Plutarco |
Parte della conferenza tenuta il 19 novembre 2018 nella biblioteca Ginzburg (via Genova, 10 Bologna)
40 Qual genere di
eloquenza convenga al filosofo
Ci sono filosofi che parlano in fretta dicendo troppe parole
e confondendole: hoc non probo in
philosopho, cuius pronuntiatio quoque, sicut vita, debet esse composita ,
ordinata. Nihil autem ordinatum est quod
praecipitatur et propĕrat. Itaque
oratio illa apud Homerum concitata et sine intermissione in morem nivis
superveniens iuveni oratori data est (cfr. Iliade III 221-224 riferita a Odisseo) , lenis et melle dulcior seni profluit (2), calma e più dolce del
miele, scorre.
Questa è attribuita al vecchio (Nestore, Iliade, I , 248-
249).
Nevstwr hjdueph;"
ajnorouse, ligu;" Pulivwn ajgorhvth"-
tou' kai; ajpo;
glwvssh" mevlito" glukivwn rJeven aujdhv-
Nestore dalla dolce parola si alzò, melodioso oratore dei
Pili,
e dalla sua lingua scorreva la parola più dolce del miele.
Brutto ma dall’eloquio affascinante era Odisseo: in piedi, se non parlava, sembrava un uomo ignorante o
addirittura uno furente e pazzo, ma, quando parlava, dal petto mandava fuori parole simili a fiocchi di neve d'inverno ( e[pea nifavdessin ejoikovta ceimerivh/sin,
Iliade, III, v. 222), ossia
manifestava la potenza della natura, e allora non si provava più meraviglia per
l'aspetto.
Plinio il Giovane dà una spiegazione di questo stile
oratorio affermando di preferire fra tutte "illam orationem similem nivibus hibernis, id est, crebram et assiduam,
sed et largam, postremo divinam et caelestem " ( Ep. I, 20), quell'eloquenza simile alle nevi invernali, cioè densa
e serrata, ma anche copiosa, dopo tutto divina e scesa dal cielo.
Devi considerare l’eloquenza impetuosa e abbondante più
adatta a un ciarlatano aptiorem esse
circulanti (circulor) che a un
educatore.
Aeque stillare illum nolo
quam currere, nec extendat aures nec obruat
(3), non voglio che lasci cadere le parole goccia a goccia e nemmeno che corra,
non faccia tendere le orecchie né le faccia chiudere.
Non ci sia il taedium
interruptae tarditatis, la noia
della lentezza con interruzioni, e del resto non traditur quod fugit,
non si trasmette ciò che fugge.
L’orazione che trasmette la verità oratio composita debet esse
et simplex; bene ordinata e semplice, haec
popularis-demagogica- nihil habet
veri. Movere vult turbam et inconsultas aures impetu rapere (4) trascinare
nel suo vortice orecchie irriflessive. Certa oratoria plus sonat quam valet (5). Non deve essere rumorosa né affrettata
se vuole curare le anime: quis medicus
aegros in transitu curat? (5), quale medico cura di passaggio gli ammalati?
Vedi quelli che vogliono fare molte visite e molti soldi in
poco tempo (Brunocilla ndr)
Per giunta talis
verborum ruentium strepitus, tale rumoreggiare di parole che precipitano
non produce alcun piacere (5). Tali linguacciuti parolai si ascoltano una volta
sola. Ista dicendi celeritas nec in sua potestate
est, non si padroneggia e non si addice al filosofo qui ponere debet verba non proicere, et pedetemptim procedere, (7)
e deve avanzare con piede trattenuto (pede
tento-teneo)..
Habeat vires magnas,
moderatas tamen, però misurate.
I Greci parlano con foga maggiore, nos etiam cum scribimus, interpungere adsuevimus, noi anche quando
scriviamo ci siamo abituati a fare pause
Cicero quoque noster a
quo eloquentia exiluit-prese le mosse-,
gradarius fuit, procedeva passo passo, passeggiando. Exercitatione opus est
cotidiana et a rebus studium transferendum est ad verba (14).
