NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

LE NUOVE DATE! Protagonisti della Storia Antica | Biblioteche Bologna   -  Tutte le date link per partecipare da casa:    meet.google.com/yj...

lunedì 26 novembre 2018

Edipo re di Sofocle. parte II

Guy Fawkes Night



“Noi diremmo ‘spaventapasseri’ o ‘Guy Fawkeses’. La parola significa letteralmente ‘medicine umane’, ovvero ‘capri espiatori’[1].
 Murray allude ai fantocci di Guy Fawkes che vengono bruciati in Inghilerra la notte del 5 novembre. Ricordano il terrorista cattolico che nel 1605 organizzò la cosiddetta Congiura delle polveri per far saltare in aria il Parlamento con il re Giacomo I. Scoperto, venne giustiziato.

Guy Fawkes Londra, 31 gennaio 1606) è stato un militare e cospiratore inglese. Noto anche sotto gli pseudonimi di Guido Fawkes (talvolta scritto anche Faux) e John Johnson, era membro di un gruppo di cospiratori cattolici inglesi che tentarono di assassinare con un'esplosione il re Giacomo I d'Inghilterra e tutti i membri del parlamento inglese riuniti nella Camera dei lord per l'apertura delle sessioni parlamentari dell'anno 1605, passato alla storia come la congiura delle polveri. Il 5 novembre 1605 il complotto fu scoperto e i trentasei barili di polvere da sparo furono disinnescati. Da allora ogni 5 novembre i bambini del Regno Unito vanno in giro per il paese con dei fantocci, recitando una filastrocca che ringrazia Dio per aver salvato il re dall'attentato e a chiedere soldi ai genitori per comprare i fuochi per il falò, in cui vengono bruciati i fantocci nella simbolica ripetizione dell'esecuzione dei congiuranti. La celebrazione è nota con il nome di Guy Fawkes Night, ovvero la notte di Guy Fawkes.

Ora sentiamo J.P. Vernant: “L’altra faccia di Edipo, complementare e opposta (il suo aspetto di capro espiatorio), non è stata così nettamente evidenziata dai commentatori. Si è bensì visto che Edipo, al termine della tragedia, è cacciato da Tebe come si espelle l’homo piacularis, al fine di “allontanare la macchia”, to; a[go~ ejlauvnein[2]… Tebe soffre di un loimov~ che si manifesta con lo schema tradizionale con un isterilimento delle fonti della fecondità: la terra, gli armenti, le donne non procreano più, mentre una pestilenza decima i viventi… E’, come si sa, ciò che si produsse ad Atene, nel VII secolo, per espiare l’empia uccisione di Cilone, quando si cacciarono gli Alcmeonidi, dichiarati impuri e sacrileghi, ejnagei`~ kai; ajlithvrioi[3]. Ma esiste pure, ad Atene come in altre città, un rito annuale che mira ad espellere periodicamente la macchia accumulata durante l’anno trascorso. “E’ usanza ad Atene-riferisce Elladio di Bisanzio- portare in processione due farmakoiv in vista della purificazione, uno per gli uomini, l’altro per le donne…”[4]. Secondo la leggenda, il rito troverebbe origine nell’empia uccisione commessa dagli Ateniesi di Androgeo il Cretese: per cacciare il loimov~ fatto scoppiare dal delitto, si istituì l’usanza di una purificazione costante con i farmakoiv. La cerimonia aveva luogo il primo giorno della festa delle Targhelie, il 6 del mese Qarghliwvn[5]. I due farmakoiv, ornati di collane e fichi secchi (neri o bianchi secondo il sesso che rappresentavano) venivano portati in giro attraverso tutta la città; li si colpiva sul sesso con bulbi di scilla, con fichi e altre piante selvatiche[6], poi si espellevano; può anche darsi che, almeno alle origini, fossero messi a morte per lapidazione, i cadaveri bruciati, le ceneri disperse[7]. Com’erano scelti i farmakoiv?
Tutto lascia pensare che li si reclutasse tra la feccia della popolazione, tra i kakou`rgoi, gentaglia che i loro misfatti, la loro bruttezza fisica, la loro bassa condizione, le loro occupazioni vili e ripugnanti designavano come esseri inferiori, degradati, fau`loi, il rifiuto della società.

In conclusione, il v. 3 della tragedia prefigura la sorte di Edipo che verrà allontanato da Tebe in quanto mivasma, homo piacularis che contamina la città.

