John William Waterhouse, The Danaides |
PER VISUALIZZARE IL GRECO CLICCA QUI E SCARICA IL FONT HELLENIKA
Difficile è la
datazione[1] delle Supplici che attualizza il mito delle
Danaidi adattandolo alla democrazia ateniese. Incerta, oltre la cronologia, è l'attribuzione
del Prometeo incatenato.
Nel 458 il poeta
ottenne l'ultima vittoria con la tetralogia costituita dalle tre tragedie: Agamennone, Coefore, Eumenidi [2] e dal dramma satiresco, perduto, Proteo. Oltre i sette drammi nominati
sopra, ci sono arrivati centinaia di frammenti, alcuni anche abbastanza estesi.
Dopo la rappresentazione dell'Orestea
[3] Eschilo tornò in Sicilia, dove morì e fu
sepolto, a Gela come si è detto, nel 456.
Che cosa significa
la poesia di Eschilo?
Abbiamo visto che
egli volle considerarsi innanzitutto il soldato di Maratona, uno dei tanti che
combatterono, e contribuirono alla costituzione del nuovo stato attico
riformato dall'Alcmeonide Clistene (arconte nel 508 - 507) e animato dalla
volontà del popolo.
Per dare un'idea della poesia di Eschilo in questa
introduzione riferisco alcuni versi delle Supplici che sviluppano il tema della guerra tra i
sessi e manifestano l'adesione di Eschilo alla democrazia. Quindi commenteremo
le Eumenidi.
Le Supplici costituiva il primo dramma di
una tetralogia che comprendeva gli Egizi,
le Danaidi e il dramma satiresco Amimòne.
Il Manifesto del Partito Comunista [4] di Marx - Engels inizia con l’affermazione
che “La storia di ogni società esistita fino questo momento, è storia di lotte
di classi”. Ebbene, in Eschilo la storia è piuttosto lotta di sessi, di
religioni[5], di culture, di regimi.
Le J Iketivde~, eponime e protagoniste del dramma, formano il Coro secondo il modulo
arcaico. Questa è l’unica tragedia con un protagonista collettivo.
Esse sono le cinquanta figlie di Danao le quali, aujtogenei' fuxanoriva/ (v. 8), per connaturata
avversione all'uomo, fuggono
accompagnate dal padre, volendo evitare le aborrite nozze con i cinquanta
cugini figli di Egitto i quali
le inseguono. Le fanciulle, giunte ad Argo, invocano la protezione
del re del luogo Pelasgo, siccome sono di origine argiva: discendono infatti da
quella Io, figlia del re di Argo Inaco, che era stata resa pazza e trasfigurata
in una mucca[6] assillata
da un tafano in conseguenza dell'amore di Zeus e della gelosia di Era. Una
storia raccontata nel Prometeo incatenato.
Tali fanciulle hanno nel sangue la mostruosità caratteristica dei primordi. "Nella mitologia greca la figura ibrida è, in
generale, un contrassegno di appartenenza a un mondo primitivo"[7].
Queste
odiatrici delle nozze vedono nei cugini pretendenti uno sciame violento, denso
di maschi (ajrsenoplhqh'
d j - eJsmo; n uJbristhvn, vv. 30 - 31) lanciato al loro
inseguimento.
Le cinquanta femmine costituiscono una folla
impaurita, giunta ad Argo con rami avvolti in bende di lana[8] (ejriostevptoisi
klavdoisin,
v. 23).
Esse
chiedono l'aiuto dell’ antenato, Epafo, il divino torello oltremarino (Supplici, vv. 43 - 44) nato in Egitto
dal tocco[9] di
Zeus alla giovenca. Un semidio teriomorfo, identificabile, forse, con il dio - toro
egiziano Api.
