NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 18 novembre 2017

La Commedia antica. Aristofane: “Le Rane”. XII parte

Ulisse travestito da mendicante di fronte a Penelope
rilievo in terracotta proveniente da Milo

Tornamo alla poesia civilizzatrice di Eschilo

Museo ha insegnato le cure delle malattie (ejxakevseiς novswn) e gli oracoli (crhsmouvς), Esiodo gh'ς ejrgasivaς, i lavori della terra, le stagioni dei frutti karpw'n w{raς (1034) e le arature, Omero gli schieramenti, il valore guerresco e gli armamenti degli eroi (tavxeiς ajretavς oJplivseiς ajndrw'n).
Insomma la poesia come educatrice e civilizzatrice.

Orazio nell’Ars poetica scrive:
“silvestris homines sacer interpresque deorum
Caedibus et victu foedo deterruit Orpheus
Dictus ob hoc lenire tigris rabidosque leones
Dictus et Amphion, Thebanae conditor urbis,
Saxa movere sono testudinis et prece blanda
ducere quo vellet. Fuit haec sapientia quondam,
publica privatis secernere, sacra profanis,
concubitu prohibere vago, dare iura maritis,
Oppida moliri, leges incidere ligno.
Sic honor et nomen divinis vatibus atque
Carminibus venit. post hos insignis Homerus
Tyrtaeusque mares animos in Martia bella
Versibus exacuit: dictae per carmina sortes,
et vitae mostrata via est, et gratia regum
Pieriis temptata modis, ludusque repertus
Et longorum operum finis, ne forte pudori
Sit tibi Musa lyrae sollers et cantor Apollo (391-407)
Gli uomini delle selve distolse dalle stragi e dal cibo orrendo il santo e interprete degli dèi Orfeo, detto per questo che ammansiva le tigri e i rabbiosi leoni.
Si disse anche di Anfione, fondatore della città di Tebe, che muoveva le pietre con il suono della cetra e con dolce preghiera le conduceva dove volesse. Fu questa un tempo la sapienza: separare il pubblico dal privato, il sacro dal profano, distogliere dagli accoppiamenti sregolati, imporre i doveri ai coniugi, e fondare città, incidere le leggi nel legno. Così l’onore e la fama giunse ai divini poeti e alla poesia. Dopo questi si distingue Omero e Tirteo con i versi stimolò il coraggio virile alle guerre di Marte: gli oracoli vennero dati in versi, e fu mostrata la via della vita, e il favore dei re fu cercato con le melodie delle Pieridi e si inventò la festa culturale e la pausa delle lunghe fatiche. Allora non accada che ti sia di vergogna la Musa abile nella lira e Apollo cantore.
Foscolo I Sepolcri 9-. 96
“Dal dì che nozze e tribunali ed are
Diero alle umane belve esser pietose
Di sé stesse e d’altrui, toglieno i vivi
All’etere maligno ed alle fere
I miserandi avanzi che Natura
Con veci alterne a sensi altri destina”
228-229
Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
Del mortale pensiero animatrici

In Le Grazie sono le Chariti a incivilire i
figli della terra duellanti a predarsi.
E i vincitori d’umane carni s’imbandian convito.
Videro il cocchio e misero un ruggito,
palleggiando la clava”.

Eschilo menziona Lavmacoς h{rwς tra i guerrieri educati da lui. Forse è una palinodia rispetto al sbeffeggiamento di Lamaco negli Acarnesi e nella Pace. Lamaco era morto in Sicilia nel 413.
Eschilo poi si vanta di non avere creato Fedre e Stenebèe povrnaς, né mai un’ ejrw'san gunai'ka (1043)

Manzoni nel Fermo e Lucia (1823) scrive “di amore ce n’è seicento volte di più di quanto sia necessario alla conservazione della nostra riverita specie. Io stimo dunque opera impudente l’andarlo fomentando con gli scritti. Non si deve scrivere di amore in modo da far consentire l’animo di chi legge a questa passione”.

Euripide ribatte: “certo, in te non c’era nulla di Afrodite”.
Eschilo: mhde; g j ejpeivh (1045), non sia mai. Su te e sui tuoi invece si è buttata di peso, tanto da distruggerti[1].

Alla dea Afrodite che, fin dal primo verso[2] dell'Ippolito di Euripide, si presenta come divinità possente e non senza fama, la nutrice di Fedra attribuisce una forza d'urto ineluttabile: " Kuvpri" ga; r ouj forhto; n h]n pollh; rJuh'/-revw" (v. 443), Cipride infatti non è sostenibile quando si avventa con tutta la forza.

Dioniso gli fa: tu stesso sei stato colpito (aujto; ς ejplhvghς) da quello che hai creato per delle altre.
Eur: che male fanno le mie Stenebee?
Esch: hai spinto donne oneste mogli di onesti ad avventure con i tuoi Bellerofonti che le ha portate a kwvneia pivnein (1051), bere cicute
La storia di Fedra è reale dice Euripide
Ed Esch: sì ma il poeta il male deve nasconderlo ajll jajpokruvptein crh; to; ponhro; n to; n ge poihthvn 1053, non metterlo in scena.
Ai bambini insegna il maestro, agli adulti il poeta.
E noi dobbiamo assolutamente dire cose oneste (crhsta; levgein).
Euripide: e tu che vieni con i Licabetti[3] (m. 277) e le altezze del Parnaso[4], mentre bisognerebbe parlare da uomini fravzein ajnqrwpeivwς (1057) non con parole pesanti come montagne!
Eschilo: concetti e pensieri grandi devono partorire parole grandi 1059
Tu invece hai vestito di cenci (rJavkia) i re perché diventassero oggetto di compassione (ejleinoiv).

Invero il travestimento cencioso si trova già in Omero (Odissea IV, 244 ss.) dove Odisseo si trasforma in pezzente e si ferisce anche, per introdursi a Troia, secondo il racconto fatto da Elena.
Euripide scrisse il Telefo con il re di Misia che si traveste da mendicante.


CONTINUA



[1] I malevoli dicono che Euripide ebbe disavventure con un paio di mogli.
[2] Pollh; me; n ejn brotoi'" koujk ajnwvnumo" (Ippolito, 1)
[3]m. 277 a N. E di Atene
[4] Sui 2500 m

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