Oltre che da Plutarco, traggo l'idea dallo studio di J.P. Vernant, Ambiguità e rovesciamento. Sulla struttura enigmatica dell'Edipo re, compreso nel volume Mito e tragedia nell'antica Grecia (pagg.105-106).

 L'autore afferma pure (pag.112) che"la simmetria del farmakov" e del re leggendario, con il primo che assume dal basso un ruolo analogo a quello che il secondo interpreta dall'alto, chiarisce forse un'istituzione come l'ostracismo".
Tale interpretazione viene confutata da V. Di Benedetto in Sofocle (pag.131). Egli sostiene che Edipo non viene espulso quale "homo piacularis", bensì "costretto a ritornare nella sua casa, e per volontà di Creonte, il quale alla fine della tragedia viene presentato come l'effettivo detentore del potere a Tebe". Ribattiamo che Creonte preannuncia al re degradato il bando prescritto dagli dei e oramai coincidente con la volontà del cieco, tanto che il cognato-zio gli risponde:"toigarou'n teuvxh/ tavca, quindi presto lo otterrai"(v.1519).
Non a torto U. Albini, in Interpretazioni teatrali da Eschilo ad Aristofane del 1972 (p.17) afferma che nell'Edipo re "tutto è preparato sin dall'inizio,e una volta preso l'avvio, l'azione si svolge senza interruzione, precipita alla sua conclusione desolante". Del resto l'idea del capro espiatorio si trova anche tra i Romani i quali il 14 marzo cacciavano dalla città a colpi di bastone un uomo vestito di pelli rappresentante Mamurio Veturio, ossia il vecchio Marte; "ceremonia analoga-commenta G. De Sanctis nella Storia dei Romani (I vol., p. 263) -a quella con cui presso altri popoli si rappresenta la cacciata dell'inverno o del vecchio anno".

vv.4-5 povli"... stenagmavtwn:"la città è piena tanto del fumo dei sacrifici,/quanto di preghiere, quanto di gemiti". -gevmei: la città ridonda di vapori, non di autentico spirito religioso, e risuona di pianti.

Il primo coro dell’Oedipus di Seneca lamenta la peste:"stat gravis strages, premiturque iuncto/funere funus" (Oedipus, vv. 131-132), sta dritta la pesante strage, e il funerale è incalzato dal funerale consecutivo.
 Nel decadere della vita dunque sta in piedi solo la strage, il mucchio di morti.
La città di Tebe è diventata una tomba come la Scozia nel Macbeth :"poor country…it cannot be called our mother, but our grave; where nothing, but who knows nothing, is once seen to smile; where sighs, and groans, and shrieks that rend the air, are made, not marked " (IV, 3), povera terra!…non può essere chiamata nostra madre ma nostra tomba; dove niente, se non chi non conosce niente, si vede sorridere, dove sospiri e gemiti e grida che lacerano l'aria, sono emessi, ma nessuno ci fa caso. E' ancora il nobile Ross che parla.

