NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

LE NUOVE DATE! Protagonisti della Storia Antica | Biblioteche Bologna   -  Tutte le date link per partecipare da casa:    meet.google.com/yj...

venerdì 8 aprile 2016

"Il Prometeo incatenato". Parte VI

guerra

PER VISUALIZZARE IL GRECO CLICCA QUI E SCARICA IL FONT HELLENIKA


Nel Menesseno Platone chiarisce il disvalore della scienza separata dalla giustizia: "pa'sav te ejpisthvmh cwrizomevnh dikaiosuvnh" kai; th'" a[llh" ajreth'" panourgiva, ouj sofiva faivnetai" (247), tutta la scienza separata dalla giustizia e dalle altre virtù, si vede che è malizia, non sapienza.
Il secondo coro della Medea di Seneca dunque situa l'età edenica nel passato antecedente l'impresa di Argo:"Candida nostri saecula patres/videre, procul fraude remota./Sua quisque piger litora tangens,/patrioque senex factus in arvo,/parvo dives, nisi quas tulerat/natale solum, non norat opes./Bene dissaepti foedera[1] mundi[2]/traxit in unum[3] Thessala pinus,/iussitque pati verbera pontum;/partemque metus fieri nostri/mare sepositum" (vv. 329 - 339), secoli immacolati videro i nostri padri, quando era tenuta lontano la frode. Ciascuno tenendo pigro i suoi lidi, e divenuto vecchio nel campo paterno, ricco con poco, non conosceva ricchezze se non quelle prodotte dal suolo natale. La nave Tessala unificò le parti del cosmo ben separato da un recinto di leggi, e ordinò che il ponto patisse le frustate dei remi; e che il mare lontano divenisse parte della nostra paura.
L' u{bri" di Tifi e Giasone è prefigurata da quella di Prometeo e imitata da quella di Serse, poi da Alessandro Magno a pueritia latro gentiumque vastator, tam hostium pernicies quam amicorum, qui summum bonum duceret terrori esse cunctis mortalibus, oblitus non ferocissima tantum, sed ignavissima quoque animalia timeri ob malum virus" (Seneca, De beneficiis [4] I, 13, 3).

Il terzo coro della Medea di Seneca chiede venia per Giasone, ma Nettuno è furioso perché sono stati spezzati i sacrosanti vincoli del mondo.
Il consiglio è: "vade, qua tutum populo priori;/rumpe nec sacro, violente, sancta/foedera mundi! " (vv. 604 - 606), procedi per dove il cammino è stato sicuro alla gente di prima; e non spezzare con violenza le sacrosante regole del mondo. E’ la conclusione della settima e ultima strofa saffica del terzo coro.
Infatti i profanatori del mare sono morti male, come Fetonte che ha cercato di violentare il cielo. Gli Argonauti hanno prima devastato i boschi del Pelio, poi hanno solcato il pelago per impossessarsi dell'oro, ma : “ exigit poenas mare provocatum” (Medea, v. 616).
Il mare sfidato che la fa pagare ai provocatori si trova anche nella Pharsalia di Lucano:"Inde lacessitum primo mare, cum rudis Argo/miscuit ignotas temerato litore gentes/primaque cum ventis pelagique furentibus undis/composuit mortale genus, fatisque per illam/accessit mors una ratem" (III, 193 - 197), di qui[5] il mare per la prima volta provocato, quando l'inesperta Argo mescolò genti che non si conoscevano sulla costa profanata, e per prima mise la razza umana alle prese con i venti e con le onde furiose del mare, e una morte attraverso quella nave si aggiunse ai fati.
Viene condannata la confusione conseguente alla negazione del principium individuationis. Ancora l' u{bri" di Serse.
L'exitus dirus la morte orribile (cfr. v. 614) è l'espiazione della rottura dei sacrosancta foedera mundi. Il coro chiede agli dèi di graziare Giasone che è partito iussus ( Medea, v. 669). E' la mancanza di entusiasmo per l'impresa, l' ajmhcaniva delle Argonautiche. Nel poema di Apollonio Rodio Giasone è qualificato come ajmhvcano" (I, 460). -
Che il marinaio sia come portato, se non addirittura predestinato, a morire in mare, lo dichiara fatalisticamente Mena Malavoglia nel romanzo di Verga :"Il mare è amaro, - ripeteva, - ed il marinaio muore in mare"[6].

