NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 3 ottobre 2015

Introduzione alla tragedia greca. Parte X

Siegmund Freud
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Concludiamo questa introduzione con un’idea di Freud sull’eroe e sull’origine della tragedia. Freud presenta un catalogo di eroi: “ I nomi più noti della serie che comincia con Sargon, sono Mosè, Ciro e Romolo. Oltre ai quali, tuttavia, Rank[1] ha raccolto un grande numero di figure eroiche appartenenti alla poesia o alla leggenda, cui viene attribuita, interamente o in frammenti ben riconoscibili, la stessa vicenda giovanile: Edipo, Karna, Paride, Telefo, Perseo, Eracle, Gilgamesh, Anfione e Zeto, e altri…Eroe è colui che coraggiosamente si leva contro il padre e alla fine lo supera vittoriosamente. Il nostro mito insegue questa lotta nella preistoria individuale, perché fa nascere il bambino contro la volontà del padre e lo fa salvo nonostante le cattive intenzioni di questi. L’esposizione nella cassetta è una inconfondibile raffigurazione simbolica della nascita: la cassetta è il grembo materno, l’acqua è il liquido amniotico…Nella forma tipica della leggenda la prima famiglia, in cui il bambino nasce, è nobile, il più delle volte regale; la seconda, in cui il bambino cresce, è umile o decaduta…Solo nella leggenda di Edipo questa differenza scompare. Il bambino esposto da una famiglia regale è accolto da un’altra coppia regale[2]”.
Nel terzo saggio di L’uomo Mosè e la religione monoteistica[3], Freud richiama alcune affermazioni di Totem e tabù (1912 - 1913) : “La mia costruzione si fonda su un asserto di Charles Darwin e comprende una congiuntura di Atkinson[4]. Essa dice che in tempi primitivi l’uomo primigenio viveva in piccole orde…Il maschio robusto era signore e padrone di tutta l’orda, il suo potere, che esercitava con violenza, non aveva limiti. Tutte le femmine erano sua proprietà, sia le donne e le figlie della sua orda, sia forse quelle rapite ad altre orde. Il destino dei figli era crudele; quando essi suscitavano la gelosia del padre, venivano trucidati o evirati o espulsi”[5]. Gli espulsi formarono altre orde. I più piccoli restarono nella prima orda, protetti dalla madre prima, poi cercando di succedere al padre. Successivamente quelli scacciati unirono le loro forze “per sopraffare il padre e, secondo il costume di quei tempi, lo divorarono crudo”[6]. Al parricidio seguirono le lotte per l’eredità paterna, poi “persuasisi dei pericoli e dell’infruttuosità di queste lotte” i fratelli addivennero “a una sorta di contratto sociale. Nacque così la prima forma di organizzazione sociale, con la rinuncia pulsionale, il riconoscimento di obbligazioni reciproche, la fondazione di determinate istituzioni dichiarate inviolabili (sacre), dunque gli inizi della morale e del diritto. Il singolo rinunciò all’ideale di acquisire per sé la posizione del padre, rinunciò al possesso della madre e delle sorelle. Di qui il tabù dell’incesto e l’imposizione dell’esogamia”.
Buona parte del potere assoluto tolto al padre passò alle donne, e “venne il tempo del matriarcato…In questo periodo di “alleanza fraterna”, la memoria del padre sopravvisse. Si trovò come sostituto un animale robusto…Nel rapporto con l’animale totemico fu mantenuta interamente la dicotomia originaria della relazione emotiva col padre (ambivalenza) ”. In sintesi il totem in un primo tempo era venerato poi “veniva ucciso e consumato da tutti i membri della tribù riunitisi insieme…Questa grande festa era in realtà una celebrazione trionfale della vittoria riportata sul padre dai figli che avevano stretto un’alleanza tra loro”[7]. A questo punto interviene la religione: “Al posto degli animali subentrarono dèi umani, della cui derivazione dal totem non si fa mistero. Il dio è ancora raffigurato o in forma animale o almeno con faccia d’animale, oppure il totem diviene il compagno preferito del dio…Si era frattanto compiuto un grande rivolgimento sociale. Il matriarcato era stato sostituito dal ristabilirsi di un ordine patriarcale. I nuovi padri non raggiunsero in verità mai il potere assoluto del padre primordiale; erano in molti e vivevano associati in raggruppamenti più grandi dell’orda di un tempo; dovevano mantenere buoni rapporti reciproci ed erano limitati da norme sociali”. Ma torniamo alla religione: “E’ verosimile che le divinità materne avessero origine al tempo della restrizione del matriarcato, per compensare le madri messe in disparte. Le divinità maschili apparvero dapprima come figli accanto alle grandi madri, e solo dopo assunsero nettamente i tratti di figure paterne. Questi dèi maschili del politeismo rispecchiano i rapporti dell’epoca patriarcale. Sono numerosi, si limitano a vicenda, occasionalmente sono subordinati a un dio supremo che li sovrasta. Il passo successivo, però, conduce al tema di cui ci stiamo occupando, ossia al ritorno di un solo dio - padre, unico e illimitato signore”[8].
