NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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mercoledì 14 novembre 2018

Seneca, "Lettere a Lucilio", da 1 a 54. PARTE 6

Plutarco

Parte della conferenza tenuta il 19 novembre 2018 nella biblioteca Ginzburg (via Genova, 10 Bologna)


40 Qual genere di eloquenza convenga al filosofo
Ci sono filosofi che parlano in fretta dicendo troppe parole e confondendole: hoc non probo in philosopho, cuius pronuntiatio quoque, sicut vita, debet esse composita , ordinata. Nihil autem ordinatum est quod praecipitatur et propĕrat. Itaque oratio illa apud Homerum concitata et sine intermissione in morem nivis superveniens iuveni oratori data est (cfr. Iliade III 221-224 riferita a Odisseo) , lenis et melle dulcior seni profluit (2), calma e più dolce del miele, scorre.

Questa è attribuita al vecchio (Nestore, Iliade, I , 248- 249).
Nevstwr hjdueph;" ajnorouse, ligu;" Pulivwn ajgorhvth"-
tou' kai; ajpo; glwvssh" mevlito" glukivwn rJeven aujdhv-
Nestore dalla dolce parola si alzò, melodioso oratore dei Pili,
e dalla sua lingua scorreva la parola più dolce del miele.
Brutto ma dall’eloquio affascinante era Odisseo: in piedi, se non parlava, sembrava un uomo ignorante o addirittura uno furente e pazzo, ma, quando parlava, dal petto mandava fuori parole simili a fiocchi di neve d'inverno ( e[pea nifavdessin ejoikovta ceimerivh/sin, Iliade, III, v. 222), ossia manifestava la potenza della natura, e allora non si provava più meraviglia per l'aspetto.
Plinio il Giovane dà una spiegazione di questo stile oratorio affermando di preferire fra tutte "illam orationem similem nivibus hibernis, id est, crebram et assiduam, sed et largam, postremo divinam et caelestem " ( Ep. I, 20), quell'eloquenza simile alle nevi invernali, cioè densa e serrata, ma anche copiosa, dopo tutto divina e scesa dal cielo.

Devi considerare l’eloquenza impetuosa e abbondante più adatta a un ciarlatano aptiorem esse circulanti (circulor) che a un educatore.
Aeque stillare illum nolo quam currere, nec extendat aures nec obruat (3), non voglio che lasci cadere le parole goccia a goccia e nemmeno che corra, non faccia tendere le orecchie né le faccia chiudere.
Non ci sia il taedium interruptae tarditatis, la noia della lentezza con interruzioni, e del resto non traditur quod fugit, non si trasmette ciò che fugge.
L’orazione che trasmette la verità oratio composita debet esse et simplex; bene ordinata e semplice, haec popularis-demagogica- nihil habet veri. Movere vult turbam et inconsultas aures impetu rapere (4) trascinare nel suo vortice orecchie irriflessive. Certa oratoria plus sonat quam valet (5). Non deve essere rumorosa né affrettata se vuole curare le anime: quis medicus aegros in transitu curat? (5), quale medico cura di passaggio gli ammalati?
Vedi quelli che vogliono fare molte visite e molti soldi in poco tempo (Brunocilla ndr)
Per giunta talis verborum ruentium strepitus, tale rumoreggiare di parole che precipitano non produce alcun piacere (5). Tali linguacciuti parolai si ascoltano una volta sola. Ista dicendi celeritas nec in sua potestate est, non si padroneggia e non si addice al filosofo qui ponere debet verba non proicere, et pedetemptim procedere, (7) e deve avanzare con piede trattenuto (pede tento-teneo)..
Habeat vires magnas, moderatas tamen, però misurate.
I Greci parlano con foga maggiore, nos etiam cum scribimus, interpungere adsuevimus, noi anche quando scriviamo ci siamo abituati a fare pause
Cicero quoque noster a quo eloquentia exiluit-prese le mosse-, gradarius fuit, procedeva passo passo, passeggiando. Exercitatione opus est cotidiana et a rebus studium transferendum est ad verba (14).
In conclusione: quemadmodum sapienti viro incessus modestior convenit , ita oratio pressa non audax, stringata non sfacciata. Summa ergo summarum haec erit: tardilocum esse te iubeo. ti ordino di parlare lentamente, Vale.

