venerdì 19 maggio 2023

Ritratti paradossali

Ritratti paradossali di uomini misti di vizi e virtù. Alcibiade e Catilina sono i prototipi. Tra le donne metterei Elena di Omero e di Euripide, Cleopatra di Plutarco- Shakespeare,  e Sempronia di Sallustio.
 
Falstaff  è la personificazione dell’avidità di vivere del Rinascimento. Si fa beffe di tutto e non si lascia raggirare dalla storia.
L’onore per lui è solo una parola. I morti non lo sentono né odono. “E così finisce il mio catechismo”  (Shakespeare, Enrico IV parte I, V, 1) 1597.
Falstaff recluta una banda di delinquenti e quando il principe Henry  gli fa notare che si tratta di un’accozzaglia di straccioni risponde che sono buoni abbastanza per farsi infilare: food for powder,  carne da cannone , riempiranno la fossa al pari dei migliori (IV, 2).
Il giovane principe scapestrato matura trasformandosi in un re giudizioso e valoroso nel dramma Enrico V.
 E’ uno dei ritratti paradossali della letteratura: come Alcibiade, Catilina e altri il principe Henry è un miscuglio di vizi e di virtù.
Insomma la compagnia di Falstaff e dei tagliaborse si dimostra una scuola di regalità assai migliore della carneficina feudale.
 
