NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 21 novembre 2013

le Coefore di Eschilo



Scene dal mito di Oreste (Musei Vaticani).

Parte della mia conferenza 

Le figure femminili nell’epica e nella tragedia greca

Venerdì 22 novembre ore 20.30
Mediateca di San Lazzaro
Spazio Reading 
via Caselle, 22
 

Coefore
La scena è ad Argo presso la tomba di Agamennone. Oreste recita il prologo (1-53).Vede donne coa;~ ferouvsa~ (15) che portano le offerte per placare i morti. Con loro c’è sua sorella Elettra. Con Oreste c’è Pilade, figlio di Strofio Focese presso il quale Oreste è stato ospite fin da bambino, quando la madre lo mandò là. I due giovani si mettono da parte e osservano  il rito.

Parodo (22-83)
Il coro è formato dalle Coefore che portano le libagioni sulla tomba di Agamennone. Clitennestra le ha mandate perché ha fatto un sogno che l’ha spaventata, Ma le donne si chiedono Tiv ga;r luvtron pesovnto~ ai[mato~ pevdoi; (48) quale espiazione del sangue caduto a terra?
Tenebre odiose avvolgono il palazzo.
Non c’è espiazione (luvtron): la mano dell'assassino bagnata di sangue indelebile è ricorrente nei drammi dei cupi delitti: gli stessi autori, o gli ispiratori dei misfatti mettono in rilievo la mano che ha colpito, oppure ha solo istigato, comunque è rimasta sporca di sangue.
In questa Parodo il Coro canta: "Tutti i canali convogliati in un'unica via, bagnando la strage che imbratta la mano, correrebbero inutilmente a purificarla" (Coefore,  vv.72-74).
Vediamone il modello senecano: Ippolito nella Fedra sentendosi contaminato dalla matrigna, dice: "Quis eluet me Tanais aut quae barbaris Maeotis undis pontico incumbens mari?/Non ipse toto magnus Oceano pater tantum expiarit sceleris, o silvae, o ferae! " (vv.715-718), quale Tanai mi laverà o quale Meotide che con le barbare onde preme sul mare pontico? Nemmeno il grande padre con tutto l'Oceano potrebbe espiare un delitto così enorme. O foreste, o fiere!

Nel Macbeth  il protagonista, dopo che ha assassinato il re, fa:" Will all great Neptune's Ocean wash this blood clean from my hand?", tutto l'oceano del grande Nettuno potrà lavar via questo sangue dalla mia mano? No, piuttosto questa mia mano tingerà del colore della carne le innumeri acque del mare facendo del verde un unico rosso (II, 2).
Lady Macbeth in un primo momento afferma che poca acqua basterà a pulire le mani lordate dal misfatto: "A little water clears us of this deed" (II, 2) leggiamo nella tragedia di Shakespeare, una battuta che nel libretto di Piave del melodramma musicato da Verdi diventa: "Ve' le mani ho lorde anch'io; poco spruzzo e monde son"  (I atto).
Più avanti la stessa donna che, aizzando il marito al tradimento e al delitto era sembrata tanto salda,  sospira: "All the perfumes of Arabia will not sweeten this little hand", tutti  i balsami d'Arabia non basteranno a profumare questa piccola mano (V,1).