41 Nell’uomo saggio abita un dio
 Prope est a te deus, tecum est, intus est (41, 1).
Un bosco fitto (frequens lucus) con alberi antichi e il secretum loci , la solitudine del luogo, et admiratio umbrae in aperto tam densae atque continuae fidem tibi numinis faciet, la meraviglia dell’ombra così densa e continua in luogo aperto ti indurranno a credere nella divinità.
Si quis specus saxis penitus exesis montem suspenderit, animum tuum quadam religionis suspicione percutiet (3) se un antro con le rocce profondamente scavate terrà sospeso il monte, colpirà il tuo animo con un religioso presentimento. Magnorum fluminum capita veneramur, veneriamo le sorgenti dei grandi fiumi, coluntur aquarum calentium fontes, sono venerate le fonti di acqua calda.
Vedendo un uomo sereno in mezzo alle avversità, calmo nella tempesta, dirai: “vis isto divina descendit, istum caelestis potentia agitat (5), lo conduce.
Come i raggi del sole toccano la terra ma sono là donde emanano, sic animus magnus ac sacer et in hoc demissus,- mandato giù per questo- ut propius quaedam divina nossemus, conversatur quidem nobiscum, vive sì con noi, sed haeret origini suae (5) è attaccato alla sua origine.
Quis est ergo hic animus? Qui nullo bono nisi suo nitet (6), brilla solo di pregi suoi. Infatti non faciunt meliorem equum aurei freni (6) Nemo gloriari nisi suo debet (7). Lauda in illo quod nec eripi potest nec dari , quod proprium hominis est. Quaeris quid sit? Animus et ratio in animo perfecta. Rationale enim animal est homo; consummatur- si attua- itaque bonum eius, si id implevit cui nascitur. Quid est autem quod ab illo ratio exĭgat? Rem facillimam, secundum naturam suam vivere.
Ma la communis insania rende difficile questo: in vitia alter alterum trudimus ci spingiamo l’un l’altro verso i vizi (8).

42 Gli uomini virtuosi sono molto rari
Multorum quia imbecilli sunt latent vitia: instrumenta illis explicandae nequitiae desunt (3)
Ea sola putamus emi pro quibus pecuniam solvimus, gratuīta vocamus pro quibus nos ipsos impendĭmus (42, 7) chiamiamo gratuite le cose per le quali spendiamo noi stessi
Saepe maximum pretium est pro quo nullum datur (8) spesso altissimo è il valore per il quale nulla ci viene dato. Vedi il tempo.
Qui se habet nihil perdidit, sed quoto cuique habere se contigit? Vale (10)

43 Il saggio deve vivere sempre come se si trovasse in presenza di tutti
A Seneca è giunta una notizia segreta relativamente a Lucilio.
Is qui scit plurimum, rumor (1), la voce pubblica sa più di tutti. Soprattutto a Siracusa dove si trova Lucilio come governatore della Sicilia
Tu nunc in provincia, licet contemnas ipse te, magnus es (3).
Chi è onesto non teme che i fatti suoi si sappiano. Comunque li conosce la coscienza O te miserum si contemnis hunc testem! Vale

44 Nella filosofia sta la vera libertà
Philosophia stemma l’albero genealogico- non inspicit: omnes, si ad originem primam revocantur, a dis sunt (1).
Bona mens omnibus patet, omnes ad hoc sumus nobiles: nec reicit quemquam philisophia nec eligit: omnibus lucet (44, 2)
Non facit nobilem atrium plenum fumosis imaginibus - annerite dal fumo-; nemo in nostram gloriam vixit, nec quod ante nos fuit nostrum est: animus facit nobilem (5).