Il dandy
 
Baudelaire[1] compila una breve lista dei rappresentanti del dandismo dell'antichità, "il dandismo è un'istituzione vaga, bizzarra come il duello; antichissima, perché Cesare, Catilina, Alcibiade ce ne forniscono degli splendidi tipi"[2]. Poco più avanti il poeta francese dà una definizione del dandismo:" è l'ultimo raggio di eroismo nei periodi di decadenza...è un sole che tramonta; come l'astro che declina, è superbo, senza calore e pieno di malinconia"[3].
A questa lista è possibile aggiungere il Petronio di Tacito, e pure personaggi della letteratura quali Dorian Gray di O. Wilde, o Andrea Sperelli di D'Annunzio.
Il protagonista di Il Piacere[4] può trovare un antenato  in Alcibiade, soprattutto in quello della decadenza:"Il senso estetico aveva sostituito il senso morale. Ma codesto senso estetico appunto, sottilissimo e potentissimo e sempre attivo, gli manteneva nello spirito un certo equilibrio.... Gli uomini d'intelletto, educati al culto della Bellezza, conservano sempre, anche nelle peggiori depravazioni, una specie di ordine. La concezione della Bellezza è, dirò così, l'asse  del loro essere interiore, intorno al quale tutte le passioni gravitano"[5]. L'esteta dannunziano pensa di sè:"Io sono camaleontico , chimerico, incoerente, inconsistente. Qualunque mio sforzo verso l'unità riuscirà sempre vano. Bisogna omai ch'io mi rassegni. La mia legge è in una parola: NUNC . Sia fatta la volontà della legge"[6]. 
Plutarco aveva scritto di Alcibiade che per accalappiare le persone  era capace di imporsi trasformazioni più rapide e radicali del camaleonte ("ojxutevra"...tropa;" tou' camailevonto""), il quale infatti non è creatura altrettanto versatile, in quanto non è in grado di assumere il colore bianco, mentre per quest'uomo, che passava con uguale disinvoltura attraverso il bene e il male, non c'era niente di inimitabile né di non provato:"  jAlkibiavdh/ de; dia; crhstw'n ijovnti kai; ponhrw'n oJmoivw" oujde;n h\n ajmivmhton oujd j ajnepithvdeuton" : a Sparta viveva da sportivo (gumnastikov"), si comportava da persona semplice e sobria (eujtelhv"), perfino austera (skuqrwpov"); in Ionia invece appariva raffinato (clidanov"),  gaudente (ejpiterphv"), indolente (rJav/qumo");  in Tracia si ubriacava (mequstikov") e andava a cavallo ( iJppastikov"); e quando frequentava il satrapo Tissaferne superava nel fasto  e nel lusso la magnificenza persiana ("uJperevballen o[gkw/ kai;  poluteleiva/ th;n Persikh;n megaloprevpeian"[7]).
Insomma assumeva di volta in volta le forme e gli atteggiamenti più consoni a quelli cui voleva piacere, o, per dirla con Cornelio Nepote[8], era "temporibus callidissime serviens "[9] abilissimo nell'adattarsi alle circostanze.
Anche Montaigne mette in rilievo questo aspetto di Alcibiade:"Ho spesso notato con grande ammirazione la straordinaria facoltà di Alcibiade di adattarsi tanto facilmente a usanze così diverse, senza danno per la sua salute: oltrepassando ora la sontuosità e la pompa persiana, ora l'austerità e la frugalità spartana; così moderato a Sparta come dedito al piacere nella Ionia"[10].
Cicerone nell'orazione Pro Caelio[11] attribuisce a  Catilina  dati del carattere simile a questi e ad altri  di Alcibiade . La sua indole multiforme sapeva adeguarsi alle circostanze : "Illa vero iudices, in illo homine admirabilia fuerunt, comprehendere multos amicitia, tueri obsequio, cum omnibus communicare quod habebat, servire temporibus suorum omnium pecunia, gratia, labore corporis, scelere etiam, si opus esset, et audacia, versare[12] suam naturam et regere ad tempus atque huc et illuc torquere et flectere, cum tristibus severe, cum remissis iucunde, cum senibus graviter, cum iuventute comiter, cum facinerosis audaciter, cum libidinosis luxuriose, vivere " (Pro Caelio, 6,13), quei famosi aspetti invero, giudici, fecero stupire in quell'uomo: afferrare molti con l'amicizia e conservarli con la compiacenza, mettere in comune con tutti ciò che aveva, venire incontro alle circostanze critiche di tutti i suoi amici con il denaro, la sua influenza, la fatica corporale, e se ce n'era bisogno anche con il delitto e l'ardimento, modificare la sua indole e indirizzarla secondo le circostanze, volgerla e piegarla di qua e di là, vivere con gli austeri severamente, con i gioviali allegramente, con i vecchi seriamente, con i giovani benevolmente, con i criminali temerariamente, con i libidinosi dissolutamente.
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Sallustio mette in rilievo la compresenza di vizi e virtù nel ritratto di Catilina: “Catilina, nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque. Huic ab adulescentia bella intestina, caedes, rapinae, discordia civilis grata fuere, ibique iuventutem suam exercuit. Corpus patiens inediae, algoris, vigiliae supra quam cuiquam credibile est. Animus audax, subdolus, varius, cuius rei lubet simulator ac dissimulator, alieni adpetens sui profusus, ardens in cupiditatibus; satis eloquentiae, sapientiae parum. Vastus animus inmoderata, incredibilia, nimis alta semper cupiebat…Incitabant praeterea corrupti civitatis mores, quos pessuma ac divorsa inter se mala, luxuria atque avaritia, vexabant” (5). Catilina, nato da una razza nobile, fu uomo di grande forza di animo e di corpo, ma di carattere malvagio e vizioso. A costui fin dalla giovinezza furono care le guerre intestine, le stragi, le rapine, la discordia civile, e in esse allenò la sua gioventù. Il corpo era capace di sopportare la fame, il freddo, la veglia, oltre ogni credere. Animo audace, subdolo, mutevole, simulatore e dissimulatore di tutto quello che voleva, bramoso della roba altrui, prodigo della propria, ardente nelle passioni; abbastanza eloquente, poco assennato. Animo immane, bramava sempre lo smisurato, l’inaudito, l’irraggiungibile…Lo stimolavano inoltre i costumi corrotti della città, che due vizi pessimi e opposti travagliavano: il lusso e l’avarizia. 
Alcibiade, Catilina e Cesare sono seduttori tipici. Hanno un antecedente in Odisseo, con l’aggiunta della bellezza.
 