Primo Episodio  (84-584)
Elettra parla con le coefore le quali la incoraggiano a ricordarsi di Oreste (mevmnhs j  jOrevstou (115), anche se è lontano.
Ma Elettra è incline a rammentare gli orrori passati più che a concepire speranze future.
L'antifestino oppressivo che costò la vita ad Agamennone  lascia nella memoria dell'Elettra di Sofocle le pene spaventose del convito nefando:"deivpnwn ajrrhvtwn-e[kpagl' a[cqh " (Elettra, vv. 203-204). 
Più avanti la figlia desolata esecra gli anniversari mensili della morte di Agamennone che la sfrontata (tlhvmwn, v. 275) Clitennestra osa celebrare con danze (corou;" i{sthsi , v. 280),  e chiama del tutto funesta la cena che ha preso il nome dal padre:"patro;"- dustavlainan dai't ' ejpwnomasmevnhn" (vv. 283-284), in altre parole il festino di Agamennone.
Così lo descrive Cassandra nell'Agamennone di Seneca: "Venēre fata. Sanguinem extremae dapes, / domini videbunt et cruor Baccho incidet… Armat bipenni Tyndaris dextram furens… Habet, peractum est. Pendet exigua male / caput amputatum parte et hinc trunco cruor / exundat, illinc ora cum fremitu iacent. / Nondum recedunt: ille iam exanimem petit/laceratque corpus, illa fodientem adiuvat" (vv. 885-886, 897, 901-905), i fati si compiono. La fine del banchetto vedrà il sangue del padrone e il sangue cadrà sul vino… La Tindaride furente arma la destra di una bipenne… Lo ha in pugno, è fatta. La testa tagliata male pende da un lembo e da una parte il sangue zampilla sul tronco, dall'altra la bocca è a terra con un fremito. Ancora non cessano: quello si avventa sul corpo oramai esanime e lo fa a pezzi, lei lo aiuta a trafiggerlo.

Ma torniamo alle Coefore.
Elettra prega Ermes e i demoni sotterranei lamentando il trattamento  che i figli di Agamennone hanno ricevuto dalla madre: pepramevnoi-pipravskw pro;~ th`~ tekouvsh~, 132-133, venduti da quella che ci ha generato, ora siamo dei vagabondi. Io sono ajntivdoulo~, trattata come schiava, Oreste è esule. La sorella prega che il fratello ritorni come vendicatore del padre (timavoro~, 143)
Poi c’è il riconoscimento attraverso il ricciolo posto sul sepolcro (oJrw` tomai`on tovnde bovstrucon tavfw/, v. 168). La ragazza trova che quei capelli somiglino ai suoi.
Poi delle orme stivboi, secondo indizio deuvteron tekmhvrion (205) simili ai miei .
In effetti salta fuori Oreste. Elettra lo riconosce e lo chiama padre e madre[1], visto che Clitennestra ejcqaivretai pandivkw~ (241) è odiata con tutta giustizia. I due fratelli concertano il matricidio per ragioni personali, religiose e pure politiche: l’impresa deve essere compiuta (tou\rgon ejst j ejrgastevon (298) per gli ordini del dio Apollo, per il loro dolore, per la loro povertà, e perché gli Argivi non devono rimanere sottomessi a due donne: infatti Egisto ha cuore da femmina (qhvleia ga;r frhvn, 305).

Il Coro.
In un Commo con Elettra e Oreste, enuncia la legge del contrappasso: chi ha fatto deve soffrire (dravsanti paqei`n 314).Lo spirito del morto è vivo: non lo doma la feroce mascella del fuoco (ouj damavzei puro;~ malera; gnavqo~ , 325).E’ legge che gocce di sangue versate al suolo chiedano altro sangue: grida strage l’Erinni (boa`/ ga;r loigo;n   jErinuv~  (402).
Elettra esecra la madre che l’ha cacciata in un angolo come un cane odioso (446)
E Oreste enuncia la duplicità di Ares e di Diche: “  [Arh~   [ Arei xunbalei` , Dika/ Dika (v. 461), Ares si scontrerà co Ares, Dike con Dike. 
E’ la logica aperta al contrasto dei Greci.
Il Coro: il destino aspetta da lungo tempo e giungerà a chi prega (464-5)
Elettra chiede a Persefone (Persevfassa, 490)  una potenza con bellezza do;~ dev g j eu[morfon kravto~ (490).
"Una questione fondamentale è il rapporto del Greco con il dolore… La questione se in realtà il suo desiderio sempre più forte di bellezza, di feste, di divertimenti, di culti nuovi non si sia sviluppata dalla mancanza, dalla privazione, dalla malinconia e dal dolore… Quanto dovette soffrire questo popolo, per poter diventare così bello!"[2].
Il Coro dice che la donna odiosa agli dèi duvsqeo~ gunhv , (v. 525) ha avuto un sogno che l’ha spaventata e ha mandato le coefore, ma, commenta, quando uno versa il sangue anche di un solo uomo mavthn oJ movcqo~ (v. 521),  la fatica è sprecata.
Clitennestra ha sognato di generare e allattare un serpente, ma la mammella (ou\qar, 532) venne ferita dal mostro che nel latte succhiò gocce di sangue. Lei, spaventata mandò le offerte per la tomba
Oreste ricorda la predizione di Apollo secondo la quale i due amanti moriranno ejn taujtw`/ brovcw/ nella stessa rete di Agamennone (557).
 Il serpente che la uccide sarà lui stesso: ejndrakontwqei;~ d j ejgwv (v. 549).
Quindi espone il suo piano. Chiederà ospitalità con Pilade parlando fwnh;n Parnessivda con accento del Parnaso (563). La lingua greca come la nostra era   “un aggregato di lingue”[3]

