Scene dal mito di Oreste (Musei Vaticani). |
Parte della
mia conferenza
Le figure femminili nell’epica e nella tragedia greca
Venerdì 22 novembre ore 20.30
Le figure femminili nell’epica e nella tragedia greca
Venerdì 22 novembre ore 20.30
Mediateca di San
Lazzaro
Spazio Reading
via Caselle, 22
Spazio Reading
via Caselle, 22
Coefore
La scena è ad Argo presso la tomba di Agamennone. Oreste recita il prologo (1-53).Vede donne coa;~
ferouvsa~ (15) che portano le offerte per placare i morti. Con loro c’è
sua sorella Elettra. Con Oreste c’è
Pilade, figlio di Strofio Focese presso il quale Oreste è stato ospite fin da
bambino, quando la madre lo mandò là. I due giovani si mettono
da parte e osservano il rito.
Parodo (22-83)
Il coro è formato dalle Coefore che portano le libagioni
sulla tomba di Agamennone. Clitennestra le ha mandate perché ha fatto un sogno
che l’ha spaventata, Ma le donne si chiedono Tiv ga;r luvtron
pesovnto~ ai[mato~ pevdoi; (48) quale espiazione del sangue caduto a
terra?
Tenebre odiose avvolgono il palazzo.
Non c’è espiazione (luvtron): la mano dell'assassino bagnata di sangue
indelebile è ricorrente nei drammi dei cupi delitti: gli stessi autori,
o gli ispiratori dei misfatti mettono in rilievo la mano che ha colpito, oppure
ha solo istigato, comunque è rimasta sporca di sangue.
In questa Parodo il Coro canta: "Tutti i canali convogliati in un'unica via, bagnando la strage che imbratta la
mano, correrebbero inutilmente a purificarla" (Coefore, vv.72-74).
Vediamone il
modello senecano: Ippolito nella Fedra sentendosi contaminato dalla matrigna, dice: "Quis eluet me Tanais aut quae barbaris Maeotis
undis pontico incumbens mari?/Non ipse toto magnus Oceano pater tantum expiarit
sceleris, o silvae, o ferae! " (vv.715-718), quale Tanai mi laverà o quale
Meotide che con le barbare onde preme sul mare pontico? Nemmeno il grande padre
con tutto l'Oceano potrebbe espiare un delitto così enorme. O foreste, o fiere!
Nel Macbeth
il protagonista, dopo che ha assassinato il re, fa:" Will all
great Neptune's Ocean wash this blood clean from my hand?", tutto l'oceano
del grande Nettuno potrà lavar via questo sangue dalla mia mano? No, piuttosto
questa mia mano tingerà del colore della carne le innumeri acque del mare
facendo del verde un unico rosso (II, 2).
Lady Macbeth in
un primo momento afferma che poca acqua basterà a pulire le mani lordate dal
misfatto: "A little water clears us of this deed" (II, 2) leggiamo nella tragedia di
Shakespeare, una battuta che nel libretto di Piave del melodramma musicato da
Verdi diventa: "Ve' le mani ho lorde anch'io; poco spruzzo e monde
son" (I atto).
Più avanti la
stessa donna che, aizzando il marito al tradimento e al delitto era sembrata
tanto salda, sospira: "All the
perfumes of Arabia will not sweeten this little hand", tutti i balsami d'Arabia non basteranno a profumare
questa piccola mano (V,1).
Primo
Episodio (84-584)
Elettra parla
con le coefore le quali la incoraggiano a ricordarsi di Oreste (mevmnhs j jOrevstou (115), anche se è lontano.
Ma Elettra è
incline a rammentare gli orrori passati più che a concepire speranze future.
L'antifestino oppressivo che costò la vita ad
Agamennone lascia nella memoria dell'Elettra di Sofocle le pene spaventose
del convito nefando:"deivpnwn
ajrrhvtwn-e[kpagl' a[cqh
" (Elettra, vv. 203-204).
Più avanti la figlia desolata esecra gli anniversari mensili
della morte di Agamennone che la sfrontata (tlhvmwn,
v. 275) Clitennestra osa celebrare con danze (corou;"
i{sthsi , v. 280), e chiama del tutto funesta la cena che ha
preso il nome dal padre:"patro;"-
dustavlainan dai't ' ejpwnomasmevnhn" (vv. 283-284), in
altre parole il festino di Agamennone.
