"Il misantropo" all'area archeologica di Eraclea Minoa (Ag) |
PER VISUALIZZARE IL GRECO CLICCA QUI E SCARICA IL FONT HELLENIKA
All'inizio
del secondo atto (233 - 426) entrano Davo e Gorgia.
Il
padrone esordisce rimproverando lo schiavo poiché non è intervenuto decisamente
in favore della sorella che gli sta a cuore (240) mentre veniva accostata da
uno sconosciuto. Si tratta ovviamente di Sostrato il quale sopraggiunge subito
criticando la madre che gli ha sottratto il servo Geta mandandolo a ingaggiare
un cuoco per un sacrificio: la superstiziosa signora infatti:
"va
in giro ogni giorno a fare sacrifici
per
tutto il paese" (261 - 262).
Questo
personaggio può essere accostato al carattere della superstizione (deisidaimoniva) che
Teofrasto definisce: " deiliva pro; " to; daimovnion",
viltà di fronte agli spiriti.
In
ogni caso Sostrato non si è curato del sacrificio e si avvicina alla porta di
Cnemone per bussare. Ma Gorgia lo ferma e gli parla. Lo mette in guardia
dall'esercitare quella prepotenza che la ricchezza può consentirgli:
"all'uomo
facoltoso gli affari fioriscono
fino
a quando può sostenere la sua fortuna
senza
commettere ingiustizia" (274 - 276). Anche la sorte favorevole dunque può
essere un peso gravoso da portare: ci vuole senso del limite.
Il
vecchio Johann Buddenbrook, nonno del console, Aveva lasciato”parecchie buone
esortazioni ai discendenti, tra le quali emergeva in grosse lettere gotiche, accuratamente
miniate e incorniciate, questa sentenza: “Figlio mio, dedicati con ardore agli
affari durante il giorno, ma combina soltanto quelli che ti consentono di
dormire tranquillo di notte”[1].
Gorgia continua:
"che
cosa voglio dire? Tu, anche se sei molto ricco,
non
contare troppo su questa condizione, e non disprezzare
noi
che siamo poveri. Anzi cerca di mostrarti sempre degno
della
tua buona sorte" (284 - 287).
Questo
invito alla moderazione corrisponde alle leggi suntuarie di Demetrio del Falero
che voleva frenare il lusso e togliere occasioni alla grande speculazione.
Che l'ingiustizia non paghi del resto è un
topos vigente da Omero, il quale nell'Odissea
(VIII, 329) scrive: "non sono prospere le azioni cattive: il lento
raggiunge il veloce". cercal
Gorgia
continua a diffidare Sostrato dal cercare di sedurre la sorella approfittando
della superiorità economica:
"non
è giusto
che
il tuo tempo libero danneggi noi
che
tempo libero non abbiamo. Sappi che il povero il quale
subisce
ingiustizia è l'essere più arrabbiato del mondo" (293 - 296).
E'
questo un invito a non esasperare il malessere dei poveri attraverso la loro
umiliazione che invece va attenuata con il rispetto e la filantropia.
Neelle Supplici di Euripide l’araldo del re di
Tebe Creonte sostiene che il governo di un solo uomo non è male: infatti il
monarca esclude i demagoghi, i quali, gonfiando la folla con le parole, la
volgono di qua e di là a proprio profitto. Del resto chi lavora la terra non ha
tempo né per imparare né per dedicarsi alle faccende pubbliche: " oJ ga; r crovno" mavqhsin ajnti; tou' tavcou" –kreivssw
divdwsi (vv. 419 - 420), è
infatti il tempo che dà un sapere più forte, invece della fretta.
Sostrato
risponde in modo assai ragionevole e garbato: con quella cortesia che non è la
magnanimità degli eroi i quali sanno di cooperare agli alti compiti di una
grande patria, ma nemmeno si riduce a quella "calva assenatezza" di
cui parla Rohde (in Psiche) per
denigrare le varie espressioni dell'ellenismo.
“Un
calmo razionalismo, un lieto arretrare alle cose ragionevolmente pensabili, senza
bisogno di provare il terrore d’un mondo misterioso dell’al di là: ecco la disposizione
d’animo che domina scienza e cultura nel periodo ellenistico… una calva
assennatezza, una intelligenza da vecchi, savia e povera, quale ci appare
lampante dalla narrazione storica di Polibio, come disposizione d’animo del
narratore e di coloro di cui narra. Non era tempo questo d’eroi e d’eroismo”[2].
