IV Si cimenta nella
conversazione in francese (153)
IV Politicamente
sospetta! (159)
S. Disse che non
gli piaceva ascoltare la musica a comando e quando puzzava di farmacia e veniva
inflitta per ragioni sanitarie.- La
musica è qualcosa di non completamente articolato, di ambiguo, di
irresponsabile, di indifferente. Nutro nei confronti della musica un’avversione
politica: l’ho in sospetto di quietismo. S è un cultore della parola
doppiamente articolata in significanti e significati.
S: la musica deve essere preceduta dalla letteratura. Da
sola è pericolosa e non fa progredire il mondo. E’ ambigua e politicamente sospetta
Può fare l’effetto degli oppiacei che provocano servile
ristagno.
Cesare sospetta di Cassio, è troppo magro, ha l’aria smunta
e affamata : would he were fatter!;
inoltre non ascolta la musica. “he loves no plays, as thou dost,
Antony; he hears no music” (Giulio Cesare, II, 1). Vedi
la musica e il quietismo
Del resto Platone nella Repubblica
sostiene che l’educazione deve constare di ginnastica e musica perché il
ragazzo non rimanga più molle o più rozzo del necessario. (tou' devonto").
Hans intanto osservava i giovani malati e spensierati.
Nel III libro di Il
mondo come volontà e rappresentazione Schopenhauer distingue la musica come
linguaggio del sentimento e della passione, dalla parola come lingua della
ragione. La musica è l’immagine della volontà.
Nelle Considerazioni di un impolitico Mann
attribuisce alla civilizzazione il culto della parola. Vedi apollineo e
dionisiaco.
IV Hippe (167)
Hans è stufo dello stile di vita orizzontale: ha bisogno di
muoversi
Andò a passeggiare da
solo, in salita. Cantava a voce alta. Se l’attacco era troppo alto se la
cavava cantando di testa, in falsetto.
Cantò fino allo sfinimento e passò dalla esaltazione alla
disperazione
Riprese a camminare Ebbe
un’emorragia nasale e si sentì placato da quell’abbondante salasso.
Si sentì rapito in
un’epoca lontana.
Aveva 13 anni, faceva la terza ginnasio con i pantaloni
corti, si trovava a conversare nel cortile della scuola con un coetaneo, Hippe Pribislav di nome. Aveva un nome
e un aspetto un po’ esotico. Rappresentava il tipico prodotto di un’antica
mescolanza di razze, una fusione di
sangue germanico e slavo-sorabico. Biondo, occhi tra il grigio e l’azzurro
avevano il colore indistinto di una montagna lontana. Gli occhi avevano un taglio sottile e zigomi
sporgenti e molto pronunciati. La sua fisionomia era molto attraente ma i
compagni lo avevano soprannominato “chirghiso”. Hans lo aveva scelto nel
brulichio della scuola. Gli occhi quando guardavano di lato in certo modo che
non serviva a guardare, parevano liquefarsi e ammantarsi di un velo notturno.
Gli piaceva ma non sapeva perché. Quelle sensazioni possedevano vitalità e Hans le coltivava
silenziosamente in sé per la fedeltà e costanza del suo carattere.
Fedeltà era però
anche un certo torpore, una certa lentezza e inerzia della sua indole.
Situazioni e realtà vitali gi apparivano tanto più rispettabili quanto più a
lungo duravano. p. 176
Amava le emozioni che Hippe gli dava, anche quelle negative.
Quando Hippe era assente, allora il cortile della scuola gli
appariva desolato e la giornata diventava insipida, ma la speranza tenace
rimaneva
Poi quella figura era come svanita nella nebbia.
Ricordò che aveva
chiesto una matita a Hippe. Gliela diede dicendo che doveva restituirla e
di non romperla. Fu felice di quel momento.
Poi spalancò gli occhi e si chiese se avesse sognato.
Si disse che
assomigliava alla Chauchat. Si mosse con grande fatica. Si fece dare un
passaggio da un carrettiere
Entrò nella sala della conferenza già iniziata.
L’amore suscitato dal
ricordo.
