La prima edizione dell'opera in lingua italiana (Venezia, 1545) |
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Segue la I Parabasi
Il coro durante la
Parabasi è la voce di Aristofane il quale rivendica il merito di non avere reso
mezzane le sue muse e di essersela presa non con gente dappoco ma con i più
potenti con impeto degno di Eracle.
Si è messo subito a lottare proprio con lo
zannuto (xusta;
ς tw̃/ karcarovdonti, 1031). E’ Cleone che ha la voce di un
torrente rovinoso e fetore di foca e coglioni immondi di Lamia[1]
e culo di cammello (prwkto; n de; kamhvlou,
1035)
Il poeta rimprovera
il pubblico di non avere apprezzato l’anno prima la sua commedia (423 le Nuvole, sconfitte dalla Damigiana di Cratino. Verrà rifatta nel
419).
Aristofane si
definisce ajlexivkakon, quello che tiene lontano i mali e kaqarthvn (1043) purificatore della sua terra (th̃ς cwvraς
th̃sde)
Le Nuvole dunque erano bellissime ma il
pubblico non le ha capite.
Per l’avvenire gli
spettatori dovranno apprezzare tra i poeti quelli che cercano di dire qualcosa
di nuovo: i loro pensieri dovranno essere conservati come le mele cotogne: renderanno
le vesti profumate di intelligenza.
I vecchi rivendicano
il valore delle loro chiome bianche: la loro vecchiaia vale più dei riccioli di
molti giovanotti e della loro impudicizia (1068 - 1070)
Le Vespe poi
rivendicano il loro valore nelle guerre persiane: qualcuno può meravigliarsi
vedendo il corifeo mevson diesfhkwvmenon
(con il vitino di vespa, diasfhkovw
(1072). Ma non c’è niente di più virile di una vespa attica. Ne sanno qualcosa
i persiani.
I tributi
saccheggiati dai giovani li hanno procurati loro, dopo avere preso città dei
Medi.
Sono simile alle
vespe perché sono iracondi. Nei tribunali punzecchiano tutto (pavnta ga; r kentou'men e si procurano i mezzi per vivere, 1113). Ma
ci sono ad Atene anche tanti fuchi (khfh'neς) infingardi senza aculeo ( oujk e[conteς
kevntron, 115) e mangiano il
frutto delle loro fatiche.
Filocleone non vuole
togliersi la veste da giudice
Il figlio prova a
dargli una veste persiana. Poi sandali spartani
Quindi gli insegna a
camminare con eleganza. Al vecchio viene voglia di sculettare (sauloprwktia'n, 1173)
Prova a fare
discorsi ma non ne è capace
Il figlio cerca di
insegnargli l’educazione: a stare in compagnia eujschmovnwς (1210), in maniera decente.
Deve stendere le
ginocchia e stendersi ejn toĩς strwvmasin, sui tappeti, gumnastikw̃ς con mosse da atleta. Poi deve apprezzare qualcuno dei vasi, osservare
il tetto, ammirare i tendaggi della sala. Lavarsi le mani e cenare.
Schifacleone finge
di essere Cleone e Filocleone lancia insulti al demagogo che rovinerà Atene. I
due cantano canti conviviali
Poi escono ed entra
il coro per la II Parabasi.
Gli eliasti
ricordano Aminia che andò come ambasciatore tra i Tessali e là stava con i
Penesti: i poveri e gli schiavi, lui che era il più peneste di tutti (penevsthς - w|n e[latton oujdenovς (1273 - 1274). Aminia voleva armare i penesti contro gli
aristocratici
Poi viene sfottuto
il famigerato Arifrade che da solo col suo bell’ingegno, ha imparato a lavorare
di lingua glwttopoiei'n
ogni volta che entra nei
bordelli ( eijς ta; pornei' j eijsiovnq j eJkastovte, 1283)
Già nella II
Parabasi dei Cavalieri del 424, era
ricordato jArifravdhς ponhrovς
che ha fatto una invenzione:
“th; n ga; r auJtou'
glw'ttan aijscrai'ς hJdonai'ς lumaivnetai
ejn kasaureivoisi leivcwn th; n
ajpovptuston drovson
Kai; moluvnwn th; n uJphvnhn kai;
kukw'n ta; ς ejsceavraς (1283 - 1286)
Inquina la propria
lingiua in turpi voluttà.
Leccando nei
bordelli la rugiada buttata fuori
Imbrattando la barba
e turbando le fiche.