Il matrimonio per le Danaidi è sinonimo di orrori [10]: le
fanciulle in preda al terrore assimilano la loro voce a quella di Procne, la
sposa di Tereo (v. 61) trasformata in usignolo dopo che ebbe ucciso il figlio
Iti per punire il marito il quale le aveva violentato la sorella Filomela. Tereo
fu a sua volta mutato in upupa, e la cognata, così barbaramente stuprata, in
rondine. Questo mito raccapricciante, raccontato o richiamato da diversi autori
in varie altre versioni[11] è
emblematico per significare l'orrore di un matrimonio andato a male.
Sono
ricorrenti i paragoni con gli uccelli: nel primo episodio Danao assimila i
maschi inseguitori a falchi, "stirpi
di nemici consanguinei e profanatori" (vv. 225), mentre le ragazze
fuggiasche sembrano colombe atterrite. Viene ripetuto il motivo dell'inimicizia
mortale tra gli uomini e le donne che pure appartengono alla stessa specie.
Un odio
empio, nota subito Eschilo: "come
può restare puro l'uccello che divora l'uccello?" (v. 226).
In
un’altra tragedia (probabilmente) di Eschilo l'aborrimento delle Danaidi per gli
sposi è profetizzato da Prometeo
incatenato che prevede alla loro antenata, la ragazza - giovenca demente,
l'assassinio di quarantanove dei mariti da parte di quarantanove sorelle e la
lodevole eccezione di Ipermestra la quale risparmierà Linceo: "una delle
fanciulle il desiderio sedurrà a non ammazzare lo sposo, e le si smusserà il proposito[12], tra i
due mali preferirà avere fama di debole che di assassina" (Prometeo Incatenato [13] vv. 865
- 868).
Le Supplici di
Eschilo[14] hanno
pure una parte politica che attualizza il mito facendovi entrare la democrazia
Nel primo episodio
entra in scena Pelasgo che si presenta come "capo di quella terra" (v.
251) e avverte che la città non ama i discorsi lunghi (makravn ge me; n dh; rh'sin
ouj stevrgei povli", v. 273).
E' l'affermazione della giusta misura che non può essere ipertrofica. Le
Danaidi quindi raccontano in breve la loro storia e chiedono al sovrano
protezione dai tracotanti cugini che vorrebbero ghermirle. A questo punto
Eschilo adatta il mito alla Costituzione ateniese, pur se il dramma è
ambientato ad Argo, e Pelasgo, sebbene re, rende omaggio alla democrazia
affermando solennemente: "io non posso fare promesse prima - di avere reso
questo problema comune a tutti i cittadini" (vv. 368 - 369).
E quando le barbare Danaidi ribattono: "tu
sei la città, tu incarni il potere del popolo, - signore che non subisce
giudizi" (vv. 370 - 371), il monarca ribadisce: "te l'ho detto anche
prima: senza il popolo non posso agire neppure con il potere che ho" (vv. 398
- 399).
I mito dunque viene
attualizzato, come, vedremo, anche nelle Eumenidi.
Poi Pelasgo aggiunge
che
occorre di sicuro un pensiero profondo,
in grado di dare salvezza (dei' toi baqeiva"
frontivdo" swthrivou), e capace
di scendere nell'abisso, simile a un palombaro, con occhio vigile e non ebbro (vv.
407 - 409). E’ la prima volta che la mente viene paragonata a un abisso. L'ebbrezza
peggiore, da sempre, è quella dei luoghi comuni che offuscano e restringono la
visione mentale. Le metafore, di cui Eschilo fa ampio uso, allargano la mente
incitata a cogliere somiglianze e relazioni tra cose lontane.
