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lunedì 8 dicembre 2014

La storia di Didone. I parte

Heinrich Friedrich Füger
Didone implora la morte (1792)

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La storia di Didone
 I parte


Nella storia virgiliana di Didone  il dio Amore è associato  al dolore attraverso ferite, incendi, fiamme, follia, colpa e rovina.
Fin dal primo canto dell'Eneide, Venere invia il figlio Cupido a Cartagine  : "ut faciem mutatus et ora Cupido/ pro dulci Ascanio veniat donisque  furentem/ incendat reginam atque ossibus[1] implicet ignem " ( I , 658-660) affinchè, mutato nel volto e nell'aspetto, vada  al posto del dolce Ascanio, con i suoi doni infiammi la regina alla follia e faccia penetrare nelle ossa il fuoco d'amore.
Questo fuoco di Virgilio[2] non è di cottura né purificatore, ma deleterio, velenoso, ingannevole:"occultum inspires ignem fallasque veneno " (I, v. 688), infondile un fuoco occulto e ingannala con il veleno, ordina Cipride al figlio. L'amore  è causa di infelicità, è pestifero, mortale, e Didone innamorata di Enea è predestinata alla rovina:" Praecipue infelix, pesti devota futurae,/expleri mentem nequit ardescitque tuendo " (I, 712-713), sopra tutti l'infelice, consacrata alla rovina imminente, non sa saziare il cuore e s'infiamma guardando.

Infelix è la negazione di felix, fertile, felice. Questo aggettivo deriva dall'indoeuropeo *dha-/dhe- che ha dato come esito in greco qh- in latino fe-. Da queste radici derivano anche qhlhv, "mammella" , qh̃lu" , "femminile", qhluvnw, rendo effemminato in greco, e femina , fecunditas, filius, fello in latino.

Didone dunque è infelice e sterile: non ha avuto figli dal marito Sicheo e non ne avrà da Enea (cfr.  v. 33).

