IL LABIRINTO
di Lucia Arsì
Ieri,
tu, novello Teseo, con dedalea maestrìa, sprofondavi nel tuo labirinto, ti
specchiavi nella mostruosa immagine e tornavi a volare…
Oggi,
tu, intricato nella mostruosa e complessa rete della tua Vita, non più
artigiano del tuo viatico, intrappolato e irriso, al modo di Afrodite e Ares,
da un demiurgo (Efesto?o da te, inevitabile carnefice?), eternamente
angosciato, non puoi spiccare il volo, non sai… forse….
Un giorno. Non mi sovviene la data.
La mia memoria cancella i dettagli. Va oltre. E, nel superare quel limite,
ravviso il mistero. E’ bene o è male varcare la soglia, bucare quel muro che
immette nell'Ade?
Il mistero non farfalleggia,
pretende consensi.
Un giorno. Solito giorno. Mentre un
bagliore s'insinua e impone il risveglio, mentre lo spasimo serra il respiro,
mentre mille cani randagi si sfregano ai muri, un pensiero ri-torna....lo
stupore di lei.
Sussurra:"
Teseo...Arianna....".
Un grande evento. Non è da
spiluccare. Entrarci col pensiero del cuore.
E ci sono....nel labirinto. Non per
coraggio. Sola, a dismisura ridotta, vibrante di umanità, mi sento chiamata.
Una Voce. Una Forza mi attrae.....l'infido Caso?... la Buona Novella?.......
Entro. Mi dirigo là, ove il monstrum
si annida, nel fondo piu' fondo. Fissarlo, rivedermi col suo occhio sbilenco e
tornare all'indietro. Bearmi di luce diversa. Cantare vittoria. Per me e per
gli altri.
" Possibile ?" e ondeggia
la chioma. E' possibile... ...se
soccorre la volontà.
" Forza, forza taurina, che
balli e ridi insolente, sorda ad ogni preghiera, esci di casa, presta il tuo
aiuto....!!!" invoco.
Già dentro....perduta...esausta.
Fatti pochi passi non da gigante, mi
rannicchio in un angolo, un luogo adombrato, un incavo da altri scavato. Da un
punto si snoda un selciato sventrato, sterposo, poi, alla curva, una fetta di
strada corretta e ancora cunicoli, sporgenze e rientranze e diramazioni a
destra e a manca.
"Stramazzi, se non t'avvedi che
il terreno è crivellato di buchi, che ingoiano e annullano."
Quel terreno tortuoso fomenta il
ricordo: Ceram. Indonesia. Per nove notti, in nove luoghi diversi, uomini di
nove famiglie eseguono una danza a tre voci : la danza maro. Cinque mila anni
fa. Al centro lei, Rabie di nome, la fanciulla luna. Ogni notte prodiga di
doni: porcellane, monili d'oro, oggetti di rame.
Gli uomini provano invidia. La
sotterrano. "Paghino il fio " sancisce uno che sta molto in alto.
Ha inizio il ponos, la fatica del
vivere, il viaggio attraverso la porta a nove volute. Il labirinto. E saranno
uomini quelli che la varcheranno, il resto anime erranti o bestie.
E Persefone ? Anch'ella fanciulla
lunare, nel riproporre l'eterno fertile ciclo della nascita crescita morte.
Persefone: la grande
intuizione....tutto ciò che brilla alla luce del sole rivela una "
giustezza ", le cui origini sono oscure, radicate nel confine del
non-essere.
E all'uomo è dato cogliere l'essenza
del non-essere attraverso il misterioso messaggio, il tenebroso percorso, il
profondo anelito. Magnifici doni d'una ambigua dea.
E torno al labirinto, al mio
viaggio. Pre-vedere e ri-ferire. Ecco il senso. Un debole soffio. Un respiro
smorzato. Di chi non vuole apparire. Scrutare e non farsi vedere. Avanti a me
c'è lui. L'uomo della mètis, Teseo. So tanto di lui. Plutarco ha rivelato le
gesta, immortalato il ricordo. Sono ad un passo dall'uomo segreto. E' immenso
nella dimensione irreale. Simile ad un dio: Gesu', Krishna. Ha una missione da
compiere. Purificare. Il miasma ha contaminato uomini, cose.
