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18 ottobre
Esporrò il contenuto dell’opera giovanile di Nietzsche, La nascita della tragedia (1872) che
analizza la civiltà greca dalle origini
all’ellenismo, con particolare riguardo a Omero, Archiloco, Eschilo, Sofocle,
Euripide, Anassagora, il Socrate di Platone, la commedia nuova di Menandro e la
cultura alessandrina in generale.
Chiarirò i concetti chiave di Apollineo e Dionisiaco e
indicherò i nessi con la filosofia di Schopenhauer, con la filologia e la
letteratura dell’Ottocento tedesco, e con la musica di Wagner.
Se non sarò sufficiente un incontro e il primo piacerà,
potremo tenerne un secondo
Vorrei esporre La
nascita della tragedia di Nietzsche come opera di un filosofo che partendo dalla letteratura
greca, raffigura il quadro di un’intera civiltà, creando categorie ancora
valide a spiegare diversi aspetti della storia culturale del nostro continente.
Nel riferire i contenuti di questo libro chiarirò i nessi indicati dall’autore
con le tragedie greche e con altre espressioni artistiche degli autori europei.
Utilizzerò la
traduzione italiana dell’amico Sossio Giametta, il massimo esperto
italiano di Nietzsche (Adelphi, Milano, 1972).
La nascita della
tragedia
Tentativo di autocritica (dell’autore, 1886)
E’ un libro inficiato dalla prolissità della giovinezza, un
libro arrogante ed esaltato
che fin dall’inizio si isola dal profanum
vulgus delle persone colte ancora più che dal popolo.
Che cosa è dionisiaco? Rapporto del Greco con il dolore, E’
dal dolore che si è sviluppato il desiderio di bellezza, di feste, di
divertimenti.
-Pericle (o Tucidide)
ce lo lascia intendere nel grande discorso funebre ndr-
Ma allora la tragedia con i suoi orrori da cosa discende?
Forse da salute straripante? Nella ricchezza della gioventù i Greci ebbero la volontà
del tragico. Fu la follia, come scrive Platone (Fedro 244a) a portare le maggiori benedizioni.
I Greci divennero invece sempre più ottimistici e
superficiali nel tempo della loro dissoluzione e debolezza, divennero
istrionici, smaniosi per la logica e la logicizzazione del mondo, Subentrò
l’ottimismo, l’utilitarismo, la razionalità. Epicuro fu ottimista in quanto
sofferente. Divennero più scientifici.
-Leopardi nello Zibaldone
scrive “La scienza è nemica della grandezza delle idee, benché abbia smisuratamente
ingrandito le opinioni naturali (1464)-
Nel libro ritorna più
volte l’allusiva frase che solo come fenomeno estetico l’esistenza del mondo è
giustificata.
Il libro vede un dio
artista del tutto noncurante e immorale che creando si libera dalla
sovrabbondanza e dalla sofferenza dei contrasti che lui contiene. Il mondo è la
liberazione di Dio. Nel libro c’è una
tendenza antimorale: la morale è trattata come parvenza e inganno. Il
cristianesimo è trattato con un silenzio cauto e ostile. Il cristianesimo
respinge ogni arte nella categoria della menzogna. In questa ostilità Nietzsche
ha sentito una rabbiosa vendicativa avversione alla vita stessa che riposa
sull’arte. Il Cristianesimo è nausea e sazietà della vita, mascherata con la
fede in un’altra vita. Paura della bellezza e della sensualità, un aldilà
inventato per meglio calunniare l’aldiqua, un’aspirazione al nulla, alla fine,
al riposo, al sabato dei sabati.
-Tacito sui Cristiani: Annales
XV, odio umani generis convicti
sunt…exitiabilis superstitio.-
-Leopardi: “il principio delle cose è il nulla” (Zibaldone,
1464-)
Davanti a questo panmoralismo cristiano, la vita deve avere
torto in quanto essa è immorale. Questo no alla vita presenta la vitastessa
come cosa indesiderata.
La morale è un principio di decadenza, un istinto
distruttivo.
Il mio istinto che parla in favore della vita si mosse con
questo mio libro contro la morale. La mia è una valutazione artistica, dunque
anticristiana.. E’ la valutazione dionisiaca.