  Nel Simposio  di Platone Alcibiade racconta di avere detto a Socrate:"Su; ejmoi; dokei'" ... ejmou' ejrasth;" a[xio" gegonevnai movno""(218c), tu mi sembri l'unico amante della mia levatura. In questo caso però l'uomo erotico, che sullo scudo si era fatto incidere non stemmi gentilizi, "ajll j   [Erwta keraunofovron"[13], ma un Eros  portatore del fulmine, fece cilecca, in quanto Socrate non fu disposto ad accettare un cambio sfavorevole,  poiché, gli disse, tu cerchi di barattare una bellezza apparente con una vera e di scambiare oro con rame. E' lo stesso Alcibiade che lo racconta[14]  alludendo all'episodio dell'Iliade [15] nel quale il licio Glauco scambia le sue armi d'oro con quelle di rame dell'argivo Diomede. Questo dovè essere uno dei pochissimi insuccessi di quest’ uomo fortemente seduttivo, se è vero quanto racconta Plutarco, ossia che chiunque trascorresse la giornata in sua compagnia non poteva avere un carattere impenetrabile nè una natura inespugnabile dal suo fascino ("tai'"...cavrisin oujde;n h\n a[tegkton h\qo" oujde; fuvsi" ajnavlwto"")[16].
Anche Nietzsche mette Alcibiade nel numero ristretto dei seduttori:"allora nascono quegli uomini magicamente inafferrabili ed impenetrabili, predestinati alla vittoria e alla seduzione, le cui più belle espressioni sono Alcibiade e Cesare (ai quali aggiungerei di buon grado Federico II di Hohenstaufen, che secondo me è il primo  Europeo), e forse Leonardo da Vinci, tra gli artisti. Essi fanno la loro comparsa proprio in quelle epoche, il cui proscenio è occupato dal tipo più debole col suo desiderio di riposo: i due tipi sono in stretto rapporto e vengono originati dalle medesime cause"[17].
Alcibiade è dunque  il modello dell’esteta seduttore che prefigura Catilina, Sperelli, e pure l'esteta di Kierkegaard , il seduttore sensuale ed estensivo, don Giovanni, "l'incarnazione della carne ovvero la spiritualizzazione della carne da parte dello spirito proprio della carne"[18] che vive di preda e ama "il casuale, l'accidentale", poiché "il sensuale è il momentaneo. Il sensuale cerca la soddisfazione istantanea, e quanto più è raffinato, tanto più sa trasformare l'istante del godimento in una piccola eternità"[19].
La Penna qualifica come “paradossale” questo tipo di ritratto che raffigura un uomo dissoluto, magari anche criminale, eppure capace.
“Per esempio, uno splendido calco del ritratto di Catilina, forse il più splendido dopo quelli fatti da Tacito, è il ritratto del papa Alessandro VI dipinto dal Guicciardini poco dopo l’inizio della Storia d’Italia (I 2): “perché in alessandro sesto…fu solerzia e sagacità singolare, consiglio eccellente, efficacia a persuadere meravigliosa, e a tutte le faccende gravi sollecitudine e destrezza incredibile; ma erano queste virtù avanzate di grande intervallo da’ vizi: costumi oscenissimi, non sincerità non vergogna non verità non fede non religione, avarizia insaziabile, ambizione immoderata, crudeltà più che barbara e ardentissima cupidità di esaltare in qualunque modo i figliuoli i quali erano molti”….Se il Guicciardini ci ha dato un ritratto così affascinante del principe catilinario, il ritratto dell’altro tipo si potrà riconoscere, in qualche misura, in un testo molto più celebre, cioè nella tragedia di Shakespeare su Enrico V, il principe dissipato, gozzovigliatore[20], che diviene re saggio e capo di eserciti valorosi. A guisa di commiato è opportuno qui riportare, non solo per la sua grazia ma anche per la sua profondità, un passo celebre in cui Shakespeare cerca di spiegare come grandi qualità potessero celarsi nel principe libertino (atto I, scena 2[21], 60 sgg,): “la fragola cresce sotto l’ortica e le bacche salutari prosperano e maturano meglio in compagnia di frutti di qualità inferiore: così il principe celò il suo spirito di osservazione sotto le apparenze del libertinaggio, e questo spirito senza dubbio deve aver fatto come l’erba estiva che cresce di notte non vista, ma proprio allora più soggetta alla forza di sviluppo che le è insita” (trad. di F. Baiocchi). E’ probabile che Shakespeare non debba nulla alla tradizione antica del ritratto “paradossale” di tipo “petroniano”. Al “paradosso” della compresenza di vizi e virtù egli aggiunge un altro “paradosso”, secondo cui il vizio può essere condizione favorevole alla segreta crescita della virtù; chi mai nell’antichità avrebbe potuto accettarlo? Non è poca cosa, comunque, che storici antichi quali Sallustio e Tacito avessero messo a fuoco il problema: il loro travaglio di pensiero, che coglie le contraddizioni di una realtà sempre più ricca ed oscura, non li porta troppo lontano dal genio del poeta moderno”[22].
La Penna inserisce in questa lista anche Silla, Cleopatra, Otone e altri.
 
