III Ma certo una
donna! (107)
La signora Stöhr parlava della visita subita la mattina con le pose affettate della persona
ignorante sollevando il labbro superiore sopra i denti da lepre
Cfr. Castiglione e
Leopardi L’affettazione come asperissimo scoglio
Il pranzo era da Satyricon con sei portate ognuna
delle quali servita due volte: carni, pesce, zuppe, verdure, formaggi, dolci.
Appetito da leoni, fame da lupi, dismisura dei malati.
Gli allegri pazienti davano prova di voracità e si tiravano
addosso palline di mollica, ma erano voraci anche quelli cupi e silenziosi.
Nel momento del pesce la
porta a vetri tornò a sbattere.
L’epifania: attraversava la sala una ragazza di statura media
con sweater bianco (ampio pullover sportivo di lana pesante), gonna colorata e
capelli biondo rossicci raccolti in trecce avvolti intorno alla testa. Si muoveva con passo curiosamente morbido e
sinuoso e il capo un poco proteso in avanti. Si diresse al tavolo dei Russi
buoni tenendo una mano nella tasca della giacca di lana e portando l’altra alla
nuca per sostenere e ravvivare i capelli, Hans osservò la mano: “aveva un che
di primitivo e infantile come la mano di una scolaretta, le unghie tagliate
alla bell’e meglio e ai lati la pelle irruvidita come se avesse avuto il
vizietto di rosicchiarle (p, 111)
Nei quaderni d’appunti dell’autore la russa è caratterizzata
da “viso tartaro”.
Quando la ragazza si fu seduta e girò la testa, Hans vide che aveva gli zigomi larghi e gli
occhi stretti, Gli ricordava qualcuno. Amare è ricordare.
La smilza e anziana zitella commensale di Hans disse che era
Madame Chauchat “è così sciatta, Una donna incantevole”
Cfr. la neglegentia-ajmevleia (Peri; u{you").
Il contrario dell’affettazione
Hans disse che non doveva sbattere le porte
III Il signor Albin (114)
III Satana avanza
proposte disonorevoli (118)
Poi la cena e dopo cena una sorta di vita sociale: i
pazienti divisi in piccoli gruppi chiacchieravano. La Chauchat indossava un
abito azzurro col colletto bianco, di pizzo.
A Hans ricordava
qualcosa.
L’amore funziona come
l’apprendere: amiamo e apprendiamo solo ciò che abbiamo dentro.
Menone composto nel 387 come manifesto programmatico della
scuola.
Imparare è in generale reminiscenza manqavnein
ajnavmnhsi" o[lou ejstivn
Socrate dice a Menone
che ci sono uomini e donne addottrinati nelle cose divine. L’ha sentito da
sacerdoti e sacerdotesse e l’ha letto in Pindaro
Il lirico tebano scrive che nelle isole dei beati spirano brezze
dall’Oceano e a[nqema crusou'
flevgei 132, ardono
fiori d’oro.
Profeti e poeti affermano che l’anima dell’uomo è immortale
fasi; ga;r th;n yuch;n tou' ajnqrwvpou ei\nai
ajqavnaton (81b). Per questo bisogna vivere una vita il più possibile
pia.
Poi Platone cita Pindaro (fr, 133 Maehler): “ manda di nuovo
nella luce del sole quelli che hanno pagato il debito dei loro antichi
peccati.”
L’anima dunque ha visto il mondo di qua e quello di là e ha
appreso tutto. Ogni vita allora può far riemergere quanto ha appreso nelle
precedenti. E siccome tutta la natura è imparentata con se stessa (a[te ga;r th'" fuvsew" ajpavsh"
suggenou'" ou[sh" , Menone,
82d), ricordare una sola cosa fa emergere tutto il resto se l’anima è
coraggiosa e non si stanca di cercare, infatti cercare e imparare è in generale
reminiscenza: “to; ga;;r zhtei'n a[ra kai;
manqavnein ajnavmnhsi" o[lou ejstivn (81d)
Allora non dobbiamo affidarci a questo ragionamento eristico
(ou[koun dei' peivpesqai toutw//
ejristikw/' lovgw
Hans sognò. Sognò la Chauchat lo guardava con
i suoi stretti occhi tra l’azzurro e il grigio e il verde, sopra i larghi
zigomi. Sognò anche altri personaggi tra cui Settembrini che sorrideva in
modo offensivo. Sognò 2 volte la
Chauchat che faceva sbattere la porta, poi entrava con una
mano in tasca e l’altra sulla nuca. Gli porgeva la mano da baciare, non il
dorso ma il palmo (l’interno). Una mano non raffinata, larga e dalle dita
corte, con la pelle irruvidita ai lati delle unghie. Allora lo attraversò un sentimento di selvaggia dolcezza come
quando si era sentito libero dal peso dell’onore e aveva goduto dei vantaggi
dell’onta (p. 133). L’inamidatura borghese comincia a screpolarsi.