Ecco
dunque l'apologia del ricco innamorato:
"Ho
visto una ragazza e me ne sono innamorato.
Se
tu hai parlato di questa ingiustizia, io forse l'ho commessa.
Chi
può dirlo? Ma non vengo qui
per
lei; voglio vedere suo padre.
Io
infatti sono un uomo libero,
ho
mezzi sufficienti e sono pronto a prenderla
anche
senza dote, impegnandomi per giunta
ad
amarla per sempre. Se sono venuto qua con cattive intenzioni
o
volendo usare male arti contro di voi a vostra insaputa,
Pan
qui presente, o ragazzo, e insieme le Ninfe
mi
colpiscano subito qui, davanti a questa casa" (302 - 312).
Sostrato
dunque è un giovane serio, poco occupato, senz'altro scopo nella vita che
sposarsi e riprodursi con una ragazza per bene.
Certo
non rappresenta una grande umanità, ma nel suo piccolo è degno di rispetto. Gorgia
lo capisce e gli offre la sua amicizia (317). Sostrato lo contraccambia
riconoscendogli addirittura nobiltà d'animo (321).
Oh
gran bontà di questi cognati antichi!
Quindi
Gorgia spiega a Sostrato quanto sia rustico e selvaggio Cnemone e quanto
incomba sulla figlia:
"per
lui il piacere più grande è non vedere mai nessun
uomo;
per lo più lavora tenendo la figlia
con
sé; e parla solo con questa,
con
un altro non lo può fare senza sforzo.
Dice
che la darà in moglie quando avrà trovato
un
pretendente del suo stesso carattere" (332 - 337).
Sostrato
fa il commento più ovvio:
"cioè
mai".
Poi Gorgia gli consiglia di lasciar perdere:
"non
darti briga amico:
lo
farai per niente. Lascia che ce la prendiamo
noi
parenti, cui la sorte l'ha assegnata" (338 - 340).
Sostrato
però non dà retta e reagisce dando voce al meno prevedibile e controllabile dei
sentimenti umani:
"ma
per gli dèi, non sei mai stato innamorato di una, tu ragazzo? " (341).
"Non
me lo posso permettere" (342) è l'amara risposta del povero. Il ricco non
capisce la ragione e domanda:
"chi
te lo impedisce? " pensando magari al vecchio misantropo, ma Gorgia fa
vedere un panorama negativo più ampio:
"il
calcolo dei miei guai
che
non mi dà un momento di respiro" (343 - 344).
Ecco allora che in questa storia d'amore fa
capolino il problema del pauperismo.
Sostrato
dunque non è povero e può permettersi il lusso di indirizzare tutti i suoi
pensieri sull'amore che infatti Teofrasto definì: "affezione di un animo
disoccupato"pavqo" yuch'" scolazouvsh""
(Stob. 4, 20, 66) e anche Catullo nel carme 51 collega all'otium: "otium, Catulle, tibi
molestumst " (v. 13), lo stare senza far niente, Catullo, ti fa male.
Cfr.
Ovidio nei Remedia amoris.
Gorgia
pensa che Sostrato possa farsi male per questo innamoramento:
"a
noi non fai torto, però stai male tu, e inutilmente" (348), ma il giovane
facoltoso non ha altro in testa che la fanciulla nemmeno conosciuta e risponde:
"
no, se posso avere la ragazza" (349).
I
due futuri cognati concertano di avvicinare il vecchio, ma il ragazzo ricco
riceve il consiglio di non presentarsi "con l'aria elegante di chi non ha
nulla da fare" (357), prima da Gorgia, poi anche dal servo Davo:
"ma
tu starai vicino a noi che lavoriamo tenendo quel paludamento? " (364); poi,
siccome l'elegantone risponde:
"perché
no? ", lo schiavo spiega:
"ti
tirerà addosso le zolle
subito,
ti chiamerà maledetto fannullone (o[leqron ajrgovn). Invece bisogna
che
tu ti metta a zappare insieme a noi: se infatti ti vede
fare
questo, forse sopporterà di ascoltare qualche
parola
da te, pensando che tu sia un povero che lavora la terra con le sue mani"
(365 - 369).
continua
Giovanna Tocco
RispondiElimina