Allora non osai usare
un linguaggio mio proprio e impiegai formule schopenhaueriane e kantiane per
valutazioni che non c’entravano con quei filosofi.
Schopenhauer scrisse
che lo spirito tragico deve condurre alla rassegnazione. Ma Dioniso a me
parlava in modo diverso. Sicché ho sciupato le mie intuizioni dionisiache con
quelle formule. Favoleggiai di spirito tedesco che invece abdicava alla volontà
(goethiana?) di dominare l’Europa sotto il pomposo pretesto della fondazione di
un impero
La musica tedesca del resto è romantica, la meno greca
possibile ed è corruttrice di nervi, pericolosa per un popolo che ama ilo bere
e onora l’oscurità come virtù. Come dovrebbe essere fatta la musica dionisiaca?
Nietzsche immagina un’obiezione: non è necessaria all’uomo tragico
la tragedia come arte della consolazione
metafisica?
No, risponde N. : sono i romantici che finiscono
metafisicamente consolati, ossia cristiananente consolati.
I giovani devono imparare a ridere come insegna Zarathustra,
il lieve, il danzatore che pronto a spiccare il volo, intanto ammicca a tutti
gli uccelli, beato nella sua levità. “Io ho santificato il riso; uomini
superiori, imparate a ridere! (Così parlò Zarathustra
parte IV, dell’uomo superiore)
Leggiamo quanto scrive Nietzsche in uno dei Frammenti
Postumi :"Schopenhauer sbaglia quando fa di certe opere d'arte
uno strumento del pessimismo. La tragedia non insegna la
"rassegnazione". Il rappresentare le cose terribili e problematiche è
esso stesso già un istinto di potenza e di magnificenza nell'artista: egli non
le teme. Non c'è un'arte pessimistica. L'arte afferma"[1].
Prefazione a Richard Wagner da Basilea fine d’anno del 1871
Nel frontespizio c’è Il Prometeo liberato. L’arte non è un
tintinnio di sonagli di fronte alla serietà dell’esistenza, ma il compito più
alto e la vera attività metafisica di questa vita.
La nascita della
tragedia (1872)
I capitolo (pp. 21-26)
Lo sviluppo dell’arte è legato alla duplicità dell’apollineo
e del dionisiaco, come la generazione alla dualità dei sessi, in una continua
lotta e riconciliazione periodica.
Apollo significa l’arte dello scultore e Dioniso l’arte non
figurativa della musica.
Quando questi due impulsi artistici si accoppiano, nasce la
tragedia attica. I fenomeni fisiologici corrispondenti sono il sogno e
l’ebbrezza.
N. menziona Lucrezio (De
rerum natura, V, 1169-1182) quando scrive che gli uomini già nei tempi
remoti vedevano da svegli, e ancora di più nei sogni (et magis in somnis) le straordinarie immagini degli dèi (egregias facies deum).
N. poi cita i Maestri
cantori[2]
dove Hans Sachs dice che ogni poesia è interpretazione di sogni.
Il mondo dei sogni è il presupposto di ogni arte figurativa
e di parte essenziali della poesia. Ma il sogno è illusione, anzi l’uomo
filosofico ha il presentimento che questa realtà che viviamo ne copra un’altra
più reale.
Schopenhauer sostiene che segno dell’attitudine filosofica è
vedere tutte le cose come meri fantasmi e immagini di sogni (cfr. Pindaro, Pitica VIII, 95-96 "skia``~ o[nar-a[nqrwpo~”, sogno di ombra è l’uomo).
L’artista si spiega la vita in base a queste immagini e
le vive come reali, non senza però la coscienza dell’illusione. C’è comunque il
piacere del sogno.
Il dio dei sogni è Apollo. Egli è il risplendente, la divinità della
luce, secondo la sua etimologia.
Apollo Liceo
-Forse N. etimologizza l'epiteto di Apollo Luvkeio~ con luvkh,
(luce crepuscolare), ma Luvkeio~
significa della Licia o dei lupi (luvko~). Cfr. Edipo
re
di Sofocle, "Signore Liceo (Luvkei j anax)/io
vorrei che dalle funi d'oro intrecciato/fossero scagliati dovunque i tuoi dardi
indomabili. (vv. 203-205).."-luvkei (e): è da collegarsi a luvko", lupo.
