Napoleone si ritira da Mosca in fiamme |
Sono già le sette e mezzo ma
continuo a lavorare, né morirò per questo: non mi stanco mai di giovare a me
stesso facendo del bene agli altri: “wjfevleia
de; pra'xi" kata; fuvsin” (Marco Aurelio, VII, 74), fare del bene è
un agire secondo natura.
Marco Aurelio Augusto scrive che
chi commette una colpa la commette contro se stesso, chi compie un'ingiustizia
la compie contro se stesso facendo del male a se stesso (Ricordi IX, 4). Chi lancia maledizioni le lancia contro se stesso,
chi augura la morte la augura a se stesso, aggiungo. Ne sono certo
Il mio mestiere di maestro è una
missione sacra cui il mio demone mi ha destinato. Se fossi un usignolo
intonerei il canto dell'usignolo, ma sono un educatore. I miei detrattori sono
i novelli Anito, Meleto e Caifas. I segni di contraddizione come Socrate Cristo
e, nel mio piccolo, io stesso, vengono sulla terra ut revelentur ex multis
cordibus cogitationes (Luca II, 35). Infatti quando poco tempo fa è morto più
che centenario il professor Alfredo Ghiselli, che non era mio padre ma del
quale ho frequentato alcune lezioni quando ero matricola nel 1963, tre malevoli
vecchi insegnanti hanno detto peccato che non sia crepato gianni ghiselli
brindando alla mia prossima morte. Così si sono rivelati.
p. s.
In compenso le docenti, i docenti,
le sindache che sono stati miei allievi nei licei o nella SSIS dell'alma mater
mi riempiono di benedizioni e mi invitano a tenere lezioni nei licei dove
insegnano o nelle biblioteche delle città di cui sono sindache. I miei figli
spirituali giustificano la mia vita senza figlioli carnali né mogli, né
conviventi
Se i detrattori che mi vogliono male e mi infamano conoscessero
tutti i miei difetti, non si limiterebbero a maledirmi come fanno ora. E’
troppo poco!
“Concentrati per non scivolare eij" ijdiwtismovn, nel comportamento comune (Epitteto, Manuale, 33)
Dal tempo delle XII tavole (
Un vero male non può colpire il
buono perché questo porta con sé il vero bene e le cose esterne non lo toccano.
Una fortuna perennemente prospera rammollirebbe l’uomo: Dio ama i figli non
come la madre che li vizia ma come il padre che li educa spartanamente. Dio
tempra colui che ama.
Omnia adversa exercitationes puta (De Providentia, 2, 2)
Marcet sine adversario virtus (2, 4)
Ecce par deo dignum: vir fortis cum mala fortuna compositus, utĭque si et provocavit (2, 8) soprattutto se l'ha anche provocata. Nel Cimbelino di Shakespeare c’è una contestazione radicale della giustizia divina da parte degli spiriti dei genitori e dei fratelli di Postumo (V, 4). Accusano Giove di iniquità. Un poco come Giobbe cui Dio risponde come turbine.
Giove dunque cavalca un’aquila tra tuoni e fulmini e dice: Whom best I love I cross; to make my gift, the more delay’d , delighted (V, 4, 99-101)
La mia grande potenza solleverà vostro figlio umiliato.
Questa è una vera e propria teodicea detta dal deus ex machina.
Omnia adversa exercitationes puta (De Providentia, 2, 2)
Marcet sine adversario virtus (2, 4)
Ecce par deo dignum: vir fortis cum mala fortuna compositus, utĭque si et provocavit (2, 8) soprattutto se l'ha anche provocata. Nel Cimbelino di Shakespeare c’è una contestazione radicale della giustizia divina da parte degli spiriti dei genitori e dei fratelli di Postumo (V, 4). Accusano Giove di iniquità. Un poco come Giobbe cui Dio risponde come turbine.