Primo Stasimo 585-652
Molti mostri nutre la terra (polla; me;n ga` trevfei-deinav[4]v 585),  deimavtwn a[ch (angosce di terrori) e mostri sono pure racchiusi negli abbracci marini, poi tra cielo e terra ci sono bagliori che danneggiano creature alate e terrestri, ma chi potrebbe raccontare lo spirito troppo audace (uJpevrtolmon frovnhma, 594)  e le passioni che tutto osano (pantovlmou~ e[rwta~, 597) di donne temerarie nell’animo? gunaikw`n fresi;n tlhmovnwn 596).
Segue l’evocazione di miti di morte  inflitta da donne furenti.
Quello di Altea (605) che fece morire il figlio Meleagro il quale le aveva ucciso i fratelli.
Poi ricorda Scilla, altra fanciulla assassina (foinivan kovran, 614) che, innamorata di Minosse, fece morire il padre Niso, re di Megera strappandogli il capello purpureo cui era legata la sua sopravvivenza.
Clitennestra fa parte della serie.
Il coro dice che tiene in pregio il focolare domestico che non brucia, e temperamento femminile senza audacia (gunaikeivan a[tolmon aijcmavn, 630),
Poi ricorda le ardite femmine spietate di Lemno che tutte, tranne una[5], proprio come le Danaidi, ammazzarono i loro maschi. Storie odiose.
Ma il fondamento di Dike è ben piantato Divka~ d j ejreivdetai puqmhvn  lat. fundus (646) 

Secondo Episodio 653-782
Oreste e Pilade bussano e vengono accolti da Clitennestra, ospitalmente. La madre non riconosce il figlio che le dà la falsa notizia della morte di Oreste (682), appresa, dice da Strofio focese. Le porta anche l’urna con le ceneri del figlio. Clitennestra esprime dolore : ahimé porqouvmeqa (691, siamo distrutti.
Nell’Elettra di Sofocle, invece, Clitennestra è incerta se chiamare quella morte un male terribile oppure una cosa utile (767).
La Nutrice di Oreste  dubita della sincerità del dolore di Clitennestra: dice che davanti ai servi la regina simulava il dolore ma nascondendo il riso di dentro (to;; d j ejnto;~ gevlwn keuvqous j, Coefore, 739-740) per come le cose si erano messe bene.

Secondo stasimo  (783-837)
Il Coro chiede agli dèi la buona sorte per quelli che vogliono vedere le cose di nuovo in ordine e un aiuto per Oreste aggiogato a un carro di sciagure
“Imponendo alla corsa un termine, stabilisci un ritmo di salvezza”. (797-798). Una metafora agonistica.

