|
Passai per l'aia dove nel giugno del 1979 facemmo l'amore. Ifigenia aveva le mestruazioni con le quali imporporò le sue cosce e il mio volto adorante chino su quell’altare. L'aria bruciava, il cielo appariva come un oceano di luce, la terra era bionda di grano, arrossato da sanguigni papaveri. La ragazza mi rese partecipe di tanto fervore di vita che finallora avevo sempre osservato con desiderio, da fuori. Se fossi riuscito a raccontarlo nel mio romanzo, avrei scandalizzato i bigotti, i “normali” malevoli verso le donne e la vita, i frustrati vari, ma avrei composto un inno in lode delle femmine umane e dell'artista divino che le ha create ben fatte così come sono: le opere d’arte più belle del Creatore. Quando si vivono esperienze mirabili che suscitano meraviglia in chi ne ascolta o ne legge il racconto, anche i fatti incredibili possono essere non del tutto privi di fede. Nel 1981 tornai vicino alla bianca Volkswagen. Mi fermai a fissare la parte occidentale del cielo nel punto da dove avevo osservato il sole al tramonto in un pomeriggio remoto dell’ottobre del 1978, mentre Ifigenia si toglieva la tuta per indossare una camicia e una gonna. Il sole al tramonto la illuminava. Nuvole oscure invece nel marzo del 1981, all’ora cui siamo arrivati coprivano tutto. Pregavo il dio di sbaragliarle e farsi vedere dandomi un nuovo segno di assenso alla richiesta di avere un'altra possibilità con la splendidissima giovane donna. Nel tempo più antico della nostra storia, nell’ottobre del 1979, mentre guardavo il santo volto di luce (5) che tramontava ed ella si stava cambiando alle mie spalle, le avevo domandato: "Qual è signorina, secondo te, la parte più bella del tuo corpo fiorente?" "Il seno", aveva risposto. Forse perché era sbocciato da pochi anni ed era ancora in fiore. Mentre osservavo quel tramonto remoto, mi sembrò di vedere il petto della radiosa fanciulla specchiarsi nella fiamma che nutre la vita (6) facendola brillare di nuovo fulgore, tanto che il tenue cielo del pomeriggio autunnale ne trasse colore e vigore. Il 16 marzo del 1981 fissavo le nuvole dell'occidente invocando la luce che annunciasse salvezza: a lungo la pregai, finché un raggio uscì dallo squarcio nelle invide nubi, aperte come da un bisturi lacera un corpo per levargli un male curabile e restituirgli la salute con la bellezza. Non riuscii a vedere l’intero volto del primo fra tutti gli dei che stava calando tra le colline, ma trassi comunque ottimi auspici dalla visione santa dell’emisfero solare ancora visibile tanto da vincere le tenebre del paesaggio e le mie. Tornai a Bologna pensando che in quel tempo lontano non avevo compreso il valore prezioso dell'incontro pur tanto desiderato, e preparato con tre anni di studio feroce. Non le avevo chiesto quali fossero i sentimenti, i pensieri, le sue attese di giovane insegnante apprendista. Sono stato tirocinante per tutta la vita, eppure con le mie omissioni delinquenziali e dementi, mi ero comportato da perfetto imbecille: avevo perso l'occasione di imparare dal vivo più di quanto avrei potuto apprendere dai volumi dei miei maestri defunti. Infatti c'è più vita e sapienza nel petto di una ragazza che in tutti i saperi del mondo. Mi ero domandato soltanto se quel corpo fiorente valesse il rischio che avrei corso portandolo nel grande letto di casa mia per godermelo tutto. Sposata era e con un uomo tutt’altro che minuto. Soltanto molto più tardi avevo compreso che l'amore offerto dalla ragazza, bella bruna e vivace, era la ricompensa terrena, eppure mandata da Dio, del grande lavoro invece penalizzato dal piccolo branco - boskhvmata (7) - dei colleghi malevoli, invidiosi che avevano fatto pressione sul dirigente in loro balìa, succeduto al gentiluomo Cazzani nell’autunno del 1978, perché mi togliesse due terzi dei miei allievi confinandomi in una quarta ginnasio. Avevo sofferto di quella sottrazione culturale e politica più che goduto dell'assenso divino concretizzatosi nella fanciulla. Nel 1981 me ne dolevo e pentivo, siccome avevo capito, ma forse non era già troppo tardi. Infatti raccontando poeticamente le varie vicenda del nostro rapporto travaglioso, probabilmente avrei raggiunto il duplice scopo di creare un'opera educativa per milioni di persone e di riconquistare Ifigenia.
5 Cfr. Sofocle, Antigone, vv. 879-880. 6 Cfr. Sofocle, Edipo re, v. 1475.
7 Cfr. Euripide, Baccanti, 677-678, e A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, trad. it. Adelphi, 1981, p. 178, Tomo I.
Pesaro 5 luglio 2025 ore 11, 37 giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog Sempre1768327 Oggi785 Ieri1729 Questo mese5800 Il mese scorso24815 |
Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
sabato 5 luglio 2025
Ifigenia CCXXVIII. Il metodo comparativo tra momenti diversi di questa storia personale e pure politica
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento