Twitter 5 maggio
Platone Leggi
(679b-c): i costumi sono nobilissimi dove non esiste ricchezza né povertà.
La chiacchiera è
contraffazione del parlare: è ignobile, ingannevole e servile. Così come la
cosmesi è contraffazione della ginnastica (Platone) e dell’abbronzatura solare.
Il symbolon è una mezzo segno di riconoscimento da unire all'altra
metà. Ognuno di noi è un simbolo. L'altra metà mia sono i miei lettori
Il razzismo ha sempre bisogno
di odiare l'originale, il diverso, in nome del conformismo.
Le persone ammazzate
"per sbaglio" sono presentate come non persone. Diventano capri
espiatori di una società ipocrita, corrotta e violenta
Contro il conformismo Su ogni argomento si possono,
quasi si devono, dare interpretazioni contrapposte. Poi si sceglie Con la
propria testa
Controparte alla tomba è il
letto nuziale e puerperale. Le vite prive di letto erotico sono vite sepolcrali.
l'occhio offeso dall'orrenda
notte dei luoghi comuni pubblicitari, si conforta con la luce della bellezza
dell'arte.
Amare significa potenziare la
vita e accrescere la vitalità dell’altro.
I politici non ci amano. Nemmeno noi li amiamo.
La poesia è una specie di
matematica ispirata che dà equazioni per le emozioni umane (Pound)
Alla smodata violenza dei
barbari, al ruminare bestiale dei luoghi
comuni, all’idiota assenza di ogni
spirito critico, alla ruffianeria dei servi, oppongo la bellezza dell’arte e
della cultura.
Illa cantat, nos tacemus. Quando ver venit
meum?/Quando fiam uti chelīdon, ut tacere desinam?/… Cras amet qui numquam
amavit quique amavit cras amet! (Pervigilium
Veneris[1])
Quella canta, noi tacciamo.
Quando viene la mia primavera? Quando diverrò come rondine e smetterò di
tacere?
Ami domani chi non ha mai
amato e chi ha amato ami domani![2].
Dopo avere ascoltato i tanti
lenoni televisi: “Nunc iam nulla viro
iuranti femina credat /nulla viri
speret sermones esse fideles” (Catullo,
64)
Ora nessuna donna creda più
nell'uomo che giura, nessuna speri che siano sincere le parole di un uomo.
Gli Spartani votarono la guerra fobouvmenoi tou;"
jAqhnaivou" mh; ejpi; mei'zon dunhqw'sin"(Tucidide, I, 88) temendo che
gli Ateniesi divenissero sempre più potenti. Ora si teme il potenziamento della
Russia di Putin.
Non
vorrei che gli Americani e i loro servi europei armassero altre bande e le
spingessero al terrorismo per paura che
la Russia di Putin diventi troppo potente. Sarebbe una catastrofe per tutti
“crh;-ajyeude;~ ei\nai toi'si
gennaivoi~ stovma” ( Euripide, Eraclidi, vv. 890-891), è necessario che
sia veritiera la bocca dei nobili.
E
viceversa. La persona volgare mente sempre, mente per principio, mente anche se
non gli conviene perché è stupida e non sa che cosa gli conviene.
Il
bruto è il servo della pubblicità.
La
Sfinge.
La
Sfinge dal canto variopinto (poikilw/dov") ci spingeva a guardare/quello che era lì tra i piedi
(to; pro;"
posiv), e a lasciare perdere quanto non
si vedeva (tajfanh', Sofocle, Edipo
re, vv. 130-131 parla Creonte).
La Sfinge dei nostri giorni è
la pubblicità
Possiamo identificare "quanto non si vedeva" (tajfanh') con i fatti
dello spirito non visibili attraverso i soli occhi del corpo, soprattutto
quando lo sguardo è rivolto in basso, e "quello che era lì tra i
piedi", ossia "to;
pro;" posiv",
con gli oggetti terreni e materiali. Quelli “consigliati” dalla pubblicità.
La
Sfinge è nata da un incesto in quanto
figlia di Echidna, la vipere, e di Orto, il cane figlio di Echidna, ed è
rappresentante del Caos[3],
è stata solo rimossa, non superata moralmente: P. P. Pasolini nel suo film Edipo
re fa gridare alla Sfinge mentre
viene spinta in un burrone dal figlio di Laio:"L'abisso in cui mi spingi è
dentro di te"[4].
Edipo infatti ha molto della Sfinge.
Nell’ Oedipus di Seneca, l'ombra di Laio definisce il
figlio che lo ha ucciso:" implicitum
malum,/magisque monstrum Sphinge perplexum sua" (vv. 638-639)
male aggrovigliato e mostro contorto
più della Sfinge sua.