Freud pensa che il monoteismo fu introdotto tra gli Ebrei da Mosé, un Egiziano seguace della religione voluta da Amenofi IV, che era “salito al trono intorno al 1375 a. C. ”[9] e adorava “il sole (Atòn) non come oggetto materiale ma come simbolo di un essere divino la cui energia si manifestava appunto nei raggi”[10] solari. Il faraone eretico si cambiò il nome in Ekhanatòn cancellando la presenza del dio Amòn dal culto, dalla propria persona e da tutte le iscrizioni.
“Si trattava di un rigoroso monoteismo, il primo tentativo del genere nella storia mondiale, per quanto ne possiamo sapere; e con la fede in un unico dio nacque inevitabilmente l’intolleranza religiosa, sconosciuta all’antichità prima di allora e per molto tempo dopo. Ma il regno di Amenofi durò solo diciassette anni; subito dopo la sua morte, avvenuta nel 1358, la nuova religione fu spazzata via, e la memoria del re eretico proscritta…Vorrei adesso arrischiare una conclusione: se Mosè fu Egizio e se egli trasmise agli Ebrei la propria religione, questa fu la religione di Ekhanatòn, la religione di Atòn”[11]. Freud cerca di avallare questa tesi con vari indizi: entrambe le religioni “sono forme di rigido monoteismo”; inoltre “l’assenza nella religione ebraica di una dottrina concernente l’aldilà e la vita ultraterrena, che pure, sarebbe stata compatibile col più rigoroso monoteismo” corrisponde al rifiuto di tale presenza anche nella religione di Ekhnatòn che “aveva bisogno di combattere la religione popolare nella quale il dio dei morti Osiride aveva forse una parte maggiore di quella di ogni altro dio del mondo superiore”. Terzo indizio: Mosè introdusse presso gli Ebrei “la consuetudine della circoncisione”[12]. Ebbene: “Erodoto, il “padre della storia”, ci informa che la consuetudine della circoncisione era da lungo tempo familiare in Egitto”. Dunque Mosè “non era ebreo ma egizio, e allora la religione mosaica fu probabilmente una religione egizia” [13]. Arriviamo infine alla religione cristiana e torniamo alla tragedia greca. “Vaste porzioni del passato, che qui sono concatenate in un tutto, sono storicamente attestate, come il totemismo e le alleanze maschili. Altre si sono conservate in ripetizioni illustri. Così più di un autore ha fatto osservare quanto fedelmente il rito della comunione cristiana, in cui il credente incorpora in forma simbolica il sangue e la carne del suo dio, ripeta il senso e il contenuto dell’antico pasto totemico”[14]. Con il monoteismo si ebbe “ la reintegrazione del padre primigenio nei suoi diritti storici”, quindi “ anche altri pezzi della tragedia preistorica premevano per il riconoscimento... Si direbbe che un crescente senso di colpa s’impadronì del popolo ebraico, e forse dell’intero mondo civile di allora, precorrendo il ritorno del materiale rimosso. Da ultimo un uomo venuto da questo popolo ebraico, prendendo a giustificare un agitatore politico - religioso, fiornì l’occasione che provocò il distacco di una nuova religione, quella cristiana, dall’ebraismo. Paolo, un ebreo romano di Tarso, ricuperò questo senso di colpa riconducendolo correttamente alla sua prima fonte storica. Chiamò questa il “peccato originale”; si trattava di un delitto contro Dio, che solo con la morte poteva essere espiato…In effetto questo delitto meritevole di morte era stato l’uccisione del padre primigenio, successivamente deificato. Ma non si ricordava l’assassinio, si fantasticava piuttosto la sua espiazione, e perciò questo fantasma poteva essere salutato come un messaggio di redenzione (vangelo). Un figlio di Dio si era fatto uccidere innocente e così