Scene dal mito di Oreste (Musei Vaticani) |
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Oreste prova a difendersi da solo
dicendo che il sangue della sua mano "dorme e svanisce"(Eumenidi, v. 280), in quanto oramai
"la macchia del matricidio è lavata"(v. 281).
Ma questa volontà unilaterale non
basta. Il figlio di Agamennone chiama in aiuto Atena, eponima della città dove
si è rifugiato, e in cambio promette che la dea: "conquisterà senza
battaglia me e la mia terra e il popolo argivo che sarà giustamente fedele e
alleato per sempre"(vv. 289-291). Con questi versi Eschilo vuole dare una
base mitico-religiosa alla lega stipulata tra gli Ateniesi e gli Argivi ,
successivamente al “maggiore errore politico”[1]
commesso da Cimone che nel 462 portò aiuto agli Spartani in guerra contro gli
Iloti ribelli. Il contingente ateniese venne bruscamente congedato e fallì la
politica filospartana di Cimone che fu ostracizzato dagli Ateniesi (461 a . C.). Argo approfittò
di tale alleanza per stabilire il suo dominio su Micene e Tirinto.
“Nell’alleanza con Argo si intravede anche una motivazione ideologica: Argo
aveva trasformato il suo regime in democratico, e le Supplici di Eschilo, datate ormai tra il 463 (o il 466), e il 461 a . C., ne sono un
interessante riscontro. Contro l’oligarchica Sparta, l’intesa con Atene ha un
profilo ideologico”[2]
Oreste dunque si fa portavoce
anche della nuova tendenza antispartana propugnata da Pericle. La corifèa però cerca di annientarlo apostrofandolo con
un:"dissanguato nutrimento dei demoni, ombra"(v.302).
E’ di nuovo l’attualizzazione del
mito. A questo proposito sentiamo
Dodds: “Argos
is not yet a democracy. But Athens ,
is, or so it would appear. The curious circumstance that in the Eumenides,
alone among greek tragedies, Athens
lacks a king has hardly received the attention it deserves. True, ‘the sons of
Theseus’ are casually mentioned at line 402; but even if this means Akamas and
Demophon rather than the Athenians generally (a point which is open to doubt),
they are plainly not sovereign. The only sovereign is Athena, cwvra~ a[nassa (288).
She it is who, exercising the same royal function in the Supplices, wheighs the
grounds for accepting or rejecting the suppliant’s claim; she it is who in the
trial scene takes the place of the a[rcwn basileuv~. In mythical time, as her first words show (397-4029,
we are still within a few years of the Trojan war, but in historical time we
have leapt forward to a new age and a new social order. This telescoping of the
centuries is characteristic of the Eumenides, and I believe essential to his
purpose. The Athenian audience must have begun to be aware of it when at line
289 Orestes provides a mythological ai[tion for the recent alliance with Argos; and when in the
next breath he speculates on the possible presence of Athena in Libya, ‘helping
her friends’ (295), I imagine they asked themselves ‘What friends?’ and quickly
guessed the answer: ‘Of course, our other ally, those Libyans whose king we are
just now helping to break the yoke of Persia.’
( That the actual campaigns of 459 and 458 were fought not in Lybia but
in the Delta is true, so far as our limited knowledge goes, but surely
unimportant. The ancients had no war correspondents and no maps of front.
Probabily neither the poet nor the majority of this audience would be in
position to know just where the battles were taking place; what they would know
is that many of their kinsfolk were overseas, fighting for the Libyans. The
phrase cwvra~
ejn tovpoi~ Libustikh`~ (292) is in fact studiously vague[3], while
the reference to Lake
Triton is added only for
the sake of the necessary mythological link)”[4], Argo non è ancora una democrazia. Ma Atene
lo è, o così vorrebbe apparire. La curiosa circostanza che nelle Eumenidi, unica fra le tragedie greche,
Atene non ha un re, ha ricevuto appena l’attenzione che merita. E’ vero che ‘i
figli di Teseo’ sono casualmente menzionati al v. 402; ma anche se questo
significa Acamante e Demofonte piuttosto che gli Ateniesi in generale (un punto
che è aperto al dubbio), essi sono chiaramente non regnanti. L’unica sovrana è
Atena, cwvra~
a[nassa
(288). E’ lei che, esercitando la stessa funzione regale che Pelasgo nelle Supplici, pesa le ragioni per accettare
o respingere la richiesta del supplice; è lei che nella scena del processo
prende il posto dell’arconte basileus.