La quintessenza di molti mali è spesso il disordine e la confusione: Solone nell’Elegia alle Muse distingue due tipi di plou'to":
“La ricchezza che danno gli dèi, è solida/per l'uomo dall'ultimo fondo alla cima;/ quella cui vanno dietro gli uomini spinti dalla prepotenza, non arriva/con ordine (ouj kata; kovsmon - e[rcetai), ma siccome obbedisce alle azioni ingiuste,/segue di malavoglia, e presto vi si mescola l'accecamento” (fr. 1D. vv. 9 - 13).
Secondo Teognide “la confusion delle persone” è dovuta al denaro: “ Onorano il denaro: e un nobile sposa la figlia di un plebeo e un plebeo quella di un nobile: la ricchezza ha mescolato le stirpi.” (Silloge, vv. 183 - 190).
Nei Cavalieri (424 a. C) di Aristofane, Cleone è chiamato “borborotavraxi” (v. 307), il mescola - fango; egli si comporta come i pescatori di anguille i quali, se mettono sottosopra il fango, le acchiappano: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se scompigli la città, gli fa il salsicciaio.
La mescolanza di genti diverse nella Firenze del Trecento suscita lo sdegno di Dante: “Sempre la confusion delle persone/principio fu del mal della cittade” ( Paradiso , XVI, 67 - 68).
 Nelle Anime morte di Gogol’ (1842) un farabutto suggerisce di confondere le idee per rendere impossibile il compito di fare giustizia: “Confondere, confondere: e nient’altro…introdurre nel caso nuovi elementi estranei, che coinvolgano altri, complicare e nient’altro. E che si raccapezzi pure il funzionario pietroburghese incaricato. Che si raccapezzi…Mi creda, appena la situazione diventa critica, la prima cosa è confondere. Si può confondere, aggrovigliare tutto così bene che nessuno ci capirà nulla” (p. 375).
 Ancora a proposito di confusione, C. Marx, commenta Shakespeare[7] scrivendo che nel denaro il grande drammaturgo inglese rileva:"la divinità visibile, la trasformazione di tutte le caratteristiche umane e naturali nel loro contrario, la confusione universale e l'universale rovesciamento delle cose"[8].

Contro la guerra
Il male del ferro e dell'oro. Altre invenzioni di Prometeo.
Erodoto nei capitoli 67 - 68 del primo libro delle Storie racconta che gli Spartani al tempo di Creso erano riusciti a sconfiggere i Tegeati solo dopo essere ricorsi alla Pizia di Delfi la quale, interrogata, aveva risposto che dovevano riportare in patria le ossa di Oreste. E siccome i Lacedemoni non le trovavano, erano tornati a chiederle aiuto. Ella allora aveva cantato, in esametri: "c'è in Arcadia una Tegea, in luogo piano,/dove due venti soffiano per possente necessità,/ e colpo e contraccolpo, e male su male si posa" (kai; tuvpo" ajntivtupo", kai; ph'm j ejp jphvmati kei'tai, I, 67, 4). Lì era sepolto Oreste e di lì bisognava portarlo via per vincere i Tegeati. Fu Lica , uno dei benemeriti ( tw'n ajgaqoergw'n I, 67, 5), specie di ambasciatori, a trovarlo , avvalendosi del caso e della sua sapienza[9] (kai; suntucivh/ crhsavmeno" kai; sofivh/, I, 68, 1). Quest'uomo dunque, andato a Tegea, in una fucina osservava la lavorazione del ferro e aveva un'aria di meraviglia mentre guardava (ejn qwvmati h\n oJrevwn I, 68, 1). Il fabbro allora gli disse che lui aveva ragioni più forti per meravigliarsi: infatti, scavando nel suo cortile per fare un pozzo, aveva trovato un'urna con un cadavere di sette cubiti, ossia lungo più di tre metri. Quindi lo aveva riseppellito. Allora Lica congetturava che quelli erano i resti di Oreste. Infatti osservando i due mantici trovava che erano i venti (ajnevmou" eu{riske ejovnta", I, 68, 4), l'incudine e il martello erano il colpo e il contraccolpo (tovn te tuvpon kai; to;n ajntivtupon), e, il ferro lavorato, il male posato su male (to; ph'ma ejpi; phvmati keivmenon) desumendolo più o meno dal fatto che il ferro è stato inventato per il male dell'uomo :" ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai".
In Catullo c’è una maledizione dei Calibi, una popolazione della costa del Mar Nero della quale si diceva che avesse scoperto la lavorazione del ferro che ha tagliato la chioma di Berenice. I crines stessi lanciano l’imprecazione: “ Quid facient crines, cum ferro talia cedant? Iupiter, ut Chalibon omne genus pereat/et qui principio sub terra quaerere venas/institit ac ferri fingere duritiem” (66, 47 - 50), cosa faranno i capelli, se tali colossi[10] cedono al ferro? Giove, che tutta la razza dei Calibi vada in malora, e chiunque per primo si mise a esplorare le vene sotto la terra e a foggiare la durezza del ferro!

