NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 18 ottobre 2017

La Commedia antica. Aristofane: “Le Rane”. VIII parte

Maschera della commedia greca

Xantia si oppone ma cede.
Il coro a questo proposito menziona Teramene, l’uomo di senno e molto navigato che si gira sempre pro; ς to; n eu\ pravttonta toi'con (537) verso il lato più sicuro, piuttosto che stare fermo come un’immagine dipinta e si butta nel morbido pro; ς to; malqakwvteron.
E’ il famoso coturno che fece molte parti nellapolitica ateniese; democratica, oligarchica, di nuovo democratica e infine entrò nella giuntadel Trenta tiranni ma prevedendone la caduta fece la fronda e Crizia lo uccise.
Sarebbe gevloion dice Dioniso che Xantia stesse steso kunw'n ojrchstrivd j sbaciucchiando una ballerina e io gli porgessi il pitale manovrandomi il cece.
Poi esce un’ostessa (pandokeuvtria) che ce l’ha con Eracle perché le divorò eJkkaivdek j a[rtouς, 16 pagnotte e venti porzioni di lesso, poi tanti agli, skovroda ta; pollav.
Un’altra ostessa le dà man forte e rinfaccia a Dioniso la carne il molto pesce sotto sale to; polu; tavricoς. Poi la caciotta fresca, verde- gialla to; n turo; n clwrovn che ingoiò con il cestino e tutto. E invece di pagare si è messo a muggire e ha tirato fuori la spada.

la Commedia di mezzo negli anni compresi fra il 385 e il 330.
Di Alessi ricordiamo la commedia intitolata Lino che narra un caso avvenuto al mitico citarista il quale dava lezioni a Eracle e voleva fargli leggere i poeti, mentre lo scolaro affamato era attratto solo da un libro di cucina. Per Eracle mangione ricorda anche il Busiride di epicarmo e l’Alcesti di Euripide.
Le due ostesse cercano Cleone e Iperbolo il patrono (to; n prostavthn) di tale genìa.

Cleone è il Paflagone dei Cavalieri (424) che satireggiano l’osceno connubio tra Cleone e il popolo. Il demagogo ne era diventato il beniamino dopo Sfacteria (425). Aveva portato da 2 a 3 oboli la paga elastica. Tucidide presenta Cleone dicendo che era il più violento dei cittadini ("biaiovtato" tw'n politw'n", III, 36, 6) e quello più capace di persuadere ("piqanwvtato"") la massa.
Gli succedette Iperbolo, poi Cleofonte.

Dioniso vuole rendere a Xantia il ruolo di Eracle e giura che questa volta il cambio è definitivo.
 Xantia accetta ma poi arriva Eaco che vuole punire Xantia-Eracle come ladro di cani (to; n kunoklovpon, 605). Xantia nega di esserci stato prima e di avere rubato alcunché, poi propone di torturare lo schiavo per sapere la verità. Dioniso si rivela di nuovo figlio di Zeus. I due si sottopongono alla prova delle botte: chi è divino non sentirà male.
Entrambi fingono di non sentire le botte oujde; n moi mevlei dice Dioniso (655) e quando Eaco gli chiede perché pianga dice sento odore di cipolle krommuvwn ojsfraivnomai (654)
Eaco disorientato dice che dovranno decidere Plutone e Persèfassa (670).

Segue la Parabasi (674-737), l’ultima di Aristofane (le Ecclesiazuse 391 e il Pluto 388 non ce l’hanno).
Il coro toltosi il travestimento si rivolge in maniera politica alla comunità.

Il coro invoca la Musa che renda piacevole il suo canto per deliziare sapienze innumerevoli che amano l’onore più di Cleofonte sulle cui labbra dalla doppia chiacchiera deino; n ejpibrevmetai qrhkiva celidwvn (680-681) orrendamente freme la rondinella tracia posata su barbara foglia (cfr. Procne e Tereo) e leva lamentoso canto di morte (Cleofonte fu il principale demagogo di Atene dal 411 al 404 quando venne condannato a morte).