Quarto capitolo
Acquisto necessario
(p. 135)
Confusione delle stagioni disorienta Hans. Settembrini non
pone la salute tra gli ajdivafora
come fa Aristone discepolo di Zenone stoico: un’anima senza corpo è altrettanto
disumana e atroce che un corpo senza l’anima. Un uomo che vive malato è
soltanto corpo, questo è il fatto disumano e umiliante…nella maggior parte dei
casi non vale più di un cadavere (p. 145). Placet
experiri.
IV Excursus sul senso
del tempo (148)
Cambiare ambiente per
qualche tempo significa creare un intervallo per evitare di infiacchirsi,
viziarsi e ottundersi nella monotonia della vita ordinaria e praticare una
ginnastica rinnovatrice e sovvertitrice
Cambiar cielo in
Orazio, Ovidio e Seneca
Il topos dell'inutilità della mutatio locorum che si trova in
Orazio :"Caelum, non
animum, mutant qui trans mare currunt/strenua nos exercet inertia " (Epistole, 1, 11, 27-28) , cambiano il
cielo, non lo stato d'animo quelli che corrono al di là del mare, un'irrequieta
indolenza ci tiene in ansia
Seneca scrive" Animum
debes mutare, non caelum. Licet vastum traieceris mare, licet, ut ait Vergilius
noster, "terraeque urbesque recedant" [1], sequentur te quocumque perveneris vitia
" (Ep. a Lucilio , 28, 1),
l'animo devi cambiare, non il cielo. Anche se avrai attraversato il mare
immenso, anche se, come dice il nostro Virgilio, "terre e città si
allontanano", dovunque sarai giunto ti seguiranno i vizi.
E ancora:" Nullum tibi opem feret iste discursus;
peregrinaris enim cum adfectibus tuis et mala te tua sequuntur…Quid ergo? animum tot locis fractum et
extortum credis locorum mutatione posse sanari? Maius est istud malum quam ut
gestatione curetur ...Nullum est,
mihi crede, iter quod te extra cupiditates, extra iras, extra metus sistat
" (Ep. a Lucilio , 104, 17-19),
questo correre qua e là non ti porterà nessun vantaggio; infatti vai in giro con
le tue passioni e i tuoi vizi ti seguono… che dunque? credi che l'animo in
tanti luoghi ferito e slogato possa sanarsi col cambiar luogo? Il male è troppo
grande per essere guarito con una passeggiata...Non c'è viaggio, credimi, che
ti metta al riparo dalle passioni, dall'ira, dal timore.
Tuttavia nell’Ep. 24 Seneca sostiene che il fastidium vitae, la noia, deriva dalla satietas eadem faciendi videndique (16).
Nihil novi facio, nihil novi video: fit
aliquando et huius rei nausia.
Tra i contemporanei il già citato Galimberti dubita
che il viaggiare da turisti possa davvero scuoterci l'anima:"La gente
viaggia (diceva Orazio:"Non è cambiando il cielo che si cambia
animo") probabilmente per un bisogno di evasione, per dare una scossa alla
propria condizione psicologica. Evasione vuol dire "uscir fuori", ma
non mi pare che nei viaggi si esca davvero fuori". Infatti è tutto
prenotato, codificato, previsto. "Del viaggio perdiamo dunque l'ultimo
scrigno segreto che potrebbe offrirci: lo spaesamento"[2].
Ovidio al contrario
pensa che cento distrazioni (centum
solacia ) avranno la forza di allontanare l'affanno. Ma non devi avere
fretta di tornare, ammonisce, altrimenti "inferet arma tibi saeva rebellis Amor/quidquid et afueris, avidus
sitiensque redibis,/et spatium damno cesserit omne tuo " (Remedia amoris, vv. 246-248), Amore
pronto a ricominciare la guerra ti porterà contro le armi crudeli, e nonostante
tutto il tempo nel quale sarai stato lontano, tornerai bramoso e assetato e lo
spazio attraversato andrà perduto con tuo danno.
T . Mann: Un contenuto di vita ricco e interessante abbrevia
e rallegra l’ora, eppure conferisce ampiezza e solidità al corso del tempo
tanto che gli anni ricchi di avvenimenti scorrono più lentamente degli altri
vuoti e leggeri che svaniscono come sospinti dal vento.
La noia è il patologico accorciarsi del tempo conseguente
alla monotonia
Grandi unità temporali caratterizzate dall’uniformità si
contraggono in modo terrorizzante : se un giorno è uguale a tutti, tutti sono
come uno solo. p. 151. Nella perfetta omogeneità anche la più lunga delle vite
diventerebbe brevissima.
Cfr. Cesare Pavese : “L’ozio rende lente le ore e veloci gli
anni. L’operosità rapide le ore e lenti gli anni”[3].
CONTINUA
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