martedì 29 luglio 2025

Ifigenia CCLXV. Ultima scena -interno notte. Quindi il Congedo

Andammo a casa mia, questa è proprio l'ultima scena, ci spogliammo ancora una volta, ci ritrovammo nudi e bramosi nel letto, e facemmo l'amore con gusto. Forse avremmo trovato un nuovo equilibrio, da istrioni quali eravamo entrambi, nei ruoli moderni di amanti non possessivi o amanti-amici che dire si voglia. Oppure in quelli di Musa-poeta.
Durante una pausa, mi domandai quando avrei incontrato una donna autentica che avrebbe consentito anche a me di non recitare. Me lo domando anche oggi, iam senior, sed cruda mihi viridisque senectus 1Quando ver veniet meum ? 2.
Dopo eravamo allegri. Come la prima volta che avevamo fatto  l'amore, nel novembre de '78, forse anche di più, perché nel frattempo le cose erano diventate più chiare. Eravamo più autentici in exitu. Verso l'una, tardi ma non tanto da compromettere il lavoro della mattina seguente, la riportai a casa sua e tornai nella mia dove per anni avrei dovuto scrivere il capolavoro facente epoca. Poi si sarebbe visto. Non c'era fretta. Il ritardare appunto è epico. Misi la sveglia alle nove per correggere la prima e iniziare la seconda pagina di questo grande lavoro, fiume epico che sta sfociando nel mare dopo diversi decenni. Nel pomeriggio sarei andato a scuola per gli scrutini, quindi in bicicletta sul monte Donato, oppure a correre i cinquemila metri al campo sportivo Baumann. La sera sarei tornato a prendere Ifigenia per rivedere con lei quanto avevo scritto di  nuovo, ripassare l'Antigone, cercare un poco di fresco e fare l'amore.

Congedo
Mi congedo da quanti hanno letto questa mia lunga lezione scritta, rispondendo ad alcuni dubbi che essa può avere suscitato. Ovviamente devo immaginare e scrivere anche le domande presunte.

Prima domanda: "A chi dedico quest'opera mia nel momento in cui la concludo?"
A tutte le persone che me l'hanno ispirata e vi sono entrate. Alle amanti, le consanguinee, i consanguinei, le alunne, gli alunni, le amiche, gli amici, i conoscenti vivi nella mia mente in questi decenni passati scrivendo e pensando a quanto dovevo scrivere. In particolare però  alle donne che hanno creduto in me incoraggiandomi prima a vivere poi a scrivere: "namque vos solebatis meas esse aliquid putare nugas4

Seconda domanda: "Quale delle femmine umane presenti qua dentro, diverse donne grazie a Dio, e donne diverse, quale ho amato di più?”
Quella che considera se stessa la più amata di tutte. Oggi credo però che avrei potuto amare senza riserve né dubbi soltanto una figlia mia.

Terza domanda: “Perché ho raccontato una storia prevalentemente amorosa?
I malevoli ignoranti anzi  la giudicheranno soggettiva e licenziosa, perché racconta i baci e talora perfino li conta”
5. Costoro non si intendono di letteratura, né di bellezza. Chi non è completamente cretino o corrotto sa bene che il nostro romanzo tratta soprattutto di amore, ma anche di educazione, sia mentale sia fisica, di scuola, di morale, di natura, di cultura e di politica.

Quarta domanda: Perché ho messo in chiusura  l'aspetto politico?
Per evidenziarlo Per significare che la politica nel nostro paese non è più decisa dalla maggioranza degli aventi diritto al voto e non si adopera per il bene comune. La politica sta scomparendo dalla vita di tante persone: giovani che fissano il cellulare, adulti idolatri interessati solo alle menzogne diffuse dalla pubblicità e dalle propagande, suggestionati dalle bugie spacciate per dogmi religiosi. La vita senza politica non è umana. La distanza tra il palazzo e la piazza è cresciuta di molto rispetto a quella denunciata da Guicciardini 6. Gli arcana imperii sono sempre più segreti e il quidam de populo può parlare consapevolmente soltanto di pochi fatti di cui ha esperienza. Molti però sanno pensare criticamente, dedurre o immaginare. Alcuni leggono ancora e ricordano le buone letture. Sanno parlare. Il pensiero e l’immaginazione non possono essere annientati senza annichilire l'umanità. Nonostante tutto sono rimasto ottimista come mi vedeva Päivi; sono convinto che le donne e gli uomini, come disse Elena augusta , non sono soltanto materia, e credo che l'anima del mondo è il bene; sono certo che tutto prima o poi tende e arriva al bene. Infatti se il male potesse prevalere, l'umanità si sarebbe già estinta, e io non avrei scritto questo romanzo per amore dell'umanità.

 

Villa Fastiggi, 29 luglio 2025 ore 9, 30 giovanni ghiselli 

p. s. Siete già tanti miei cari lettori. Quarantaquattro anni di fatiche umanamente spese non sono andati perduti. Voi, quanti siete, avete maggiore importanza di qualsiasi premio letterario, compreso il Nobel. Non me lo offriranno mai , e se lo facessero lo rifiuterei. Omero non ha avuto altro riconoscimento che quelli dei suoi lettori. Quando arriverete a due milioni se sarò ancora vivo, sarò diventato il pesarese Omero e l’aedo di Debrecen come mi chiamava Fulvio, l’ottimo amico.
Questa storia ricca di casi è finita . Ora posso procedere con l’aggiunta di alcune altre scene successive e correlabili a queste già scritte. Poi cercherò un editore  capace di farmi leggere, se non sarà un editore illuminato a cercare me. In tanti del resto mi avete già letto sul blog che ora vi aggiorno
Voi molti, voi fortunati molti, voi schiera di fratelli.


p.p. s.

Statistiche del blog

All time1778514

Today107

Yesterday268

This month15987

Last month24815

 

Note
Cfr. Eneide, VI, 304, già piuttosto vecchio, ma gagliarda e verde la mia vecchiaia. Nell’Eneide si tratta di Caronte (deo invece di mihi), il traghettatore infernale
Cfr. Pervigilium Veneris, v. 89, quando verrà la mia primavera?
Cfr. Catullo, Carmi,  1, v.1.
Infatti voi eravate soliti pensare che le mie bagattelle valessero qualcosa. Cfr. Catullo, Carmi, 1, vv. 3-4.
Cfr. Catullo, Carmi, 5, 7-10:"Da mi basia mille, deinde centum,/dein mille altera, dein secunda centum,/deinde usque altera mille, deinde centum, dein, cum milia multa fecerimus...", dammi mille baci, poi cento, poi altri mille, poi ancora cento, poi senza fermarti altri mille poi cento, poi, quando ne avremo sommate molte migliaia…
6 “Spesso tra il palazzo e la piazza è una nebbia sì folta o uno muro sì grosso che, non vi penetrando l'occhio degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o della ragione perché lo fa, quanto delle cose che fanno in India" (Ricordi, 141). 


Nessun commento:

Posta un commento