Nell'Elettra
(v.6) Sofocle chiama Apollo "lukoktovno" qeov"",
il dio uccisore dei lupi. Chi sono i lupi? Probabilmente gli uomini empi e
sfrontati, i demagoghi rapaci e guerrafondai.
Il coro de I sette a Tebe (v.145 e
sgg.) invoca Apollo con il grido "luvkei j a[nax, luvkeio" genou'" signore
liceo, diventa liceo, ossia distruggi l'esercito aggressore, fagli pagare i
nostri lamenti.
Plutarco nella Vita di Solone ricorda che è usanza
antica per gli Ateniesi combattere contro i lupi,: “ ajrcai`on de;
toi`~ j Aqhnaivoi~ to; polemei`n toi`~
luvkoi~”
(23, 4), poiché essi hanno un territorio adatto più al pascolo che
all’agricoltura.
Torniamo a Nietzsche: Le immagini
del sogno appaiono meno imperfette della realtà quotidiana “solo lacunosamente
intelligibile”, quindi sono in rapporto simbolico con le arti (cfr. Freud).
Le immagini apollinèe sono
differenti dalla realtà grossolana: manifestano la calma piena di saggezza e
l’occhio solare del dio plastico dal quale spira la solennità della bella
parvenza.
Può valere per Apollo quanto scrive Schopenhauer dell’uomo
irretito nel velo di Maia “il velo ingannatore che avvolge gli occhi dei
mortali” (Il mondo come volontà e
rappresentazione, p. 35).
Sch. cita Pindaro
(cfr. supra) e l’Aiace di Sofocle ( oJrw` ga;r hJma`~ oujde;n o[nta~ a[llo
plh;n-ei[dwl j o{soiper zw`men, h] koufvhn skiavn” vv. 125-126), vedo
che noi, quanti viviamo, non siamo altro che fantasmi e vana ombra.
La lezione di Schopenhauer
N. cita Sch: “come sull’infuriante mare che ululando innalza
montagne d’onde, un navigante siede su un battello confidando nella debole
imbarcazione; così l’indiduo sta placidamente in mezzo a un mondo di affanni,
appoggiandosi fidente nel principium
individuationis” (Il mondo come
volontà, IV, 63, p. 463). Il velo di Maia è il fenomeno, ingannevole.
Infatti “Una e identica volontà è quella che in tutti vive e
si manifesta, ma le sue manifestazioni si combattono e si dilaniano a vicenda”
(III, 51, p. 341). Alla fine delle tragedie vediamo nei più nobili caratteri la
rassegnazione, la rinunzia agli scopi perseguiti, all’intera volontà di
vivere. Così Amleto, così Margherita nel
Faust, così la Fidanzata
di Messina. Muoiono tutti purificati dal dolore (p. 341)
Torniamo a N. che ha un’altra opinione del Principium individuationis: Apollo è “la
magnifica immagine divina del Principium
individuationis” In lui si vede tutta la gioia, la saggezza e la bellezza
della parvenza (p. 24)
Il dionisiaco è la negazione del Pr. ind.
Il dionisiaco ha
analogia con l’ebbrezza. Con il dionisiaco “l’elemento soggettivo svanisce in
un completo oblio di sé”.
Nel medioevo tedesco
schiere di persone si agitavano sotto lo stesso potere dionisiaco cantando e
danzando. Erano i danzatori di San Giovanni e di San Vito, epigoni delle
schiere bacchiche dei Greci con la loro presistoria in Asia Minore, fino a
Babilonia.
Gli ottusi considerano tali manifestazioni come malattie
mentali : “i poveretti non sospettano certo quanto cadaverica e spettrale
apparirebbe questa loro “sanità”, quando passasse loro accanto fremendo la vita
ardente degli invasati da Dioniso”.
