mercoledì 24 maggio 2023

Filosofi lungo l’Oglio. La mia lectio: Osare l’inattuale. XVIII. Osare l’inattuale nell’insegnamento

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La parola è più duratura dell'azione: "Da un punto di vista biosociale l'uomo è davvero un mammifero dalla vita breve, programmato per l'estinzione come ogni altra specie. Ma l'uomo è un animale linguistico, ed è questa singola caratteristica, più di ogni altra, a rendere sopportabile e feconda la nostra condizione effimera"[1].
Noi antichisti dobbiamo chiarire che nel parlare italiano la facoltà verbale offerta dall'italiano antico, ossia dal latino, e pure dal greco, è superiore a quella che può provenire dallo studio di qualsiasi altra disciplina
e che il potenziamento dei lovgoi è anche rafforzamento degli e[rga .
 La sapientia , sostiene Seneca " res tradit, non verba "[2] insegna ad agire, non solo a parlare. Però è il pensare e il parlare che prepara l’agire non inconsulto
E in un'altra Epistula:"Sic ista ediscamus ut quae fuerint verba sint opera " (108, 35), cerchiamo di apprendere la filosofia in modo che quelle che furono parole diventino azioni.
Ma perché le parole diventino azioni è necessario conoscere bene le parole e impiegarle strategicamente ossia renderle funzionali al successo finale.
Infatti le azione si preparano con il lovgo~,  la parola ricca di pensiero.  
 Quando i giovani capiscono questo, e lo constatano, diventano più disponibili a faticare per impossessarsi della parola capace di potenziare l’azione. Noi, oggi oramai piuttosto vecchi-iam seniores sed cruda nobis viridisque senectus-,  quarant'anni fa nei licei ci impegnavamo a studiare per non essere bocciati, se non per altro; questi ragazzi, che non hanno quasi più lo spauracchio della bocciatura, contro l'infingardaggine, possono essere motivati a imparare le lettere con l'incentivo della forza della parola, utile in tutti i campi, compreso quello centralissimo di Eros:"Non formosus erat, sed erat facundus Ulixes/et tamen aequoreas torsit amore deas "[3]. Nei versi precedenti Ovidio consiglia di imparare bene il latino e il greco, per potenziare lo spirito e controbilanciare l'inevitabile decadimento fisico della vecchiaia:"Iam molire animum qui duret, et adstrue formae:/solus ad extremos permanet ille rogos./Nec levis ingenuas pectus coluisse per artes/cura sit et linguas edidicisse duas " (Ars amatoria , II, vv. 119-122), oramai prepara il tuo spirito a durare e aggiungilo all'aspetto: solo quello rimane sino al rogo finale. E non sia leggero l'impegno di coltivare l’anima attraverso le arti liberali e di imparare bene le due lingue. Il latino e il greco ovviamente.
 
Dopo il magister dell'Ars Amatoria sentiamo un prete , un grandissimo prete cristiano, un prete sublime: Don Milani insegnava che "bisogna sfiorare tutte le materie un po' alla meglio per arricchirsi la parola. Essere dilettanti in tutto e specialisti nell'arte della parola "[4].
 
