martedì 25 aprile 2023

Medea di Euripide versi da me scelti per Siracusa 2023.


 

Dovranno essere recitati da un’attrice scelta dall’associazione

 

La traduzione è mia

 

Versi 214-266 dal Primo episodio

 

Medea

Donne di Corinto, sono venuta fuori dal palazzo 214

perché non abbiate da rimproverarmi qualche cosa: so infatti che molti mortali

diventano altezzosi, gli uni  lontani dagli sguardi,

altri invece all'esterno; altri ancora per il muoversi riservato

si procurarono cattiva fama di indifferenza.

Giustizia infatti non sta negli occhi dei mortali,

se qualunque individuo, prima di avere conosciuto gli affetti di un uomo con chiarezza,

lo odia appena lo ha visto, senza averne ricevuto offesa alcuna.

D'altra parte lo straniero deve adeguarsi per forza alla città: 222

nemmeno approvo il cittadino che, divenuto arrogante,

è duro verso i concittadini per ignoranza.

Questa faccenda inaspettata piombatami addosso

mi ha rovinato la vita; sono distrutta e, buttata via

la gioia di vivere, desidero morire, amiche.

Quello nel quale per me c'era  tutto, lo so bene,

si è rivelato il peggiore degli uomini, il mio sposo. 229

 

Fra tutti gli esseri, quanti sono vivi e hanno raziocinio,

 noi donne siamo la creatura più tribolata:

noi che innanzitutto dobbiamo comprare un marito

con gran dispendio di ricchezze, e prenderlo come padrone

 del corpo, e questo è un male ancora più doloroso del male. 234

E in questo sta la gara massima, prenderlo cattivo

 o buono. Infatti non danno buona fama le separazioni

alle donne, e non è possibile ripudiare lo sposo.

 Quella poi giunta tra nuovi costumi e leggi,

bisogna che sia un'indovina, se non ha appreso da casa

  con quale atteggiamento tratterà nel modo più appropriato il marito. 240

E se con noi che ci affatichiamo in questo con successo,

il coniuge convive, sopportando il giogo non per forza,

 la vita è invidiabile; se no, bisogna morire.

 Un uomo poi , quando gli pesa stare insieme a quelli di casa,

 uscito fuori, depone la noia dal cuore 245

(volgendosi a un amico o a un coetaneo);

 per noi al contrario è necessario mirare su una sola persona.

Dicono di noi che viviamo una vita senza pericoli

 in casa, mentre loro combattono con la lancia,

 pensando male: poiché io tre volte accanto a uno scudo

 preferirei stare che partorire una volta sola “. 251

 

Però non vale proprio lo stesso discorso  per te e per me;

 tu hai questa  tua città e la casa paterna

e  comodità di vita e compagnia di amici,

io, poiché sono isolata e senza città, devo subire oltraggi

da un uomo, dopo essere stata rapita da una terra barbara, 256

senza avere la madre, né un fratello, né un congiunto

per trovare un ancoraggio fuori da questa sventura.

Tanto dunque io vorrò ottenere da te,

se trovo una qualche via e mezzo

per far pagare allo sposo il fio di questi mali

(e a chi gli ha dato la figlia e a quella che ha sposato),

ti prego di tacere. La donna infatti per il resto è piena di paura

e vile davanti a un atto di forza e a guardare un'arma;

ma quando sia offesa nel letto,

non c'è non c'è altro cuore più sanguinario. 266

 

Primo Stasimo vv. 410-445 cantato da donne corinzie

 

Prima strofe (vv. 410-420)

Verso l'alto scorrono le sorgenti dei sacri fiumi,

e giustizia e ogni diritto a rovescio si torcono.

Sono di uomini i consigli fraudolenti, e la fede

negli dèi non è più ferma.

La fama

cambierà la mia vita al punto che avrò gloria:

arriva onore al genere femminile;

non più una rinomanza infamante screditerà le donne.

 

Prima antistrofe (vv 421-430)

E le Muse degli antichi poeti smetteranno

di celebrare la mia infedeltà.

Infatti Febo signore del canto

 non accordò nel nostro spirito

suono ispirato di lira: poiché avrei intonato un inno di risposta

alla razza dei maschi. Una lunga età ha

molte cose da dire sul nostro ruolo e quello degli uomini. 430

 

Seconda strofe (vv. 431-438)

Tu hai navigato lontano dalle patrie case

con il cuore furente, attraversando le duplici rupi

del mare: e ora abiti

in terra straniera, dopo avere perduto

l'unione del letto senza marito

disgraziata, e profuga, sei

cacciata dal paese senza onore.

 

Seconda antistrofe (vv.439-445)

Se n'è andato il rispetto dei giuramenti, né più il pudore

 nell'Ellade grande rimane, ma in aria è volato.

Né a te sventurata rimane la casa

del padre, per trovare un altro approdo

dalle pene, e  un'altra regina più forte

 del tuo letto

sulla casa impera.

 

 

L’Esodo della tragedia

Medea di Euripide Esodo (vv. 1293-1419).

 

 

Giasone

Donne, che state vicino a questa dimora,

è  ancora dentro questa casa colei che ha compiuto

atti terribili, Medea, oppure è fuggita?

Bisogna infatti che quella davvero si nasconda sotto terra

o alato sollevi il corpo nell’altezza del cielo,

se non vuole pagare il fio alla casata dei sovrani.

E' convinta che dopo avere ammazzato i signori del paese

fuggirà con i propri mezzi da questa casa, impunita? 1300

Ma in effetti non mi do pensiero di lei quanto dei figli:

a quella faranno del male coloro ai quali l'ha fatto,

io invece sono venuto a salvare la vita dei miei bambini,

perché i miei congiunti di stirpe non facciano loro del male,

facendo pagare  l'empio delitto materno.

 

Coro

O infelice, non sai a quale punto dei mali sei arrivato,

Giasone: infatti non avresti detto queste parole.

 

Giasone

Che c'è?  Forse vuole uccidere in qualche modo anche me?

 

Coro

I figli tuoi sono morti per mano materna.

 

Giasone

Ahimé che cosa vuoi dire? come mi hai distrutto, donna.

 

Coro

Dei tuoi figli pensa appunto che non ci sono più.

 

Giasone

Dove di fatto li ha uccisi? Dentro o fuori casa?

 

Coro

Apri le porte e vedrai la strage dei tuoi figli. 1313

 

Giasone

Aprite i chiavistelli al più presto, servi,

togliete i paletti, perché veda il duplice male 1315

 

Medea

 (appare su un carro dove sono stesi i cadaveri dei figli. Questo era sospeso  sopra la scena dalla  mhcanhv, una specie di gru che negli esodi di altre tragedie teneva in alto una divinità: il deus ex machina. In questo esodo la parte è di Medea[1]).

Perché scuoti e vuoi forzare queste porte,

cercando i cadaveri e me che ho compiuto l'atto? 1318

Risparmiati questa fatica. Se di me hai bisogno ,

di’ quello che vuoi, ma non mi toccherai mai con le mani;

tale carro mi dà il Sole padre

del padre mio, una difesa da mano nemica. 1322

 

 

Giasone

Oh abominio, o donna odiosissima al massimo

agli dèi e a me e a tutto il genere umano,

tu che hai avuto l'ardire di gettare la spada sulle tue

creature dopo averle partorite e hai annientato me nei miei figli. 1326

E dopo avere fatto questo guardi il sole

e la terra, avendo osato il misfatto più empio?

Possa tu morire: io ora capisco, non capivo allora,

quando dalla tua dimora e da una terra barbara

ti portavo con me in una casa greca, grande male,

traditrice del padre e della terra che ti aveva nutrito.

Gli dèi hanno scagliato contro di me il tuo demone vendicatore;

infatti dopo avere ammazzato tuo fratello sul focolare di casa

ti imbarcasti sullo scafo di Argo dalla bella prua. 1335

Cominciasti da tali scelleratezze: sposata poi

Con me e dopo avermi generato dei figli ,

per un letto e un talamo matrimoniale, li hai uccisi.

Non c'è donna greca che avrebbe osato

 questo, mai, e a preferenza di loro io ritenni degna

di matrimonio te, parentela ostile e letale per me,

leonessa, non donna, con  una natura

più crudele della Tirrenia Scilla. 1343

 

Scilla è la satanessa primordiale che Omero descrive come un mostro con sei colli lunghissimi su ciascuno dei quali c’è una testa spaventosa. I piedi sono dodici tutti deformi.

 

Ma di fatto neppure con insulti infiniti

potrei morderti: tale sfrontatezza è innata in te;

va’ in malora, operatrice di obbrobri e sporca della strage dei figli.

Resta da piangere il mio destino a me

che non trarrò vantaggio dalle nuove nozze,

né ai figli che ho generato e allevato

 potrò rivolgere la parola da vivi, ma li ho perduti. 1350

 

Medea

L’avrei fatta lunga contro queste

parole, se Zeus padre non sapesse

quali cose hai ricevuto da me e quali hai compiuto.