Adolph Cusins, il fidanzato di Barbara, maggiore
dell’esercito della salvezza nella commedia di Bernard Shaw, dice al futuro
suocero, il padre di Barbara, ricchissimo fabbricante di armi: “You do not
understand the Salvation Army. It
is te army of joy, of love, of courage…It takes the poor professor of Greek,
the most artificial and self-suppressed of human creatures, from his meal of
roots, and lets loose the rhapsodist in him; reveals the true worship of
Dionysos to him; sends him down the public street drumming dithyrambs”[3],
Tu non capisci l’Esercito della Salvezza. E’ l’esercito della gioia,
dell’amore, del coraggio…Porta via il povero professore di Greco, la più
artificiale e autorepressa delle creature dal suo pasto di radici, e libera il
rapsodo che è in lui; rivela in lui il vero cultore di Dioniso; lo manda nella
pubblica strada a tambureggiare ditirambi.
.
“Sotto l'incantesimo del Dionisiaco non solo si stringe il
legame fra uomo e uomo, ma anche la natura estraniata, ostile o soggiogata,
celebra di nuovo la sua festa di riconciliazione col suo figlio perduto,
l'uomo.
La terra offre
spontaneamente i suoi doni, e gli animali feroci delle terre rocciose e
desertiche si avvicinano pacificamente. Il carro di Dioniso è tutto coperto di
fiori e ghirlande: sotto il suo giogo si avanzano la pantera e la tigre. Si
trasformi l'inno alla gioia di Beethoven in un quadro e non si rimanga indietro
con l'immaginazione, quando i milioni si prosternano rabbrividendo nella
polvere: così ci si potrà avvicinare al dionisiaco. Ora lo schiavo è uomo
libero, ora s'infrangono tutte le rigide, ostili delimitazioni che la
necessità, l'arbitrio o la moda sfacciata hanno stabilite fra gli uomini. Ora,
nel vangelo dell'armonia universale, ognuno di sente non solo riunito,
riconciliato, fuso col suo prossimo, ma addirittura uno con esso, come se il
velo di Maia fosse stato strappato e sventolasse ormai in brandelli davanti
alla misteriosa unità originaria"[4].
L'Inno alla
gioia è originariamente un componimento del poeta e scrittore tedesco Friedrich
Schiller. Con questa ode Schiller intendeva esprimere la sua visione
idealistica sullo sviluppo di un legame di fratellanza fra le persone: « L'uomo
è per ogni uomo un fratello! Che tutti gli esseri si abbraccino! Un bacio al
mondo intero! ».
Beethoven
condivise questa visione e scelse di musicare la poesia di Schiller nel
movimento finale della sua Nona Sinfonia, che compose nel 1823. Il risultato fu
la famosa melodia dell''Inno alla gioia'.
An die Freude
Freude, schöner Götterfunken,
Tochter aus Elysium, Wir betreten feuertrunken , Himmlische, dein Heiligtum. Deine Zauber binden wieder, Was die Mode streng geteilt Alle Menschen werden Brüder, Wo dein sanfter Flügel weilt. Wem der grosse Wurf gelungen, Eines Freundes Freund zu sein, Wer ein holdes Weib errungen, Mische seinen Jubel ein! Ja, - wer auch nur eine Seele Sein nennt auf dem Erdenrund! Und wer's nie gekonnt, der stehle Weinend sich aus diesem Bund! Freude trinken alle Wesen An den Brüsten der Natur; Alle Guten, alle Bösen Golgen ihrer Rosenspur! Küsse gab sie uns und Reben Einen Freund, geprüft im Tod! Wollust ward dem Wurm gegeben, Und der Cherub steht vor Gott!wie Froh, seine Sonnen fliegen Durch des Himmels prächt'gen Plan, Laufet, brüder, eure Bahn, Freudig, wie ein Held zum Seid umschlungen, Millionen! Diesen Kuss der ganzen Welt! Brüder, über'm Sternezelt Muss ein lieber Vater wohnen Ihr stürzt nieder, Millionen? Ahnest du den Schöpfer, Welt? Such' ihn über'm Sternenzelt! Über Sternen muss er wohnen! |
Alla gioia
Gioia, bella
scintilla divina,