Nei tempi mitici, come le sue prime parole mostrano (397-402), noi siamo
ancora entro pochi anni dalla guerra di Troia, ma nel tempo storico noi siamo
balzati avanti in una nuova età e in un nuovo ordine sociale. La condensazione
dei secoli è caratteristica delle Eumenidi,
e io credo essenziale al suo scopo.
Il pubblico ateniese deve avere
cominciato ad essersene accorto quando, al v. 289, Oreste procura un ai[tion
mitologico per la recente alleanza con Argo; e quando nel successivo respiro
egli fa una congettura sulla possibile presenza di Atena in Libia, ‘soccorrendo
gli amici’ (v.295[5]), io
immagino che che si chiedesse ‘Quali amici?’ e ben presto indovinassero la
risposta: ‘Naturalmente, l’altro nostro alleato, quei Libici il cui re noi
proprio ora stiamo aiutando a spezzare il giogo della Persia.’ (Che le reali
campagne del 459 e 458 fossero combattute non in Libia ma sul Delta, è vero,
fin dove la nostra limitata conoscenza arriva, ma sicuramente non ha
importanza. Gli antichi non avevano corrispondenti di guerra né mappe del
fronte. Probabilmente né il poeta né la maggioranza del suo pubblico era in
grado di sapere dove le battaglie avevano luogo; quello che essi potevano
sapere è che molti del loro parenti
erano oltremare, combattendo per i Libici. La frase “nei luoghi della terra
libica” (292) è di fatto volutamente vaga, mentre ilriferimento al lago Tritone
è aggiunto solo in grazia del necessario legame mitologico.
Nell'Agamennone (del 458) del resto Ares viene definito "oJ crusamoibo;" d j [Arh" swmavtwn"(v.437), il cambiavalute dei corpi, nel
senso che la guerra distrugge le vite e arricchisce gli speculatori.
invece di uomini
urne e cenere giungono
alla
casa di ciascuno"(434-436).
Secondo Gaetano De
Sanctis, Eschilo con questa tragedia ha voluto mettere in guardia gli
Ateniesi"contro le guerre ingiuste, pericolose e lontane, onde tornano,
anziché i cittadini partiti per combattere, le urne recanti le loro ceneri. La
lista dei caduti della tribù Eretteide mostra quale eco dovesse avere nei cuori
tale monito durante quella campagna d'Egitto (anni 459-454) in cui fu impegnato
il fiore delle forze ateniesi"[6].
Nel Primo Stasimo (vv.307-396) le
Erinni danzano e cantano "un canto di orrore"(v.308) mentre Oreste si
tiene avvinghiato alla statua di Atena. L'"inno" delle Furie è
"un laccio per la mente, senza accompagnamento di lira (u[mno~ …ajfovrmikto~),
aridità per i mortali"(vv. 331-333, ripetuti, vv. 343-346, in ejfuvmnion,
ritornello).
“Gli esseri sotterranei
aborriscono la musica, ve. Eschilo, Eum.
331 u{mno~
ejx j Erinuvwn
…ajfovrmikto~,
“l’inno senza cetra delle Erinni”, e l’ingresso di Orfeo nell’Ade commuove le
ombre dei morti e gli dèi inferi tramite il suono della cetra che non risuona
mai tra i defunti”[7].
Mi pare che questo pensiero di
Guidorizzi contenga una contraddizione.
Le
Erinni dunque minacciano la distruzione del pensiero, dell'arte e della stessa
vita umana, se non verranno riconosciuti i loro diritti, prima di tutti quelli
della vendetta
Infatti queste creature si proclamano "le
venerande memori delle colpe"(vv. 382-383); dunque il coro delle Erinni
rivendica " una dignità antica” per la quale, precisa, “non accetto il
vituperio, anche se occupo un posto sotto terra e la tenebra nemica del
sole"(vv. 393-396).
Queste donne spaventose di tanto
in tanto si affacciano nella letteratura europea: vengono utilizzate dagli
autori di visione ampia. Nell’Inferno dantesco Virgilio, dopo avere
individuato “le meschine[8]/ della
regina dell’etterno pianto”, le mostra a Dante :"Guarda-mi disse- le
feroci Erine"[9].
Goethe
le mette in scena, con altro aspetto, nel Faust , dove l’araldo le presenta con queste parole :"Le Furie, sono!... E non mi
crederete!- Vaghe, ben fatte, giovani, attraenti.- Accostàtele un poco, e
proverete- che le colombe han morsi di serpenti. Son false, sì! Ma in questo dì
nel quale-ogni folle de’ suoi vizii si sfama,-non pretendon di angeli la
fama,-si confessano pèste e fortunale"[10].