Carattere distintivo del potere tirannico è, viceversa,
il fatto tagliare le teste o per lo meno di chiudere la mente dei sudditi non
tollerando alcuna critica e non accettando di subire controlli da nessuno. Anticipiamone
qualche aspetto. Nei Persiani di Eschilo la regina madre
Atossa racconta una sua visione notturna: le appariva in sogno il figlio Serse,
il grande re, che, ponendo le cinghie sotto il collo a due donne (vv. 190 - 191),
le aggiogava al carro: di queste una era vestita con pepli dorici, l'altra
abbigliata alla persiana. Simboleggino la Grecia e la Persia. La seconda si sottomette, mentre
la prima recalcitra, spezza il giogo e travolge il carro. Serse, anche se
sconfitto, comunque non è "uJpeuvquno" povlei" (Persiani, v. 213), tenuto
a rendere conto alla città, come uno stratego eletto dal popolo. Eschilo
contrappone al potere assoluto, cui sottostanno i Persiani, il sistema
democratico di Atene, quando la regina Atossa, dopo avere raccontato il sogno, domanda
ai vecchi dignitari chi sia il pastore e il padrone dell'armata di Salamina. Allora
il corifeo risponde: "ou[tino" dou'loi kevklhntai fwto; " oujd j
uJphvkooi" (Persiani, v. 242), di nessun uomo sono
chiamati servi né sudditi.
“L’opposizione tra
Europa e Asia è rappresentata da Eschilo nei Persiani (472a. C.) con l’immagine
delle due sorelle nemiche, la Dorica e la Persiana. Questa visione sarà
proiettata sulla guerra di Troia, facendo apparire retrospettivamente i Troiani
come “Barbari”[15]. Per molto tempo la nozione di Europa concise con l’autodefinizione che
i Greci davano di se stessi. Nella Grecia delle città una equivalenza è
profondamente radicata: Grecia=Europa=libertà/democrazia; Persia=Asia=schiavitù.
Ma i Greci erano veramente d’accordo su questo punto? In un passo delle sue
Storie, Erodoto sostiene molto chiaramente che prima di Clistene la democrazia
politica era stata “inventata” in Persia da uno dei dignitari persiani
implicati nella congiura che aveva abbattuto l’usurpatore, il falso Smerdis. Erodoto
si lamenta del fatto che i Greci, durante le sue letture pubbliche, non avevano
accettato questa affermazione molto netta e dettagliata (III, 80) ”[16]. Il dignitario persiano in questione è Otane,
l’inventore, o per lo meno l’elogiatore dell’isonomia.
Ad Argo, e in Grecia,
dunque, spiega il re democratico: “la gente tende ad accusare (filaivtio~ lewv~) il potere[17]" (Supplici,
v. 485), e la moltitudine probabilmente commisererà le Danaidi supplici: "e
infatti qualcuno vedendo questi rami, e provando compassione, potrebbe sentire
avversione per la prepotenza del maschio stuolo, e il popolo sarebbe più
benevolo verso di voi: infatti ciascuno ha simpatia per i più deboli" (vv.
486 - 489).
Questa di proteggere
i supplici è una virtù che gli Ateniesi attribuivano a se stessi, ed Eschilo la
riconosce pure agli Argivi dei quali in quegli anni il governo di Atene cercava
l'alleanza in prospettiva antispartana.
Per quanto riguarda
la difesa dei più deboli all’interno della povli~, il Pericle
di Tucidide menziona le leggi che ad Atene, la scuola dell’Ellade[18], non
vengono mai trasgredite: "o{soi te ejp j wjfeliva tw'n ajdikoumevnwn kei'ntai kai; o{soi
a[grafoi[19] o[nte" aijscuvnhn
oJmologoumevnhn fevrousin" (Storie, II, 37, 3) quante sono poste a tutela di chi subisce
ingiustizia, e quante, sebbene non scritte, sanciscono un disonore riconosciuto
da tutti.
In effetti, al
momento della votazione, "tutto il popolo votò alzando la mano
favorevole" (Eschilo, Supplici, v.
607) alla proposta presentata dallo stesso re Pelasgo di aiutare le ragazze
vessate, non solo per pietà verso di loro, ma anche per schivare l'ira di
"Zeus che protegge i supplici" (v. 616) ed evitare "la doppia
contaminazione"
(diplou'n mivasma, v. 619) che sarebbe derivata dal respingere giovani donne bisognose di protezione,
straniere, quindi ospiti, e, al tempo stesso, concittadine per la loro origine.