Giove dunque cavalca un’aquila tra tuoni e fulmini e dice: Whom best I love I cross; to make my gift, the more delay’d , delighted (V, 4, 99-101)
La mia grande potenza solleverà vostro figlio umiliato.
Questa è una vera e propria teodicea detta dal deus ex machina.
Seneca nel De providentia scrive che noi imponiamo ai figli una disciplina
severa, mentre lasciamo i piccoli schiavi nel disordine che può divertirci. E
prosegue: “idem tibi de deo liqueat;
bonum virum in deliciis non habet, experītur, indūrat, sibi illum parat”
(I. 6), lo stesso ti sia chiaro di Dio: non tiene nei paceri l’uomo di valore,
lo mette alla prova, lo tempra, lo prepara per sé.
Quindi Minucio Felice (II-III sec.): quam pulchrum spectaculum Deo, cum Christianus cum dolore congreditur (Octavius, 37, 1).
Male valeo: pars fati est, domus
crepuit, damna, vulnera, labores, metus incucurrerunt: solet fieri. Hoc
parum est: debuit fieri (Seneca, Ep.
96, 1).
Decernuntur ista, non accidunt, queste cose avvengono per un decreto, non è che capitino. “Non pareo deo sed adsentior (…) omnia autem ad quae gemimus, expavescimus , tributa vitae sunt” sono tasse- (Ep. 96, 2).
“amor fati è la mia intima natura” , das ist meine innerste Natur (Nietzsche, Ecce homo).
Decernuntur ista, non accidunt, queste cose avvengono per un decreto, non è che capitino. “Non pareo deo sed adsentior (…) omnia autem ad quae gemimus, expavescimus , tributa vitae sunt” sono tasse- (Ep. 96, 2).
“amor fati è la mia intima natura” , das ist meine innerste Natur (Nietzsche, Ecce homo).
La volontà può essere buona o cattiva ed è la scienza del
bene che le fa raggiungere la forma più elevata. La bona voluntas viene posta accanto alla virtus a partire dal De
beneficiis che appartiene all’ultima fase della produzione di Seneca.
Nell’Ep. 92, 3 Seneca scrive che alla vita beata, alla felicità si arriva si veritas tota perspecta est, si servatus est in rebus agendis ordo, modus, decor, innoxia voluntas ac benigna, intenta rationi nec umquam ab illa recēdens, amabilis simul mirabilisque
Nell’Ep. 92, 3 Seneca scrive che alla vita beata, alla felicità si arriva si veritas tota perspecta est, si servatus est in rebus agendis ordo, modus, decor, innoxia voluntas ac benigna, intenta rationi nec umquam ab illa recēdens, amabilis simul mirabilisque
Volontà e disciplina
Il fattore decisivo è comunque la volontà. E’ il tratto romano introdotto nella Stoà da Seneca “Quid tibi opus est ut bonus sis? Velle! ” (Ep. 80, 4). Essa non è un fatto dell’intelletto: “velle non discitur” (ep. 81, 13).
Schopenhauer cita questo velle non discitur .
“L’eroe, la più alta apparenza della volontà”. Nietzsche, La nascita della tragedia, cap. 16.
La disciplina dura forma caratteri forti: il re spartano Archidamo nelle Storie di Tucidide sostiene che gli uomini, i quali non sono poi tanto differenti tra loro, vengono distinti dalla severa disciplina che rende più forte chi è stato educato nelle massime difficoltà:"poluv te diafevrein ouj dei' nomivzein a[nqrwpon ajnqrwvpou, kravtiston de; ei\nai o{sti~ ejn toi'" ajnagkaiotavtoi" paideuvetai"(I, 84, 4).
Concorda con questa affermazione del re spartano quanto scrive Nietzsche nell' Epistolario in data 14 aprile 1887:" Non c'è nulla infatti che irriti tanto le persone quanto il lasciare scorgere che noi seguiamo inesorabilmente una rigida disciplina di cui loro non si senton capaci".