facendo aveva preso su di sé la colpa di tutti. Doveva trattarsi di un figlio, essendo stata compiuta l’uccisione del padre…Il fatto che il redentore si fosse sacrificato senza colpa era una deformazione palesemente tendenziosa, che offriva difficoltà all’intelligenza logica: come può infatti, chi è innocente dell’assassinio prendere su di sé la colpa degli assassini consentendo di essere ucciso? Nella realtà storica tale contraddizione non si dava. Il “redentore” non poteva essere altri che il primo colpevole, il caporione della banda dei fratelli che avevano sopraffatto il padre”. Può essere, continua Freud, che il caporione primigenio non ci sia effettivamente stato; in ogni caso ciascuno della banda dei fratelli avrebbe voluto commettere il misfatto. “Pertanto, se non vi fu tal condottiero, Cristo è l’erede di una fantasia di desiderio rimasta inappagata; se vi fu, Cristo ne è il successore e la reincarnazione. Comunque sia, fantasia o ritorno di una realtà dimenticata, in questo punto va ritrovata l’origine della rappresentazione dell’eroe: l’eroe che sempre si ribella al padre e in qualche forma lo uccide. Qui sta anche il vero fondamento della “colpa tragica” dell’eroe nel dramma, altrimenti difficilmente dimostrabile. E’ quasi certo che l’eroe e il coro della tragedia raffigurano questo stesso eroe ribelle e la banda dei fratelli, e non è senza significato che nel Medioevo il teatro riprenda a vivere con la rappresentazione della storia della Passione”[15]. Concludo riferendo le differenze che Freud fa notare tra la religione ebraica e quella cristiana: “Il giudaismo era stato una religione del padre, il cristianesimo diventò una religione del figlio”. Inoltre: “La religione cristiana non mantenne l’altezza spirituale cui si era innalzato il giudaismo. Non era più strettamente monoteistica, assunse dai popoli circostanti numerosi riti simbolici, ripristinò la grande divinità materna e trovò spazio per collocare, seppure in posizione subordinata, molte figure del politeismo, dissimulate appena…Il trionfo del cristianesimo fu una nuova vittoria dei sacerdoti di Ammone sul dio di Ekhnatòn dopo un intervallo di millecinquecento anni e su una scena più vasta”[16].
Sentiamo G. Steiner: “ Nel politeismo, dice Nietzsche, consisteva la libertà dello spirito umano, la sua poliedricità creativa. La dottrina di una singola divinità…è “il più mostruoso di tutti gli errori unani” (“die ungeheuerlichste aller menschlichen Verirrungen”). In una delle sue ultime opere, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, Freud attribuì questo “errore” a un principe e veggente egiziano del casato disperso degli Ikhnaton. Molti si sono chiesti perché abbia cercato di togliere dalle spalle del suo popolo quel supremo fardello di gloria…Uccidendo gli ebrei, la cultura occidentale avrebbe sradicato quelli che avevano “inventato” Dio…L’Olocausto è un riflesso, ancor più completo in quanto lungamente inibito, della coscienza sensoriale naturale, degli istintivi bisogni politeistici e animistici… Quando, durante i primi anni di regime nazista, Freud cercava di scaricare su spalle egiziane la responsabilità dell’ “invenzione” di Dio, stava facendo, pur forse senza averne piena coscienza, una disperata mossa propiziatoria, sacrificale. Stava tentando di strappare il parafulmine dalle mani degli ebrei. Troppo tardi. La lebbra della scelta di Dio - ma chi aveva scelto chi? - era troppo visibile su di loro…
Insomma l’antico e il nuovo Testamento propongono e ordinano ideali impraticabili
Anche il marxismo ha riproposto ideali troppo difficili da praticare.