L'infelicità connessa all'amore prima ancora che questo si realizzi si trova pure nelle Argonautiche  di Apollonio Rodio[3]: quando Medea si avvia incontro a Giasone, che è stato salvato da lei e le ha promesso le nozze, la Luna osserva la ragazza e, con parole ambigue tra la simpatia e il dispetto, le dice: il dio del dolore ("daivmwn  ajlginovei"", IV, v. 64) ti ha dato il penoso Giasone per la tua sofferenza. Va' allora e sopporta in ogni modo, per  quanto sapiente tu sia, il dolore luttuoso.
Sono attimi significativi o "epifanici" che poi divengono topici nella cultura europea.
 Questo motivo letterario è ripreso da Plauto.
Nella Cistellaria [4], la commedia della cesta, il giovane Alcesimarco accusa  Amore di essere l'inventore del mestiere del boia, quindi espone i dolori che gli derivano dal suo amore per l'adolescente Selenio che alla fine sposerà :" Credo ego Amorem primum apud homines carnuficinam commentum[5] /…iactor, crucior, agitor/ stimulor, vorsor/in amoris rota, miser[6] exanimor,/feror differor distrahor diripior " (vv. 203, 206-209), io credo che Amore per primo abbia inventato l'ufficio del carnefice…sono agitato, messo in croce, sconvolto, sono tormentato, vengo girato e rigirato sulla ruota d'amore, infelice sono esausto, sono portato da una parte e dall'altra, sono trascinato e fatto a brandelli. 
 Amore  per diversi autori è dolore, disgrazia, accecamento.
  Catullo  usa la parola pestis  in nesso allitterante con pernicies  per definire il proprio amore doloroso dal quale chiede agli dèi di liberarlo come da una malattia non meritata (76, 20-22). Nella parola pestis  è già implicita l'idea ancora tanto conclamata dell'Aids, chiamata la peste del secolo quando negli incidenti stradali muoiono, in Italia, ottomila persone all'anno, ne restano ferite molte di più, e chissà quante altre vanno in malora  per  i gas di scarico. Sulle sigarette almeno compare l’avvertimento “il fumo uccide”. Le automobili pure uccidono, tuttavia la loro vendita viene pubblicizzata come se portasse felicità a chi le compra.
Bruno Vespa, il gran maggiordomo di tutti i regimi, indugia sui bambini uccisi dalle madre, ma non si cura di quelli, molti di più, ammazzati dalle automobili. Altri si danno da fare per pubblicizzare l’Aids e altri contagi derivanti da contatti umani
Infatti, i rapporti umani, in primis quelli amorosi, non venissero sporcati, calunniati, annichiliti, gli uomini non comprerebbero tante macchine.
"In Apollonio e in Catullo era presente la tragedia greca, specialmente Euripide. Anche Virgilio si riattacca ad Euripide direttamente (e non solo attraverso Apollonio e Catullo): il IV libro meglio degli altri dell'Eneide  ci mostra come egli utilizzi e fonda suggestioni non solo di autori vari, ma di autori che sono già tra loro in un rapporto di dipendenza, quasi ponendosi coscientemente all'estremità di una catena letteraria. Euripide poteva offrirgli spunti non solo per il personaggio di Didone, ma anche, con Giasone o altri, per il personaggio di Enea."[7].
E' quella che Musil definisce la  "catena di plagi"[8] che lega le grandi figure del mondo artistico l'una all'altra.
Su Catullo come primo anello latino di questa catena che rende malato e infelice l'amore sentiamo P. Fedeli:"Grazie a Catullo una nutrita serie di vocaboli acquista diritto di cittadinanza nel linguaggio d'amore: basterà ricordare la definizione dell'amore come dolor  (2 7) ardor  (2 8) cura  (2 10; 68 51), ma anche come morbus  (76 25) , come pestis  e pernicies  che s'insinua nelle membra simile a un torpor  (76 20) e le divora (31 15) ; oppure la definizione dell'amata come desiderium  (2 5); dell'innamorato come vesanus  (7 10) miser  (8 1; 51 5) e dell'innamorata che si strugge come misella (31 14); dell'innamoramento come equivalente dell'ineptire  (8 1), del perdite amare  (45 3) dell'amore deperire (35 12), del tabescere (68 55) dell'ardere (68 53)"[9].
Ma , lo ripeto, la deprecazione dell’amore è già presente nella commedia del III e del II secolo a. C.
Faccio un esempio tratto dal pur humanus Terenzio: negli Adelphoe [10] l’ottimo zio Micione dice del suo nipote e pupillo Eschino   :"Sperabam iam defervisse adulescentiam :/ gaudebam. Ecce autem de integro! " (v. 151-152) speravo che fossero sbolliti quegli ardori giovanili: me ne rallegravo. Ecco invece di nuovo.


La fobia del sesso

L'amore in ogni caso secondo molti autori fa danno, rende infelici, malati, ferisce, consuma, brucia. "Deve" fare male poiché chi lo vive senza sensi di colpa è meno intimidibile e ricattabile; insomma è meno soggetto al potere, ai tempi di Augusto come ai nostri.
La fobia del sesso fa parte della propaganda di molti regimi.
Tante volte deriva dalla storia personale e, quando è espressa da autori maschi, deve essere collegata alla paura delle donne.
Faccio un esempio che  accosta, addirittura, Aristofane a Manzoni, per altri versi lontanissimi.
Nelle Rane   il personaggio Eschilo si vanta di non avere mai fatto agire nei suoi drammi Fedre né Stenebee puttane (povrna", v. 1043) e anzi di non avere mai creato una donna in amore (" ejrw'san pwvpot' ejpoivhsa gunai'ka", v. 1044).
Il personaggio Euripide ribatte maliziosamente che nei drammi del rivale in effetti non c'è nulla di Afrodite (1045), ossia non c'è grazia.
Ebbene lo stesso merito, dubbio assai, se lo attribuisce Manzoni nel Fermo e Lucia :" Non si deve scrivere di amore in modo da far consentire l'animo di chi legge a questa passione. Di amore ce n'è seicento volte di più di quanto sia necessario alla conservazione della nostra riverita specie. Io stimo dunque opera impudente l'andarlo fomentando con gli scritti".
A queste parole dell'autore aggiungo alcune frasi prese da una tesi di abilitazione all'insegnamento secondario di una giovane laureata della SSIS di Bologna:"Il carattere di Lucia è architettato sulla base d'un sistema che uccide il pensiero…Le sue aspirazioni, il suo voto incontrano freddezza nel lettore di cuore sano; essa appare o insipida o egoista e tutta la maestria della disposizione non basta a infondere sangue a quella creazione…Lucia fa olocausto di sé sull'altare di un sistema"[11]