Plutarco nella Vita di Coriolano mette in luce che in quel tempo il denaro non era un idolo. Marzio si presentò quale candidato al consolato (uJpateiva, u{patoς console) con il solo mantello (iJmavtion) a[neu citw'noς, senza la tunica, sia per mostrarsi più umile nell’aspetto, come è appropriato a chi fa delle richieste, sia per mostrare le cicatrici (wjteilaiv), come segni visibili del valore.
Tardi infatti e dopo molto tempo si introdusse la compra -wjnh;- vendita -pra'siς- dei suffragi e si mescolò il denaro con i voti dell’assemblea (ojye; ga;r meta; polu;n crovnon wjnh; kai; pra'siς ejpeish'lqe kai; sunemivgh tai'ς ejkklhsiastikai'ς yhvfoiς ajrguvrion, Vita di Coriolano, 14). Quindi la corruzione (hJ dwrodokiva) toccando anche i tribunali e gli accampamenti (kai; dikastw'n qigou'sa kai; stratopevdwn), portò la città alla monarchia, asservendo le armi al denaro ejxandrapodisamevnh ta; opla toi'ς crhvmasin.
Primo a minare la forza del popolo fu quello che per primo gli offrì banchetti e doni.
Alessandro disse che avrebbe combattuto davanti alle prime file: se ante prima signa dimicaturum (Curzio Rufo, Storia di Alessandro Magno, 4, 14, 6). Ho le cicatrici come garanzia delle mie parole e decorazioni del mio corpo: “spondēre pro se tot cicatrices, totĭdem corporis decŏra”, e sono l’unico a non prendere parte del bottino.
Cfr il console Mario il quale nel Bellum Iugurthinum dice che non può ostentare i ritratti degli antenati ma trofèi di guerra “praeterea cicatrices advorso corpore” (84).
Le ferite spesso parlano: non sempre sono " dumb mouths "[1] , bocche mute, come quelle di Cesare assassinato. "Una ferita è anche una bocca. Una qualche parte di noi sta cercando di dire qualcosa. Se potessimo ascoltarla! Supponiamo che queste "intensità sconvolgenti siano una sorta di messaggio: sono "cicatrici", ferite, che segnano la nostra vita"[2].

Puoi essere libero nell’animo anche da schiavo . Quomodo? Inquis: si mala bonaque non populo auctore distinxeris (6), non con il criterio del volgo.

45  L’inutile sottigliezza dei dialettici
Non importa avere molti libri Non refert quam multos sed quam bonos habeas. Se leggi libri non buoni non ire istuc sed errare est (1).
 Verborum cavillatio, i sofismi verbali, captiosae disputationes, le discussioni artificiose hanno fatto perdere molto tempo a chi le pratica (5)
Alcuni creano difficoltà con parole ambigue che poi sciolgono. Vogliono darsi importanza
Adulatio eo ipso gratiosa est quo laedit (7) è gradita proprio per il danno che reca.
Le captiones (i cavilli) nec ignoranti nocent, nec scientem iuvant ( 8)
Ceterum qui interrogator an cornua habeat non est tam stultus ut frontem suam temptet (45, 8).
L’uomo che sia uomo vivit quomodo natura praescripsit (9).
Se la fortuna lo prende di mira scagliando telum nocentissimum vi maxima, pungit, non vulnerat (9)
Il pane e la polenta sono necessari ma non necessariamente un bene
Quod bonum est utĭque necessarium-è comunque necessario-: quod necessarium est non utique bonum (11)
Quelli sempre rivolti al domani non vivunt sed victuri sunt: omnia differunt (13).

46 Elogio di un libro di Lucilio
Il libro è buono quando prima di tutto non annoia, non è gravoso ma levis. Quando è elegante, disertus, quando c’è ingenium, animus , intelligenza e sentimento


CONTINUA



[1] Shakespeare, Giulio Cesare , III, 2.
[2] J. Hillman, Il piacere di pensare , p. 66.

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