Ancora più nocivo del ferro, e decisivo per la decadenza dell'umanità, è stato l'oro secondo Ovidio : “ effondiuntur opes, inritamenta malorum; / iamque nocens ferrum ferroque nocentius aurum/ prodierat: prodit bellum, quod pugnat utroque,/sanguineaque manu crepitantia concutit arma” (Metamorfosi, I, 140 - 143), si estraggono dalla terra le ricchezze, stimolo dei mali; e già il ferro funesto[11] e, più funesto del ferro, l'oro era venuto alla luce : venne alla luce la guerra, che combatte con l'uno e con l'altro, e con mano sanguinaria scuote ordigni che scoppiano.
E' l' età[12] non più redimibile, quella del male integrale, quando omne nefas , ogni empietà, irrompe nel genere umano.
 Ho tradotto prefigurando le armi da fuoco che Don Chisciotte non mancherà di esecrare come falso progresso: “Felici e benedetti i secoli che non conobbero la furia di questi indemoniati strumenti dell’artiglieria, il cui inventore dev’essere senza dubbio nell’inferno, a goder il premio della sua diabolica invenzione, mercé la quale il braccio d’un infame codardo può cagionar morte d’un valoroso cavaliere, che una palla fuorviata, arrivatagli, non si sa come né di dove, colpisce in pieno ardore del coraggio onde sono accesi e animati i petti eroici, mentre forse colui che l’ha sparata fugge sgomentato dal lampo di fuoco prodotto, nello sparo, da quella maledetta macchina”[13].
Si può pensare al film di Ermanno Olmi Il mestiere delle armi.
Si può citare di nuovo Leopardi: “L’invenzione e l’uso delle armi da fuoco, ha combinato perfettamente colla tendenza presa dal mondo in ordine a qualunque cosa, e derivata naturalmente dalla preponderanza della ragione e dell’arte, colla tendenza, dico, di uguagliare tutto. Così le armi da fuoco, hanno uguagliato il forte al debole, il grande al piccolo, il valoroso al vile, l’esercitato all’inesperto, i modi di combattere delle varie nazioni: e la guerra ancor essa ha preso un equilibrio, un’uguaglianza che sembrava contraria direttamente alla sua natura. E l’artifizio, sottraendo alla virtù e agguagliandola, e anche superandola e rendendola inutile, ha pareggiato gli individui, tolta la varietà…infine ha contribuito sommamente anche per questa parte a mortificare il mondo e la vita” (Zibaldone, 659 e 660).
“Per l’invenzione della polvere l’energia che prima avevano gli uomini si trasportò alle macchine, e si trasformarono in macchine gli uomini, cosicché ella ha cangiato, essenzialmente il modo di guerreggiare” (978).
Le automobili, poi, queste macchine per paralitici, fanno la guerra agli uomini e li trasformano addirittura in belve sanguinarie che uccidono altri uomini "for their sport[14].
Tibullo [15] attribuisce la colpa della guerra al vizio dell'oro: "Quis fuit horrendos primus qui protulit enses?[16]/Quam ferus et vere ferreus ille fuit!// Tum caedes hominum generi, tum proelia nata,/tum brevior dirae mortis aperta via est.// An nihil ille miser meruit; nos ad mala nostra/vertimus, in saevas quod dedit ille feras?//Divitis hoc vitium est auri, nec bella fuerunt,/faginus adstabat cum scyphus ante dapes " (I, 10, 1 - 8), Chi per primo ha tirato fuori le orrende spade? Oh quanto feroce e davvero ferreo[17] fu quello! Allora la strage nacque per il genere umano, allora la guerra, allora più breve si è aperta la via della morte tremenda. Oppure quel disgraziato non ebbe colpa; ma noi volgemmo a nostro danno quello che egli ci diede contro le belve feroci?
 Questa è colpa del ricco oro, e non c'erano guerre quando una coppa di faggio stava davanti alle vivande. Era già l'età del business .


