domenica 30 luglio 2023

Il mio libro III parte della presentazione.

 


 Dicevo la salute. Questa va mantenuta il più possibile,  più a lungo che si può. Invecchiare imparando sempre molte cose, come faceva Solone e praticando l’esercizio fisico.

 Del resto senza lesinarsi il tempo libero la scolhv, l’otium cum dignitate per dedicarsi alla riflessione di quanto si è fatto e si è imparato.

La razionalità è anche imitazione della natura: Cicerone:"quam si sequemur ducem, numquam aberrabimus " (De Officiis , I, 1OO).

Seneca scrive a Lucilio "cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse et noctem" (Ep. 3, 6), prendi decisioni osservando la natura: quella ti dirà che ha fatto il giorno e la notte.

Infatti:"Sequitur ratio naturam. Quid est ergo ratio? Naturae imitatio. Quod est summum hominis bonum? Ex naturae voluntate se gerere " .( Epistole a Lucilio , 66), la ragione allora segue la natura. Che cosa è la ragione? Imitazione della natura. Qual è il sommo bene dell'uomo? Comportarsi secondo la volontà della natura.

E’ dunque necessario anche il tempo del riposo, degli intervalli dai negotia  che occupano gran parte della nostre vita lavorativa.

Dobbiamo impegnarci molto in quello che facciamo, ma questo impegno  ha bisogno di intervalli : “:"Danda est tamen omnibus aliqua remissio"[1].

La ratio non deve mai essere essere spietata: non può annullare il sentimento che è comunque un elemento della nostra natura umana e un aspetto della stessa ragione. Ogni forma di u{bri~, di  prepotenza, di sconsiderata o demenziale dismisura, porta alla zoppia della nostra umanità.

La prepotenza fa crescere il tiranno- (u{bri~ futeuvei tuvrannon), la prepotenza/se è riempita invano di molti orpelli/che non sono opportuni e non convengono/salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si avvale di valido piede (Sofocle, Edipo re, vv.  873-878)

Il tiranno che si azzoppa menzionato sopra ci fa  venire in mente che il potere-kravto~- non è potenza- duvnami~ .

Nelle Baccanti di Euripide, Tiresia profetizza a Penteo, re di Tebe, il fatto che Dioniso verrà cooptato e accolto nell’ombelico del mondo, l’oracolo delfico su cui svettano le due cime del Parnaso

“Un giorno lo vedrai anche sulle rupi Delfiche                                            

saltare con le fiaccole sull’altopiano a due cime

agitando e scagliando il bacchico ramo,

grande per l’Ellade. Via Penteo, da’ retta a me:

non presumere che il potere abbia potenza sugli uomini”. (vv. 306-  310).

Il potere non è potenza dunque -mh; to; kravto" au[cei duvnamin ajnqrwvpoi" e[cein- come il sapere non è sapienza - to; sofo;n d j ouj sofiva (Baccanti, 395).

Umanesimo è passare dal sapere, la congerie di date, dati e nomi, alla sapienza che potenzia la nostra natura umana.

La potenza e la sapienza accrescono e rendono più viva la vita, mentre il potere del tiranno e il sapere dell’erudito, dell’umbraticus doctor, possono mortificarla.

Le mie storie d’amore insegnano l’amore per le donne come umanesimo, quale amore per la vita. Umanesimo è sapere di essere umano, è amore per l’umanità che significa vivere creando sinergia con altri umani e aiutare chi ha bisogno di aiuto. Umanesimo è diventare davvero ciò che siamo, cioè uomini umani.

L’ espressione di umanesimo più efficace e sintetica è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo che  nell'Edipo a Colono dice al vecchio vagabondo cieco, incestuoso e parricida "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so di essere un uomo, per questo sono umano con te. La coscienza della propria umanità lo spinge ad aiutare l’uomo decaduto.

 Lo stesso Edipo prima della caduta, e ancora in auge, aveva detto che sarebbe spietato e disumano se non provasse compassione per i propri concittadini afflitti dal morbo (Sofocle, Edipo re, 12. -13).  

 

La principessa dei Feaci, la fanciulla Nausicaa, nel VI canto dell’Odissea (207-208) vuole  aiutare Odisseo giunto naufrago nell’isola di Scheria e  dice queste parole alle sue ancelle in fuga spaventate dall’aspetto dell’uomo sconciato dalla tempesta  : “  to;n nu`n crh; komevein: pro;~ ga;r Dio;~ eijsin a[pante~-xei`noiv te ptwcoiv te, dovsi~ d j ojlivgh te fivlh te”, dobbiamo prenderci cura di questo: da Zeus infatti vengono tutti gli stranieri e i poveri, e un dono pur piccolo è caro.

Le stesse parole dice Eumeo, il guardiano dei porci di Itaca, quando Odisseo gli si presenta travestito da mendicante irriconoscibile e il porcaio lo accoglie ospitalmente spiegandogli che non è suo costume maltrattare lo straniero (xei`non ajtimh`sai), nemmeno quando ne arriva uno kakivwn più malconcio di lui (Odissea, XIV, 57-59)  .

Nell’Antigone di Sofocle la pietosa sorella dice a Creonte che ha proibito la sepoltura di Polinice " ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523), certamente non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore.

 

Che cosa c’entra tutto questo con il mio romanzo?

Ne cito solo alcune parole  per farlo comprendere

“Elena Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. Allora capii. Capii di essere stato stupido, volgare e crudele; capii che quella creatura in attesa di un’altra creatura, non doveva subire ingiustizia, umiliazioni e dolori. Non da me. Avevo capito e sentivo che non vi è felicità grande senza morale profonda[2].

L’azione cattiva è pessima per chi l’ ha progettata e la compie[3].

Chi prepara il male a un altro, lo apparecchia a se stesso[4].

Ne avrei avuto rimorso per tutta la vita, forse anche oltre. E non solo per questo: io l’amavo, lei mi aveva reso migliore, e siccome in sua presenza mi vergognavo di essere ingiusto, mi avrebbe reso ancora migliore. La terra è in mezzo alle stelle, e sulla terra ci sei tu amore mio. Mi alzai, le afferrai la mano sinistra e dissi: “Scusa, Elena, aspetta.  Ora devo parlare io a te. Ne ho bisogno. Ti prego”.

Ero andato vicino a infliggere ingiustizia a una donna che amavo ed era stata generosa con me. Mi fermai in tempo e le chiesi perdono.

 

Ho voluto significare che ho cercato di dare l’impronta dell’universale a diversi miei casi personali. Credo di esserci riuscito.

 Per oggi mi fermo qui.

Pesaro 31 luglio 2023 ore 17, 23 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Quintiliano, Inst., I, 3, 8.

[2] Cfr. R. Musil, L’uomo senza qualità. Verso il regno millenario.  “E sostengo che non vi è profonda felicità senza morale profonda”.

[3] Cfr. Esiodo, Opere e giorni, v.266.

[4] Cfr. Esiodo, Opere e giorni, v. 265.  Seneca ribadisce questa legge nell’ Hercules furens:" quod quisque fecit, patitur: auctorem scelus repetit " (vv. 735-736), ciò che ciascuno ha fatto lo patisce: il delitto ricade sull'autore.

 

 

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