Nella Pace (del 421) Arifrade fa segno di
portargli Teoria, ben lavata, con il sedere in ordine, un culo da festa
quinquennale. Ma Trigeo dice che Arifrade si getterà su di lei e le tracannerà
tutto il brodo: “to; n zwmo; n aujth̃ς porospesw; n
ejklavyetai (ejklavptw, v. 885), zwmovς era anche il brodo nero deglo Spartani
La conclusione della
II parabasi delle Vespe ricorda i
contrasti tra Aristofane e Cleone
Nel 426 Aristofane
sferrò il primo grande attacco a Cleone con i Babilonesi che denunziava l'imperialismo ateniese e lo
sfruttamento imposto alle città alleate: nel 427 anzi Mitilene, che
aveva cercato di uscire dalla lega delio - attica, era stata riassoggettata con
estrema durezza che il demagogo avrebbe voluto inasprire ancora di più dando a
tutti i potenziali ribelli l'esempio di un vero e proprio genocidio. Per
fortuna, come vedremo in Tucidide che lo definisce "il più violento (biaiovtato") dei cittadini.. e il più capace di
persuadere (piqanwvtato") il popolo (III, 36) la proposta criminale
di Cleone non passò. Prevalse Diodoto, e vennero comunque uccisi un migliaio di
Mitilenesi.
In seguito alla coraggiosa
denuncia dei Babilonesi, rappresentato
alle Dionisie, festa cui partecipavano i rappresentanti delle città alleate, Cleone
accusò Aristofane di avere diffamato il popolo davanti agli stranieri. Lo
ricorda l'autore negli Acarnesi (vv. 377
e sgg. ) non senza compiacimento per essersela cavata, mentre nella parabasi
dei Cavalieri (anno 424) si
giustifica del fatto di non avere curato la regia dei drammi precedenti diretti
da Callistrato:
" non per
stoltezza gli è capiato di indugiare ma poiché riteneva che mettere su una
commedia è l'impresa più difficile di tutte", ajlla; nomivzwn/kwmw/didaskalivan ei\nai calepwvtaton e[rgon aJpavntwn"(vv. 515 - 516).
Veniamo agli ultimi
versi delle Vespe (1292 - 1473)
Un servo ha preso
delle bastonate da Filocleone e chiama beate le tartarughe per la loro corrazza:
“ijw; celw'nai
makavriai toũ devrmatoς (1292) e tre volte beate per la copertura
sui fianchi.
Un altro servo lo
chiama paĩ, garzone,
poiché le ha prese.
Il primo servo
biasima il vecchio pestifero e avvinazzato e uJbristotovtatoς, il più violento della compagnia. Dopo essersi riempito saltava, ballava,
scoreggiava e rideva (1305) come un asinello rimpinzato d’orzo
Teofrasto, un
cattivo poeta tragico, delicato com’è torceva la bocca. E il vecchio lo insultò.
Arriva Filocleone
con una danzatrice discinta. I due sono inseguiti da una folla ostile
Un convitato (sumpovthς ) dice su; dwvseiς
au[rion touvtwn divkhn (1332), domani
ce la pagherai: ti citeremo in giudizio.
Ma il vecchio ora
non sopporta nemmeno di sentire parlare dei processi - a\rav gj i[sq jwJς oujd j ajkouvwn ajnevcomai - dikw'n (1335 - 1336)
Poi mostra le forme
della ragazza e dice: tavde m j ajrevskei: bavlle khmouvς (1339), queste mi piacciono, butta via i coperchi delle urne!
Quindi si rivolge
alla ragazza chiamandola piccolo maggiolino dorato e le chiede di prendere in
mano la sua…corda (cfr. co’ ‘sta pioggia e co’ ’ sto vento).
La corda è fradicia
(sapro; n
to; sconivon, 1342) ma una
stropicciatine non le dispiacerebbe. “Devi mostrarti grata a questo bischero
poiché ti ho portata via abilmente quando stavi per fare come le sporcaccione
con gli invitati. Se mi farai un bel servizio, io, quando sarà morto mio figlio,
ti renderò libera e mia concubina, w\ coirivon,
bella troietta - 1353.
Cfr. il vecchio
Feodor Karamazov: “Intanto sono ancora un uomo, non ho che 55 anni, ma voglio
esserlo per una ventina di anni ancora, e sarà proprio allora, quando sarò
vecchio e ripugnante, ed esse non vorranno più saperne di me, che mi
occorreranno i quattrini! Ora sto accumulando denaro quanto più posso, sempre
di più, unicamente per me caro figlio mio, Aljekjei Feodorovitc, perché voglio
vivere fino al termine dei miei giorni nella sozzura, sappiatelo. La sozzura è
dolce: tutti la oltraggiano e tutti ci vivono; solo, tutti lo fanno di nascosto;
io, invece, lo faccio apertamente. E proprio per questa mia franchezza, tutti
gli altri si sono accaniti contro di me” ( I
fratelli Karamazov, IV, 2, il padre, p. 235)
Filocleone dunque
dice che non è ancora padrone delle sue sostanza perché ancora giovane e troppo
sorvegliato (nevoς gavr eijmi kai; fulavttomai sfovdra, 1355)
Il mio figlioletto mi fa la guardia to; ga; r uJivdion
threĩ me, lui è duvskolon, intrattabile e avaro uno che spacca il cumino. Ma io sono l’unico
padre che ha.
