Giuliano Augusto |
Posidonio, diversamente da Panezio, credette alla
sopravvivenza dopo la morte. L’anima non è creata al momento della nascita ma è
un’entità autonoma preesistente all’unione con il corpo terreno, quindi può
durare oltre questo
Non abbiamo i testi e dobbiamo ricostruirli in base a
testimonianze posteriori come l’Orazione
al sole di Giuliano Augusto muovendoci su un terreno malsicuro (p.469)
E’ il sole che irradia le anime con la luce e il calore.
L’anima è l’hjgemonikovn
del corpo, ma ne viene pure influenzata e per colpa del corpo può rimanere
inviluppata nella materialità. Quando il corpo muore, l’anima si trattiene per
un lungo periodo nella regione della luna, poi torna nel sole dove si dissolve.
L’essenza dell’anim aè lo spirito che Posidonio chiama nou'" invece di logos che indica piuttosto il pensiero.
Tutto il cosmo è ricolmo di anima e di vita e le sue parti stanno tra loro in
rapporto di simpatia. Gli spiriti possono comunicare tra loro anche senza gli
organi corporei. La vera garanzia per la conoscenza del reale risiede nell’ojrqo;" lovgo"
che è una sola cosa con il logos universale.
L’uomo, diversamente dagli animali, ha in sé delle prolhvyei"
naturali che non necessitano di insegnamento, come la linea retta e la curva o
gli assiomi matematici formulati da Euclide (III sec.)
ajxivwma è
un principo di per se stesso evidente alla base di ogni dimostrazione poiché ha
la radice nel logos. Lo stesso vale per i sillogismi anapodittici, che non
hanno bisogno di prova (ajnapovdeiktoi, ajpodeivknumi provo, dimostro)
Ci sono dunque prolhvyei" ajdivdaktoi e ajxiwvmata
ajnapovdeikta. (p. 475)
Posidonio cercò di dare una base scientifica alla mantica.
La Stoà antica aveva giustificato la mantica con l’eijmarmevnh: se tutta la
natura è imparentata con se stessa (come afferma Platone nel Menone[1], se
tutto interferisce insieme, come dirà lo Starec Zosima nei Fratelli Karamazov[2]) , allora può
esistere un intimo nesso tra la posizione delle viscere e una vittoria militare.
Posidonio pensava che il tutto fosse un organismo unitario, pieno di vita,
coscienza e volontà. La previsione del futuro non è impossibile perché ogni
avvenimento è predeterminato e il futuro è già in germe nel presente.
I fatti sembrano casuali quando non se ne scorge l’intima
connessione che però c’è sempre. Gli dèi mandano dei segni e i popoli, dai
Caldei agli Arabi hanno sempre cercato di individuarli. Negli oracoli, nelle
estasi, a colte più sagge della saggezza del mondo, un forte eccitamento
strappa l’anima dal corpo e anche nel sogno lo spirito si stacca dalla corporeità.
Lo stesso avviene nello scienziato e nell’artista che si scorda di mangiare, dimenticando
la sua corporeità.
L’anima, quando si allenta il legame con il corpo, entra in
contatto con il divino spirito universale e viene attirata nel suo movimento,
viene com - mossa e può vedere il futuro.
Cicerone rifacendosi aPosidonio, scrive nemo vir magnus
sine aliquo adflatu divino unquam fuit (Nat. Deor. 167).
Posidonio giustificò pure l’astrologia. Agostino però
esagera scrivendo multum astrologiae deditus (Civ. Dei, V,
2)
Dio dunque compenetra l’universo fino alle parti più umili.
Nella media stoà Posidonio oppone alla visione razionalistica e umanistica di
Panezio una vocazione naturalistica e mistica.
Tutti gli uomini hanno qualche idea di Dio perché gli sono
affini.
Gli uomini creati dal limo primitivo erano in comunione con
lo spirito universale. La prova dell’esistenza di Dio può essere tratta e
consensu gentium, né può essere invalidata dall’obiezione scettica
che i vari popoli si sono rappresentati gli dèi in forme diverse.