Questo maniaco dell'antisesso, questo furibondo integralista della castità si noti, non è un talibano bensì  uno che passa per moderato e che si professa cristiano. Eppure il Cristo disse bene della peccatrice :"Remissa sunt peccata eius multa, quoniam dilexit multum, cui autem minus dimittitur, minus diligit " (Luca, 7, 47), le sono perdonati i suoi molti peccati poiché ha amato molto, quello invece cui si perdona meno, ama meno.
E' una di quelle splendide pagine del Vangelo che sono ignorate o fraintese dai furfanti bigotti i quali adulterano le parole sante.
A tale categoria appartiene "la vecchia Bovary" la quale, quando il farmacista propose di chiamare Madeleine la figlia di Emma "protestò aspramente contro quel nome di peccatrice"[12].
A questo proposito consiglio la visione del film Magdalene di Peter Mullan, che vinse il Leone d’oro al festival di Venezia 2002. Denuncia le sofferenze e le umiliazioni inflitte sadicamente, in nome della religione, da suore perverse a ragazze “colpevoli” di amare l’amore.
 Tolstoj ci scherza sopra con intelligenza:" I libertini, queste Maddalene di sesso maschile, hanno un segreto senso della propria innocenza, né più né meno come le Maddalene femminili, e basato sulla medesima speranza di perdono:"Tutto le sarà perdonato, perché ha molto amato; e a lui tutto sarà perdonato, perché si è molto divertito"[13].
Per quanto riguarda la bellezza della figura di  Maddalena, "Maria Magdalene " (Luca, 24, 10) consiglio vivamente la visione di quella di Masaccio col manto rosso sangue, i lunghi capelli biondi e le braccia alzate a V, come a significare la prossima vittoria sopra il dolore della morte (Crocifissione del 1426, Napoli, Museo di Capodimonte).

L'amore in ogni caso secondo gran parte degli autori fa male, rende infelici, malati, ferisce, consuma, brucia.
"Deve" fare male poiché chi lo vive senza sensi di colpa è meno intimidibile e ricattabile; insomma è meno soggetto al potere, ai tempi di Augusto come ai nostri.
La calunnia dell'amore e il deturpamento del sesso è  una delle tante manovre delle propagande funzionali al potere.  Omero aveva già capito che la concordia, l'affetto e l'amore dell'uomo e della donna costituiscono non solo la gioia ma anche la forza di entrambi; come l'hanno capito bene i furfanti che tendono a seminare zizzania tra uomini e donne appunto per indebolire il genere umano e sottometterlo, con scopi diversi. Negli ultimi tempi principalmente con quello di indurlo a comprare le schifezze prodotte dall'industria. Femmine e maschi umani sessualmente e affettivamente felici infatti non avrebbero bisogno di gratificarsi consumando, né sentirebbero la frustrazione di non consumare. L'infelicità amorosa per giunta conduce alla sottomissione e all'adorazione dei capi e delle mode. Il tiranno che bandisce la gioia semina morte e produce rovina, anche a se stesso. E' il commento del messo che sta per raccontare la catastrofe finale dell'Antigone provocata dalla tirannide di Creonte che ha proibito, tra l'altro, al figlio Emone di amare la sua donna:":"ed ora tutto è buttato via. Infatti quando/l'uomo abbandona la gioia, io non ritengo/che sia vivo costui ma lo considero un cadavere che respira" (vv. 1165-1167).-
Adesso la religione (intesa come religio  lucreziana) è quella del consumismo, ed esso è una delle conseguenze del "sesso che se ne va a male, che diventa acido"[14].
Orwell in 1984  descrive un regime repressivo, tra l'altro, della libertà erotica poiché l'astinenza sessuale  produceva isterismo che " si poteva facilmente trasformare nell'infatuazione per la guerra e nell'adorazione dei capi". Ma c'è una ragazza, Julia, che comprende e si ribella facendo l'amore con gioia, e spiega:""Quando fai all'amore, spendi energia; e dopo ti senti felice e non te ne frega più di niente. Loro non possono tollerare che ci si senta in questo modo...Tutto questo marciare su e giù, questo sventolio di bandiere, queste grida di giubilo non sono altro che sesso che se ne va a male, che diventa acido. Se sei felice e soddisfatto dentro di te, che te ne frega del Grande Fratello e del Piano Triennale, e dei Due Minuti di Odio, e di tutto il resto di quelle loro porcate?"[15]. Spogliandosi questa ragazza bruna "faceva un gesto magnifico, proprio quello stesso magnifico gesto dal quale sembra che venga distrutta tutta intera una civiltà" (p.133).
Il  protagonista del romanzo vede nell'istinto della donna sensuale "un colpo inferto al Partito...un atto politico". Quando la sua giovane amante si spoglia infatti la osserva pieno di ammirazione, quindi le dice:"Sta' a sentire. Con più uomini sei stata e più ti voglio bene. Hai capito?"[16].