Riscontro pratico nella mia vita: devo la mia snellezza appunto a una rigida disciplina per la quale sto attentissimo a quello che mangio (poco, di rado, con molta fame) e faccio un paio di ore al giorno di movimento (una di bicicletta, una di corsa). Il resto del tempo studio. Se non lo faccio per almeno 5 ore al giorno mi sento in colpa: maximum scelus Bononiae vel Pisauri est.
Solo dalle20 a mezzanotte posso essere “indisciplinato”.
Ebbene gli incapaci di disciplina, i privi di volontà, dicono che uno come me può abbuffarsi dalla mattina alla sera senza ingrassare e ha la dottrina innata: non ha nessun bisogno di studiare
Una volta una conoscente grassa e ignorante come pochi, osò dire che lei era ingrassata siccome aveva sempre e solo studiato. Replicai che io invece ero rimasto ignorante perché avevo praticato un’ascesi pagana al fine di non diventare più rozzo del necessario, né più molle del necessario come raccomanda Platone nella Repubblica. Ovviamente l’imbecille semianalfabeta non capì niente. E disse: “sì, vedo che mi dai ragione”. E io in pesarese “te t’ha ragion, ma me n’ho tort”. Brisa torto, concluse lei nel suo idioma e nella sua totale idiozia.
Il fattore decisivo è comunque la volontà. E’ il tratto romano introdotto nella Stoà da Seneca “Quid tibi opus est ut bonus sis? Velle! ” (Ep. 80, 4). Essa non è un fatto dell’intelletto: “velle non discitur” (ep. 81, 13).
Schopenhauer cita questo velle non discitur .
“L’eroe, la più alta apparenza della volontà”. Nietzsche, La nascita della tragedia, cap. 16.
La disciplina dura forma caratteri forti: il re spartano Archidamo nelle Storie di Tucidide sostiene che gli uomini, i quali non sono poi tanto differenti tra loro, vengono distinti dalla severa disciplina che rende più forte chi è stato educato nelle massime difficoltà:"poluv te diafevrein ouj dei' nomivzein a[nqrwpon ajnqrwvpou, kravtiston de; ei\nai o{sti~ ejn toi'" ajnagkaiotavtoi" paideuvetai"(I, 84, 4).
Concorda con questa affermazione del re spartano quanto scrive Nietzsche nell' Epistolario in data 14 aprile 1887:" Non c'è nulla infatti che irriti tanto le persone quanto il lasciare scorgere che noi seguiamo inesorabilmente una rigida disciplina di cui loro non si senton capaci".
Riscontro pratico nella mia vita: devo la mia snellezza appunto a una rigida disciplina per la quale sto attentissimo a quello che mangio (poco, di rado, con molta fame) e faccio un paio di ore al giorno di movimento (una di bicicletta, una di corsa). Il resto del tempo studio. Se non lo faccio per almeno 5 ore al giorno mi sento in colpa: maximum scelus Bononiae vel Pisauri est.
Solo dalle
Ebbene gli incapaci di disciplina, i privi di volontà, dicono che uno come me può abbuffarsi dalla mattina alla sera senza ingrassare e ha la dottrina innata: non ha nessun bisogno di studiare
Una volta una conoscente grassa e ignorante come pochi, osò dire che lei era ingrassata siccome aveva sempre e solo studiato. Replicai che io invece ero rimasto ignorante perché avevo praticato un’ascesi pagana al fine di non diventare più rozzo del necessario, né più molle del necessario come raccomanda Platone nella Repubblica. Ovviamente l’imbecille semianalfabeta non capì niente. E disse: “sì, vedo che mi dai ragione”. E io in pesarese “te t’ha ragion, ma me n’ho tort”. Brisa torto, concluse lei nel suo idioma e nella sua totale idiozia.