Viene in mente un accostamento, pure un poco paradossale del priore di Barbiana maestro di figli dei poveri, con Isocrate, il principe della retorica nell'Atene del IV secolo e l'educatore dei prìncipi:" scedo;n a{panta ta; di j hJmw'n memhcanhmevna lovgo" hJmi'n ejstin oJ sugkataskeuavsa" "(Nicocle, 6), quasi tutto quanto è stato costruito da noi è stata la parola a organizzarlo.
 Infatti:"to; ga;r levgein wJ" dei' tou' fronei'n eu\ mevgiston shmei'on poiouvmeqa, kai; lovgo" ajlhqh;" kai; novmimo" kai; divkaio" yuch'" ajgaqh'" kai; pisth'" ei[dwlovn ejstin " ( 7)  il parlare come si deve lo consideriamo segno massimo del saper pensare, e un discorso veritiero, legittimo e giusto è l'immagine di un'anima buona e leale. "Sicché il Logos, nel suo doppio significato di parola e di pensiero, diventa per Isocrate il "symbolon ", il contrassegno della paideusis "[5]. Il ragazzo che ha studiato bene, con buoni insegnanti, possiede, prima di tutto, una facoltà di eloquio superiore a chi non ha fatto studi altrettanto buoni e ben guidati. Quella del linguaggio è la facoltà che ci qualifica come umani: siamo"animali politici, certo, ma proprio perché e in quanto animali linguistici"[6].  
Insomma l'uso egregio della parola è la sapienza più alta, quella che avvalora tutti i saperi, e questi senza tale preziosa sofiva  sono come degli zero non preceduti da un numero: " il molto sapere è un grave male, per chiunque non è padrone/della lingua (poluidreivh calepo;n kakovn, o{sti" ajkartei' -glwvssh" ) : è proprio come per un bambino avere un coltello"[7].
Nelle Baccanti di Euripide il coro delle Menadi sintetizza in tre parole la vanità del sapere privo di sapienza "to; sofo;n  d  j ouj  sofiva" ( v. 395), il sapere non è sapienza.
E’ il correlativo culturale dell’avvertimento politico dato da Tiresia al re di Tebe ostile a Dioniso
“Via Penteo, da’ retta a me:
non presumere che il potere abbia potenza sugli uomini”. (mh; to; kravto" au[cei duvnamin ajnqrwvpoi" e[cein- vv. 309  310).
 
Di più: la perdita della padronanza della lingua è uno dei sintomi della pazzia: così nell'ode di Saffo[8] tradotta da Catullo, così nella ripresa eschilea[9] del Prometeo incatenato dove la fanciulla-giovenca Io, descrivendo un suo doloroso accesso di furore, dice di essere glwvssh" ajkrathv" (v. 884), non più padrona della sua lingua. 
  
Per sostenere questa priorità e supremazia della parola nella strategia intesa al raggiungimento del risultato che ci sta a cuore, si deve osare l’inattuale quando la moda corrente è la sconciatura delle parole spesso approssimative o errate e pure pronunciate male, e bisogna osare financo l’opposizione al potere quando il capo del governo proclama che il vero liceo è l’istituto agrario.
Io per essere ancora più inattuale sostengo che il greco e il latino andrebbero insegnati in tutte le scuole. Studiati in maniera intelligente, certo, non limitando l’insegnamento ai tecnicismi linguistici come ho visto fare a molti docenti, miei professori e colleghi. Dunque non sono un laudator temporis acti me puero; auspico piuttosto la ripresa del greco e del latino come lingue basi della nostra e i buoni libri degli ottimi autori come portatori di una cultura che potenzi la natura. Nel liceo classico del quale vorrei, inattualmente, la crescita per la valorizzazione degli ingegni  e della buona educazione, i brani più belli, educativi, significativi degli ottimi  autori greci latini italiani e inglesi (o francesi, o tedeschi) andrebbero letti in lingua nel triennio conclusivo.
 
Questo è l’ultimo capitolo per ora ma terrò conferenza la sera del 30 giugno e probabilmente nel frattempo mi verrà in mente dell’altro. Saluti a tutti i miei lettori.
 
Bologna 24 maggio 2023 ore 10, 52
giovanni ghiselli

p. s.
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[1] G. Steiner, Errata. Una vita sotto esame , p. 105.
[2]Seneca, Epistole a Lucilio , 88, 32.
[3] Ovidio,  Ars Amatoria , II, 123-124. Bello non era ma bravo a parlare Ulisse e pure fece struggere d'amore le dee del mare. Sono versi non per caso citati da Kierkegaard nel Diario del seduttore .
[4]Lettera a una professoressa  , p. 95.
[5] W. Jaeger, Paideia 3, p.134.
[6] F. Frasnedi op. cit., p. 67.
[7] Callimaco, Aitia, fr.75 Pf, vv. 8-9.  
[8] Fr. 2 D., v 9, glw'ssa <m j  >e[age,  la lingua mi rimane spezzata; lingua sed torpet  (51, 9), si paralizza la lingua. Più avanti vedremo entrambi i testi.
[9] Imitata da Callimaco come si vede: non ut lateat imitatio sed ut pateat .

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