Tu non dovevi, dopo avere disonorato il mio letto,

passare una vita piacevole deridendomi, 1355

né la principessa, né quello che ti aveva proposto le nozze,

Creonte, doveva cacciarmi senza danno da questa terra.

Di fronte a questo chiamami pure leonessa, se vuoi,

e Scilla che abitò la landa Tirrenica:

infatti io ho contrattaccato il tuo cuore come si deve. 1360

 

Giasone

Ma anche tu soffri e sei partecipe delle sciagure.

 

Medea

Sappilo bene: mi giova il dolore  se tu non ridi. 1362

 

Giasone

O figli, che madre malvagia vi è capitata!

 

Medea

O figli, come siete morti per la follia del padre!

 

Giasone

Invero non è stata certo la mia mano destra a ucciderli.

 

Medea

Bensì l’oltraggio e le tue nozze appena contratte.

 

Giasone

E per il letto hai ritenuto giusto ucciderli ?

 

Medea

Pensi che questa sia una sofferenza piccola per una donna? 1368

 

Giasone

Se una è giudiziosa; ma tu sei impastata di male.

 

Medea

Questi qui non ci sono più: questoero nre cattive cattiva fatto ti roderà.

 

Giasone

Sono questi, ahimé, i vendicatori sulla tua testa. 1371

 

Medea

Sanno gli dèi chi ha dato inizio alla sciagura.

 

Giasone

Sanno certamente che il tuo animo è ributtante.

 

Medea

Odiami: io detesto la tua voce sgradevole.

 

Giasone

E io la tua: facile sarà separarsi l’uno dall’altra.

 

Medea

E come ? Che cosa devo fare? Stai certo che lo voglio anche io. 1377

 

Giasone

Lasciami seppellire e piangere questi morti.

 

Medea

No davvero, poiché li seppellirò io con questa mano,

portandoli al santuario della dea Era Acraia

affinché nessuno dei nemici li oltraggi

rovesciando le tombe; e a questa terra di Sisifo

attribuiremo una festa solenne e riti

per il futuro in cambio di questa empia strage. 1383

E io andrò alla terra di Eretteo,

a convivere con Egeo, figlio di Pandione.

E tu, come è naturale, vigliacco morirai da vigliacco,

colpito al capo da un rottame di Argo,

dopo avere visto l'amaro esito delle mie nozze.

 

Anapesti di uscita 1389-1419.

 

Giasone

Ma ti uccida l'Erinni dei figli

e la Giustizia degli ammazzati. 1391

 

Medea

Quale dio o demone ascolta te,

spergiuro e ingannatore degli ospiti?

 

Giasone

Ahi, ahi, abominevole e assassina dei figli.

 

Medea

Vai a casa e seppellisci la tua compagna di letto. 1394

 

Giasone

Vado, privato dei due figli.

 

Medea

Ancora non piangi: aspetta un po' la vecchiaia.

 

Giasone

O figli carissimi.

 

 Medea Alla madre solo, a te no.

 

Giasone

Per questo li hai ammazzati?

 

Medea. Per infliggere pene a te.

 

Giasone

Ahimé infelice voglio baciare

la cara bocca dei figli. 1400

 

Medea

Ora li chiami, ora vuoi baciarli,

dopo averli respinti allora.

Giasone Concedimi in nome degli dèi

di toccare la tenera carne dei figli.

 

Medea

Non è possibile. Invano le tue parole sono buttate via. 1404

 

Giasone

Zeus tu senti questo: come vengo respinto

e quali ferite subisco da questa femmina abominevole

e leonessa assassina dei figli?

Ma per quanto almeno è possibile e ce la faccio,

piango questo scempio e invoco gli dèi

chiamando a testimonio la potenza divina del fatto che tu,

dopo avermi ammazzato i figli, mi impedisci

di toccarli con le mani e seppellirne i cadaveri,

che io non avrei voluto vedere mai,

 dopo averli generati, ammazzati da te.

 

Coro

Di molti casi Zeus è dispensatore sull’Olimpo;

e molti eventi in modo insperato compiono gli dèi;

e i fatti aspettati non vennero portati a compimento,

mentre per quelli inaspettati un dio trovò la via.

Così è andata a finire questa azione 1419. 

 

Bologna 25 aprile 2023 ore 17, 04

 

p. s.

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[1] Nell’Ifigenia  fra i Tauri appare Atena ex machina, nell’Elettra i Dioscuri, nell’Elena di nuovo i Dioscuri, nello Ione Atena, nell’Oreste Apollo.

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