Nella Fedra di D’Annunzio la figlia di Pasife e del “talassocrate” Minosse,
sente dentro di sé la presenza della Sfinge. Dice infatti alla bella schiava
tebana che poi ucciderà: “Dalle case di Edipo/teco venne la cagna[5]
stigia? O schiava,/odimi. Quella che il figlio di Laio/osò guatar negli occhi
spaventosi,/quella fiera che striscia balza vola/parla, bacia le bocche
moribonde,/aquila, serpe, leonessa, femmina/d’uomo, alata, squammata,/con
branche atroci e floride mammelle,/Musa dei Morti, in me/rivive”[6].
Dietro la bellezza, che in
fin dei conti si compone di una materia fragile e caduca, si agita sempre la
fiamma di una forte volontà.
I due presidenti sebbene innumeri effetti annis, disfatti da
innumerevoli anni, vogliono comandare ancora. Del resto i giovani sono solo dei
burattini manovrati nella pupazzata della politica.
La donna ha una marcia in più
rispetto all’uomo. Dunque prima della gara “le carte vanno truccate, l'uomo deve ricevere un
vantaggio"[7].
Come in una corsa a handicap dove l'handicappato è l'uomo. Lo afferma
apertamente Marziale[8]
nella clausula di un suo epigramma:" Inferior matrona suo sit, Prisce, marito:/non aliter fiunt femina
virque pares " (VIII, 12, 3-4), la moglie, Prisco, stia sotto il
marito: non altrimenti l'uomo e la donna diventano pari.
Giasone a Medea (quelli di
Euripide) “Ma a tanto giungete, che, quando vi va dritta-nell'alcova (ojrqoumenvh~[9]-eujnh`~), voi donne pensate di avere tutto,-se invece capita
qualche congiuntura nel letto,-anche i rapporti migliori e più belli rendete-
atti di guerra feroce. Bisognerebbe in effetti che gli uomini da qualche altro
luogo-generassero i figli e che la razza delle femmine non esistesse:- e così
non esisterebbe nessun male per gli uomini.
(vv. 569-575).
E’ pazzo Giasone? Sono un
farabutto io a citarlo? Siete dei complici mascalzoni voi a leggere tali
infamie?
Credo che sia sempre sbagliato parlare di
uomini così e di donne cosà.
Io considero la persona, la
sua cultura, la sua onestà, il suo aspetto.
Dio ci liberi dagli occupati otiosi, gli indaffarati in occupazioni futili, quelli la
cui vita è una desidiosa occupatio[10],
un’occupazione inoperosa e sono pieni di
noia, colmi di malevolenza.
Sentite l'invettiva di
Encolpio contro la mentula che ha
disertato:"erectus igitur in cubitum hac fere oratione contumacem
vexavi:"quid dicis-inquam-omnium hominum deorumque pudor? nam nec nominare
quidem te inter res serias fas est." (132, 9-10), drizzatomi dunque
sul gomito strapazzai il renitente con queste parole più o meno:" che cosa
dici-faccio- vergogna degli uomini tutti e degli dèi? Infatti sarebbe un sacrilegio
perfino nominarti tra le cose serie.
Oggi
avrebbe preso il viagra il disgraziato colpito dall’ira di Priàpo.
giovanni ghiselli
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[1] La veglia di Venere, un carme anonimo, compreso nell'Anthologia latina , di novantatré versi
(tetrametri trocaici catalettici), di età e attribuzione incerta, dal II secolo
d. C. , al IV, al VI; da Floro, a Tiberiano, a un'autrice anonima.
[2]E' questo il ritornello che si trova già in apertura,
si ripete dieci volte e indica la destinazione popolare del componimento.
[3] Secondo Esiodo che usa la forma beotica Fivx (Fi'k&(a) in Teogonia 326), costei
era un mostro femminile, nata da Orto e
dalla luttuosa Echidna, e costituiva una rovina esiziale per i Cadmei. Essa era
dunque sorella del leone nemeo, e sorellastra (oltre che figlia) di Orto, il
cane bicefalo di Gerione, di Cerbero, il cane di Ades dal ringhio metallico,
dell'Idra di Lerna, consapevole solo di atroci azioni, e della Chimera
tricipite, spirante indomabile fiamma; nati tutti da Echidna e Tifone. Un bel
guazzabuglio di ibridi mostruosi. La
Sfinge aveva volto di donna, petto, zampe e coda di leone, e
ali di
uccello.
[4] M. Gigante sostiene che nell'interpretazione di Pasolini
c'è "un freudismo strisciante e, soprattutto, il tentativo di accreditare
una falsa visione di Edipo come "vittima". (Rivisitazioni di Edipo, "Dioniso" 1989, p.
92.)
[5] Cfr. La cagna cantatrice (Sofocle, Edipo re,
v.391)
[6] D’Annunzio, Fedra
(del 1909), atto I.
[8] 40 ca-104
d.C.
[10] Seneca, De
brevitate vitae, 12, 2. Cfr. anche Plinio il Giovane, Ep.9, 6, 4: otiosissimae
occupationes.
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