Poco più avanti (Galleria oscura)
compaiono le Madri che spaventano Faust e inquietano Mefistofele il quale dice:
“ A malincuore, svelo un grande enigma.-Auguste dèe, troneggiano-in una
sconfinata solitudine.-Nessun paese, intorno.E tempo, ancora meno.-A parlar di
lor, ci si sconcerta.-Son le Madri!
Faust (con un sussulto di spavento) Madri?
Mefistofele
Rabbrividisci?
Faust
Madri! Madri! Misterioso suono!
Mefistofele
E misteriose sono!-A voi mortali
sconosciute iddie,-a noi demonii nominarle spiace.-Per rintracciarne la dimora
occulta,-ti occorrerà frugare-nel più profondo baratro.- La colpa è tua, se
d’esse abbiam bisogno”[11].
Il narratore del Doctor Faustus di T. Mann, il professore umanista Serenus Zeitblom,
spiegava dalla cattedra agli scolari del liceo “come la civiltà consista veramente nell'inserire con devozione, con
spirito ordinatore e, vorrei dire, con intento propiziatore, i mostri della
notte nel culto degli dei"[12]. E’ quello che ha fatto Eschilo. E’ il caos
che si fa cosmo.
Alla
fine dell’Orestea le Erinni diventano
Eumenidi: “ Dopo l’intervento razionale di Atena, le Erinni-forze scatenate,
arcaiche, istintive, della natura-sopravvivono: e sono dee, sono immortali. Non
si possono eliminare, non si possono uccidere. Si devono trasformare, lasciando
intatta la loro sostanziale irrazionalità: mutarle cioè da “Maledizioni” in
“Benedizioni”. I marxisti italiani non si sono posti, ripeto, questo problema”[13].
La visione orrenda delle Erinni spunta davanti agli occhi di Oreste già
nelle Coefore , quando l'assassino della madre le vede quali
donne "simili a Gorgoni/dalle nere tuniche e intrecciate/di fitti
draghi"(vv.1048-1050). Tali mostri sono"le rabide cagne della
madre" (v1054) che appaiono soltanto al matricida:" uJmei'~ me;n oujc
oJra'te tavsd j, ejgw; d ‘ oJrw'”, voi
non le vedete queste, ma io le vedo"(1061). Le Furie lo incalzano: “ejlauvnomai de;
koujkevt j a]n meivnaim j ejgwv” (v. 1062), sono sospinto e non posso
più restare io.
T. S. Eliot pone questi versi quale epigrafe di Sweeny
agonista (1930), :" You don’t see them, you don’t-
But I see them: they are hunting me down, I must move
on”.
Nel dramma La Riunione
di famiglia (1939) Eliot mostra come tali visioni siano un
privilegio.
Secondo l'autore di The waste
land bisogna seguire le Erinni come
segni mandati da un altro mondo, non cercare invano di evitarle con
un'impossibile fuga in quella "deriva infinita di forme urlanti in un
deserto circolare" che è la storia umana. Quelli che vedono le Erinni
insomma, sono monocoli in una terra di ciechi.
Non sempre del resto c’è
redenzione dopo un delitto del genere: Nerone, dopo avere ammazzato Agrippina
(59 d. C.) sebbene rassicurato dalle congratulazioni dei soldati, del Senato e
del popolo: “neque tamen conscientiam
sceleris…aut statim aut umquam ferre potuit, saepe confessus exagitari se
materna specie verberibusque Furiarum ac taedis ardentibus” (Svetonio, Neronis vita, 34), tuttavia non poté
subito né poi sopportare il rimorso del delitto, e spesso confessò di essere
tormentato dalla visione della madre e dalle fruste e dalle fiaccole ardenti
delle Furie.
Nerone del resto amava
interpretare sulla scena la parte di Oreste, ossia del matricida assolto.
continua
[1]
D. Musti, Storia greca, p. 337.
[2]
D. Musti, Storia greca, p. 350.
[3] Despite Dover ,
op. cit. 237, it should be remembered that ‘Libya ’ was a general name for the
African continent, and that its frontiers wew uncertain (Pind. Pyth. 9. 9 and
schol, Hdt, 2. 16).
[4] Dodds, The ancient concept of
progress, p. 47.
[5]
Fivloi~ ajrhgou~’
[6] Storia dei Greci , II vol., p.91
[7]
Avezzù-Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 343.
[8]
Schiave.
[9]
Inferno, 9, vv. 42-43 e 45.
[10]
J. W. Goethe, Faust, seconda
parte, I atto, Gran Salone.
[11] Faust, in Goethe Opere, trad it. Sansoni, Firenze, 1970, p. 1102.
[12]T. Mann, Doctor
Faustus , pp. 12 e 14.
[13]
P. P. Pasolini, Le belle bandiere, p.
54.
Giovanna Tocco
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