-qumiamavtwn: genitivo di abbondanza, retto da gevmei. Anche nella Repubblica di Platone(373a) qumiavmata, nel senso di profumi, impregnano la città affetta da infiammazione (flegmaivnousan povlin, 372e).
paiavnwn: il peana di solito è un canto di vittoria o di buon augurio (cfr. p. e. Agamennone, 246-247) ma qui e in pochi altri esempi (Alcesti ,vv. 423- 424:"ajnthchvsate/pai'ana tw'/ kavtwqen ajspovndw/ qew'/", intonate il peana all'inesorabile dio di laggiù) significa preghiera funebre.
Tebe è viva solo perché si lamenta e piange come Nagg in Finale di partita di Beckett: "Piange. Dunque è vivo".
 A Tebe, abbandonata dagli dei, la vita che produce e riproduce si è paralizzata: le femmine non generano figli e la terra non dà frutti.
 Plutarco cita questi due versi in Peri; deisidaimoniva", 9, come rappresentativi dell'anima del superstizioso.
vv.6-8. aJgw;... kalouvmeno"/ :"ed io ritengo giusto ascoltare queste disgrazie, o figli, non da messaggeri,/ da altri, e sono venuto qua in persona,/io noto a tutti, chiamato Edipo". -aJgw;: crasi di aJv ejgwv. -mh;: è la negazione soggettiva che esprime la volontà di chi parla, mentre ouj è quella oggettiva.-a[llwn: dipende, come ajggevlwn, da ajkouvw. Nella mia traduzione non è considerato aggettivo riferito ad ajggevlwn, bensì pronome, per mettere in risalto l'individualità e la sollecitudine di Edipo il quale si presenta al suo popolo in persona (aujtov", ipse), onde ascoltarlo direttamente,senza intermediari. Egli appare subito amantissimo della sua gente, eppure fin da questi primi versi, manifesta un'inclinazione colpevole al narcisismo, al protagonismo, al culto della propria persona: oJ pa'si kleinov". Eccessiva considerazione di sé è dismisura e uJvbri". Sofocle, poeta "religiosissimo"(Perrotta, I tragici greci, p.131) non può suggerire che gli dei mandino in rovina un innocente.
vv.9-10. ajll&... kaqevstate: "su vecchio, racconta, poiché sei adatto/a parlare per questi:in quale modo siete disposti...
-prevpwn e[fu": si addice(prevpei=lat. decet) al vecchio sacerdote, con riferimento alla sua fuvsi" (e[fu", aoristo III, intransitivo di fuvw) di anziano e ministro del culto, parlare pro; tw'nde, espressione che condensa diversi significati: a vantaggio di questi, a nome di questi, davanti a questi.-
Edipo conosce la situazione (cfr.v.58), ma vuole farsela rammentare ad alta voce, davanti a tutti, anche perché ricordino quanto è bravo e ripongano in lui ogni speranza di salvezza (cfr.vv.33-39). -tivni trovpw/: cfr., con leggera variazione,Antigone , v. 401, dove il tiranno Creonte domanda con ansia alla guardia che gli porta la ragazza prigioniera:"In quale modo(tw'/ trovpw/) conduci questa, e da dove l'hai presa?".
kaqevstate: perfetto misto, intransitivo, con significato di presente da kaqivsthmi=dispongo.
Nel verso 10 c'è un dattilo in terza sede.
vv.11-13. deivsante"... e[dran: "avendo concepito timore oppure amore? Poiché vorrei bastare/io ad aiutarvi in tutto: infatti sarei disumano/se non avessi compassione di tale seduta. -deivsante" h[ stevrxante"; participi aoristi da deivdw = temo, e stevrgw = amo: c'è un riferimento all'ambivalenza affettiva del popolo verso il suo re, come del figlio verso il padre. -qevlonto" a[n è apodosi participiale senza la protasi della possibilità, la condizionale. Infatti a Edipo manca la condizione per aiutare i tebani: la purezza (cfr. v.864); anzi è lui stesso il mivasma che contamina la terra, e soltanto andando via, negandosi come re, potrà risollevarla. -mh; e ouj in sinalefe contano per una sola sillaba. La negazione è doppia poichè nell'apodosi ne compare già una (il du"-- di dusavlgeto").
vv14-30. Il vecchio sacerdote presenta se stesso e gli altri supplici: tutti significativi della debolezza del popolo che intanto siede incoronato nelle piazze aspettando l'aiuto degli dei e del re.
Quindi l'anziano iJereuv" descrive la peste come gorgo sanguigno che risucchia le forze vitali e impedisce la riproduzione; intanto Ares imperversa uccidendo con il ferro e con il fuoco, e la città flagellata da tanti mali si svuota delle persone che muoiono e vanno ad arricchire di gemiti e lamenti il regno del nero Ades.


CONTINUA



[1] G. Murraty, Le origine dell’Epica Greca, p. 24.
[2] Su Edipo a[go~ , cfr. 1426; ed anche 1121, 656, 921; coi commenti di Kamerbeeck, op. cit., a questi passi.
[3] Erodoto, V, 70-71; Tucidide I, 126-127.
[4] Fozio, Biblioteca, p. 534 (Bekker); cfr. Esichio, s. v. farmakoiv. Fozio (IX sec. d. C.) è autore di un Lessico e di una Biblioteca, raccolta di recensioni e impressioni di opere in gran parte perdute.Esichio di Alessandria (V sec. d. C.9 è autore del più esteso lessico greco a noi pervenuto.
[5] Il 6 di Targhelione, giorno della nascita di Socrate, è, ci dice Diogene Laerzio (II 44), quello in cui gli Ateniesi “purificano la città”. Era verso la fine di aprile.
[6] Fozio, op. cit; Esichio, s. v. kradivh~ novmo~; Tzetze, Chiliadi V 729; Ipponatte, fr. 4 e 5, Bergk.
[7] Scolio a Aristofane, Rane, 730; Cavalieri, 1133; Suda s. v. farmakouv~ ; Arpocrazione, citando Istro, s. v. farmakov~; Tzetze ChiliadiV 736.

Nessun commento:

Posta un commento