Leggiamo sullo stesso motivo D. H. Lawrence (1885-1930):"C'è un desiderio incoffessato, implacabile, dietro a tutte le teorie del sesso. Ed è desiderio di annullare, di cancellare completamente il mistero della bellezza. (…) La scienza ha una misteriosa avversione per la bellezza, in quanto non riesce a sistemarla adeguatamente nella visione che essa ha del mondo come serie di cause ed effetti. La società a sua volta ha una misteriosa avversione per il sesso, in quanto interferisce perpetuamente con la organizzazione bene ordinata che l'uomo sociale ha inventato per fare quattrini. Le due avversioni si assommano e ne risulta che il sesso e la bellezza sono soltanto espressioni dell'istinto di riprodursi. E allora diciamolo: il sesso e la bellezza sono una cosa sola, come la fiamma e il fuoco. Se provi odio per il sesso, lo provi anche per la bellezza. Se ammiri la bellezza vivente, provi rispetto anche per il sesso…La sventura della nostra civiltà deriva dall'odio morboso che proviamo per il sesso"[17].
Wilhelm Reich considera il terrorismo sessuale inflitto ai bambini come un'arma che ammorba la vita erotica e nello stesso tempo annienta per sempre la loro indipendenza:"L'inibizione morale della sessualità naturale del bambino, la cui ultima tappa è una grave limitazione della sessualità genitale del bambino piccolo, rende quest'ultimo pauroso, timido, timoroso dell'autorità, ubbidiente, "buono" ed "educabile" in senso autoritario: l'inibizione morale paralizza, perché ormai ogni impulso libero e vivo è affetto da grave paura e provoca, attraverso la proibizione del pensiero sessuale, una generale inibizione del pensiero e una incapacità critica; in breve il suo obiettivo è la creazione di un suddito che si adatti all'ordine autoritario e lo subisca nonostante la miseria e l'umiliazione"[18].  
Non solo il cristianesimo  si è adoperato per l'infibulazione mentale delle nostre donne.
La fobia del sesso fa parte della propaganda di qualsiasi regime.

La storia dolorosa di Didone riprende dall'incipit del quarto canto dell'Eneide :"At regina gravi iamdudum saucia curā/volnus alit venis et caeco carpitur igni " (vv. 1-2) ma la regina, già da tempo ferita da pesante affanno, /ravviva nelle vene la ferita ed è divorata da un fuoco nascosto.
at: la congiunzione avversativa connette il primo verso di questo canto all'ultimo del terzo, con il quale Virgilio dichiara concluso il racconto di Enea, capace, come Odisseo, di sedurre attraverso le parole il cui lungo fluire ha messo in agitazione la regina, mentre ha dato finalmente quiete all'eroe che ha raccontato se stesso:"Conticuit tandem factoque hic fine quievit" (III, 718), tacque infine e, posto qui un termine, si riposò.

Nei primi versi del quarto canto si può leggere già il preludio della fine tragica nelle "metafore comuni del sermo amatorius (ferita, fuoco, malattia, veleno): esse appartengono tutte, oltre che a una tradizione letteraria antica e diffusa, a un altrettanto antica e diffusa psicologia popolare, che interpreta l'esperienza amorosa in termini prevalentemente pessimistici, e la giudica negativamente (l'amor è, insomma, amor insanus). Al primo verso, costruito su una struttura a chiasmo (a-b/b-a), il secondo contrappone una doppia allitterazione (volnus…venis; caeco carpitur)"[19]. -igni: "il poeta passa facilmente dalla metafora della ferita, a quella, ancora più diffusa, del fuoco...E' notevole che Apollonio Rodio nella scena dell'innamoramento (III 286 s.) unisca già le due immagini:"la freccia (scagliata da Eros) alla giovinetta bruciava sotto il cuore simile a fiamma"[20].