Non è dato intaccare l'assetto
normale.
E
Pasifae, vittima di intrecci sottili, che sfuggono all'occhio comune, ha osato
tanto:una storia insolita.
Arde d'amore.
Un
rapporto che evoca radici bestiali, fonte di tanti misfatti. Si unisce col
toro, suo padre, Zeus celeste.
Eterno dilemma:
serrati
in spazi ridotti, ove cementizi abitacoli opprimono i sensi, ove lamiere
allettanti imprigionano anche l'affanno, e lì si crepa d'inedia, strapazzati da
sferzate di vento e talvolta essiccati dal sole cocente o...volare tanto in
alto e sparire leggeri leggeri....
Le ali dedalee soccorrono. Un
volo" cultuale " libera dai tentacoli del labirinto. Il coro delle
donne di Trezene, nell'Ippolito, singhiozza:" Se in luoghi inaccessibili
della terra io fossi....o uccello, che l'ali porta, levarmi in volo....."
La disperazione infernale genera
l'anelito a spazi elevati.
E Pasifae si è aperta al cielo,
realizzando l'impossibile, distruggendo tabu'. Il frutto è una doppia natura:metà
uomo, metà bestia.
Tu, tu che t'immergi in questa
lettura,
tu, che senza nulla arrogarti,
bilanci il pensiero,
caparbio, martelli la roccia
indurita e fori...fori...e
il tuo animo è gonfio di vana
baldanza,
il petrolio zampilla
offre lingotti
e tu, che hai distrutto la terra,
gioisci...
....di colpo il sorriso si spegne
riveli la tua nudità
ti rivesti di ciò che hai stracciato
....dalle macerie e con le macerie
la spinta in avanti,piu' su...
La vita :"Attraversamento da un
capo all'altro."
Entro
l'arco ci sei tu con gioie e patemi, istinto e riflessione.
Io ho paura. Quel luogo, a forma di
budella, mi riporta alla mente Humbaba, un demone. Gilgamesh lo ha affrontato.
Lo ha ucciso, ha risolto il problema.
Ha scoperto che solo agli dei non è
dato morire.
L'uomo muore piu' volte e ogni volta
soffre di piu'.
Forse sono nell'Ade. Nel buio
totale. I sensi all'erta. Il velo, che adombra gli oggetti nel modo qualunque,
si dilegua e scorgo di piu'.
Vedo larve che non torcono il collo.
Resti di animali rapaci.Una parete
schizzata di rosso.
L'uomo ha lasciato una traccia.
Un vecchio in procinto di
bere.....il latte della saggezza.
Addossata ad una roccia spuntata
una donna...senza
capelli....stagnata....
bloccata dal senso comune. E vermi
giganti.
Sazi di ogni lerciume. E sillabe,
lanciate così.
Attendono mani robuste e restano in
bilico.
Chi
sa dare forma all'informe? Quale voce, dal labirinto emergente, profeta di ciò
che sarà?
E' troppo per me.Torna la paura.
Teseo è avanti, lontano da me. Ho le ali spezzate. C'è un modo per stargli
accanto. Col ritmo del cuore. Le mie gambe, pur ferme, battono il passo, ora
tenace ora incalzante, e le mani, calcanti sui fianchi, sfilano il filo.
Sì, il gomitolo. Lì la salvezza,
nella capacità di sdipanarlo e raggomitolarlo. E intanto scoprire "la
direzione", quella tanto cercata. ”De-rigo” è uscire dal luogo comune,
imposto, egoisticamente rettificato. Voglio “zoppicare”, al modo di Edipo, per
guardare la complessità A quel filo
logico mi aggrappo.
