martedì 22 luglio 2025

Ifigenia CCXXXVII Il rischio di ridursi a essere soltanto corpo.

Il primo aprile andammo  a vedere Casablanca in un cineclub. La piccola sala era gremita di giovani che mi fecero venire l'angoscia. Comunicavano a furia di spinte, di urli, di rutti, di parole e luoghi comuni triviali. Riaccompagnando Ifigenia a casa dissi: "mi strazia vedere una gioventù incapace di parlare e perciò violenta. L'afasia iraconda di questi pezzenti mentali prelude a tempi pazzi, forse a una tirannide dell'incultura e dell'intrallazzo, o addirittura ai massacri feroci dell'intolleranza." Quella non mi capì e rispose: "Gianni, non fare di nuovo tali discorsi vani; non dire parole così poco belle che spesso preludono ad azioni brutte; rimani allegro come nei momenti migliori di questi ultimi giorni!". “Io sto pesoffrendo sventure incombenti”, risposi, poi però le promisi che avrei cercato di essere lieto con lei.
A casa da solo invece pensavo con tetra malinconia che il mio messaggio umanistico stava passando di moda: gli adolescenti avrebbero assistito con scetticismo e distacco sempre maggiore al mio lavoro educativo che coltiva le facoltà del logos e del pathos, mentre confuta quanti uomini e donne preferiscono vivere come le belve, proni e obbedienti al ventre sfacciato. "Bombardati dalla propaganda antiumana che li vuole consumatori di prodotti inutili e brutti - riflettevo - i ragazzi perdono interesse per la nobiltà dello spirito che mi preme insegnare. Temo di non riuscire, anche perché non ho una compagna capace e desiderosa di condividere il  mio impegno quotidiano per arrestare questa degradazione morale e culturale. Ifigenia anzi vuole inserirsi nel sistema che nega o sperpera l'anima. Credo che brami acchiappare il successo con qualsiasi mezzo: anche attraverso la scorciatoia dei vizi e dei servizi. Del resto, se riduciamo la nostra relazione a una sfilza di rapporti sessuali, noi stessi diventiamo animali fatti soltanto di corpo, anzi di parti del corpo".

Mi sentivo minacciato dal caos e circondato dal nulla. Pensai ancora una volta che per conservare qualcosa dell'ordine aggredito dal guazzabuglio, dovevo scrivere un grande romanzo che denunciasse e accusasse il trapasso da una cultura non priva  di bellezza e altruismo all'ignoranza fondata sull'egoismo parassitario quale prodromo di guerre e massacri. 
Che ne parlassi a Ifigenia oramai non aveva più senso: era avida di successo, denaro e affermazione proprio nel mondo guasto  che rendeva malate le menti.


Villa Fastiggi,  luglio 2025 ore 22,07 giovanni ghiselli


p. s,

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