NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 13 febbraio 2016

La commedia nuova. Menandro. VI parte

"Il misantropo"
all'area archeologica di Eraclea Minoa  (Ag)

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All'inizio del secondo atto (233 - 426) entrano Davo e Gorgia.
Il padrone esordisce rimproverando lo schiavo poiché non è intervenuto decisamente in favore della sorella che gli sta a cuore (240) mentre veniva accostata da uno sconosciuto. Si tratta ovviamente di Sostrato il quale sopraggiunge subito criticando la madre che gli ha sottratto il servo Geta mandandolo a ingaggiare un cuoco per un sacrificio: la superstiziosa signora infatti:
"va in giro ogni giorno a fare sacrifici
per tutto il paese" (261 - 262).
Questo personaggio può essere accostato al carattere della superstizione (deisidaimoniva) che Teofrasto definisce: " deiliva pro; " to; daimovnion", viltà di fronte agli spiriti.
In ogni caso Sostrato non si è curato del sacrificio e si avvicina alla porta di Cnemone per bussare. Ma Gorgia lo ferma e gli parla. Lo mette in guardia dall'esercitare quella prepotenza che la ricchezza può consentirgli:
"all'uomo facoltoso gli affari fioriscono
fino a quando può sostenere la sua fortuna
senza commettere ingiustizia" (274 - 276). Anche la sorte favorevole dunque può essere un peso gravoso da portare: ci vuole senso del limite.
Il vecchio Johann Buddenbrook, nonno del console, Aveva lasciato”parecchie buone esortazioni ai discendenti, tra le quali emergeva in grosse lettere gotiche, accuratamente miniate e incorniciate, questa sentenza: “Figlio mio, dedicati con ardore agli affari durante il giorno, ma combina soltanto quelli che ti consentono di dormire tranquillo di notte”[1].
 Gorgia continua:
"che cosa voglio dire? Tu, anche se sei molto ricco,
non contare troppo su questa condizione, e non disprezzare
noi che siamo poveri. Anzi cerca di mostrarti sempre degno
della tua buona sorte" (284 - 287).
Questo invito alla moderazione corrisponde alle leggi suntuarie di Demetrio del Falero che voleva frenare il lusso e togliere occasioni alla grande speculazione.
 Che l'ingiustizia non paghi del resto è un topos vigente da Omero, il quale nell'Odissea (VIII, 329) scrive: "non sono prospere le azioni cattive: il lento raggiunge il veloce". cercal

Gorgia continua a diffidare Sostrato dal cercare di sedurre la sorella approfittando della superiorità economica:
"non è giusto
che il tuo tempo libero danneggi noi
che tempo libero non abbiamo. Sappi che il povero il quale
subisce ingiustizia è l'essere più arrabbiato del mondo" (293 - 296).
E' questo un invito a non esasperare il malessere dei poveri attraverso la loro umiliazione che invece va attenuata con il rispetto e la filantropia.

Neelle Supplici di Euripide l’araldo del re di Tebe Creonte sostiene che il governo di un solo uomo non è male: infatti il monarca esclude i demagoghi, i quali, gonfiando la folla con le parole, la volgono di qua e di là a proprio profitto. Del resto chi lavora la terra non ha tempo né per imparare né per dedicarsi alle faccende pubbliche: " oJ ga; r crovno" mavqhsin ajnti; tou' tavcou" –kreivssw divdwsi (vv. 419 - 420), è infatti il tempo che dà un sapere più forte, invece della fretta.

Sostrato risponde in modo assai ragionevole e garbato: con quella cortesia che non è la magnanimità degli eroi i quali sanno di cooperare agli alti compiti di una grande patria, ma nemmeno si riduce a quella "calva assenatezza" di cui parla Rohde (in Psiche) per denigrare le varie espressioni dell'ellenismo.
“Un calmo razionalismo, un lieto arretrare alle cose ragionevolmente pensabili, senza bisogno di provare il terrore d’un mondo misterioso dell’al di là: ecco la disposizione d’animo che domina scienza e cultura nel periodo ellenistico… una calva assennatezza, una intelligenza da vecchi, savia e povera, quale ci appare lampante dalla narrazione storica di Polibio, come disposizione d’animo del narratore e di coloro di cui narra. Non era tempo questo d’eroi e d’eroismo”[2].

