Pirandello |
Parte della conferenza tenuta il 19 novembre 2018 nella biblioteca Ginzburg (via Genova, 10 Bologna)
33 Le massime dei filosofi
Le massime dei filosofo non appartengono a nessuno in
particolare: publicae sunt et maxime
nostrae. Anche Epicuro ne ha lasciate alcune piene di forza. Si notano
maggiormente poiché capitano di rado: mirum
est fortiter aliquid dici ab homine mollitiam professo (2), da un uomo che
ha fatto professione di mollezza
Ita enim plerique iudicant: apud me Epicurus est et fortis, licet
manuelatus sit, sebbene indossi vesti con le maniche lunghe, da donna.
“Hoc Zenon dixit”. Tu quid? “Hoc Cleanthes” , tu quid? Qousque
sub alio movēris? (33,
7)
Aliud est meminisse,
aliud scire (8)
Infatti "Soltanto il pensiero vissuto ha valore"[1].
Le azione si preparano con il pensiero e con la parola. Ciò che è verbale deve diventare reale
in termini di comunicazione produttiva: "aveva visto che la sua esperienza
era reale. Era irradiata da lui e l'aveva mutato, aveva attirato verso di lui
un'altra creatura umana. Il suo isolamento era infranto…"[2].
Numquam autem
invenietur, si contenti fuerimus inventis (33, 10)
Qui ante nos ista
moverunt non domini nostri sed duces sunt, non sono padroni nostri ma
guide. Patet omnibus veritas. Nondum
occupata est (33, 11). La verità è accessibile a tutti.
34 Mi congratulo con te e ti esorto a continuare
Adsĕro te mihi; meum
opus es, ti attribuisco a me; sei opera mia.
Pars magna bonitatis
est velle fieri bonum (34, 3)
35 L’amicizia non può sorgere che tra uomini virtuosi
Qui amicus est amat; qui amat non utĭque amicus est, itaque amicitia
semper prodest, amor
aliquando nocet (35, 1)
Cfr. amare e bene velle di Catullo 72
Nunc te cognovi; quare
etsi impensius uror
Multo mi tamen es
vilior et levior
“Qui potis est?”
inqus. Quod amantem iniuria talis
Cogit amare magis, sed
bene velle minus (5-8)
Cogita te mortalem
esse, me senem (35, 3) Propera ad me,
sed ad te prius (4). Mutatio voluntatis indicat animum natare,
aliubi atque aliubi apparire, prout tulit ventus, il cambiamento di volontà
mostra che l’animo ondeggia, ora si mostra in un luogo, ora in un altro, secondo
dove lo ha portato il vento.
“La maggior parte degli uomini, Kamala, sono come una foglia
secca che si libra e si rigira nell’aria e scende ondeggiando nel suolo. Ma
altri pochi, sono come stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso, e non
c’è vento che li tocchi, hanno in se stessi la loro legge e il loro cammino.
Migliaia di giovani ascoltano ogni giorno la dottrina del
Gotama, il Sublime, il predicatore della nuova scienza, e seguono le sue
prescrizioni. Eppure sono tutte foglie secche, non hanno in se stesse la
dottrina e la legge” (H. Hesse, Siddharta,
p. 89)
“Tu non puoi amare” gli aveva detto Kamala nei giorni
lontani della giovinezza, ed egli le aveva dato ragione e aveva paragonato se
stesso ad una stella fissa e gli uomini-bambini a foglie cadenti, e ciò
nonostante aveva percepito in quelle parole anche un suono di rimprovero.
Infatti egli non aveva mai potuto perdersi e consacrarsi interamente a un’altra
creatura, commettere pazzie per l’amore di qualcuno; mai aveva potuto far qualcosa
di simile, e questo era stato- così gli era parso allora- la gran differenza
tra lui e gli uomini –bambini. Ma ora, dacché suo figlio era con lui, ora anche
lui, Siddharta, era diventato un perfetto uomo-bambino, e soffriva a causa di
una creatura umana, amava una creatura, si perdeva per amore, per amore
diventava un povero stolto (p. 131)
Quando traghettava i soliti viandanti, uomini-bambini,
mercanti, soldati, donnette del popolo, questa gente non gli riusciva più così
estranea come un tempo: li comprendeva, comprendeva la loro vita guidata non da
pensieri e intuizioni ma unicamente da impulsi e desideri, e si sentiva simile
a loro (…) gli sembrava che questi uomini bambini fossero suoi fratelli; le
loro vanità, le loro cupidigie, le loro piccolezze, perdevano il ridicolo,
diventavano comprensibili, diventavano degne di compassione, perfino di
rispetto” (137).
Cfr. Pirandello, 1908, L’umorismo
Vediamo il don Chisciotte: noi vorremmo ridere di quanto c’è
di comico nella rappresentazione di questo povero alienato, vorremmo ridere, ma
un senso di commiserazione turba il riso, un senso di pena e pure di
ammirazione: questo povero hidalgo è ridicolo ma pure eroico. Il riso diviene
amaro. Una rappresentazione veramente umoristica suscita perplessità. Gli
scritti umoristici contengono molte digressioni generati dalla riflessione.