“Anche quando si proclama ateo, il socialismo di Marx, di Trockij, di Ernst Bloch discende direttamente dall’escatologia messianica. Nulla è più religioso, nulla si avvicina al sacro furore di giustizia dei profeti più della visione socialista che contempla la distruzione della Gomorra borghese e la creazione per l’uomo di una città nuova e pura… Monoteismo del Sinai, cristianesimo primitivo, socialismo messianico: sono i tre momenti supremi in cui la cultura occidentale viene posta di fronte a quelle che Ibsen chiamava “pretese dell’ideale…. l’ideale continuava a bussare a insistere con forza terribile e molesta. Tre volte la sua eco si diffuse, e ogni volta dallo stesso centro storico. (Alcuni politologi calcolano che la percentuale degli ebrei coinvolti nello sviluppo ideologico del socialismo messianico e del comunismo si aggiri sull’80 per cento). Tre volte il giudaismo lanciò un appello alla perfezione e cercò di imporlo al corso normale della vita occidentale. Una profonda avversione si radicò nel subconscio sociale, presero forma rancori omicidi…Noi odiamo in sommo grado coloro che ci propongono un modello, un ideale, una promessa visionaria che non siamo in grado, pur tendendo i muscoli all’estremo, di raggiungere…Nella sua esasperante “estraneità”, nella sua accettazione della sofferenza come condizione di un patto con l’assoluto, l’ebreo divenne, per così dire, la “cattiva coscienza” della storia occidentale…Scagliandosi contro gli ebrei, il cristianesimo e la civiltà europea si scagliarono contro l’incarnazione - sia pur spesso indocile e inconsapevole - delle proprie speranze più alte…Nell’Olocausto vi fu sia un folle castigo, uno sferrar colpi alla cieca contro le intollerabili pressioni della visione idealistica, sia una larga componente di automutilazione. La società europea moderna, laica, materialista, bellicosa, cercava di estirpare, da sé stessa e dal proprio bagaglio ereditario, germi d’ideale arcaici, ormai ridicolmente obsoleti e tuttavia in certo qual modo inestinguibili. L’accezione nazista di “parassiti” e “disinfestazione” rivela brutalmente la natura infetta della moralità. Uccidiamo l’esattore, uccidiamo colui che ci ricorda la somma dovuta, e l’annoso debito sarà estinto. Il genocidio che si consumò in Europa e in Unione Sovietica negli anni 1936 - 45 (l’antisemitismo sovietico fu forse la manifestazione più paradossale dell’odio che la realtà nutre contro l’utopia naufragata) … fu l’attuazione di un impulso suicida della civiltà occidentale; fu un tentativo di livellare il futuro o, più precisamente, di rendere la storia commisurata alla naturale barbarie, al torpore intellettuale e agli istinti materiali dell’uomo non evoluto. Usando metafore teologiche…è possibile dire che l’olocausto ha rappresentato un secondo peccato originale…Con il tentativo maldestro di uccidere Dio e il tentativo quasi perfettamente riuscito di uccidere quelli che l’avevano “inventato”, la civiltà entrò, esattamente come Nietzsche aveva predetto, nella “notte sempre più notte”[17]



continua




[1] Nella pagina precedente Freud dà questo chiarimento “Nel 1909 Otto Rank - allora subiva la mia influenza - pubblicava per mio incitamento uno scritto dal titolo Il mito della nscita dell’eroe. ”
[2] S. Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, primo saggio, in Freud Opere, 1930 - 1938, pp. 340 - 342..
[3] E’ l’ultimo scritto di Freud, insieme con il Compendio di psicoanalisi del resto incompiuto. Uscirono entrambi nel 1938. nota p. 26
[4] C. Darwin, The Descent of the Man (Londra 1871) vol. 2, pp. 362 sg.; J. J. Atkinson, Primal Law, nel volume a cura di A. Lang, “Social Origins” (Londra 1903) pp. 220 sg.
[5] S. Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, terzo saggio, in Freud Opere, 1930 - 1938, p. 403.
[6] S. Freud, Op. cit., p. 404.
[7] S. Freud, Op. cit., p. 405.
[8] S. Freud, Op. cit., p. 405.
[9] S. Freud, Op. cit., secondo saggio, p. 349
[10] S. Freud, Op. cit., secondo saggio, p. 350.
[11] S. Freud, Op. cit., secondo saggio, p. 353.
[12] Più avanti (Terzo saggio, p. 439) Freud ne dà un’interpretazione: “La circoncisione è il sostitutivo simbolico dell’evirazione, che un tempo il padre primigenio nella pienezza del suo potere assoluto aveva inflitto ai figli; chi accettava questo simbolo, mostrava con ciò di essere pronto a sottomettersi al volere del padre se questi gli imponeva il sacrificio più doloroso”.
[13] S. Freud, Op. cit., secondo saggio, p. 355.
[14] S. Freud, Op. cit., terzo saggio, p. 408.
[15] S. Freud, Op. cit., terzo saggio, p. 409.
[16] S. Freud, Op. cit., terzo saggio, p. 410.
[17] Gerorge Steiner, Nel castello di Barbablù, p. 39 sgg. 

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