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Il giovane Törless di Musil e Hanno Buddenbrook di T. Mann.
Il significato dei nostri studi deve restare impresso
persino nell'aspetto di noi insegnanti se non vogliamo essere rifiutati, quindi
rimanere inascoltati e disprezzati dagli
studenti. A tale proposito sentiamo
ancora Musil il cui Törless spinto “da una curiosità un po’ diffidente”
va a trovare il giovane professore di matemaica. Il suo “scopo principale non
era tanto di ottenere chiarimenti-segretamente già ne dubitava- quanto i poter
gettare uno sguardo, per così dire, al di là del maestro e del suo quotidiano
concubinato con la matematica…Senza volerlo Törless si sentì ancora più
ributtato dalle proprie osservazioni; non riusciva più a sperare che quell'uomo
fosse davvero in possesso di una conoscenza significativa, giacché non se ne
vedeva traccia nella sua persona né nel suo ambiente. Ben diversa si era
figurata la stanza di un matematico, in qualche modo espressiva dei pensieri
terribili che vi prendevano forma. Il triviale lo offendeva: lo estese alla
matematica e il suo rispetto cedette il posto a una diffidenza riluttante[1]".
Sentiamo anche le impressioni del giovinetto Hanno
Buddenbrook di T. Mann: "i maestri supplenti o tirocinanti che lo
istruivano in quelle prime classi, dei quali sentiva l'inferiorità sociale, la
depressione spirituale e la poca cura dell'esteriorità fisica, gli ispiravano,
oltre il timore della punizione, un segreto disprezzo"[2].
Tonio Kröger si sentiva diverso dai bravi scolari e di
solida mediocrità, (Die guten Schüler und
die von solider Mittelmäbigkeit) , quelli che non trovano ridicoli gli
insegnanti “(Sie finden die Lehrer nicht komisch)”[3],
(p. 74).
Voglio dire che il greco e il latino vanno collegati non
solo alla successiva letteratura europea ma anche alla vita, alla vita in
generale, a quella dei nostri studenti e ala nostra. .
Dice bene Marziale in uno dei suoi epigrammi: "Non hic Centauros, non Gorgonas
Harpyasque/invenies: hominem pagina nostra sapit "(X, 4, 9-10), non
qui troverai Centauri, Gorgoni e Arpie: la nostra pagina sa di uomo.
Torno al tradurre e concludo.
Credo che tradurre gli ottimi auctores, i nostri accrescitori, sia un modo, un modo ottimo per incrementare la nostra
capacità linguistica, la nostra facoltà estetica di intendere il bello e pure
il nostro senso etico. Il bello e il bene infatti sono congiunti nella kalokajgaqiva.
Bisogna insegnare il significato di molti vocaboli partendo
dagli autori
Un buon metodo mi sembra questo: si prende un autore non
difficile, si traducono alcune frasi, poi si mostrano le ricadute dei vocaboli
nel latino, nell’italiano, e magari nell’inglese e nel tedesco del maggior
numero possibile di parole.
Per esempio ejsqivw-ejdomai-to eat, essen, mangiare.
meidivaw, to smile, sorridere.
hjduv~, suavis, sweet, süss, dolce.
Quvra, foris, die tür, porta.
Nell’insegnare le parole bisogna dare la precedenza a quelle dal
significato più vasto e dalle occorrenze
più frequenti.
fine
g.ghiselli@tin.it
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