NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 1 febbraio 2016

La Commedia antica. Aristofane. XII parte

La prima edizione dell'opera
in lingua italiana (Venezia, 1545)

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Segue la I Parabasi
Il coro durante la Parabasi è la voce di Aristofane il quale rivendica il merito di non avere reso mezzane le sue muse e di essersela presa non con gente dappoco ma con i più potenti con impeto degno di Eracle.
 Si è messo subito a lottare proprio con lo zannuto (xusta; ς tw̃/ karcarovdonti, 1031). E’ Cleone che ha la voce di un torrente rovinoso e fetore di foca e coglioni immondi di Lamia[1] e culo di cammello (prwkto; n de; kamhvlou, 1035)
Il poeta rimprovera il pubblico di non avere apprezzato l’anno prima la sua commedia (423 le Nuvole, sconfitte dalla Damigiana di Cratino. Verrà rifatta nel 419).
Aristofane si definisce ajlexivkakon, quello che tiene lontano i mali e kaqarthvn (1043) purificatore della sua terra (th̃ς cwvraς th̃sde)
Le Nuvole dunque erano bellissime ma il pubblico non le ha capite.
Per l’avvenire gli spettatori dovranno apprezzare tra i poeti quelli che cercano di dire qualcosa di nuovo: i loro pensieri dovranno essere conservati come le mele cotogne: renderanno le vesti profumate di intelligenza.
I vecchi rivendicano il valore delle loro chiome bianche: la loro vecchiaia vale più dei riccioli di molti giovanotti e della loro impudicizia (1068 - 1070)
Le Vespe poi rivendicano il loro valore nelle guerre persiane: qualcuno può meravigliarsi vedendo il corifeo mevson diesfhkwvmenon (con il vitino di vespa, diasfhkovw (1072). Ma non c’è niente di più virile di una vespa attica. Ne sanno qualcosa i persiani.
I tributi saccheggiati dai giovani li hanno procurati loro, dopo avere preso città dei Medi.
Sono simile alle vespe perché sono iracondi. Nei tribunali punzecchiano tutto (pavnta ga; r kentou'men e si procurano i mezzi per vivere, 1113). Ma ci sono ad Atene anche tanti fuchi (khfh'neς) infingardi senza aculeo ( oujk e[conteς kevntron, 115) e mangiano il frutto delle loro fatiche.

Filocleone non vuole togliersi la veste da giudice
Il figlio prova a dargli una veste persiana. Poi sandali spartani
Quindi gli insegna a camminare con eleganza. Al vecchio viene voglia di sculettare (sauloprwktia'n, 1173)
Prova a fare discorsi ma non ne è capace
Il figlio cerca di insegnargli l’educazione: a stare in compagnia eujschmovnwς (1210), in maniera decente.
Deve stendere le ginocchia e stendersi ejn toĩς strwvmasin, sui tappeti, gumnastikw̃ς con mosse da atleta. Poi deve apprezzare qualcuno dei vasi, osservare il tetto, ammirare i tendaggi della sala. Lavarsi le mani e cenare.
Schifacleone finge di essere Cleone e Filocleone lancia insulti al demagogo che rovinerà Atene. I due cantano canti conviviali

Poi escono ed entra il coro per la II Parabasi.
Gli eliasti ricordano Aminia che andò come ambasciatore tra i Tessali e là stava con i Penesti: i poveri e gli schiavi, lui che era il più peneste di tutti (penevsthς - w|n e[latton oujdenovς (1273 - 1274). Aminia voleva armare i penesti contro gli aristocratici
Poi viene sfottuto il famigerato Arifrade che da solo col suo bell’ingegno, ha imparato a lavorare di lingua glwttopoiei'n ogni volta che entra nei bordelli ( eijς ta; pornei' j eijsiovnq j eJkastovte, 1283)

Già nella II Parabasi dei Cavalieri del 424, era ricordato jArifravdhς ponhrovς che ha fatto una invenzione:
th; n ga; r auJtou' glw'ttan aijscrai'ς hJdonai'ς lumaivnetai
ejn kasaureivoisi leivcwn th; n ajpovptuston drovson
Kai; moluvnwn th; n uJphvnhn kai; kukw'n ta; ς ejsceavraς (1283 - 1286)
Inquina la propria lingiua in turpi voluttà.
Leccando nei bordelli la rugiada buttata fuori
Imbrattando la barba e turbando le fiche.

