La
sera del 25 luglio
Fino alle 10 di sera passai le ore del 25 luglio 1979 in funzione della
scuola e dell’amante italiana, studiando, correndo, nuotando, abbronzandoni e
salmodiando tanti Osanna piuttosto
che tripudiare con Dioniso e le sue menadi gridando Evoè.
Suonata la ventiduesima ora del giorno però decisi di uscire
con l’intenzione non equivoca di andare all’Aranybika
per farmi un bicchiere di vino, uno solo. Quindi sarei tornato e avrei studiato
fino all’una di notte. Dopo avere gioito innocentemente del “Sangue di toro di
Eger[1]”,
avrei versato del sangue mio nell’impegno
scrittorio, perché, o purché, mi apparisse l’immagine di Ifigenia la
bella, la buona, la santa.
La mia follia era
assai meno saggia della saggezza del mondo.
Mi incamminai dunque tacito e senza compagnia lungo la
strada compresa tra il prato delle abbronzature, dell’antica attesa di Helena[2], e il
collegio delle baldorie ancora più antiche[3],
dell’ascesi appena compiuta.
Un’ascesi piuttosto
cristiana che pagana.
Sul prato c’erano diversi giovani: tra gli altri la bionda
ninfa della fontana piena di luci. Quando mi vide passare, si separò dal
gruppo, mi raggiunse e mi chiese se volevo andare a bere del vino con lei.
Rimasi un attimo incerto, ci pensai un momento e decisi che
non dovevo superare la giusta misura: quel giorno infatti non avevo sacrificato
un ariete e una pecora nera come aveva fatto Odisseo per vitalizzare le teste
svigorite dei morti[4], ma il tempo oramai quasi
estremo della mia gioventù a un idolo che poteva non essere integralmente sacro.
Dopo tante ore di
studio, di corse, nuotate, riflessioni,
sempre da solo, mi ero conquistato il diritto di concedermi un poco di
compagnia, di svago, di deconcentrazione da me stesso, da Ifigenia e dal nostro
rapporto non garantito del tutto.
Si apriva uno spiraglio per la santa equivocazione
gesuitica.
Ma si richiuse presto per Mea
culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Una colpa dell’intelligenza, un errore
erotico, efferato quasi quanto un
crimine. Non c’è cosa più amara della stupidità
Pensai, del resto
senza sbagliarmi, che la bionda belloccia non doveva essere una persona
triviale, se non altro per il fatto che aveva visto qualche cosa di strano, di buono e forse perfino di bello, nella mia
persona non volgare. Anche Ifigenia dopo tutto aveva detto che, salva la
fedeltà dovuta e promessa, la sera sarebbe uscita in compagnia se avesse
incontrato persone interessanti. Neppure lei sdegnava il vino, vero “equivocator with lechery”[5].
continua
p.s
il blog è arrivato a 299694.
In vista dei 300mila che mi faranno gridare evoè.
Con tutti voi danzerò la danza sacra
Letture dell’ultimasettimana
Stati Uniti
|
1200
|
Italia
|
555
|
Portogallo
|
41
|
Russia
|
17
|
Germania
|
16
|
Francia
|
14
|
Ucraina
|
14
|
Irlanda
|
11
|
Polonia
|
9
|
Svizzera
|
2
|
[1] Vino ungherese già
ricordato più volte.
[2] Cfr. La storia di Helena
in diversi capitoli presenti qui nel blog, una storia d’amore bella assai.
[3] Le prime risalgono al 1966
(cfr. L’arrivo a Debrecen, qui nel
blog)
[5] Equivocatore della lussuria, ne crea gli
equivoci. Cfr. Shakespeare, Macbeth,
II, 3
Ciao, Giovanna Tocco
RispondiElimina