Sono terribili e venali - terribiles ac venales - oltre che brutti assai e spesso pure
ignoranti molti tra i personaggi che hanno acquistato reputazione con la
frequente presenza nelle trasmissioni televisive. Alcuni prendono ricompense
iperboliche nemmeno confrontabili con la paga di un operaio ma si atteggiano ad
amiconi di tutti, a cominciare da quelli che loro stessi fregano.
Il resto nol dico: già ognuno lo sa.
Leopardi nei Detti
memorabili di Filippo Ottonieri ricorda il brutto aspetto di Socrate: “La
sua forma ingrata e ridicola gli sarebbe stata di non piccolo pregiudizio
appresso un popolo che, eziandio nella lingua, faceva pochissima differenza dal
buono al bello , e oltre di ciò deditissimo a motteggiare”. Socrate si trovava
“impedito di aver parte, per dir così, nella vita”. Perché Severgnini, invece
di essere impedito e tenuto nascosto, riceve tanta parte nelle televisioni?
Mistero dell'iniquità
Continuerò a parlare della filosofia stoica nella biblioteca
Ginzburg di Bologna. Garantisco un lavoro serio "sì che m'ha fatto per più
anni macro". Presenterò gli autori e i loro testi sui quali ho lavorato e
meditato a lungo imponendomi tante rinunce.
Mi guardo sempre e mi tengo il più possibile lontano dalla chiacchiera generica dei ciarlatani che non presentano mai i testi siccome non li hanno letti o non li hanno capiti, comunque non li ricordano, e spacciano come cultura banalità e perfino errori sesquipedali, accigliati o ridenti che siano, oscenamente aggressivi o non meno oscenamente ruffiani. Se non sarò abbastanza diverso da loro, sgridatemi e punitemi non venendo più ad ascoltarmi. Sarà per me la mortificazione più grande.
Mi guardo sempre e mi tengo il più possibile lontano dalla chiacchiera generica dei ciarlatani che non presentano mai i testi siccome non li hanno letti o non li hanno capiti, comunque non li ricordano, e spacciano come cultura banalità e perfino errori sesquipedali, accigliati o ridenti che siano, oscenamente aggressivi o non meno oscenamente ruffiani. Se non sarò abbastanza diverso da loro, sgridatemi e punitemi non venendo più ad ascoltarmi. Sarà per me la mortificazione più grande.
Il 4 novembre è sacro ha scritto
Scalfari su " la
Repubblica " . Io userei l'aggettivo latino sacrum nel senso di
"maledetto" per controcelebrare la grande guerra, l’inutile ed empio
massacro.
Nel '68 cantavamo: "O Gorizia, tu sei maledetta!"
Centinaia di migliaia di morti per spostare di qualche chilometro delle frontiere. Uno spostamento che probabilmente si poteva ottenere in modo meno cruento.
"I nostri maestri non ci dissero che nel '66 l 'Austria ci aveva offerto
il Veneto gratis. cioè che quei morti erano morti senza scopo". Queste
parole non sono del sottoscritto, vetero comunista non pentito e vecchio
donnaiolo impenitente, ma di quel sublime prete cattolico che è Don Milani (L'obbedienza non è più una virtù, p. 43)
E anche queste sono sue: "io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri" (p. 12)
Nel '68 cantavamo: "O Gorizia, tu sei maledetta!"
Centinaia di migliaia di morti per spostare di qualche chilometro delle frontiere. Uno spostamento che probabilmente si poteva ottenere in modo meno cruento.
"I nostri maestri non ci dissero che nel '
E anche queste sono sue: "io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri" (p. 12)
Queste invece sono del comunista
Bertolt Brecht:
"La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell'ultima
c'erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame (hungerte). Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente ugualmente
hungerte das niedere Volk auch.
"La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell'ultima
c'erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame (hungerte). Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente ugualmente
hungerte das niedere Volk auch.