figlia degli Elisei, noi entriamo ebbri e frementi, celeste, nel tuo tempio. La tua magia ricongiunge ciò che la moda ha rigidamente diviso, tutti gli uomini diventano fratelli, dove la tua ala soave freme. L'uomo a cui la sorte benevola, concesse di essere amico di un amico, chi ha ottenuto una donna leggiadra, unisca il suo giubilo al nostro! Sì, - chi anche una sola anima possa dir sua nel mondo! Chi invece non c'è riuscito, lasci piangente e furtivo questa compagnia! Gioia bevono tutti i viventi dai seni della natura; tutti i buoni, tutti i malvagi seguono la sua traccia di rose! Baci ci ha dato e uva , un amico, provato fino alla morte! La voluttà fu concessa al verme, e il cherubino sta davanti a Dio!Lieti, come i suoi astri volano attraverso la volta splendida del cielo, percorrete, fratelli, la vostra strada, gioiosi, come un eroe verso la vittoria. Abbracciatevi, moltitudini! Questo bacio (vada) al mondo intero Fratelli, sopra il cielo stellato deve abitare un padre affettuoso. Vi inginocchiate, moltitudini? Intuisci il tuo creatore, mondo? Cercalo sopra il cielo stellato! Sopra le stelle deve abitare! |
"Con il termine "dionisiaco" si esprime: un impulso verso l'unità, un dilagare al di
fuori della persona, della vita quotidiana, della società, della realtà,
come abisso dell'oblio…un'estatica accettazione del carattere totale della
vita…la grande e panteistica partecipazione alla gioia e al dolore, che approva
e santifica anche le qualità più terribili e problematiche della vita…
Con il termine apollineo si esprime: l'impulso verso il
perfetto essere per sé, verso l'"individuo" tipico, verso tutto ciò
che semplifica, pone in rilievo, rende forte… Lo sviluppo ulteriore dell'arte è
legato all'antagonismo di queste due forze artistiche della natura così
necessariamente come lo sviluppo ulteriore dell'umanità è legato
all'antagonismo dei sessi. La pienezza della potenza e la moderazione, la più
alta affermazione di sé in una bellezza fredda, aristocratica, ritrosa:
l'apollinismo della volontà ellenica"[5].
Poco più avanti
Nietzsche aggiunge che il greco dionisiaco ha bisogno di divenire apollineo,
ossia di spezzare la sua inclinazione verso l'immane e l'incerto mediante una
volontà di misura e ordine: “ Nel fondo del Greco c'è la mancanza di misura, la
caoticità, l'elemento asiatico: la prodezza del Greco consiste nella lotta con
il suo asiatismo: la bellezza non gli è donata, non più della logica, della
naturalezza dei costumi-esse sono conquistate, volute, strappate- sono la sua vittoria"[6].
L’apollineo è la giustificazione estetica della vita umana
terrorizzata dai mostri del Caos primordiale e negata dalla cupa tristezza
silenica che giudica non essere nati, non essere, la cosa più bella.
Nietzsche mette in rilievo, oltre al valore della bellezza,
quello della misura nella sfera dell'apollineo:"Apollo, come divinità
etica, esige dai suoi la misura e, per poterla osservare, la conoscenza di sé.
E così, accanto alla necessità estetica della bellezza, si fa valere l'esigenza
del "conosci te stesso" e del "non troppo", mentre
l'esaltazione di sé e l'eccesso furono considerati i veri demoni ostili della
sfera non apollinea, dell'età titanica, e del mondo extraapollineo, cioè del
mondo barbarico"[7].
Per quanto riguarda il valore dell’arte che ribalta la
triste sapienza silenica, sentiamo O. Wilde: “and that is the function of Literature to create, from the rough
material of actual existence, a new world that will be more marvellous, more
enduring, and more true than the world that common eyes look upon, and through
which common natures seek to realize their perfection”[8],
e questa è la funzione della Letteratura, creare dal materiale grezzo
dell’esistenza reale, un nuovo mondo che sarà più meraviglioso, più duraturo e
più vero del mondo sul quale occhi comuni gettano lo sguardo e attraverso il
quale nature comuni cercano di realizzare la loro perfezione.