Così lo descrive Cassandra nell'Agamennone di Seneca:
"Venēre fata. Sanguinem
extremae dapes, / domini videbunt et cruor Baccho incidet… Armat bipenni Tyndaris
dextram furens… Habet, peractum est. Pendet exigua male / caput amputatum parte et
hinc trunco cruor / exundat, illinc ora cum fremitu iacent. / Nondum recedunt: ille
iam exanimem petit/laceratque corpus, illa fodientem adiuvat" (vv. 885-886, 897, 901-905),
i fati si compiono. La fine del banchetto vedrà il sangue del padrone e
il sangue cadrà sul vino… La Tindaride furente arma la destra di una bipenne… Lo
ha in pugno, è fatta. La testa tagliata male pende da un lembo e da una parte
il sangue zampilla sul tronco, dall'altra la bocca è a terra con un fremito.
Ancora non cessano: quello si avventa sul corpo oramai esanime e lo fa a pezzi,
lei lo aiuta a trafiggerlo.
Ma torniamo alle Coefore.
Elettra prega Ermes e i demoni sotterranei lamentando il
trattamento che i figli di Agamennone
hanno ricevuto dalla madre: pepramevnoi-pipravskw
pro;~ th`~ tekouvsh~, 132-133, venduti da quella che ci ha generato, ora
siamo dei vagabondi. Io sono ajntivdoulo~,
trattata come schiava, Oreste è esule. La sorella prega che il fratello ritorni
come vendicatore del padre (timavoro~,
143)
Poi c’è il riconoscimento attraverso il ricciolo posto sul
sepolcro (oJrw` tomai`on tovnde bovstrucon
tavfw/, v. 168). La ragazza trova che quei capelli somiglino ai suoi.
Poi delle orme stivboi,
secondo indizio deuvteron tekmhvrion
(205) simili ai miei .
In effetti salta fuori Oreste. Elettra lo riconosce e lo
chiama padre e madre[1],
visto che Clitennestra ejcqaivretai
pandivkw~ (241) è odiata con tutta giustizia. I due fratelli concertano
il matricidio per ragioni personali, religiose e pure politiche: l’impresa deve
essere compiuta (tou\rgon ejst j
ejrgastevon (298) per gli ordini del dio Apollo, per il loro dolore, per
la loro povertà, e perché gli Argivi non devono rimanere sottomessi a due
donne: infatti Egisto ha cuore da femmina (qhvleia
ga;r frhvn, 305).
Il Coro.
In un Commo con Elettra e Oreste, enuncia la legge del contrappasso: chi ha fatto deve soffrire (dravsanti paqei`n 314).Lo spirito del morto è vivo: non lo doma la feroce mascella del fuoco (ouj damavzei puro;~ malera; gnavqo~ , 325).E’ legge che gocce di sangue versate al suolo chiedano altro sangue: grida strage l’Erinni (boa`/ ga;r loigo;n jErinuv~ (402).
In un Commo con Elettra e Oreste, enuncia la legge del contrappasso: chi ha fatto deve soffrire (dravsanti paqei`n 314).Lo spirito del morto è vivo: non lo doma la feroce mascella del fuoco (ouj damavzei puro;~ malera; gnavqo~ , 325).E’ legge che gocce di sangue versate al suolo chiedano altro sangue: grida strage l’Erinni (boa`/ ga;r loigo;n jErinuv~ (402).
Elettra esecra la madre che l’ha cacciata in un angolo come
un cane odioso (446)
E Oreste enuncia la duplicità di Ares e di Diche: “
[Arh~ [ Arei xunbalei` , Dika/
Dika (v. 461), Ares si scontrerà co Ares, Dike con Dike.
E’ la logica aperta al contrasto dei Greci.
Il Coro: il destino aspetta da lungo tempo e giungerà a chi
prega (464-5)
Elettra chiede a Persefone (Persevfassa,
490) una potenza con bellezza do;~ dev g j eu[morfon kravto~ (490).