Arriva il figlio
insultandolo: stupido e compressore di fica (coirovqliy, 1364 coĩroς e qlivbw, comprimo). Mi sembra che tu abbia bisogno
di una bella bara (poqei'n ejra'n tj e[oikaς wJraivaς soroũ, 1365)
Hai rubato la
flautista ai convitati
Quale flautista? (poivan aujlhtrivda; ) 1369 chiede il vecchio e nega che sia una
ragazza. E’ una fiaccola che brucia in piazza in onore degli dèi (ejn ajgorã/ qeoĩς da; ς kavetai,
1373)
Non vedi che è
screziata?
E quel nero nel
mezzo cos’è? - le donne erano brune, non come nei poemi omerici -
E’ la pece (hJ pivtta) che viene fuori quando brucia.
E quello dietro non
è prwktovς, il culo?
No, è un ramo della
fiaccola che sporge (o[zoς)
Il figlio vuole
portargliela via: tanto so bene che sei fradicio e non ce la fai (se kai; nomivsaς sapro; n –koujde; n duvnasqai drãn, 1380)
Il vecchio minaccia
il figlio di fargli gli ematomi sotto gli occhi (uJpwvpia) come fece una volta un vecchio pugile a uno giovane a Olimpia quando
Filocleone era osservatore ufficiale (ejqewvroun ejgwv)
Passa una donna che
si lagna di essere stata urtata per cui ha fatto cadere a[rtouς dek j
dieci pani da un obolo
La donna li vuole
denunciare davanti agli ispettori del mercato (pro; ς tou; ς ajgoranovmouς, 1406): testimone sarà Cherefonte, il discepolo di Socrate già messo
in caricatura nelle Nuvole (vv. 104, 144,
504)
Filocleone mena il
can per l’aia dicendo assurdità.
Arriva un uomo che
vuole querelare per violenza.
Bdelicleone dice che
pagherà
Il padre ammette di
averlo preso a botte e a sassate e gli chiede di stabilire la multa. Ma l’uomo
ha paura.
Filocleone si
esprime di nuovo con un nonsense.
Il figlio lo biasima,
ma il vecchio continua a snocciolare storielle assurde su cani, sibariti e
scarabei.
Il Coro invidia il
vecchio che si è fatto furbo e si darà tutto alle delizie e alle mollezze (metapei'setai - ejpi; to;
trufw'n kai; malakovn (1455)
Non è facile
cambiare abitudini, ma a volte il contatto con le idee degli altri provoca
questo effetto.
Molte lodi riceverà
il figlio Bdelicleone dia; th; n filopatrivan kai; sofivan (1465)
Quel giovane è
amabile ajganovς e di buone maniere, assai godibili
E’ riuscito a
rendere migliore suo padre.
Il vecchio intanto
entrato in casa, sentito il flauto, continua a danzare per tutta la notte le
danze di Tespi, l’iniziatore della tragedia (534 a. C. )
Poi torna in scena
Filocleone vestito da Polifemo e vuole continuare la danza.
Canta che la testa
del femore gira agile nelle sue articolazioni ejn a[rqroiς
toĩς hjmetevroiς - strevfetrai calara; kotulhdwvn (1494 - 5)
Un servo dice: manika;; pravgmata, cose da matti
Il vecchio sfida a
gara i suoi rivali tragediografi
Entra un ballerino
vestito da granchiolino che accetta la sfida, figlio di Carcino, un poeta
tragico messo in ridicolo
Filocleone lo
beffeggia, poi arriva un altro granchiolino
Il vecchio dice che
se li mangia tutti e due.
Poi entra un terzo, strisciando,
e Filocleone domanda se è un tappo o una tarantola
E’il padre, il
paguro piccino che fa le tragedie
Filocleone chiede la
salsa per mangiare quello sciame di scriccioli
Il Coro fa una danza
finale invitando tutti a ballare alzando le gambe.
Il padre sarà
contento dei tre scriccioli saltatori
Escono tutti
danzando (1537)
Fine
Stupendo...questo arzillo vecchietto fa proprio impazzire il piglio! Mi piace. Giovanna Tocco
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