La pura conoscenza dei promordi ha subìto delle alterazioni.
La corruzione è venuta da certi miti dei poeti[3], dai
governi e pure dalle arti figurative.
I primi uomini
prticavano culti aniconici che presso i Romani cessò con l’influenza etrusca.
Rimaneva invece presso gli ebrei. La massa ha bisogno di icone, il filosofo no.
Il vero culto consiste nell’essere buono e nell’imitarli: “Vis deos
propitiare? Bonus esto. Satis illos coluit quisquis imitatus est” (Seneca, Ep.
95, 50), Cfr. il Teeteto di Platone[4].
I primi uomini vissero in intima comunione con il divino.
Seneca lo faceva ancora quando scrive prope est a te deus, tecum est, intus
est (Ep. 41)
E continua: sacer intra nos spiritus sedet, malorum
bonorumque nostrorum observator et custos; ic prout a nobis tractatus est, ita
nos ipse tractat.
Un bosco fitto frequens lucus, di alberi antichi, vetustis arboribus, che con la densità
dei rami impediscono la vistadel cielo e la solitudine del luogo (secretum
loci) e la meraviglia dell’ombra tanto densa e continua nell’aria aperta (et
admiratio umbrae in aperto tam densae atque continuae) ti indurranno a
credere nella divinità fidem tibi numinis faciet (41, 3)
Torna con Posidonio poi in queso passo Seneca l’originario
modo di sentire degli Elleni. Omero per Posidonio era il rappresentante della
saggezza divina. I miti potevano rivelare sensi profondi come gli antichi riti.
Saggezza antichissma si trovava nei primi legislatori come Mosé e nei fondatori
di religioni come Licurgo.
Democrito all’utopia dell’età dell’oro aveva contrapposto
una condizione priitiva quasi ferina (cfr. Lucrezio, De rerum natura V libro[5])
dalla quale l’uomo è uscito spinto dal bisogno (creiva/).
Posidonio attribuì invece il progresso tecnico al logos.
Gli Epicurei e gli scettici accusavano la natura di essersi
comportata da matrigna[6] verso
l’uomo, debole e sprovveduto più degli animali.
Posidonio replicava
che invece il logos dell’uomo aveva asservito a sé anche gli animali più forti
e eloci. Posidonio però riconosceva la decadenza e scriveva che il compito
della filosofia era opporsi ad essa e nel ricodurre l’uomo alla purezza.
Posidonio non giunse mai a svalutare questo mondo
Certamente metteva in guardia contro quanto c’è in noi di
non divino e corrotto. Allora il corpo nostro diventa come quello dei maiali
“carne inutile e peritura, fatta solo per ricevere il cibo:”prima pars
hominis est ipsa virtus; huic committitur inutilis caro et fluida, receptandis tantum
cibis habilis, ut ait Posidonius” (Seneca Ep. 92, 10), la parte più
nobile dell’uomo è proprio la virtù; a questa si aggiunge la carne inabile e
languida, capace giusto di ricevere cibi, come dice Posidonio
Comunque Posidonio non negò che alla piena felicità concorrono
anche la salute e un certo benessere materiale.
Apatia per Posidonio era la libertà dagli istinti che
eccedono la misura. Gli istinti non vanno comunque repressi ma assoggettati al
logos.
Cfr. quale disastro provoca la repressione degli istinti,
dell’irrazionale nelle Baccanti di
Euripide e in La morte a Venezia di
T. Mann. L’irrazionale va bonificato: le Erinni devono diventare Eumenidi (cfr.
Eschilo e Pasolini)
Posidonio diede anche importanza alla costituzione fisica,
quindi alla dieta e alla ginnastica. Pace interiore è il logos che assoggetta
gli istinti (p. 488).