L'aiuto alle fanciulle raccomandato da Pelasgo
con un breve discorso, venne dunque approvato dal popolo cersivn (v. 621), con alzata di mani, senza bisogno
dell’araldo (a[neu
klhth'ro~, v. 622) che chiamasse
per nome.
“Nelle Supplici di Eschilo (463 - 461?) …è
rappresentata un’assemblea dei cittadini di Argo, presieduta dal re Pelasgo, che
decide all’unanimità, e con alzata di mano (della “dominante mano del popolo”, la
démou kratoûsa cheίr), di
concedere asilo alle Danaidi in fuga. Il poeta evita certo l’anacronismo di
usare il termine formale di democratίa
per epoca mitica, una procedura così caratteristica per la sua evidente quantificabilità e la valorizzazione del
volere dell’uomo comune (una mano vale l’altra). E mentre fa spazio a una
procedura tipica della sua città, Eschilo allude anche accortamente, e senza
anacronismi troppo marcati, al regime al suo tempo vigente in Argo (forma
democratica, con un vertice monarchico privo di particolari poteri) ”[20].
Del resto fu Zeus
stesso a portare a termine l’operazione (v. 624).
Qui vediamo la fede
nella democrazia, in Zeus, e la volontà di osservare le regole avite che prescrivevano di onorare e riverire i numi, i genitori,
e gli stranieri non ostili.
Tale codice tripartito viene ricordato dal
coro delle Danaidi: gli
ospiti, gli dèi, il padre e la madre devono essere venerati o almeno rispettati:
"infatti il rispetto dei genitori (tokevwn sevba~) è la terza tra le leggi scritte della Giustizia venerandissima" (vv.
707 - 709). “La quarta ed ultima strofe intima, infine, i tre grandi
comandamenti: rispetto per i diritti degli stranieri.
Nelle Eumenidi, le Erinni che incalzano il
matricida, lo minacciano di trascinarlo tra i grandi peccatori: quanti si sono resi
colpevoli verso un dio, o un ospite o hanno mancato di rispetto ai genitori[21] (vv. 269 - 271).
“Nell’ordine dei
valori morali proposti dalla società greca arcaica e classica l’onore reso ai
genitori viene subito dopo quello prestato agli dèi: ved. p. es. Pindaro, Pyth. 6 - 26 - 7 (e scolio ad. loc.) ; Euripide, Tr. GF V, fr. 853 Kannicht; Senofonte, Mem. IV 4, 19. Le colpe contro i
genitori nella mentalità religiosa del tempo erano considerate inespiabili anche
dopo la morte: Eschilo, Eum. 721; Platone,
Phd. 114 a, Resp. 615 c…. Invece, nel comico “mondo alla rovescia” degli
uccelli, battere il padre è considerato un atto onorevole (p. es. Aristofane, Au. 755 - 9) ”[22].
Il
coro delle Danaidi minaccia il suicidio per impiccagione prima che un uomo
esecrato si avvicini al suo corpo (vv. 788 - 790). Pelasgo " è mosso
anzitutto dal timore religioso di Zeus che protegge le Supplici"[23]. Infatti
il re di Argo avverte l'araldo degli Egizi che potrà portare via le donne solo
se un discorso pio riuscirà a persuaderle (ei[per eujsebh; " pivqoi lovgo", v. 941).
L'intelligenza e la moralità devono succedere alla violenza nel rapporto tra i
sessi.
Nelle Supplici
si tratta di evitare una sorta di endogamia, uno dei tabù della razza umana, ma
la lotta tra maschi e femmine è un tema caro ad Eschilo: lo svilupperà
compiutamente nell'Orestea dove vi
prenderanno parte anche gli dèi facendo trionfare il patriarcato.
continua
[1]
Si può pensare a una collocazione tra il 463 e il 461.
[2]
L'unica trilogia del teatro greco giunta fino a noi.