"Una questione fondamentale è il rapporto del Greco con
il dolore… La questione se in realtà il suo desiderio sempre più forte di
bellezza, di feste, di divertimenti, di culti nuovi non si sia sviluppata
dalla mancanza, dalla privazione, dalla malinconia e dal dolore… Quanto dovette
soffrire questo popolo, per poter diventare così bello!"[2].
Il Coro dice che la donna odiosa agli dèi duvsqeo~ gunhv , (v. 525) ha avuto un
sogno che l’ha spaventata e ha mandato le coefore, ma, commenta, quando uno versa
il sangue anche di un solo uomo mavthn oJ
movcqo~ (v. 521), la fatica è
sprecata.
Clitennestra ha sognato di generare e allattare un serpente,
ma la mammella (ou\qar, 532) venne
ferita dal mostro che nel latte succhiò gocce di sangue. Lei, spaventata mandò
le offerte per la tomba
Oreste ricorda la predizione di Apollo secondo la quale i
due amanti moriranno ejn taujtw`/ brovcw/
nella stessa rete di Agamennone (557).
Il serpente che la
uccide sarà lui stesso: ejndrakontwqei;~ d
j ejgwv (v. 549).
Quindi espone il suo piano. Chiederà ospitalità con Pilade
parlando fwnh;n Parnessivda con
accento del Parnaso (563). La lingua greca come la nostra era “un aggregato di lingue”[3]
Primo Stasimo 585-652
Molti mostri nutre la terra (polla;
me;n ga` trevfei-deinav[4]v
585), deimavtwn
a[ch (angosce di terrori) e mostri sono pure racchiusi negli abbracci
marini, poi tra cielo e terra ci sono bagliori che danneggiano creature alate e
terrestri, ma chi potrebbe raccontare lo spirito troppo audace (uJpevrtolmon frovnhma, 594) e le passioni che tutto osano (pantovlmou~ e[rwta~, 597) di donne temerarie
nell’animo? gunaikw`n fresi;n tlhmovnwn
596).
Segue l’evocazione di miti di morte inflitta da donne furenti.
Quello di Altea (605) che fece morire il figlio Meleagro il
quale le aveva ucciso i fratelli.
Poi ricorda Scilla, altra fanciulla assassina (foinivan kovran, 614) che, innamorata di
Minosse, fece morire il padre Niso, re di Megera strappandogli il capello
purpureo cui era legata la sua sopravvivenza.
Clitennestra fa parte della serie.
Il coro dice che tiene in pregio il focolare domestico che
non brucia, e temperamento femminile senza audacia (gunaikeivan a[tolmon aijcmavn, 630),
Poi ricorda le ardite femmine spietate di Lemno che tutte,
tranne una[5],
proprio come le Danaidi, ammazzarono i loro maschi. Storie odiose.
Ma il fondamento di Dike è ben piantato Divka~ d j ejreivdetai puqmhvn lat. fundus
(646)
Secondo Episodio 653-782
Oreste e Pilade bussano e vengono accolti da Clitennestra,
ospitalmente. La madre non riconosce il figlio che le dà la falsa notizia della
morte di Oreste (682), appresa, dice da Strofio focese. Le porta anche l’urna
con le ceneri del figlio. Clitennestra esprime dolore : ahimé porqouvmeqa (691, siamo distrutti.
Nell’Elettra di
Sofocle, invece, Clitennestra è incerta se chiamare quella morte un male
terribile oppure una cosa utile (767).
La Nutrice di Oreste dubita della sincerità del dolore di
Clitennestra: dice che davanti ai servi la regina simulava il dolore ma
nascondendo il riso di dentro (to;; d j
ejnto;~ gevlwn keuvqous j, Coefore,
739-740) per come le cose si erano messe bene.
Secondo stasimo
(783-837)
Il Coro chiede agli dèi la buona sorte per quelli che
vogliono vedere le cose di nuovo in ordine e un aiuto per Oreste aggiogato a un
carro di sciagure
“Imponendo alla corsa un termine, stabilisci un ritmo di
salvezza”. (797-798). Una metafora agonistica.