Sull’apollineo
sentiamo anche Nilsson: “Sul tempio di Apollo in Delfi era scolpito il precetto
famoso: Gnothi seauton! Conosci te
stesso! Nessun altro è stato mai ripetuto tante volte. Per noi esso è un
imperativo che ci richiama alla sfera della coscienza, per i Greci d’allora
significava “Sappi che tu sei un uomo, soltanto un uomo!”. Questa massima
riassume nella sua essenza quanto la religione apollinea insegna sul rapporto
che è tra l’uomo e gli dèi. L’uomo deve avere coscienza della sua debolezza e
della onnipotenza degli dèi e sottomettersi ad essi. Insieme con questo motto
Platone[9]
ne ricorda un altro: Meden agan! Nulla di troppo! E dice ancora
che, entrando nel tempio di Apollo, ci si trovava di fronte l’ammonimento: Sophronei! Il significato che un simile verbo ha è
difficile a rendere; si potrebbe forse dire: abbi senno! E cioè, usa una saggia
misura, renditi conto del posto che t’è dato nel mondo ed evita di essere
superbo sia verso gli dèi che verso gli uomini! Questo monito ci riconduce, in
altri termini, al medesimo ordine di idee che è presupposto al “Nulla di
troppo!”. Pindaro esprime lo stesso concetto in maniera più incisiva ammonendo:
Se la sorte ti è favorevole, “non volere essere Zeus. Ai mortali convengono
cose mortali[10]”[11].
Ma torniamo alla Nascita
della tragedia: danzando e cantando l’uomo disimpara a camminare ed è in
punto di volarsene in cielo. Nasce l’incantesimo: gli animali parlano, laterra dà
latte e miele, l’uomo in estasi si sente come un dio.
continua
[1] Scelta di frammenti postumi, primavera
1888-14, p. 229.
L'artista tragico non è pessimista: egli dice
precisamente sì anche a tutto quanto è problematico e orrido; egli è dionisiaco
(Crepuscolo degli idoli.1888. 62).
Ogni morale sana è dominata
dall'istinto della vita.
[2] Die
Meistersinger von Nürnberg) è il titolo di un'opera
di Richard
Wagner in tre atti, composta fra il 1862 e il 1867. La prima dell'opera
ebbe luogo alla Bayerische Staatsoper di Monaco di
Baviera il 21 giugno 1868, sotto la direzione di Hans von
Bülow con successo ed alla presenza del compositore e del re Luigi II di Baviera, patrono del compositore.
La vicenda si svolge a Norimberga verso la metà del XVI secolo:
a quel tempo, Norimberga era un libero comune
imperiale e uno dei centri del Rinascimento
nordeuropeo. Al centro della storia vi è la realmente esistita corporazione
dei Meistersinger (Maestri Cantori), un'associazione di poeti e
musicisti "dilettanti", provenienti soprattutto dai ceti artigiani e
popolari. I maestri cantori svilupparono una serie di regole loro proprie di
composizione e di esecuzione, che Wagner studiò dettagliatamente: l'opera I
maestri cantori di Norimberga deve parte del suo fascino anche alla fedele
ricostruzione storica della Norimberga dell'epoca e delle tradizioni della
corporazione dei Maestri cantori. Il poeta-ciabattino Hans Sachs, uno dei
protagonisti principali, è un personaggio storico realmente esistito: Hans Sachs
(1494-1576) fu il più famoso dei
maestri cantori e una delle figure più amate della letteratura tedesca delle origini.
[3]
Major Barbara, 1905, Act II.
[4]
F. Nietzsche, La nascita della tragedia, pp. 25-26.
[5]
F. Nietzsche, Frammenti postumi, Primavera 1888-14, p. 216.
[6]
F. Nietzsche, Frammenti postumi, Primavera 1888-14, p. 217.
[7]
La nascita della tragedia, p. 37.
[8] The critic as artist, p. 63.
[9] Platone, Prot. , 343 A ;
Charm., 164 D.
[10]
Pindaro, Istm., V, vv. 13 ss.
[11]
Nilsson, Religiosità greca, p. 64.
Mi chiedo se l'Apollineo come giustificazione estetica della vita umana sia ancora un concetto valido,io personalmente credo di sentirlo fortemente. La società contemporanea e l'istituzione scolastica mi sembra andare in un'altra direzione, A presto Giovanna Tocco
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