Orfeo e gli animali Mosaico romano di età imperiale. Palermo, Museo archeologico |
Eschilo
interviene dicendo che quell’ippogallo era shmei'on ejn tai'ς nausivn (933), un emblema nelle navi.
Dioniso
dice che credeva fosse Erissi, un ateniese brutto con una zazzera bionda.
Eschilo
chiede a Euripide che cosa abbia scritto lui di buono
Euripide:
non ippogalli né caprocervi (iJppalektruovnaς, tragelavfouς), ma come ricevetti la tua tevcnhn oijdou'san, l’arte
gonfia, di smargiasserie e parole pesanti, i[scnana[1]
me; n prwvtiston aujthvn, l’ho snellita e le ho tolto pesantezza (kai; to; bavroς ajfei'lon) con
paroline e raggiri (ejpullivoiς kai; peripavtoiς) e con bietoline bianche (dall’effetto
lassativo) e un decotto filtrato dai libri[2], poi
con una cura ricostituente di monodie, e un pizzico di Cefisofonte, che sarebbe
stato suo collaboratore e amante della moglie.
Queste
ultime parole sono state attribuite a Eschilo da Marzullo.
Quindi,
sicuramente Euripide: All’inizio del dramma mettevo un prologo espositivo.
Facevo
parlare tutti: hJ
gunhv, cwj dou'loς oujde; n h|tton, cwj despovthς chj parqevnoς chj grau'ς. Agivo da democratico per Apollo
951
Lascia
andare questo tou'to
me; n e[ason,
dice Dioniso, forse alludendo al fatto che nel 408 Euripide si rifugiò in
Macedonia ospite del re Archelao, dove morì nel 406.
Poi
Euripide indica il pubblico e dice: lalei'n ejdivdaxa (954) ho insegnato la chiacchiera.
Eschilo
risponde che doveva crepare prima di insegnarla.
Euripide:
ho insegnato a pensare, a vedere, capire, raggirare (strevfein cfr. Strepsiade
delle Nuvole), amare, ingannare, sospettare,
considerare ogni cosa.
Ho
portato sulla scena cose familiari, quelle che usiamo. Tutti le conoscono e
tutti possono criticarmi. Io non impedivo di ragionare inventando Cicni e
Mèmnoni su cavalli bardati di sonagli. Lo spettatore sulla scena e l’antimitologia
E' la critica della scissione tra letteratura
e vita che si ritrova in Marziale:
"Non hic Centauros, non Gorgonas
Harpyasque/invenies: hominem pagina nostra sapit " (X, 4, 9-10), non
qui troverai Centauri, Gorgoni e Arpie: la nostra pagina sa di uomo.
I
discepoli di Eschilo sono stolti, bellicosi e superbi, gente che piega i pini
con il sarcasmo, trombettieri con lancia e mustacchiI; i miei sono Clitofonte (un
sofista amico di Trasimaco. Dà il nome a un breve dialogo platonico sulla
Giustizia) e Qhramevnhς oJ komyovς, l’elegante
Dioniso
definisce Teramene un uomo sofovς e deinovς, capace di saltare fuori da tutti
i guai (968-970). Si tratta del Coturno.
Euripide
rivendica il fatto di avere introdotto nell’arte logismovn kai; skevyin, il
ragionamento e l’esame. Ora tutti indagano.
A
proposito della sintonia di Euripide con Socrate sbandierata da Nietzsche, Platone
fa dire al suo maestro: oJ de; ajnexevtastoς[3] bivoς ouj biwto; ς ajnqrwvpw/ (Apologia 38a), la vita senza indagine
non è vivibile per l’uomo. I due secondo Nietzsche avrebbero ucciso la tragedia.
Dioniso conferma: una volta uno rientrava in casa e non si accorgeva
delle fregature: gli Ateniesi erano mammavkuqoi,
nascosti[4] nel
seno della mamma per tutta la vita; ora invece, diventato malizioso, l’uomo
quando torna a casa grida ai servi: pou' jstin
hJ cuvtra; dov’è la marmitta? Chi ha rosicchiato la testa della sardella?
E il piatto dell’anno scorso? E l’aglio di ieri? (to; skovrodon to; cqizinovn) e le olive chi le ha mangiate?
Il Coro aspetta la risposta di Eschilo citando un verso dei suoi Mirmidoni: “Tu vedi questo, inclito
Achille!”
Lo esorta a tenere a bada lo qumovς che non lo porti ejkto; ς tw'n ejlaw'n,
fuori dagli olivi che fiancheggiavano il percorso delle gare.
Il corifeo poi chiama Eschilo in gara, come colui che per primo ha
elevato torri di parole venerande prw'toς purgwvsaς
rJhvmata semnav (1004) e ha adornato il linguaggio tragico kai; kosmhvsaς tragiko; n lh'ron. Dunque avanti qarrw'n, con coraggio.
Eschilo dice: le viscere mi si rivoltano ta; splavgn j ajganaktei' a dover rispondere a Euripide (1006)
Comunque gli chiede per quale motivo (tivnoς ou[neka) si deve ammirare un poeta (crh; qaumavzein a[ndra poihthvn).
Euripide risponde o{ti beltivouς te poiou'men tou; ς ajnqrwvpouς
ejn tai'ς povlesin (1009).
Eschilo: tu invece li hai resi da buoni e nobili, scelleratissimi mocqhrotavtouς (1011) e meriti…la morte conclude Dioniso.
Eschilo: io te li avevo lasciati valorosi e forti, alti 4 cubiti (un
metro e ottanta), non scansafatiche e chiacchieroni, linguacciuti, mascalzoni, ma
guerrieri.
Dioniso gli chiede come abbia fatto.
“dra'ma
poihvsaς [Arewς mestovn” (1021). E’ il giudizio di Gorgia
(fr. 27 D. -K) sui Sette a Tebe, un
dramma pieno di Ares.
Chiunque l’avesse visto desiderava diventare un combattente hjravsqh davioς ei\nai.
Dioniso prende questo in malam
partem: così hai fatto del male: hai reso i Tebani più valorosi in guerra. E
vuole picchiarlo. Tebe chiese la distruzione di Atene dopo Egospotami.
Eschilo: alla guerra ho educato prima voi con i Persiani (del 472). Vi ho insegnato a voler vincere i nemici. Tutti
i poeti hanno insegnato cose utili: Orfeo teletavς,
i riti sacri, e ad astenerci dal sangue fovnwn
ajpevcesqai.
Per Orfeo maestro dei vegetariani cfr. l’Ippolito di Euripide dove Teseo dice al figlio: prendendo Orfeo
come signore, vantati con i tuoi cibi per la dieta vegetariana (di’ ajyuvcou bora'ς, 952).
CONTINUA
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