[3]
Così viene chiamata per convenzione la trilogia a noi pervenuta.
[4]
Pubblicato nel febbraio del 1848.
[6]
Cfr. Io…iam satis obsita, iam bos (Eneide, VII; 789 - 790), Io già
coperta di peli, già vacca.
[7]K.
Kerényi, Miti e misteri, p. 45.
[8] Questo è il segno dei supplici anche nell’incipit
dell’Edipo re che comincia con queste
parole del figlio di Laio: “ O figli, nuova stirpe dell'antico Cadmo/quali
seggi mai sono questi dove state seduti/con i supplici rami incoronati?"
(vv. 1 - 3).
[9]
Cfr. ejfavptw, "metto
la mano sopra".
[10]
Cfr. la scheda Espressioni
contrarie alle nozze
successiva al v. 554 della Medea.
[11] Ne fa un lungo racconto in esametri Ovidio nelle Metamorfosi (VI, 426 - 674) cui allude Eliot per significare la
decadenza del mito nella ricezione degli uomini moderni: "The change of Philomel, by the barbarous
king/So rudely forced; yet there the nightingale/Filled all the desert with
inviolable voice/And still she cried, and still the world pursues, /'Jug Jug'
to dirty ears " (The Waste Land,
vv. 99 - 103), la metamorfosi di Filomela, dal barbaro re così brutalmente
forzata; eppure là l'usignolo riempiva tutto il deserto con voce inviolabile, e
ancora ella piangeva e ancora il mondo continua 'Giag Giag' a orecchie sporche.
Il canto della voce inviolabile di Filomela è degradato e dissacrato, poiché
suona oramai solo naturalisticamente come un "giag giag" per le
orecchie inquinate del mondo contemporaneo.
[12]
Diversamente da Medea!
[13]
Di data incerta. Non è sicura nemmeno la paternità eschilea, per la quale
comunque io propendo.
[14]
Le Supplici di Euripide contengono
una parte politica più ampia, come vederemo nella scheda sul tiranno successiva
al v. 120 della Medea.
[15]
In particolare nell’ Ifigenia in Aulide
di Euripide (n. d. r).
[16]
L. Canfora. La democrazia. Storia di
un’ideologia, p. 17.
[17]
Grazie alla parrhsiva.
[18]
Cfr. Tucidide, Storie, II, 41.
[19] Corrispondono agli "a[grapta kajsfalh' qew'n -
novmima",
i diritti non scritti e non cancellabili degli dèi anteposti da Antigone agli
editti di Creonte (Antigone, vv. 454
- 455).
[20]
D. Musti, Storia greca, p. 333.
[21] Un’anticipazione di questo codice si trova in Esiodo.
La prima fase dell’età del ferro è quella in cui visse l’autore il quale
depreca il tempo della propria nascita. Il gevno~ sidhvreon
(Opere e giorni, v. 176) è
contrassegnato da fatica e miseria e duri affanni. Eppure tra i mali si
troveranno misti dei beni. Più avanti però Zeus distruggerà anche questa razza
e, nella bassa età del ferro, i beni spariranno del tutto. Allora gli uomini
nasceranno con le tempie bianche (poliokrovtafoi, v.
181), i figli non saranno simili al padre, né il padre ai figli, i quali
oltraggeranno i genitori che invecchiano, l’ospite non sarà caro all’ospite, né
il compagno al compagno, nemmeno il fratello, come prima.
[22]
Avezzù - Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 356 e p. 357.
[23]M.
Pohlenz, La tragedia greca, p. 21.
Quanto dobbiamo ancora imparare dalla cultura Greca antica e da queste opere .A volte vorrei essere un'antica Greca solo per andare ogni giorno a teatro. Invece sono una schiava moderna. Domenica 25 verrò assolutamente alla tua conferenza in medioteca a San Lazzaro Gianni,Con affetto Giovanna Tocco perchè da te imparo sempre.
RispondiElimina