Ogni vero umorista non è soltanto poeta, è anche critico.
La riflessione scompone l’immagine creata dal primo
sentimento e ne fa sorgere un’altra creata dal sentimento contrario. Come ho
mostrato nel Sant’Ambrogio di Giusti,
la riflessione inserendosi come un vischio nel primo sentimento del poeta, un
sentimento di odio verso quei soldatacci, genera a poco a poco un sentimento
contrario (p. 186)
A proposito di un
fraintendimento di Benedetto Croce: “ o io non so scrivere, o Croce non sa
leggere”.
Indulgenza, compatimento, pietà, sono un sentimento del
contrario di quel primo sentimento di sdegno davanti a certe situazioni. Se non
è così allora c’è l’ironia.
Manzoni non fa nemmeno ironia retorica che contiene una
contraddizione tra quanto si dice e quanto va inteso, contraddizione frutto di
sdegno.
Manzoni invece non si sdegna mai della realtà in contrasto
col suo ideale: per compassione transige qua e là, spesso indulge e rappresenta
le ragioni di questo indulgere, il che è proprio dell’umorismo. L’umorismo non
è beffa mordace. L’ironia invece ha un che di beffardo e di mordace
Don Abbondio e don
Chisciotte suscitano compatimento o perfino simpatia dopo la riflessione.
Manzoni incarna il suo ideale nel cardinale Federigo
Borromeo. Ma la riflessione gli dice che quello è un ideale astratto ed egli
ascolta dentro di sé anche la voce delle debolezze umane
Nel XXV capitolo il Cardinale fa una predica di eroismo al
prete vile il quale si trovava tra quegli argomenti come un pulcino tra gli
artigli del falco che lo tengono sollevato in una regione sconosciuta, paragone
che si rifà a Esiodo (Opere e giorni.
202-212)
Del resto don Rodrigo pur di spuntare l’impegno era capace
di tutto e c’era la lega dei birboni. Il pauroso è comico quando teme pericoli
immaginari, ma se i pericoli sono reali non è più soltanto comico. Don Abbondio
certo non è un eroe, non ha coraggio e il coraggio uno non se lo può dare, e
noi lo compatiamo. Dunque don Abbondio è umoristico. Manzoni del resto lo
commisera e compatisce solo dopo averne fatto strazio. Quella pietà in fondo è
spietata e l’indulgenza non è così bonaria come sembra.
Per la pietas
spietata cfr. Enea di Virgilio (ndr)
Don Abbondio nel quale si è incarnato il sentimento del
contrario è figura più viva del cardinale. Maupassant ha scritto che il
pensiero dell’uomo gira come una mosca in una bottiglia.
Non vagatur quod fixum
atque fundatum est (35, 4)
36 L’utilità del
riposo. I desideri del volgo. Il disprezzo della morte.
Hoc est discendi
tempus. Ma ogni studio ha il suo tempo. turpis
et ridicula res est elementarius senex (4) è vergognoso e ridicolo per un
vecchio studiare l’alfabeto.
Mors nullum habet
incommodum (9)
Docebo omnia quae videntur
perire, mutari (11)
Tutto cambia, nulla sparisce: aestas abiit, sed alter illam annus addūcet.
Denique finem faciam-della
lettera-, si hoc unum adiecero : nec infantes, nec pueros, nec mente lapsos
timere mortem né i mentecatti temono la morte, et esse turpissimum si eam securitatem nobis ratio non praestat ad quam
stultitia perducit. Vale (12)
37 La forza d’animo che suol dare la filosofia
Quid porro prodest paucos dies aut annos lucrificare? Sine missione
nascimur (37, 2) d’altra parte a che giova guadagnare pochi giorni o anni’
nasciamo senza remissione, senza possibilità di scampo.
Dai gravi padroni ti libera la sapientia quae sola libertas est
(37, 4)
Si vis omnia tibi
subicere, te subice rationi; multos reges, si ratio te rexerit (4)
38 Elogio delle brevi conversazioni
Le parole più semplici submissiora
verba facilius intrant et haerent, nec enim multis (verbis) opus est sed
efficacibus. Seminis modo spargenda sunt, quod (semen)
quamvis sit exiguum, cum occupavit idoneum locum, vires suas explicat et ex
minimo in maximos auctus diffunditur (2)
39 La prospera fortuna non è sempre vantaggiosa
Magni animi est magna
contemnere ac mediocria malle quam nimia; illa
enim utilia vitaliaque
sunt, at haec eo quod superflŭunt nocent (39, 4), l’eccesso nuoce
Necessaria metītur
utilitas , l’utilità misura il necessario (39, 5).
Quelli abituati al supefluo Serviunt voluptatibus, non fruuntur, et mala sua, quod malorum ultimum est, et amant (39, 6).
Et desinit esse remedio
locus ubi quae fuerant vitia mores sunt (6)
CONTINUA
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