Con l'aiuto di Arianna l'eroe
avanza. Sfingeo, ambiguo nella ricerca. A passi lenti procede, incalzato dal
fascino sottile del dubbio, dalla tensione che gli serra la gola, dal piacere
di essere lì per tentare l'impresa. Teseo si rivela maestro nel dipanare quel
filo. Il suo passo è una danza, un movimento a cadenza perfetta, "un salvataggio ". E' in ballo la vita. E
bisogna procedere col rispetto della giusta misura. Della " danza delle
gru " parla Plutarco. Teseo danza in onore di Arianna, a Delo, imitando il
verso del labirinto.
Le gru....il mistero....il senso
autunnale...l'al di là....
Anche in Omero leggo della danza di
Teseo." Danzavano fila contro fila, una di fronta all'altra. Un movimento
a cerchio. Poi il capo si muove nel senso opposto...."
Non è la danza un momento di estasi,
un attimo di libertà assoluta,
" il dove" tu vuoi?.....
Teseo
impugna un bastone nodoso. Si blocca. S'è imbattuto nell'effigie d'un uomo.
Astuto nel manovrare una coppia di dadi. La somma è sempre quella voluta. Senno
sottilmente scaltrito. Ottiene ciò che desidera. Si ode un rantolo. Un solco si
empie di gocce. A versarle è il suo animo. Lasciato vergine, consunto,
immacolato. Un uomo a metà.
Teseo si sofferma. Solo un attimo.
Le gambe prive di forza. Piu' in là sventola una bandiera. Si legge un dettame,
fa impallidire :" Fidanzati alla luce del sole". Un dettame calzante,
inevitabile. I tempi inquinati. I prelati ci sono, a tirare le briglie, a
recidere cuori.
Se annulli il Silenzio,
se vieti ai due un luogo appartato,
se reprimi il calore che il mistero
del dubbio fomenta,
che ne è dell'amore?.
Non sperdiamo quel poco che resta
con radicali sentenze,
che non approdano a nulla!!!!....
Lì c'è un tale che venera l'Utile.
lo invoca, lo adora e odia il fratello, gli amici, non ricorda l'operato degli
avi, il sangue versato. In nome dell'utile, gli antichi ateniesi castrarono i
Meli, privandoli della loro libertà.
Teseo s'incurva su di uno. Uno
strano, anomalo. Capelli ondulati, lunghi sul collo. Un camice bianco scende e
copre i suoi piedi. Le mani sottili, privi di unghie, aperte a ventaglio. E
quello sguardo su cui leggi i non so e la voglia del sì.
Metodo edipico, da non molti
scoperto.
L'eroe, temprato nella fucina
infernale di un maestro, che gli ha fornito armi vitali, l'animosità e la
razionalità, ode un lamento. Ancora qualche passo.
Pasifae con il figlio: il minotauro.
Piange la madre, piange il figlio.
Ha fame il mostro, di carne umana. Tarda a venire.
La grande Madre si sente colpevole.
Non accetta tanto strazio. Ma non è lei la colpevole. Solo un Dio può rimanere
nell'Eden, dove la Fede impera, dove il grande non s'incaponisce nè lotta per
sè.
Nel recinto dell'essere umano un
miscuglio di odori sapori colori.
All'uomo spetta la scelta.
Teseo ha pietà. Comprende. Nel buio
dell'Ade la luce piu' chiara. E, ritraendo le mani, buttato il bastone in un
canto, convinto che la violenza, comunque operata, è un Male e i suoi dardi
comunque letali, inizia il viaggio all'indietro. Un viaggio senza ferite. Nel
tornare un nodo di gioia.
" Patei mathos ".
Ha appreso la saggezza attraverso il
dolore.
Saggio nel non uccidere l'uomo a
metà.
Lo ha osservato, spiato, accettato.
Saprà Teseo trasmettermi, soffiarmi
l'armonia, appresa nei reconditi accessi...?
Saprò, dopo essere lì sprofondata,
tornare all'indietro, volare senza impennate...?
Sarò forse vagabonda in eterno...?
luciarsi90@gmail.com
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