continua



[1] Antonimo di legesque novas del v. 319.
[2] Ossia kovsmo", antonimo di cavo".
[3] Con regressione nel caos.
[4] In sette libri completati nel 64 d. C.
[5] Da Iolco, patria di Giasone.
[6]I Malavoglia , p. 98.
[7] Il quale nel Timone d'Atene chiama l'oro "comune bagascia del genere umano"; l'universale mezzana che "profuma e imbalsama come un dì di Aprile quello che un ospedale di ulcerosi respingerebbe con nausea" (IV, 3)
[8] Manoscritti economico - filosofici del 1844, p. 154.
[9] Una sapienza autentica questa, la sofiva che interpreta gli oracoli correttamente e obbedisce agli dèi..
[10] Poco prima Catullo ha ricordato la storia di Serse che nel 483 scavò un canale per evitare la circumnavigazione del monte Atos, una delle tre penisole della Calcidica.
[11] Euripide nelle Fenicie attribuisce alla strage un cuore di ferro:"sidarovfrwnfovno" " (vv. 672 - 673).
[12] “L’età ferrea non siamo noi, data che questa umanità sarà poi cancellata dal diluvio (cfr. v. 188: diversamente Esiodo, Op. 175). L’effetto di romanizzazione è accompagnato dall’eco di un passo del carme 64 di Catullo (397 sgg.) sulla decadenza che segue all’età eroica e da echi più generici della tematica delle guerre civili e delle proscrizioni a Roma. I tempi narrativi accompagnano questa illusione di “presentizzazione” del mito, dato che a partire dal v. 140 una sequenza di perfetti e piuccheperfetti cede il passo a un blocco di verbi al presente; cfr. Landolfi 1996, pp. 84 e 88 sg. Nonostante tutti questi indizi concomitanti, il poeta non dice, come Esiodo, di vivere nell’età ferrea, mentre più tardi ammetterà di essere parte della razza “pietrosa”, iniziata dopo il diluvio (cfr. v. 414 sg.)”, Alessandro Barchiesi (a cura di) Ovidio Metamorfosi, volume I, p. 172.
[13] M. Cervantes, Don Chisciotte della Mancia, p. 468 vol. I.
[14] Cfr. Shakespeare, King Lear, IV, 1.
[15] Nato a Gabii o a Pedum , nel Lazio rurale fra il 55 e il 50 a. C., morto tra il 19 e il 18 a. C. Sotto il suo nome ci è giunto il Corpus tibullianum , tre libri di elegie. Sono sicuramente e autenticamente tibulliani i primi due che cantano l'amore per due donne, Delia e Nemesi. Il terzo libro che gli umanisti divisero in due parti è un' antologia di vari autori, compreso Tibullo. Quintiliano lo definisce tersus atque elegans maxime…auctor (Institutio oratoria , X, 93), l'autore più elegante e raffinato, nel campo dell'elegia dove i latini possono sfidare i Greci.
[16] S. Benni utilizza questo verso cambiando una parola per farne la didascalia di un quadro: “enorme e rotondo, con un’aquila che teneva fra gli artigli un piccolo animale e una scritta…QUIS FUIT OPTIMUS PRIMUS QUI PROTULIT ENSES?” (Margherita dolcevita, p. 125). Il quadro si trova in una casa di razzisti guerrafondai.
[17] Cfr. Erodoto:" ejpi; kakw'/ ajnqrwvpou sivdhro" ajneuvrhtai" (I, 68, 4), il ferro è stato inventato per la rovina dell'uomo 

5 commenti: