivate mutile) di Callippide a
convincerlo:
"con questo mi
hai convinto: due volte
povero e stupido.. "
(838 - 839). Ma il passo è disastrato. Dunque le doppie nozze verranno
celebrate.
Sostrato esprime la
sua soddisfazione con un ottimistico elogio della ragione e della volontà che
risente delle due principali filosofie ellenistiche: l'epicureismo e lo
stoicismo:
"Chi è davvero
intelligente (to;
n eu\ fronou'nq j)
non deve mai rinunciare a nessuna impresa.
Tutto diventa
espugnabile con l'attenzione e la fatica.
Io ora porto un
esempio di questo:
in un solo giorno ho
fatto un matrimonio
cui nessuno avrebbe
creduto del tutto " (860 - 865).
Questo elogio
dell'intelligenza ha dei precedenti nell'Agamennone
di Eschilo: "to; mh; kakw'" fronei'n - qeou' mevgiston dw'ron",
il non capire male è il dono più
grande di dio
(vv. 927 - 928), e nell' Antigone di Sofocle: "pollw'/ to; fronei'n
eujdaimoniva" - prw'ton uJpavrcei" (1347 - 1348), il primo
punto della felicità di gran lunga è il capire.
Intanto sta
cominciando la festa nuziale e Cnemone non si vede; anzi ha pregato Gorgia di
portare via la vecchia serva Simiche in modo da restare completamente solo (868).
"Che carattere
invincibile!" (869) commenta Sostrato.
Dalla casa del
solitario esce Simiche imprecando contro di lui:
"Sì me ne vado
anch'io per Artemide. Tu
rimarrai steso là
dentro da solo. Disgraziato te per il tuo carattere! (tavla" su; tou'
trovpou.) "
Questi ti volevano
portare dal dio
e tu hai detto di
no! Ti capiterà un grande male di nuovo
per gli dèi, e
ancora peggiore! (874 - 878).
Poi la vecchia esce
per andare ad assistere la vergine nubenda e sulla scena rimane il servo Geta
cui si aggiunge il cuoco Sicone: insieme concertano uno scherzo a Cnemone: il
momento è propizio, infatti mentre gli altri fanno baldoria
"il vecchio
misantropo dorme ed è solo (oJ duvskolo" gevrwn kaqeuvdei movno") " (892). Decidono di sollevarlo di
peso e portarlo fuori. Il vecchio se ne lamenta con un'esclamazione da tragedia:
"ohimé, sono
perduto!" (911), ma Sicone per burla gli chiede in prestito"lebèti e
tazze" (914). Cnemone è come stordito e grida:
"o povero me!
In che modo sono stato portato qui?
chi mi ha depositato
davanti alla porta? Vattene!" (918 - 919). La burla continua con altre
richieste di Geta e di Sicone che poi vanno avanti descrivendo il banchetto, quindi
lo invitano a prendervi parte. Il vecchio prova a resistere con il solito stile:
"Che cosa
volete ancora, maledetti? "
ma Geta non si
lascia intimorire:
" piuttosto tu
vieni con noi! Sei un villano!" (955).
Il misantropo tenta
un ultima resistenza:
"no per gli
dèi!"
, senza però
scoraggiare Geta:
"Allora ti
portiamo con noi? " (957), la cui insistenza fa dubitare Cnemone:
"Che cosa devo
fare? ". L'esitazione dà spazio a un invito più risibile:
("balla anche tu"covreue dhv suv) che spinge il vecchio a scegliere il male minore:
"Portatemi. Probabilmente
è meglio
sopportare le
seccature di là" (957).
Le ultime parole
sono di Geta che ordina a Sicone e a un altro di sollevare Cnemone e portarlo
dentro. Quindi si rivolge al vecchio consigliandolo di non brontolare più se vuole
evitare guai e, insieme con il poeta, prende congedo dagli spettatori:
"Bene. Voi, dopo
avere goduto con noi del trionfo
su quel difficile
vecchio, applauditeci (ejpikrothvsate)
con simpatia ragazzi,
fanciulli e uomini.
E la ragazza
Vittoria, dal nobile padre
amante del riso, ci
segua e ci sia sempre propizia" (965 - 969).
Tra le filosofie
ellenistiche, secondo Del Grande, la più influente è quella peripatetica che
considera l'uomo "animale politico" (politiko; n zw'on, Politica, 1253a), non quella
epicurea che suggeriva il vivi nascosto (lavqe biwvsa", fr. 551U).
Non la pensa così
Bruno Snell che mette in rilievo il privatizzarsi degli interessi dei
personaggi di Menandro.
“i personaggi di
Menandro sono limitati alla loro cerchia privata. Se Alessandro conquista il
mondo e dopo la sua morte i diadochi si disputano la sua eredità, la Commedia
Nuova riecheggia tutto ciò, al massimo, presentando un soldato che si dà
importanza con la sua borsa piena e grandi discorsi. Atene è diventata una
città di provincia e non ha più nulla da dire in politica. Gli interessi sono
semplificati all’estremo: i vecchi curano la proprietà, i giovani si dedicano a
piaceri assai terreni; i caratteri si sono moderati al punto che nessuno
persegue uno scopo con grande passione. I vecchi non sono grossi speculatori, ma
avari; i giovani hanno bisogno del vino per infiammarsi in modo che un’azione
possa prendere l’avvio. Se un giovane è nei guai, di regola soltanto gli
schiavi sono così attivi da trovare un rimedio. Gli schiavi hanno il diritto di
diventare solenni, solo loro filosofeggiano o citano versi tragici. Gli uomini
nobili e “umani” di Menandro, che non inseguono più interessi superiori, che
non credono affatto che esista più un modo d’agire grande e ragionevole, si
limitano molto consapevolmente ad aver riguardo per il prossimo e ad aiutarlo; essi
educano se stessi secondo il principio che per loro “niente di umano è
estraneo”. Se in Euripide Teseo si presenta a Eracle con umana comprensione, questo
era il gesto di un singolo amico provato. Ora questo avvicinamento psicologico
al prossimo diventa il fondamento morale della società; ed è il contrario di un
rigorismo morale”[1].
continua
Il soldo ha da sempre influito sulle scelte che dovrebbero essere libere da ogni vincolo economico!Giovanna Tocco
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