Terzo Episodio 838-934
Entra Egisto  dicendo che ha avuto la notizia della morte di Oreste. Non ne esulta:  vuole prima verificarne l’autenticità.Entra nel palazzo e si sentono le sue grida di morte e[ e[ ojtototoi`  (870)
Un suo servo ne piange l’uccisione. (875)Poi l’oijkevth~  fa a Clitennestra: dico che i morti uccidono il vivo ( 886). Cfr. le Trachinie e la tunica di Nesso.Clitennestra  piange per Egisto chiamandolo filtat j(893).E Oreste le dice: lo ami? Allora giacerai nello stesso sepolcro: ora che è morto non lo puoi più tradire (894-895).La madre mostra il petto a Oreste per indurlo a compassione: "ejpivsce", w\ pai', tovnde d j ai[desai, tevknon, mastovn" (Coefore , vv. 896-897), fermati, figlio, abbi rispetto di questo seno, creatura da dove hai succhiato il latte che ti nutriva.
Ecuba nell'Iliade mostra il seno a Ettore per indurlo a non affrontare Achille: la vecchia regina, aperta la veste, con una mano solleva il seno, e prega il figlio di ricordare che gli aveva dato la mammella che fa scordare le pene:"ei[ potev toi laqikhdeva[6]  mazo;n ejpevscon tw'n mnh'sai" (XXII, vv. 83-84)[7].
Oreste è incerto e chiede a Pilade: “tiv dravsw;  che cosa devo fare? Devo avere ritegno di uccidere la madre? (899)
Pilade risponde che non può disobbedire ai vaticini di Apollo pronunciati dall’oracolo pitico.
Oreste si convince e trascina Clitennestra vicino al cadavere di Egisto per sgozzarla vicino a lui.
La madre prova ancora a commuoverlo: “io ti ho nutrito, con te voglio invecchiare (908). Non sono stata io a uccidere, ma la Moira.
Oreste rinfaccia alla Tindaride anche il fatto di essere stato venduto (ejpravqhn,  pevrnhmi 915).
Ti ho mandato da ospiti, non ti ho buttato via, dice la madre.
Poi ricorda anche le follie di tuo padre! (918)
Oreste: lui combatteva e tu stavi seduta in casa.

Ozio, noia e adulterio.
Cfr. Ovidio “Quaeritis Aegisthus quare sit factus adulter; / in promptu causa est; desidiosus erat" (Remedia amoris vv. 161-162), volete sapere perché Egisto divenne adultero? il motivo è a portata di mano: non aveva nulla da fare. Gli altri Greci infatti facevano la guerra e ad Argo non c'erano processi a impegnarlo. Dunque: "Quod potuit, ne nil illic ageretur, amavit" (v. 167), fece quello che poté per non stare là senza far niente: fece l'amore.
Anche Madame Bovary divenne adultera poiché si annoiava: "Per lei, ecco, l'esistenza era fredda come un solaio esposto a settentrione, il silenzioso ragno della noia tesseva e ritesseva la tela nell'ombra, in ogni cantuccio del suo animo" (p. 36).
Clitennestra: è un’angoscia per le donne essere escluse (Coefore, 920, ei[rgesqai dove c’è anche l’idea di “chiudere”) dal proprio uomo.
Oreste: ma la fatica (movcqo~) del marito nutre le donne che stanno in casa (921).Non io ti ucciderò, ma sarai tu a uccidere te stessa.
Clitennestra lo mette in guardia dalle cagne rabbiose della madre (o{ra, fuvlaxai mhtro;~ ejgkovtou~ kuvna~ (923)
Oreste teme più quelle del padre.
Clitennestra riconosce nel figlio partorito e allevato il serpente (o[fin, 928) del sogno.
Oreste le dice che lei ha ucciso chi non doveva e dunque subirà ciò che una madre non dovrebbe. Poi la trascina dentro e la ammazza