[1] L'ardore erotico che arriva alle ossa è un locus reperibile già in Teocrito:"wj" ejk paido;"  [Arato" uJp'  ojstevon ai[qet' e[rwti" (VII, 1O2), come Arato arda fin sotto le ossa per amore di un ragazzo.
Il fuoco d'amore  è attestato fin da Saffo che anzi inaugura il topos della cottura amorosa:"o[ptai" a[mme" (fr. 38 Voigt), tu mi cuoci.
Così, ancora nel VII idillio di Teocrito, c'è Licida ojpteuvomenon (v. 55), cotto da Afrodite per Ageanatte.
[2] Virgilio nacque nel villaggio di Andes, presso Mantova, nel 70 a. C.  Studiò a Cremona, Milano, Roma e Napoli  dove seguì le lezioni della scuola epicurea di Sirone e Filodemo. Nel 42 perse o rischiò di perdere le proprie terre del mantovano che venivano confiscate ai proprietari per essere distribuite ai veterani della battaglia di Filippi combattuta nello stesso anno. Secondo la Vita Vergilii di Donato, un grammatico del IV secolo d. C. che per questa biografia utilizza la sezione De poetis del De viris illustribus di Svetonio, Virgilio riuscì a conservare le sue terre grazie all'intercessione di personaggi influenti: Asinio Pollione, Cornelio Gallo e Alfeno Varo. Le Bucoliche furono composte tra il 42 e il 39 a. C. Le Vite e i commentatori antichi ripetono che le Bucoliche sarebbero state composte in seguito alle pressioni di Asinio Pollione, le Georgiche (37-30) per ordine di Mecenate, e l' Eneide (29-19) per comando di Augusto.  Valerio Probo (I sec. d. C.) scrisse la più antica delle Vite virgiliane che è andata perduta con il  commento all' Eneide. Ne resta un'epitome  che ricorda l'appoggio di Pollione, Gallo e Varo nella vicenda dei campi, quindi "precisa che con le Bucoliche il poeta ha voluto accarezzarli: quibus in Bucolicis adulatur " (R. Calzecchi Onesti, op. cit., p. 26). Virgilio morì nel 19 a. C. a Brindisi, nel settembre del 19 a. C. tornando da un viaggio in Grecia dove (precisamente a Megara) si era sentito male per un colpo di sole.
[3] 295 ca-215 a. C.  Le Argonautiche vennero divise i quattro libri dallo stesso autore. Il più letto è il terzo con la storia di Medea che si innamora di Giasone e perciò lo aiuta a conquistare il vello d'oro.
[4] Data probabile: 203 a. C.
[5] Participio passato di comminiscor, invento.
[6] Si noti che miser  qualifica l'innamorato ben prima di Catullo.
[7]A. La Penna-C. Grassi (a cura di) Virgilio, Le Opere, Antologia , p. 357.
[8]L'uomo senza qualità , p. 270.
[9]Lo spazio letterario di Roma antica, 1, p. 153.
[10] Del 160 a. C.
[11] G. Morandini, La voce che è in lei ,Bompiani, 1997, p. 16. La tesi è di Alessandra Neri, alumna optima .
[12] G. Flaubert (1821-1880), Madame Bovary, (del 1857) p. 74.
[13]Guerra e pace , (del 1869),  p. 855.
[14]G. Orwell, 1984 , trad. it. Mondadori, Milano, 1989,  p. 142.
[15]G. Orwell, 1984 , p. 142.
[16]G. Orwell, 1984, trad. it. Mondadori, Milano, 1997, p. 134.
[17] Fantasia dell'inconscio e altri saggi sul desiderio, l'amore, il piacere , Mondadori, Milano, 1978. Tratto da Lunario dei giorni d'amore , pp. 427-428.
[18] W. Reich, Psicologia di massa del fascismo, p. 43.
[19] G. B. Conte, Scriptorium Classicum 3, p. 262.
[20]A. La Penna-C. Grassi, op. cit., p. 365.

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