Seneca scrive: “Posidonius non tantum preceptionem … sed
etiam suasionem et consolationem et exhortationem necessariam iudicat
(Seneca, Ep. 95, 65) Posidonio giudica necessaria non solo la precettistica ma
anche l’’arte di dare consigli, di confortare e di esortare
Quindi il protreptiko;" lovgo", il discorso esortativo, la cohortatio, il paramuqhtikov", la consolatio,
e uJpoqetikov",
la suasio.
Posidonio scrisse anche sui doveri integrando Panezio. Non
si dà conflitto tra moralità e vero utile (così anche in Cicerone nel III libro
de De officiis). Posidonio si differenzia da Panezio quando mette al
primo posto i doveri verso la divinità, poi mette quelli sociali.
Raggiunge l’eujdaimonia
chi segue il demone che ha nel proprio petto. (p.489)
Pitagora aveva paragonato i filosofi a coloro che si recano
a Olimpia solo per vedere Cic. Tusc. V 9), mentre Posidonio sostiene che
bisogna assolvere anche compiti terreni. Il fine dell’uomo è contemplare la
verità e l’ordine del tutto, e anche cooperare alla loro realizzazione. Il
saggio deve fondere la teoria con la pratica.
Probabilmente anche il Peri; u{you" che distingue la
grandezza del genio dalla corretta mediocrità dell’uomo comune (35) risente
della fede di Posidonio nella grandezza di certi spiriti umani.
La natura umana è attirata da tutto quanto è grande e
possente nel mondo dello spirito e pure in quello della natura (il Nilo, il
Reno, l’Etna). Cfr. Leopardi
Infine può risalire a Posidonio il concetto dell’Anonimo sul
Peri;
u{you" che la megalofrosuvnh trova la sua espressione formale nell’ u{yo" e nel mevgeqo"
dello stile
Posidonio dominò le scienze più diverse e pure ritrovò
l’unità tra la filosofia e le scienze particolari che si era smarrita dopo
Aristotele.
Da questa unità, Posidonio volle risalire al principio
divino e con questo la scienza diventava religione.
CONTINUA
[1] Siccome tutta la natura è imparentata con se stessa (a[te ga;r th'" fuvsew"
ajpavsh" suggenou'" ou[sh",
82d), ricordare una sola cosa fa emergere tutto il resto se l’anima è
coraggiosa e non si stanca di cercare, infatti cercare e imparare è in generale
reminiscenza: “to;
ga;;r zhtei'n a[ra kai; manqavnein ajnavmnhsi" o[lou ejstivn (81d)
[2] "Il mondo è come l'oceano; tutto scorre e
interferisce insieme, di modo che, se tu tocchi in un punto, il tuo contatto si
ripercuote magari all'altro capo della terra. E sia pure una follia chiedere
perdono agli uccelli; ma per gli uccelli, per i bambini, per ogni essere creato,
se tu fossi, anche soltanto un poco, più leale di quanto non sei ora, la vita
sarebbe certo migliore" (p. 402).
[3] Cfr. l’indice dei passi
dei poeti fatta Platone nella Repubblica
e laruggine antica tra poeti e filosofi
[4] Platone raccomanda agli uomini l’assimilazione a Dio
(oJmoivwsiς qew̃/, Teeteto, 176b) quella che sarà l’Imitatio Christi per i Cristiani.
Tale
assimilazione alla divinità significa essere buoni.
[5] Per esempio
l’accoppiamento sessuale avveniva o per mutua
cupido, vel violenta viri vis lo
imponeva alla femmina, vel pretium,
glandes atque arbita vel pira lecta 8V, 963 - 965). Per giunta l’uomo
finiva spesso mangiat dalle fiere: pabula
viva feris praebebat (991) e
riempiva monti e boschi di gemiti viva
videns vivo sepeliri viscera busto (993), vedendo le sue viscere vive
sepolte in un vivo sepolcro. Vedi il gusto dell’allitterazione
[6] tanta stat praedita culpa (V, 199)
Giovanna Tocco
RispondiElimina