In conclusione: quemadmodum
sapienti viro incessus modestior convenit , ita oratio pressa non audax, stringata
non sfacciata. Summa ergo summarum haec
erit: tardilocum esse te iubeo. ti ordino di parlare lentamente, Vale.
41 Nell’uomo
saggio abita un dio
Prope
est a te deus, tecum est, intus est (41, 1).
Un bosco fitto (frequens
lucus) con alberi antichi e il secretum
loci , la solitudine del luogo, et
admiratio umbrae in aperto tam densae atque continuae fidem tibi numinis faciet,
la meraviglia dell’ombra così densa e continua in luogo aperto ti indurranno a
credere nella divinità.
Si quis specus saxis
penitus exesis montem suspenderit, animum tuum quadam religionis suspicione
percutiet (3) se un antro con le rocce profondamente scavate terrà sospeso
il monte, colpirà il tuo animo con un religioso presentimento. Magnorum fluminum capita veneramur,
veneriamo le sorgenti dei grandi fiumi, coluntur
aquarum calentium fontes, sono venerate le fonti di acqua calda.
Vedendo un uomo sereno in mezzo alle avversità, calmo nella
tempesta, dirai: “vis isto divina
descendit, istum caelestis potentia agitat (5), lo conduce.
Come i raggi del sole toccano la terra ma sono là donde
emanano, sic animus magnus ac sacer et in
hoc demissus,- mandato giù per questo-
ut propius quaedam divina nossemus, conversatur quidem nobiscum, vive sì
con noi, sed haeret origini suae (5) è attaccato alla sua origine.
Quis est ergo hic animus? Qui nullo bono
nisi suo nitet (6), brilla solo di pregi suoi. Infatti non faciunt meliorem equum aurei freni (6) Nemo gloriari nisi suo debet (7). Lauda in illo quod nec eripi potest nec dari , quod proprium hominis
est. Quaeris quid sit? Animus et ratio in animo perfecta. Rationale enim animal est homo; consummatur-
si attua- itaque bonum eius, si id
implevit cui nascitur. Quid est autem
quod ab illo ratio exĭgat? Rem facillimam, secundum naturam suam vivere.
Ma la communis insania
rende difficile questo: in vitia alter
alterum trudimus ci spingiamo l’un l’altro verso i vizi (8).
42 Gli uomini
virtuosi sono molto rari
Multorum quia
imbecilli sunt latent vitia: instrumenta illis explicandae nequitiae desunt
(3)
Ea sola putamus emi
pro quibus pecuniam solvimus, gratuīta vocamus pro quibus nos ipsos impendĭmus (42, 7) chiamiamo gratuite le
cose per le quali spendiamo noi stessi
Saepe maximum pretium
est pro quo nullum datur (8) spesso altissimo è il valore per il quale
nulla ci viene dato. Vedi il tempo.
Qui se habet nihil
perdidit, sed quoto cuique habere se contigit? Vale (10)
43 Il saggio deve vivere sempre come se si trovasse in
presenza di tutti
A Seneca è giunta una notizia segreta relativamente a
Lucilio.
Is qui scit plurimum,
rumor (1), la voce pubblica sa più di tutti. Soprattutto a Siracusa dove si
trova Lucilio come governatore della Sicilia
Tu nunc in provincia,
licet contemnas ipse te, magnus es (3).
Chi è onesto non teme che i fatti suoi si sappiano. Comunque
li conosce la coscienza O te miserum si
contemnis hunc testem! Vale
44 Nella filosofia sta la vera libertà
Philosophia stemma
l’albero genealogico- non inspicit:
omnes, si ad originem primam revocantur, a dis sunt (1).
Bona mens omnibus patet, omnes ad hoc sumus
nobiles: nec reicit quemquam philisophia nec eligit: omnibus lucet (44, 2)
Non facit nobilem atrium plenum fumosis
imaginibus -
annerite dal fumo-; nemo in nostram
gloriam vixit, nec quod ante nos fuit nostrum est: animus facit nobilem
(5).