Nel secondo discorso
di Socrate del Fedro di Platone
l’amore nasce dal ricordo dell’idea del bello, il bello in sé, suscitato dalla
visione di una persona bella che spinge alla creazione nel bello secondo
l’anima e secondo il corpo: tovko"
ejn kalw'/ kai; kata; to; sw'ma kai; kata; th;n yuchvn" (206 b)
IV Analisi 181
Un posto d’angolo,
vicino alla porta ammiccava libero.
Hans era pallido e sporco di sangue, ma non gli badarono.
Solo la Chauchat
voltò la testa e lo riconobbe con una specie di irritazione. Questo poneva
nuove esigenze al suo cuore e l’avrebbe tenuto col fiato sospeso
L’aveva guardato
proprio con gli occhi di Pribislav. In modo
indiscreto e senza troppi riguardi, come si addice a una che sbatte le porte.
Cfr. Properzio: Si nescis, oculi sunt in amore duces[1],
IV Dubbi e riflessioni
190
IV Conversazioni a
tavola p. 195
Fa le palline con la mollica la sua Clawdia, disse Hans, non
è una gran finezza.
“Dipende da chi lo
fa. A Clawdia dona” disse la commensale p. 203
Relativismo estetico.
Per il relativismo, cfr. Erodoto e i costumi babilonesi p. e.
Hans si sentiva vivo durante i pasti che avvenivano ogni due
o tre ore. Il resto erano solo intervalli
Tra un pasto e l’altro c’era l’aspettazione della Chauchat.
IV Angoscia crescente. Dei due nonni e della
gita in barca nel duplice chiarore. (205)
Per questo Hans provava anche sentimenti di prudente
distacco (cfr. Catullo. amo et odi, amare e bene velle)
L'ossimòro condensa la contraddizione lacerante del poeta
che dissocia l'amare dal bene velle:
la componente sensuale da quella affettiva, come chiarisce bene il distico
finale del carme 72 :"Qui potis
est?, inquis. Quod amantem iniuria talis/ cogit amare magis, sed bene velle
minus "(vv. 7-8), come può essere?, chiedi. Poiché una tale offesa
costringe l'amante ad amare di più ma a voler bene di meno.
nel c. 85 l'antitesi fra bene
velle e amare si condensa
nell'ossimorico odi et amo
Vita aperta al contrasto: nell'Orestea di Eschilo Divka Divkai
(xymbaleî ) "Dika si scontrerà
con Dika"[2]
Quando la vedeva faceva finta di non averla vista e di
condurre la sua personale esistenza vigorosa e imperturbabile.
Cfr. quod sequitur fugio, quod fugit ipse sequor (Ovidio,
Amores, 2, 20, 36)
E' questo il tovpo" dell'amore che
insegue chi fugge e scappa da chi lo insegue. Tale locus ha un' ampia presenza nella poesia amorosa e, probabilmente,
pure nell'esperienza personale di ciascuno di noi: Teocrito nel VI idillio paragona Galatea che stuzzica Polifemo alla
chioma secca che si stacca dal cardo quando la bella estate arde:"kai; feuvgei filevonta kai; ouj filevonta diwvkei"
(v. 17), e fugge chi ama e chi non ama lo insegue. Nell'XI idillio lo stesso
Ciclope si dà il consiglio di non inseguire chi fugge ma di mungere quella
presente (75), femmina ovina o umana che sia.
Settembrini: L’Europa
era la terra della ribellione, della critica e dell’attività trasformatrice,
mentre il continente orientale
incarnava l’inerzia e la quiete inattiva (229).
Bisognava colpire a Vienna, nel suo vitale ganglio di
resistenza, il principio asiatico e servile della conservazione.
L’umanesimo era amore per l’umanità[3] e perciò era
anche politica, L’umanesimo aveva coltivato anche la bella forma solo per
amore della dignità umana, in splendido contrasto con il Medioevo, sprofondato
nella misantropia e nella superstizione e in un’ esecrabile incuranza della
forma.
L’umanesimo aveva propugnato gli interessi terreni, ritenendo
che il cielo potesse essere lasciato ai passeri (p. 231).
"il realismo, in arte, è greco;
l'allegorismo è ebraico", ebbe a scrivere Pavese[4].
CONTINUA
[3] Cfr. Sofocle, Antigone,
v.523: “Certamente non sono nata per condividere l'odio ma l'amore".- E'
questo un verso chiave della tragedia.
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