Nella Pace (del 421) Arifrade fa segno di portargli Teoria, ben lavata, con il sedere in ordine, un culo da festa quinquennale. Ma Trigeo dice che Arifrade si getterà su di lei e le tracannerà tutto il brodo: “to; n zwmo; n aujth̃ς porospesw; n ejklavyetai (ejklavptw, v. 885), zwmovς era anche il brodo nero deglo Spartani

La conclusione della II parabasi delle Vespe ricorda i contrasti tra Aristofane e Cleone
Nel 426 Aristofane sferrò il primo grande attacco a Cleone con i Babilonesi che denunziava l'imperialismo ateniese e lo sfruttamento imposto alle città alleate: nel 427 anzi Mitilene, che aveva cercato di uscire dalla lega delio - attica, era stata riassoggettata con estrema durezza che il demagogo avrebbe voluto inasprire ancora di più dando a tutti i potenziali ribelli l'esempio di un vero e proprio genocidio. Per fortuna, come vedremo in Tucidide che lo definisce "il più violento (biaiovtato") dei cittadini.. e il più capace di persuadere (piqanwvtato") il popolo (III, 36) la proposta criminale di Cleone non passò. Prevalse Diodoto, e vennero comunque uccisi un migliaio di Mitilenesi.
In seguito alla coraggiosa denuncia dei Babilonesi, rappresentato alle Dionisie, festa cui partecipavano i rappresentanti delle città alleate, Cleone accusò Aristofane di avere diffamato il popolo davanti agli stranieri. Lo ricorda l'autore negli Acarnesi (vv. 377 e sgg. ) non senza compiacimento per essersela cavata, mentre nella parabasi dei Cavalieri (anno 424) si giustifica del fatto di non avere curato la regia dei drammi precedenti diretti da Callistrato:
" non per stoltezza gli è capiato di indugiare ma poiché riteneva che mettere su una commedia è l'impresa più difficile di tutte", ajlla; nomivzwn/kwmw/didaskalivan ei\nai calepwvtaton e[rgon aJpavntwn"(vv. 515 - 516).

Veniamo agli ultimi versi delle Vespe (1292 - 1473)
Un servo ha preso delle bastonate da Filocleone e chiama beate le tartarughe per la loro corrazza: “ijw; celw'nai makavriai toũ devrmatoς (1292) e tre volte beate per la copertura sui fianchi.
Un altro servo lo chiama paĩ, garzone, poiché le ha prese.
Il primo servo biasima il vecchio pestifero e avvinazzato e uJbristotovtatoς, il più violento della compagnia. Dopo essersi riempito saltava, ballava, scoreggiava e rideva (1305) come un asinello rimpinzato d’orzo
Teofrasto, un cattivo poeta tragico, delicato com’è torceva la bocca. E il vecchio lo insultò.

Arriva Filocleone con una danzatrice discinta. I due sono inseguiti da una folla ostile
Un convitato (sumpovthς ) dice su; dwvseiς au[rion touvtwn divkhn (1332), domani ce la pagherai: ti citeremo in giudizio.
Ma il vecchio ora non sopporta nemmeno di sentire parlare dei processi - a\rav gj i[sq jwJς oujd j ajkouvwn ajnevcomai - dikw'n (1335 - 1336)
Poi mostra le forme della ragazza e dice: tavde m j ajrevskei: bavlle khmouvς (1339), queste mi piacciono, butta via i coperchi delle urne!
Quindi si rivolge alla ragazza chiamandola piccolo maggiolino dorato e le chiede di prendere in mano la sua…corda (cfr. co’ ‘sta pioggia e co’ ’ sto vento).
La corda è fradicia (sapro; n to; sconivon, 1342) ma una stropicciatine non le dispiacerebbe. “Devi mostrarti grata a questo bischero poiché ti ho portata via abilmente quando stavi per fare come le sporcaccione con gli invitati. Se mi farai un bel servizio, io, quando sarà morto mio figlio, ti renderò libera e mia concubina, w\ coirivon, bella troietta - 1353.

Cfr. il vecchio Feodor Karamazov: “Intanto sono ancora un uomo, non ho che 55 anni, ma voglio esserlo per una ventina di anni ancora, e sarà proprio allora, quando sarò vecchio e ripugnante, ed esse non vorranno più saperne di me, che mi occorreranno i quattrini! Ora sto accumulando denaro quanto più posso, sempre di più, unicamente per me caro figlio mio, Aljekjei Feodorovitc, perché voglio vivere fino al termine dei miei giorni nella sozzura, sappiatelo. La sozzura è dolce: tutti la oltraggiano e tutti ci vivono; solo, tutti lo fanno di nascosto; io, invece, lo faccio apertamente. E proprio per questa mia franchezza, tutti gli altri si sono accaniti contro di me” ( I fratelli Karamazov, IV, 2, il padre, p. 235)

Filocleone dunque dice che non è ancora padrone delle sue sostanza perché ancora giovane e troppo sorvegliato (nevoς gavr eijmi kai; fulavttomai sfovdra, 1355)
 Il mio figlioletto mi fa la guardia to; ga; r uJivdion threĩ me, lui è duvskolon, intrattabile e avaro uno che spacca il cumino. Ma io sono l’unico padre che ha.

