Jean-Claude Brialy in Tonio Kröger di Rolf Thiele |
I classici in Thomas Mann
conferenza che tengo a Roma nell’ambito linguistico dei lunedì avviati da Tullio De Mauro.
Proseguono con la direzione della moglie Silvana Ferreri.
Gli incontri si svolgono il lunedì, tolti i periodi di vacanza e le eventuali coincidenze con feste nazionali, presso la sede della Fondazione Leusso, in viale Regina Margherita 1 (portone d’angolo con via Salaria), IV piano. L’orario è 17-19.
Tonio Kröger del
1903.
Qui il tema può essere riassunto da un verso del primo
stasimo delle Baccanti di Euripide: il
sapere non è sapienza: "to; sofo; n d j
ouj sofiva" ( v. 395), il sapere non è sapienza .
Le letture (il Don
Carlos di Schiller del 1787 come testo - chiave) lo studio, il culto della
parola lo staccano dall’umanità: “si dedicò alla potenza che gli appariva come
la più sublime sulla terra, la potenza dello spirito e della parola - der Macht des Geistes und Wortes - sorridente
in trono sopra una vita muta e priva di pensiero” ( III, p. 229).
Si può pensare a Gorgia, il sofista siciliota che considera
la parola un'arma potentissima, e dal: "lovgo"
dunavsth" mevga" ejstivn, o{" smikrotavtw/ swvmati kai; ajfanestavtw/
qeiovtata e[rga ajpotelei'"[1],
la parola è un gran signore che, con un corpo piccolissimo e invisibile, compie
opere assolutamente sovrumane.
Nel Filottete di Sofocle Odisseo chiarisce al giovane
Neottolemo il percorso che l'ha portato a prediligere la glw'ssa rispetto agli e[rga: "ejsqlou' patro; " pai', kaujto; " w]n nevo" pote; - glw'ssan
me; n ajrgo; n, cei'ra d j ei\con ejrgavtin - nu'n d j eij" e[legcon ejxiw;
n oJrw' brotoi'" - th; n glw'ssan, oujci; ta[rga, panq j hJgoumevnhn"
(vv. 96 - 99), figlio di nobile padre, anche io da giovane un tempo, avevo la
lingua incapace di agire, la mano invece operosa; ora però, giunto alla prova, vedo
che per gli uomini la lingua ha la supremazia su tutto, non le azioni.
Ma con il martirio e
l’orgoglio del conoscere sopravvenne la solitudine poiché la vicinanza dei
bonari, delle anime gaiamente ottenebrate gli riusciva intollerabile. Di
famiglia non era uno zingaro del carrozzone verde, anzi era un borghese, ma un borghese
incrinato di esotico.
Si trovava isolato rispetto ai bravi scolari che non trovano
ridicoli i professori, non scrivono versi e pensano solo le cose che si devono
pensare.
Solitudine dolorosa pe un greco dell’Atene democratica (cfr.
il Filottete di Sofocle), non per Cnemone
del Dyskolos di Menandro né per
Seneca (cfr. Ep. 10, 1 Fuge multitudinem,
fuge paucitatem, fuge etiam unum).
Anzi la solitudine diventa necessaria
Cfr. Seneca Istuc
quoque ab Epicuro dictum est: si ad naturam vives, numquam eris pauper, si ad
opiniones numquam eris dives. Exiguum natura desiderat, opinio immensum (Ep.
16, 7 - 8). L’impossibilità di essere normale.
Anche il suo nome Tonio era strano, tutto in lui era strano,
ed era escluso dalla vita dei normali, benché non fosse uno Zingaro nel
carrozzone verde ma un figlio del console Kröger. La difficoltà, quasi l’impossibilità
di esssere normale. Come il maestro di comportamento e di danza Knaak che Inge
ammirava. Ma il suo sguardo non arrivava al fondo delle cose, nel punto dove
diventano complicate e tristi, i suoi occhi sapevano solo essere bruni e belli.
Tonio amav die blonde lustige Inge, la
bionda allegra Inge.
Superati da poco i 30 anni va a Monaco a trovare un’amica, Lisaveta.
Le dice che è necessario essere fuori dall’umano per poterlo rappresentare con
gusto ed efficacia. Il dono dello stile presuppone un atteggiamento schifiltoso
verso l’umano.
La letteratura non è una professione (Beruf) o una vocazione, ma una maledizione (ein Fluch). Presto uno
comincia a sentirsi segnato a sentirsi in contrasto con la gente ordinaria, separato
da un abisso di ironia, incredulità, opposizione di conoscenza e sentimenti, e
la solitudine lo inghiotte. Le confessa che spesso mi sento mortalmente stanco
di rappresentare l’umano senza farne parte
Il primo stasimo delle Baccanti
di Euripide si chiude con questa antistrofe
Ant. b Il demone figlio di Zeus 417
gioisce delle feste,
e ama Irene che dona benessere,
dea nutrice di figli. (cfr. la bionda allegra Inge)
Uguale al ricco e a quello di rango inferiore
concede di avere la
gioia del vino che
toglie gli affanni;
e porta odio a chi queste cose non stanno a cuore:
durante la luce e le amabili notti 425
passare una vita felice,
e saggia tenere la mente e l’anima lontane
dagli uomini straordinari; perissw'n
para; fwtw'n[2]
ciò che la massa 430 to;
plh'qo"
più semplice faulovteron
crede e pratica,
questo io vorrei accettare. 432
Quindi subentra la nausea del conoscere e la nostalgia della
semplicità delle cose vere e vive, delle gioie mediocri, dell’amicizia tra gli
uomini. “Io amo la vita ich liebe das Leben,
anche se hanno scritto che la odio o la disprezzo. Per me Cesare Borgia non è
niente. Io sarei felice di avere un amico tra gli uomini. Quando vado a fare
conferenze, mi trovo davanti il gregge. Ma finora ho avuto amicizie soltanto
fra demoni, coboldi, creature maligne e sotterranèe e fantasmi ammutoliti dal
conoscere, ossia fra letterati”.
Lisaveta gli dice: “Voi siete un borghese sviato” (eine verirrter Bürger p. 247)
In La montagna
incantata, Claudia dice a Hans: “Poeta! Borghese, umanista e poeta! Ecco il
tedesco completo, il tedesco come si deve!”
Hans le risponde: “Temo che non siamo come si deve, ma
semplicemente riottosi figli della vita” (Notte
di Valpurga, 497 - 1231)
Settembrini lo aveva definito un riottoso figlio della vita[3]
(Danza macabra, p. 454)
Nella traduzione di Renata Colorni
Sorgenkind des Lebens,
letteralmente “figlio che dà preoccupazioni”
Nella versione precedente (Bice Giachetti ed Ervino Pocar)
era “beniamino della vita”
CONTINUA
[1]
Gorgia, Encomio di Elena, fr. B11 Diels - Kranz.
[2]
Per quanto riguarda gli uomini straordinari, cfr. Delitto e castigo di Dostoevskij,
[3] Nella traduzione di Renata Colorni (La montagna magica). In tedesco è Sorgenkind des Lebens, letteralmente
“figlio che dà preoccupazioni”
Nella versione precedente ( La montagna incantata, Bice Giachetti ed
Ervino Pocar) era “beniamino della vita”.
Giovanna Tocco
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