Terzo Episodio 838-934
Entra Egisto dicendo
che ha avuto la notizia della morte di Oreste. Non ne esulta: vuole prima verificarne l’autenticità.Entra nel palazzo e si sentono le sue grida di morte e[ e[ ojtototoi`
(870)
Un suo servo ne piange l’uccisione. (875)Poi l’oijkevth~ fa a Clitennestra: dico che i morti
uccidono il vivo ( 886). Cfr. le Trachinie e la tunica di Nesso.Clitennestra piange
per Egisto chiamandolo filtat j(893).E Oreste le dice: lo ami? Allora giacerai nello stesso
sepolcro: ora che è morto non lo puoi più tradire (894-895).La madre mostra il petto a Oreste per indurlo a compassione:
"ejpivsce", w\ pai', tovnde d j
ai[desai, tevknon, mastovn" (Coefore
, vv. 896-897), fermati, figlio, abbi rispetto di questo seno, creatura da dove
hai succhiato il latte che ti nutriva.
Ecuba nell'Iliade mostra il seno a Ettore per indurlo
a non affrontare Achille: la vecchia regina, aperta la veste, con una mano
solleva il seno, e prega il figlio di ricordare che gli aveva dato la mammella
che fa scordare le pene:"ei[ potev toi
laqikhdeva[6]
mazo;n ejpevscon tw'n mnh'sai"
(XXII, vv. 83-84)[7].
Oreste è incerto e chiede a Pilade: “tiv dravsw; che cosa
devo fare? Devo avere ritegno di uccidere la madre? (899)
Pilade risponde che non può disobbedire ai vaticini di
Apollo pronunciati dall’oracolo pitico.
Oreste si convince e trascina Clitennestra vicino al
cadavere di Egisto per sgozzarla vicino a lui.
La madre prova ancora a commuoverlo: “io ti ho nutrito, con
te voglio invecchiare (908). Non sono stata io a uccidere, ma la Moira.
Oreste rinfaccia alla Tindaride anche il fatto di essere
stato venduto (ejpravqhn, pevrnhmi
915).
Ti ho mandato da ospiti, non ti ho buttato via, dice la
madre.
Poi ricorda anche le follie di tuo padre! (918)
Oreste: lui combatteva e tu stavi seduta in casa.
Ozio, noia e adulterio.
Cfr. Ovidio “Quaeritis Aegisthus quare sit factus
adulter; / in promptu causa est; desidiosus erat" (Remedia amoris vv. 161-162), volete sapere perché Egisto divenne
adultero? il motivo è a portata di mano: non aveva nulla da fare. Gli altri Greci infatti facevano la guerra e
ad Argo non c'erano processi a impegnarlo. Dunque: "Quod potuit, ne nil illic ageretur, amavit" (v. 167), fece
quello che poté per non stare là senza far niente: fece l'amore.
Anche Madame Bovary divenne adultera poiché si
annoiava: "Per lei, ecco, l'esistenza era fredda come un solaio esposto a settentrione,
il silenzioso ragno della noia tesseva e ritesseva la tela nell'ombra, in ogni
cantuccio del suo animo" (p. 36).
Clitennestra: è un’angoscia per le donne essere escluse (Coefore, 920, ei[rgesqai dove c’è anche l’idea di “chiudere”) dal proprio
uomo.
Oreste: ma la fatica (movcqo~)
del marito nutre le donne che stanno in casa (921).Non io ti ucciderò, ma sarai tu a uccidere te stessa.
Clitennestra lo mette in guardia dalle cagne rabbiose della
madre (o{ra, fuvlaxai mhtro;~ ejgkovtou~
kuvna~ (923)
Oreste teme più quelle del padre.
Clitennestra riconosce nel figlio partorito e allevato il
serpente (o[fin, 928) del sogno.
Oreste le dice che lei ha ucciso chi non doveva e dunque
subirà ciò che una madre non dovrebbe. Poi la trascina dentro e la ammazza
Terzo Stasimo 935-971
Il Coro esulta per la morte dei due contaminatori (miavstwre~, 944 miaivnw, miasvma)
Hanno vinto Dike e Apollo il signore del grande antro della
terra Parnasia o; Loxiva~ oJ
Parnassiva~-mevgan e[cwn muco;n cqonov~, 953-54).