(L'imbianchino parla di grandi tempi a venire. Poesie 1933-1938
videat Sergius
Mattarella ne quid res publica-id est res populi- detrimenti capiat
A volte osservo mangiare gli obesi ai quali escono di bocca
"d'ogni parte una sanna come a porco". L'abito lerrerario mi fa
venire in mente questo verso di Dante (Inferno, XXII, 56), poi queste parole di
Seneca: maiore corporis sarcĭnā animus
eliditur et minus agilis est (…) copiā ciborum subtilitas impeditur (Ep.
15, 1-4), lo spirito viene schiacciato dal peso troppo grande del corpo ed è
meno agile (…) la sottigliezza dell’ingegno viene inceppata dall’abbondanza del
cibo. Si addicono alla salute exercitationes et faciles et breves: cursus, et cum aliquo pondere
manus motae et saltus, vel ille qui corpus in altum levat vel ille qui in
longum mittit, ut ita dicam, saliaris aut, ut contumeliosus dicam, fullonius”
(Ep. 15, 4), esercizi facili e brevi: la corsa e le manni che si muovono con
qualche peso, e il salto, o quello in altezza o in lunghezza, per così dire
quello dei Salii, o per dirlo in modo irriguardoso, quello dei lavandai.
Quindi esco dalla taverna dei ghiottoni e vado a correre o a scalare i monti in bicicletta
Quindi esco dalla taverna dei ghiottoni e vado a correre o a scalare i monti in bicicletta
Questo è Napoleone secondo Tolstoj:
un predestinato, fino a un certo punto, al suo presunto effimero successo, un
uomo senza alcuna qualità buona e umana. Non pochi tra i nostri politici,
giornalisti e presunti intellettuali dal momentaneo, effimero, apparente
successo di oggi sono di questo genere
“Un uomo senza convinzioni, senza
consuetudini, senza tradizioni, senza nome, e che non è neppure francese,
grazie ai casi più strani si fa avanti fra i partiti che dilacerano la Francia , e, senza aderire ad alcuno di essi, sale a un posto di
rilievo. L’ignoranza dei colleghi, la debolezza e la nullità degli avversari,
la capacità di mentire e la limitatezza brillante e soddisfatta di sé di
quest’uomo lo portano al comando dell’esercito. Lo splendido organico dei
soldati dell’armata d’Italia, la scarsa volontà di battersi da parte dei
nemici, la temerarietà fanciullesca e lasicurezza di sé, gli procurano la
gloria militare (…) Non ha nessun piano; ha paura di tutto; ma i partiti si
aggrappano a lui (…con la sua folle venerazione di se stesso, con la sua
spavalderia nei delitti, con la sua capacità di mentire, lui solo può
giustificare cò che deve accadere (…) il caso, milioni di casi gli danno il
potere” Poi il successo lo priva della ragionevolezza e lo prepara “alla parte
terribile che gli è assegnata. L’invasione si avventa a Oriente, raggiunge la
meta finale: Mosca (…) Ma improvvisamente, al posto di quei casi e di quella
genialità che in modo così progressivo lo hanno guidato finora con una serie
interrotta di successi, verso lo scopo prestabilito, si profilano una quantità
incalcolabile di casi contrari, dal raffreddore di Borodino al gelo e alla
scintilla che incendia Mosca, e invece della genialità, appaiono una stupidità
e una viltà senza paragoni (…) Il governo e l’esercito napoleonico sono
distrutti. Lo stesso Napoleone non ha più alcun senso: tutte le sue azioni sono
palesemente miserevoli e ripugnanti (Guerra
e pace, pp. 1697-1701)
Bologna 10 novembre
2018
giovanni ghiselli
Questo blog è arrivato a 685067. Queste sono le visite di
oggi, 10 novenmbre ore 10, 15, Saluti a tutti
Italia
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178
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Stati Uniti
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46
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Regione
sconosciuta
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8
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Russia
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8
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Svizzera
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4
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Irlanda
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3
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Polonia
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2
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Australia
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1
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Cina
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1
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Portogallo
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1
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