Concludo con la “famigerata”  Sempronia di Sallustio.
"litteris Graecis, Latinis docta, psallere saltare elegantius quam necesse est probae, multa alia, quae instrumenta luxuriae sunt lubido sic accensa, ut saepius peteret viros quam peteretur "(Bellum Catilinae , 25), sapeva di greco e di latino, suonare, danzare più elegantemente di quanto si convenga a una  per bene, e molte altre arti che sono strumenti di lussuria, la sua voglia amorosa era così ardente che cercava gli uomini più spesso di quanto venisse cercata lei.
Otello, quando cerca di opporsi al mostro dagli occhi verdi della gelosia che Iago vuole scatenargli contro, dice :" 'Tis not to make me jealous/to say my wife is fair, feeds  well, loves company,/is free of speech, sings, plays and dances well;/where virtue is, these are more virtuous"[23], non può farmi geloso il dire che mia moglie è una bella donna, mangia bene, ama la compagnia, è libera di parola, canta, suona e danza bene; dove c'è la virtù queste sono qualità più virtuose.   
Dunque gli stessi mezzi possono essere usati con fini diversi, perfino opposti: Sempronia aveva tradito la fede (fidem prodiderat). La fides era stato un valore che apparteneva all'ambito erotico, giuridico e morale. Ma quel tempo era passato
Sempronia "quae multa saepe virilis audaciae facinora commiserat " (Bellum Catilinae, 25) era nel gruppo dei catilinari congeniale per la sua audacia all’estremismo del capo.
Questa audacia attribuita a Catilina e ai suoi seguaci è una forma di estremismo. Nella prima Catilinaria Cicerone attacca il nemico attribuendogli piani e intenti eversivi:"quem ad finem sese effrenata iactabit audacia? " (I, 1, 1), fino a quale estremo si lancerà l'estremismo scatenato?  
 
Bologna 19 maggio 2023 ore 19, 22 giovanni ghiselli
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[1] 1821-1867,
[2]Curiosità estetiche  (uscite postume nel 1869).
[3] In Guglielmino/Grosser, Il sistema letterario. Ottocento, p. 1152.
[4] Del 1889.
[5]D'Annunzio, Il Piacere , pp. 42-43.
[6]D'Annunzio, Il Piacere , p. 278.
[7]Plutarco, Vita di Alcibiade,  23, 4- 5.
[8] 99 ca-24 ca a. C.
[9]Liber de excellentibus ducibus exterarum gentium, Alcibiades ,   1, 4.
[10] Montaigne, Saggi, p. 221.
[11] Del 56 a. C.
[12] Si pensi all’Odisseo poluvtropon di Odissea 1, 1, tradotto da Livio Andronico con versutum.
[13]Plutarco, Vita di Alcibiade , 16.
[14] Simposio 218e.
[15]VI 234-236.
[16]Vita di Alcibiade , 24.
[17]Di là dal bene e dal male , p. 113.
[18] S. Kierkegaard, Enten-Eller (del 1843), Tomo Primo, p. 156.
[19]S. Kierkegaard, Enten-Eller , p. 40.
[20] Cfr. Dostoevskij, I demoni: “tutto ciò somigliava alla giovinezza del principe Harry che gozzovigliava con Falstaff” (p. 43).
[21] The strawberry grows underneath the nettle,/ And wholesome berries thrive and ripen best/Neighbour’d by fruit of baser quality:/And so the prince obscur’d his contemplation/Under the veil of wildness; which, no doubt,/Grew like the summer grass, fastest by night,/Unseen, yet crescive in his faculty Si tratta in realtà della scena 1 dell’atto I dell’Enrico V. Traduco a modo mio: la fragola cresce sotto l’ortica e le bacche salutari prosperano e maturano meglio vicine ai frutti di qualità inferiore: così il principe celò sotto il velo del libertinaggio il suo spirito riflessivo e questo, senza dubbio, è cresciuto come l’erba estiva più in fretta di notte non vista eppure capace di innalzarsi all’altezza delle sue capacità
[22] A. La Penna, Aspetti del pensiero storico latino, pp. 220-221.

[23] Otello (del 1605)  III, 3.

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