Il divino in qualche modo prevale (kratei`tai dev pw~ to; qei`on, 957)
Il tempo porta tutto a compimento (pantelh;~ crovno~, 965) e purificherà il palazzo con una
sorte dal bel volto (tuvca/ d j
eujproswvpw/, 969).
La bellezza è spesso salvifica. Giustifica esteticamente la
vita.
Nella parodo dell’ Edipo re di Sofocle, il Coro prega Atena
con queste parole: “O aurea figlia di Zeus, / manda un aiuto dal bel volto"
(eujw`pa pevmyon ajlkavn, v. 188)
Esodo (973-1076)
Oreste si rivolge al
sole che tutto vede (985 oJ pant j
ejpopteuvwn, un topos diffusissimo) e gli chiede di osservare le impure
opere di Clitennestra e, dall’altra, l’impresa da lui stesso compiuta secondo
giustizia. Egisto ha avuto la pena dell’adultero.
Era legittimo ad Atene ammazzare l’amante della moglie colto
sul fatto (ejpi; davmarti) in casa
propria. Cfr. Lisia In difesa di Eufileto.
Clitennestra se fosse nata murena o vipera (e[[cidna, 994) avrebbe fatto imputridire
uno anche senza morderlo, solo toccandolo. A causa della sua audacia (tovlmh~ e{kati, 996) e per il pensiero
estraneo alla giustizia.
Non vorrei mai una donna del genere. Possa morire prima a[pai~ (1006), senza figli.
Però il matricida porta e sente la non invidiabile
contaminazione della vittoria (1017 a[zhla
nivkh~ th`sd j miavsmata).
Il Coro dice che nessuno dei mortali passa la vita senza
danno e senza pagare il prezzo (1018-1019) Il prezzo è la morte, il danno è il
dolore.
Anassimandro pensa che l’individuo uscito dall’a[peiron,
l’infinito-indefinito, non si
giustifica, ma continuamente espia la propria individuazione con la morte.
Oreste sente che i cavalli della sua mente vanno fuori pista
imbizzarriti: frevne~ duvsarktoi (
1024 dus e a[rcw). Altra metafora agonistica.
Eppure ha compiuto un atto giusto, ispirato dal Lossia.
Andrà dunque al santuario di Delfi incoronato come un
supplice, sull’ombelico del mondo
Il Coro gli dice che ha fatto bene a decapitare i due
serpenti.
Ma Oreste vede donne
spaventose, come Gorgoni vestite di nero con fitte spire di serpi. Sono le
cagne rabbiose della madre: “mhtro;~
e[gkotoi kuvne~ (1054), cfr. uJmei`~ me;n oujc
oJra`te tavsd j, ejgw; d j oJrw` (Coefore,
1061), "voi non le vedete queste,
ma io le vedo".
Questo verso
cruciale è citato da Eliot quale
epigrafe di Sweeny agonista del 1930.
Quindi, nel dramma La Riunione di famiglia (del 1939) mostra come tali visioni siano un
privilegio: "Voi non le vedete, ma io le vedo, ed esse vedono me".
Oreste fugge. Il Coro enumera le sciagure della rocca micenea
e si chiede quando cesserà sopita la furia di Ate (1076)
giovanni ghiselli
P. S.
Il blog http://giovannighiselli.blogspot.it/ nel frattempo è arrivato a 117980
[1] Cfr. Andromaca che parla a Ettore nel VI canto dell’ Iliade.
[2] F. Nietzsche, La nascita della tragedia
(1872), p. 7 e p. 163.
[3] (Zibaldone,
2134).
[4] Cfr.Il primo stasimo dell’Antigone (vv. 332-383)
[5] Ipsipile che salvò il padre Toante.
[6] Alceo attribuisce al vino (oi\non… laqikavdea, fr. 96 D. , v.
3) questo aggettivo formato da lanqavnw e kh̃do~.
[7]
“Sulla terra sono molte buone invenzioni, le une utili, le altre gradevoli: per
esse la terra è amabile. E certe cose vi sono così bene inventate, da essere
come il seno della donna: utili e al tempo stesso gradevoli” F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. 252.
Bene!! Sarò felice di venire domani!
RispondiEliminaMaddalena