Ecco dunque l'apologia del ricco innamorato:
"Ho visto una ragazza e me ne sono innamorato.
Se tu hai parlato di questa ingiustizia, io forse l'ho commessa.
Chi può dirlo? Ma non vengo qui
per lei; voglio vedere suo padre.
Io infatti sono un uomo libero,
ho mezzi sufficienti e sono pronto a prenderla
anche senza dote, impegnandomi per giunta
ad amarla per sempre. Se sono venuto qua con cattive intenzioni
o volendo usare male arti contro di voi a vostra insaputa,
Pan qui presente, o ragazzo, e insieme le Ninfe
mi colpiscano subito qui, davanti a questa casa" (302 - 312).
Sostrato dunque è un giovane serio, poco occupato, senz'altro scopo nella vita che sposarsi e riprodursi con una ragazza per bene.
Certo non rappresenta una grande umanità, ma nel suo piccolo è degno di rispetto. Gorgia lo capisce e gli offre la sua amicizia (317). Sostrato lo contraccambia riconoscendogli addirittura nobiltà d'animo (321).
Oh gran bontà di questi cognati antichi!
Quindi Gorgia spiega a Sostrato quanto sia rustico e selvaggio Cnemone e quanto incomba sulla figlia:
"per lui il piacere più grande è non vedere mai nessun
uomo; per lo più lavora tenendo la figlia
con sé; e parla solo con questa,
con un altro non lo può fare senza sforzo.
Dice che la darà in moglie quando avrà trovato
un pretendente del suo stesso carattere" (332 - 337).
Sostrato fa il commento più ovvio:
"cioè mai".
 Poi Gorgia gli consiglia di lasciar perdere:
"non darti briga amico:
lo farai per niente. Lascia che ce la prendiamo
noi parenti, cui la sorte l'ha assegnata" (338 - 340).
Sostrato però non dà retta e reagisce dando voce al meno prevedibile e controllabile dei sentimenti umani:
"ma per gli dèi, non sei mai stato innamorato di una, tu ragazzo? " (341).
"Non me lo posso permettere" (342) è l'amara risposta del povero. Il ricco non capisce la ragione e domanda:
"chi te lo impedisce? " pensando magari al vecchio misantropo, ma Gorgia fa vedere un panorama negativo più ampio:
"il calcolo dei miei guai
che non mi dà un momento di respiro" (343 - 344).
 Ecco allora che in questa storia d'amore fa capolino il problema del pauperismo.
Sostrato dunque non è povero e può permettersi il lusso di indirizzare tutti i suoi pensieri sull'amore che infatti Teofrasto definì: "affezione di un animo disoccupato"pavqo" yuch'" scolazouvsh"" (Stob. 4, 20, 66) e anche Catullo nel carme 51 collega all'otium: "otium, Catulle, tibi molestumst " (v. 13), lo stare senza far niente, Catullo, ti fa male.
Cfr. Ovidio nei Remedia amoris.

Gorgia pensa che Sostrato possa farsi male per questo innamoramento:
"a noi non fai torto, però stai male tu, e inutilmente" (348), ma il giovane facoltoso non ha altro in testa che la fanciulla nemmeno conosciuta e risponde:
" no, se posso avere la ragazza" (349).
I due futuri cognati concertano di avvicinare il vecchio, ma il ragazzo ricco riceve il consiglio di non presentarsi "con l'aria elegante di chi non ha nulla da fare" (357), prima da Gorgia, poi anche dal servo Davo:
"ma tu starai vicino a noi che lavoriamo tenendo quel paludamento? " (364); poi, siccome l'elegantone risponde:
"perché no? ", lo schiavo spiega:
"ti tirerà addosso le zolle
subito, ti chiamerà maledetto fannullone (o[leqron ajrgovn). Invece bisogna
che tu ti metta a zappare insieme a noi: se infatti ti vede
fare questo, forse sopporterà di ascoltare qualche
parola da te, pensando che tu sia un povero che lavora la terra con le sue mani" (365 - 369).


continua



[1] T. Mann, I Buddenbrook, p. 35.
[2] E. Rohde, Psiche, p. 631. 

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