Es poi fa una parodia di canti di
Euripide. Ne ridicolizza i vocalizzi con un dittongo ei ripetuto
6 volte eiJeieieiei-eilissete daktuvloiς favlaggeς vovo vo
vo volgete con le dita le falangi (trame al telaio?). Segue un centone privo di
senso.
Poi apostrofa il rivale dicendo che
compone i canti imitando le dodici posizioni di Cirene, una famosa cortigiana[1].
Quindi Eschilo fa la parodia di un
canto “a solo ” una monodia. Euripide ne faceva uso molto più di Eschilo e
Sofocle. Lo stile vuole essere solenne mentre la situazione è futile: una
ragazza sogna orrori e si sveglia terrorizzata: allora si accorge che una
vicina gli ha rubato un gallo e pure un gomitolo filato per venderlo al mercato.
La ladra poi è volata via sull’agile vigore delle ali. Quindi la ragazza invoca
truppe cretesi e Artemide ed Ecate con le cagne per una perquisizione.
E’ una ragazza povera cui non si
addice tale preghiera (cfr. l’elogio della ramazza da parte di Ione nello Ione di Euripide (vv. 112 ss. “o
splendido virgulto di alloro, mia ramazza con cui spazzo il suolo del dio”)
Dioniso non ne può più. Allora Es
dice che vuole portare Eur alla bilancia ejpi; to; n staqmo; n ga; r aujto; n ajgagei'n
bouvlomai
(1365) per misurare to; bavroς tw'n rJhmavtwn[2]. Eschilo
sa bene che le sue parole sono più pesanti.
Dioniso fa una battuta: dei' me ajndrw'n
poihtw'n turopwlh'sai tevcnhn (1369) devo vendere come il formaggio
l’arte dei poeti.
Al coro questa trovata pare un
prodigio (tevraς)
I due rivali si avvicinano ai
piatti della bilancia e ognuno recita un verso.
Euripide il primo della sua Medea con il verbo diaptavsqai (diapevtomai, passo a
volo)
Eschilo dal suo Filottete cita “fiume Spercheio e
pascolo di buoi” che pesa di più. Dioniso spiega a Eur perché. Tu hai messo un
verso alato (tou[poς ejpterwmevnon[3]), mentre
Es ha inzuppato con l’acqua del fiume la lana del suo verso.
Eur ne recita un altro dalla sua Antigone: “oujk e[sti Peiqou'ς iJero; n a[llo plh; n
lovgoς”
(1391)
Ed Es: “Solo Morte tra gli dèi non
ama i doni”
Dioniso fa vincere Eschilo poiché Qavnatoς (oJ) è baruvtatoς kakw'n (1394)
Mentre Peiqwv (hJ) è cosa
leggera (kou'fon) e non
ha senso.
Eur deve trovare un peso grosso.
Eur “prese con la destra un legno
appesantito dal ferro (sidhrobriqe; ς xuvlon).
Ed Es: carro su carro e morto sopra
morto
Dioniso dà ancora la vittoria a
Eschilo: oud
j eJkato; n Aijguvptioi neppure cento Egizi potrebbero alzare due
carri e due morti.
Erodoto nel secondo libro (124) racconta
l’immenso lavoro compiuto da centinaia di migliaia di Egiziani per costruire la
piramide di Cheope.
Eschilo propone che sulla bilancia
salgano Euripide, i figli, la moglie e Cefisofonte, l’amante della moglie
Dioniso è incerto: uno è bravo, l’altro
mi piace,
Dice ai due che è sceso in cerca di
un poeta perché la città salva celebri le sue feste J i{n hJ povliς swqei'sa tou; ς corou; ς a[gh/
Dice che Atene ama e odia Alcibiade
e comunque lo vuole[4] e chiede l’opinione dei
due poeti sul politico.
Alcibiade era stato attaccato da
Eupoli nei Battezzatori e negli Adulatori (421) dove faceva la parte del
damerino in casa del ricco Callia.
Euripide dice: odio il cittadino
che si mostra lento nel giovare alla patria bradu; ς wjfelei'n pavtran, rapido nel danneggiarla molto megavla de; blavptein
tacuvς
(1428), ricco di risorse per se stesso, privo di mezzi per la patria.
Eschilo dice “non bisogna allevare
in città un cucciolo di leone ouj crh; levontoς skuvmnon ejn povlei trevfein.[5]”
Euripide corregge che non bisogna
proprio allevare un leone (forse il padre di Alcibiade, Clinia)
Eschilo aggiunge parole che saranno
ripetuto da Valerio Massimo: ma se sia stato allevato bisogna piegarsi alle sue
abitudini toi'ς trovpoiς uJphretei'n.
Dioniso rimane incerto duskrivtwς e[cw (1433): uno
ha parlato sofw'ς, l’altro
safw'ς. Chiede
ai due come si possa salvare la città.
Eur dice che se verranno muniti di
ali Cleocrito con Cinesia[6] li
venti li solleveranno sul mare.
E’ un nonsense che Dioniso non
capisce. Euripide ne infila altri e Dioniso gli chiede di parlare ajmaqevsteron più da ignorante
kai; safevsteron e più
chiaramente
Euripide continua con i sofismi (diffidare
di chi ci fidiamo e viceversa)
Allora Dioniso dice eu\ g j w\ Palavmhdeς, w] sofwtavth fuvsiς (1451),
bravo Palamede, che natura ingegnosa! Ma l’hai trovata tu questa o Cefisofonte?
Eur risponde con un altro nonsense:
io solo, le acetiere Cefisofonte.
Es e Dioniso concordano che la
città odia gli uomini per bene
Es fa la sua proposta: gli Ateniesi
devono considerare come propria la terra nemica e nemica la propria, povron de; ta; ς nau'ς e come
risorsa le navi (1465) e difficoltà le risorse (forse per le tasse, ma lo stile
è oracolare).
Ricorda il responso dell’oracolo
che prima di Salamina consigliò agli Ateniesi di rifugiarsi nelle mura di legno
(cfr. Erodoto, VII, 141). E anche quanto dice Pericle in Tucidide I, 143.
CONTINUA
[1] Nelle Tesmoforiazuse (del 410) il parente di
Euripide quando vede comparire Agatone vestito da femmina dice: io non vedo
nessun uomo, vedo solo Cirene (Kurhvnhn d’ oJrw', 98).
[2] Nell’Iliade XXIII, 209 Zeus pesa i destini di
Achille e di Ettore.
[3] pterovw
[4] Echeggia un verso di Ione di Chio
(I difensori, fr. 44)
[5] Nell’Agamennone di Eschilo è Elena assimilata
a un cucciolo di leone (vv. 717ss,). Valerio Massimo scrive che Aristofane
rappresentò in una sua commedia Pericle che vaticinava non oportere in urbe nutriri leonen, sin autem sit altus, obsequi ei
convenire (VII, 2, stran. 7)
[6] Cinesia era un ditirambografo
magrissimo, Cleocrito era pesante (cfr. Uccelli
878 dove è invocata la potente Struzza-Cibele madre di Cleocrito
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