Plutarco nella Vita di Coriolano mette in luce che in
quel tempo il denaro non era un idolo. Marzio si presentò quale candidato al
consolato (uJpateiva,
u{patoς console)
con il solo mantello (iJmavtion) a[neu citw'noς, senza la tunica, sia per
mostrarsi più umile nell’aspetto, come è appropriato a chi fa delle richieste,
sia per mostrare le cicatrici (wjteilaiv), come segni visibili del valore.
Tardi infatti e dopo molto tempo
si introdusse la compra -wjnh;- vendita -pra'siς- dei suffragi e si mescolò il
denaro con i voti dell’assemblea (ojye; ga;r meta; polu;n crovnon wjnh; kai; pra'siς ejpeish'lqe kai;
sunemivgh tai'ς ejkklhsiastikai'ς yhvfoiς ajrguvrion, Vita di Coriolano, 14).
Quindi la corruzione (hJ dwrodokiva) toccando anche i tribunali e gli
accampamenti (kai;
dikastw'n qigou'sa kai; stratopevdwn), portò la città alla monarchia,
asservendo le armi al denaro ejxandrapodisamevnh ta; opla toi'ς crhvmasin.
Primo a minare la forza del
popolo fu quello che per primo gli offrì banchetti e doni.
Alessandro disse che
avrebbe combattuto davanti alle prime file: se
ante prima signa dimicaturum (Curzio Rufo, Storia di Alessandro Magno, 4, 14, 6). Ho le cicatrici come
garanzia delle mie parole e decorazioni del mio corpo: “spondēre pro se tot cicatrices, totĭdem corporis decŏra”, e sono
l’unico a non prendere parte del bottino.
Cfr il console Mario
il quale nel Bellum Iugurthinum dice
che non può ostentare i ritratti degli antenati ma trofèi di guerra “praeterea cicatrices advorso corpore”
(84).
Le ferite spesso
parlano: non sempre sono " dumb mouths "[1]
, bocche mute, come quelle di Cesare assassinato. "Una ferita è anche una
bocca. Una qualche parte di noi sta cercando di dire qualcosa. Se potessimo
ascoltarla! Supponiamo che queste "intensità sconvolgenti siano una sorta
di messaggio: sono "cicatrici", ferite, che segnano la nostra
vita"[2].
Puoi essere libero nell’animo anche da schiavo . Quomodo? Inquis: si mala bonaque non populo
auctore distinxeris (6), non con
il criterio del volgo.
45 L’inutile sottigliezza dei dialettici
Non importa avere molti libri Non refert quam multos sed quam bonos habeas. Se leggi libri non
buoni non ire istuc sed errare est
(1).
Verborum cavillatio, i sofismi verbali, captiosae disputationes, le discussioni artificiose hanno fatto
perdere molto tempo a chi le pratica (5)
Alcuni creano difficoltà con parole ambigue che poi
sciolgono. Vogliono darsi importanza
Adulatio eo ipso
gratiosa est quo laedit (7) è gradita proprio per il danno che reca.
Le captiones (i
cavilli) nec ignoranti nocent, nec
scientem iuvant ( 8)
Ceterum qui
interrogator an cornua habeat non est tam stultus ut frontem suam temptet
(45, 8).
L’uomo che sia uomo vivit
quomodo natura praescripsit (9).
Se la fortuna lo prende di mira scagliando telum nocentissimum vi maxima, pungit, non
vulnerat (9)
Il pane e la polenta sono necessari ma non necessariamente
un bene
Quod bonum est utĭque
necessarium-è comunque necessario-:
quod necessarium est non utique bonum (11)
Quelli sempre rivolti al domani non vivunt sed victuri sunt: omnia differunt (13).
46 Elogio di un
libro di Lucilio
Il libro è buono quando prima di tutto non annoia, non è
gravoso ma levis. Quando è elegante, disertus, quando c’è ingenium, animus , intelligenza e
sentimento
CONTINUA
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