Coro
Eschilo
viene definito ejribremevtaς (814)
altisonante, come Zeus in Iliade XIII,
624; Euripde l’avversario che aguzza i denti (qhvgwn ojdovnta). Eschilo ruggendo brucwvmenoς scaglierà
(h{sei i{hmi) parole rJhvmata gomfopagh' connesse
con cavicchi tirandole via come assi con il suo soffio tellurico, boracifero ghgenei' fushvmati. (825)
Nello
scritto L'arte e la rivoluzione (1849),
Wagner definisce il dramma " arte complessiva dove l'elemento maschile e
intellettuale, la parola, feconda quello femminile, la musica che ha la
risonanza dei tempi primordiali".
Dall’altra
parte c’è Euripide con lingua affilata inquisitrice di parole e creatrice di
lemmi, sminuzzerà (kataleptologhvsei, leptovς, sottile) dividendo le parole, fatica
grande di polmoni pleumovnwn polu; n povnon.
La
pesante pompa linguistica di Eschilo dunque contrapposta al naturalismo di
Euripide che sarebbe un cincischiatore di concettuzzi e un tessitore di sofismi.
Entrano
Eschilo ed Euripide che si rivolge a Dioniso.
Dice
di essere kreivttwn rispetto
a Eschilo anche se colui si darà delle arie- ajposemnunei'tai. Chiama il rivale oratore che
affastella vanterie kompofakelorrhvmona (kovmpoς, 839. favkeloς, fastello, rJhvmwn= rJhvtwr)
Eschilo
risponde chiamando Euripide figlio della dea agreste, collezionatore di ciarle
(stwmuliva), ptwcopoiev creatore
di pezzenti, rattoppatore di cenci. Inoltre cwlopoiovς., creatore di storpi che per
giunta fa l’insolente.
Negli
Acarnesi, Diceopoli dice a Euripdide:
tu componi in aria: non senza ragione tu fai degli zoppi: oujk ejto; ς cwlou; ς poiei'ς (410)
Poi
Eschilo biasima il rivale che ha introdotto canti cretesi ossia l’ uJpovrchma, ritenuto
di origine cretese, inno con danze e pantomime in versi cretici (lunga breve
lunga).
Cfr. Joyce: “A perfect cretic! The professor said. Long, short
and long (In the heart of the hibernian metropolis) Ulysses, p. 114. VII: Eolo,
il giornale…he extended elocutionary arms
from frayed stained shirt –cuffs (professor MacHugh), tese le braccia
elocutorie fuori dai polsini machiati e sfilacciati (p. 117 inglese, 181
italiano).
C’è
forse anche un riferimento alle cretesi sporcaccione Fedra e Pasife. Inoltre i
Cretesi avevano fama di bugiardi.
Poi
Euripide avrebbe introdotto nell’arte nozze empie gavmouς ajnosivouς (850).
Nella
tragedia Eolo c’erano le nozze
incestuose di Canace con il fratello Macareo.
Dioniso
li modera dicendo che non sta bene che due poeti si insultino come fornaie loidorei'sqai w{sper ajrtopwvlidaς (858). Con
calma dunque confutatevi a vicenda: “praovnwς e[legc j ejlevgcou dice a Eschilo, confutalo e
lasciati confutare.
Euripide
dice di essere pronto a mordere e farsi mordere per primo: e{toimovς eijm j e[gwge davknein
davknesqai provteroς (861)
Menziona
il suo Telefo e altre tragedie
Eschilo
dice che non è un duello alla pari poiché la sua poesia non è morta con lui, come
quella di Euripide hJ poivhsiς oujci; suntevqnhkev moi (868)
Il
Coro invoca le Muse perché vengano a vedere la tenzone delle due bocche abili a
fornire parole (rJhvmata) e paraprivsmat j ejpw'n e
segature, trucioli di versi.
Ateneo
scrive che Eschilo considerava le sue tragedie fette del banchetto omerico
Aijscuvlo" … o}" ta; "
auJtou' tragw/diva" temavch ei\nai e[legen tw'n JOmhvrou megavlwn deivpnwn"[1]
Eschilo
invoca Demetra la nutrice del suo spirito hJ qrevyasa th; n ejmh; n frena (886).
Euripide
invece invoca l’Etere suo nutrimento aijjqh; r ejmo; n bovskhma (poesia
come aria fritta?) e mulinello di lingua glwvtthς strovfigx, 892) e l’intelligenza (xivnesi) e
narici di fiuto sottile, ossia capaci di fiutare i gusti del pubblico.
xuvnesiς è una
parola chiave del linguaggio euripideo (893) cfr. Oreste 396.
A
Menelao che gli domanda: "tiv crh'ma pascei"; tiv" s jajpovllusin novso"; "
(v. 395) che cosa soffri? quale malattia ti distrugge? , egli risponde: " hJ suvnesi", o{ti
suvnoida dein j eijrgasmevno"" (v. 396) l'intelligenza, poiché
sono consapevole di avere commesso cose terribili
Il
Coro si aspetta di sentire da uno, Euripide, qualche cosa di urbano ajstei'on ti (902) e
ben limato
katerrinhmevnon
(katarrinavw, rJivnh è lima),
mentre Eschilo disperderà al vento i molti rigiri dei versi, strappandoli con
le parole dalle intere radici, piombandoci sopra.
Il
corifeo dirige l’agone che così risulta particolarmente regolato
Chiede
un eloquio urbano ma non banale
Euripide
parte dalla critica a Eschilo: lo chiama ajlazwvn, spaccone, e fevnax, e
specioso (faivnw) impostore
che ingannava spettatori ingenui abituati a Frinico.
Erodoto
racconta che gli Ateniesi colpirono Frinico con una multa di 1000 dracme poiché
la Presa di
Mileto (Milhvtou
a{lwsiς
492 due anni dopo l’evento) li aveva fatti piangere. Da non confonderlo con il
Frinico comico (le Muse alle Lenee
del 405) e il Frinico politico appartenente al gruppo dei Quattrocento.
Eschilo
dunque, secondo Euripide, metteva prima in scena personaggi che non parlavano (kwfa; provswpa), per
creare suspense e perché non aveva nulla da dire. Poi, arrivato a metà dramma, faceva
dire dodici parole grosse come buoi (rJhvmat j boveia dwvdeka 924) con
tanto di sopracciglio e cimiero, spauracchi incomprensibili agli spettatori mormorwpa; [2]
a[gnwta toi'ς qewmevnoiς. Niente
di chiaro diceva
Eschilo dice oi[moi tavlaς (926) poi arrota i denti.
Euripide:
Eschilo scriveva di bronzei aquilogrifoni e paroloni scosciacavalli rJhvmaq j iJppokrhvmna[3] (929), quasi
incomprensibili.
Dioniso
cita parole di un verso dell’Ippolito
di Euripide dicendo già altre volte di notte molto tempo vegliai-h[dh pot ejn makrw'/j
crovnw/ dihgruvpnhsa-diav, ajgrupnevw sono insonne a[grupno", (931)
pensando che razza di animale sia l’ippogallo dorato (to; n xouqo; n iJppalektruovna 932)
Nell’Ippolito, Fedra dice alle donne di
Trezene: “h[dh
pot’ ja[llwς nukto; ς ejn makrw'/ crovnw già
altre volte di notte per molto tempo-pensai come si corrompa la vita dei
mortali (375-376).
CONTINUA
Bravo gianni leggendo il tuo ottimo commento alle Rane rivedo la bella rappresentazione delle stesse al teatro greco di Siracusa
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