Terzo Stasimo 935-971
Il Coro esulta per la morte dei due contaminatori (miavstwre~, 944 miaivnw, miasvma)
Hanno vinto Dike e Apollo il signore del grande antro della terra Parnasia o; Loxiva~ oJ Parnassiva~-mevgan e[cwn muco;n cqonov~, 953-54).
Il divino in qualche modo prevale (kratei`tai dev pw~ to; qei`on, 957)
Il tempo porta tutto a compimento (pantelh;~ crovno~, 965) e purificherà il palazzo con una sorte dal bel volto (tuvca/ d j eujproswvpw/, 969).
La bellezza è spesso salvifica. Giustifica esteticamente la vita.
Nella parodo dell’ Edipo re di Sofocle, il Coro prega Atena con queste parole: “O aurea figlia di Zeus, / manda un aiuto dal bel volto" (eujw`pa pevmyon ajlkavn, v. 188)

Esodo  (973-1076)
Oreste  si rivolge al sole che tutto vede (985 oJ pant j ejpopteuvwn, un topos diffusissimo) e gli chiede di osservare le impure opere di Clitennestra e, dall’altra, l’impresa da lui stesso compiuta secondo giustizia. Egisto ha avuto la pena dell’adultero.
Era legittimo ad Atene ammazzare l’amante della moglie colto sul fatto (ejpi; davmarti) in casa propria. Cfr. Lisia In difesa di Eufileto.
Clitennestra se fosse nata murena o vipera (e[[cidna, 994) avrebbe fatto imputridire uno anche senza morderlo, solo toccandolo. A causa della sua audacia (tovlmh~ e{kati, 996) e per il pensiero estraneo alla giustizia.
Non vorrei mai una donna del genere. Possa morire prima a[pai~ (1006), senza figli.
Però il matricida porta e sente la non invidiabile contaminazione della vittoria (1017 a[zhla nivkh~ th`sd  j miavsmata).
Il Coro dice che nessuno dei mortali passa la vita senza danno e senza pagare il prezzo (1018-1019) Il prezzo è la morte, il danno è il dolore.
Anassimandro pensa che l’individuo  uscito dall’a[peiron, l’infinito-indefinito,  non si giustifica, ma continuamente espia la propria individuazione con la morte.
Oreste sente che i cavalli della sua mente vanno fuori pista imbizzarriti: frevne~ duvsarktoi ( 1024 dus e a[rcw). Altra metafora agonistica.
Eppure ha compiuto un atto giusto, ispirato dal Lossia.
Andrà dunque al santuario di Delfi incoronato come un supplice, sull’ombelico del mondo
Il Coro gli dice che ha fatto bene a decapitare i due serpenti.
 Ma Oreste vede donne spaventose, come Gorgoni vestite di nero con fitte spire di serpi. Sono le cagne rabbiose della madre: “mhtro;~ e[gkotoi kuvne~ (1054), cfr. uJmei`~ me;n oujc oJra`te tavsd j, ejgw;  d j oJrw`  (Coefore, 1061),  "voi non le vedete queste, ma io le vedo".
Questo verso cruciale è  citato da Eliot quale epigrafe di Sweeny agonista del 1930. Quindi, nel dramma La Riunione di famiglia  (del 1939) mostra come tali visioni siano un privilegio: "Voi non le vedete, ma io le vedo, ed esse vedono me".
Oreste fugge. Il Coro enumera le sciagure della rocca micenea e si chiede quando cesserà sopita la furia di Ate (1076)

giovanni ghiselli

P. S.
Il blog http://giovannighiselli.blogspot.it/   nel frattempo è arrivato a 117980


[1] Cfr. Andromaca che parla a Ettore nel VI canto dell’ Iliade.
[2] F. Nietzsche, La nascita della tragedia (1872),  p. 7 e p. 163.
[3] (Zibaldone, 2134).
[4] Cfr.Il primo stasimo dell’Antigone (vv. 332-383)
[5] Ipsipile che salvò il padre Toante.
[6] Alceo attribuisce al vino (oi\nonlaqikavdea, fr. 96 D. , v. 3)  questo aggettivo formato da lanqavnw e kh̃do~.
[7] “Sulla terra sono molte buone invenzioni, le une utili, le altre gradevoli: per esse la terra è amabile. E certe cose vi sono così bene inventate, da essere come il seno della donna: utili e al tempo stesso gradevoli” F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 252. 

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