Arriva il figlio insultandolo: stupido e compressore di fica (coirovqliy, 1364 coĩroς e qlivbw, comprimo). Mi sembra che tu abbia bisogno di una bella bara (poqei'n ejra'n tj e[oikaς wJraivaς soroũ, 1365)
Hai rubato la flautista ai convitati
Quale flautista? (poivan aujlhtrivda; ) 1369 chiede il vecchio e nega che sia una ragazza. E’ una fiaccola che brucia in piazza in onore degli dèi (ejn ajgorã/ qeoĩς da; ς kavetai, 1373)
Non vedi che è screziata?
E quel nero nel mezzo cos’è? - le donne erano brune, non come nei poemi omerici -
E’ la pece (hJ pivtta) che viene fuori quando brucia.
E quello dietro non è prwktovς, il culo?
No, è un ramo della fiaccola che sporge (o[zoς)
Il figlio vuole portargliela via: tanto so bene che sei fradicio e non ce la fai (se kai; nomivsaς sapro; n –koujde; n duvnasqai drãn, 1380)
Il vecchio minaccia il figlio di fargli gli ematomi sotto gli occhi (uJpwvpia) come fece una volta un vecchio pugile a uno giovane a Olimpia quando Filocleone era osservatore ufficiale (ejqewvroun ejgwv)
Passa una donna che si lagna di essere stata urtata per cui ha fatto cadere a[rtouς dek j dieci pani da un obolo
La donna li vuole denunciare davanti agli ispettori del mercato (pro; ς tou; ς ajgoranovmouς, 1406): testimone sarà Cherefonte, il discepolo di Socrate già messo in caricatura nelle Nuvole (vv. 104, 144, 504)
Filocleone mena il can per l’aia dicendo assurdità.
Arriva un uomo che vuole querelare per violenza.
Bdelicleone dice che pagherà
Il padre ammette di averlo preso a botte e a sassate e gli chiede di stabilire la multa. Ma l’uomo ha paura.
Filocleone si esprime di nuovo con un nonsense.
Il figlio lo biasima, ma il vecchio continua a snocciolare storielle assurde su cani, sibariti e scarabei.
Il Coro invidia il vecchio che si è fatto furbo e si darà tutto alle delizie e alle mollezze (metapei'setai - ejpi; to; trufw'n kai; malakovn (1455)
Non è facile cambiare abitudini, ma a volte il contatto con le idee degli altri provoca questo effetto.
Molte lodi riceverà il figlio Bdelicleone dia; th; n filopatrivan kai; sofivan (1465)
Quel giovane è amabile ajganovς e di buone maniere, assai godibili
E’ riuscito a rendere migliore suo padre.

Il vecchio intanto entrato in casa, sentito il flauto, continua a danzare per tutta la notte le danze di Tespi, l’iniziatore della tragedia (534 a. C. )

Poi torna in scena Filocleone vestito da Polifemo e vuole continuare la danza.
Canta che la testa del femore gira agile nelle sue articolazioni ejn a[rqroiς toĩς hjmetevroiς - strevfetrai calara; kotulhdwvn (1494 - 5)
Un servo dice: manika;; pravgmata, cose da matti
Il vecchio sfida a gara i suoi rivali tragediografi
Entra un ballerino vestito da granchiolino che accetta la sfida, figlio di Carcino, un poeta tragico messo in ridicolo
Filocleone lo beffeggia, poi arriva un altro granchiolino
Il vecchio dice che se li mangia tutti e due.
Poi entra un terzo, strisciando, e Filocleone domanda se è un tappo o una tarantola
E’il padre, il paguro piccino che fa le tragedie
Filocleone chiede la salsa per mangiare quello sciame di scriccioli
Il Coro fa una danza finale invitando tutti a ballare alzando le gambe.
Il padre sarà contento dei tre scriccioli saltatori
Escono tutti danzando (1537)


Fine




[1] Mostro che si ciba di carne umana. 

1 commento:

  1. Stupendo...questo arzillo vecchietto fa proprio impazzire il piglio! Mi piace. Giovanna Tocco

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