 Cleofonte era figlio di una schiava tracia.
Nell’ Oreste (del 408) c’è un demagogo Argivo-non Argivo con la lingua priva di porta ajqurovglwsso" (v. 903), un linguacciuto. Anche Euripide allude al demagogo ateniese.
: “ajnhvr ti~ ajqurovglwsso~, ijscuvwn qravsei, - jArgei'o~ oujk jArgei'o~, hjnagkasmevno~, -qoruvbw/ te pivsuno~ kajmaqei' parrhsiva/ ” (vv. 903-905), un uomo dalla bocca sempre aperta (lett. “senza porta”), forte della sua arroganza, Argivo non Argivo, impostosi con la forza, fidente nel tumulto e in una brutale licenza di parola.
Cleofonte era accusato di usurpazione della cittadinanza. La rondinella talora preannunzia la morte. Il mito della rondine dell’usignolo (Filomela) e dell’upupa (Tereo) ricorda la morte.
Cfr. T. S. Eliot: “The change (latino cambio-as) of Philomel, by the barbarous (lat barbarus gr. bavrbaro") king-so rudely forced (lat. rudis, fortis); yet there the nightingale filled all the desert (lat desero, p. p. desertus, abbandonato) with inviolable voice (viŏlo, vox)-and still she cried (lat. quiritare invocare l’aiuto dei quiriti), and still the world pursues (sequor), -‘Jug Jug’ to dirty ears (auris-aures)” (The waste-lat vastus, vastare- land, II A game of chess, 99-103)

Questa rondinella è posata su barbaro petalo ejpi; barbaron eJzomevnh pevtalon. La rondine canta che Cleofonte è spacciato, anche se i voti sono pari, mentre nelle Eumenidi, Atena aveva stabilito il principio in dubio pro reo.

Lisia nell’orazione Contro Agorato, un delatore al servizio dei Trenta, scrive che Cleofonte venne condannato in seguito a un’accusa pretestuosa e una legge retroattiva. Lo accusarono di codardia perché non era andato a dormire al campo. Il motivo vero fu che si era opposto all’abbattimento delle mura: to, d’ajlhqe; " o{ti ajntei'pen uJpe; r uJmw'n mh; kaqairei'n ta; teivch (12)
Nell’orazione Contro Nicomaco, questo trascrittore di leggi ajnagrafeu; " tw'n novmwn, dopo la battaglia di Egospotami, fu convinto dai nemici della democrazia a produrre una legge secondo la quale Cleofonnte doveva essere giudicato anche da membri del Consiglio che facevano parte del complotto oligarchico. Nicomaco tirò fuori la legge-retroattiva dunque-proprio nel giorno del processo. Il fatto è che i cospiratori antidemocratici oiJ kataluvonte" to; n dh'mon, volevano togliersi dai piedi Cleofonte più di qualsiasi altro cittadino: ejkei'non ejbouvlonto mavlista tw'n politw'n ejkpodw, genevsqai (12). Mi stava a cuore riabiitare Cleofonte.

Il corifeo-Aristofane dice che il coro deve dare consigli utili (xumparainei'n crhsta; th'/ povlei) alla città e deve educare.
La città non deve infliggere l’ajtimiva, togliere i diritti civili a chi ha sbagliato, ingannato dai maneggi di Frinico, uno dei responsabili del governo dei Quattrocento. E’ una vergogna che gli schiavi combattenti alle Arginuse abbiano avuto la cittadinanza come i Plateesi dal 427.
Poi però si contraddice per non irritare il pubblico: questo lo approvo, ma almeno non si deve togliere la cittadinanza a chi ha sbagliato una volta e tante volte ha combattuto per la patria.
 Dunque messa via la collera th'ς ojrgh'ς ajnevnteς facciam che siano tutti parenti quelli che hanno combattuto con noi. 


CONTINUA

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