Scena di scuola in un vaso attico del V sec. a.C. |
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Comincia
a parlare il Discorso Giusto spiegando
"com'era
l'educazione antica"(961).
Allora
la giustizia fioriva e
"Il
ritegno (swfrosuvnh) era
tenuto di conto.
In
primo luogo non si doveva sentire il ragazzo bisbigliare anche una sola parola/
poi
dovevano marciare in ordine nelle vie verso la casa del maestro di cetra/
tutti
quelli del quartiere, nudi anche se veniva giù la neve come farina da uno
staccio"(963 - 965).
Sembra
che Aristofane sia nostalgico di un'educazione di tipo spartano che inculcava nei
giovani la disciplina e il sacrificio, valori caduti in disuso e destinati a
non risollevarsi, visto che Demostene li rimpiangerà ancora parecchi decenni
dopo quando, cercherà di spingere gli Ateniesi a difendere la libertà da
Filippo di Macedonia.
La gioventù del buon tempo antico dunque
"si stava in pace sobria e pudica" per usare parole di Dante (Paradiso, XV, 99) che esprime una
nostalgia del genere per la Firenze dell'avo Cacciaguida.
I
ragazzi ateniesi degli anni di Maratona erano rispettosi e riservati:
"nessuno,
modulando mollemente la voce, si avvicinava
all'amante
facendosi con gli occhi ruffiano di se stesso"(979 - 980). La musica
insegnata era semplice e manteneva gli accordi tramandati dai padri.
Questa
affermazione (v. 968) contiene l'idea sviluppata poi da Platone che le melodie
diano un ritmo all'anima degli ascoltatori e che la musica pertanto non deve essere troppo sofisticata, sdolcinata o
drogata come è quella che secondo filosofo deve essere bandita bandirsi
(Repubblica, 607).
Fu questo
sistema educativo, continua il Giusto, che educò "gli eroi di
Maratona"(986), e conclude esortando il ragazzo a seguire quei buoni
princìpi seguendo lui, il discorso più forte:
"così
imparerai a odiare la piazza e a tenerti lontano dai bagni
e
a vergognarti delle cose vergognose e, se qualcuno ti canzona, ad avvampare,
e
ad alzarti e a cedere il posto se arriva un vecchio,
e
a non essere sgarbato con i tuoi genitori, e a non fare
niente
di turpe, tu insomma devi compiere l'immagine del pudore;
e
non lanciarti da una ballerina perché non accada che mentre stai a bocca aperta
davanti a queste cose
colpito
con una mela dalla puttanella tu non venga infamato,
e
non devi contraddire tuo padre, né chiamandolo Giapeto
rinfacciare
l'età a un vecchio dal quale sei stato allevato come un pulcino"(991 - 999).
La mela cotogna
veniva offerta come segno di intenzione amorosa, e Giapeto, com'è facile
comprendere, corrisponde al Matusalemme biblico.
Se
il giovane eviterà l'impudicizia e la dissolutezza potrà crescere bene
frequentando le palestre, evitando la piazza, schivando i tribunali e correndo
veloce
"sotto
gli olivi sacri incoronato di verde canna con un compagno per bene
odoroso
di smilace e di tranquillità e di bianco pioppo dalle foglie tremule
lieto
nel tempo di primavera, quando il platano sussurra con l'olmo"(1006 - 1008).
La vita in mezzo alla natura dunque è contrapposta a quella guastata dalla
corruzione e dall'intrallazzo. Se darà retta al Discorso Giusto, Fidippide
verrà su sano e robusto tanto fisicamente quanto moralmente, altrimenti andrà
in rovina.
Il
coro approva gli argomenti sentiti, quindi dà la parola al Discorso Ingiusto. Il
quale si autoproclama "discorso debole"(1038) e si appiglia a un
particolare di quanto ha ascoltato per porre una domanda:
"con
quale ragione tu biasimi i bagni caldi? "(1045).
Per
il fatto che "rendono molle l'uomo" risponde l'avversario (1046). Allora
l'Ingiusto pone una domanda capziosa:
"dimmi,
tra i figli di Zeus, quale ritieni l'eroe più grande
per
coraggio e che ha compiuto le fatiche più egregie? (1048 - 1049).
La risposta è obbligata: non può essere che
Eracle. Ebbene i bagni di Eracle non sono mai stati freddi (1050). L'ingiusto
dunque segna un punto a suo vantaggio con l'uso sofistico e spregiudicato della
mitologia. Anche la poesia del resto gli dà ragione: Omero elogia Nestore come
arguto "agoreta"[1], ossia
capace di persuadere parlando nell'agorà;
allora cosa c'è di male se un giovane frequenta la piazza?
C’è
però un equivoco: il Giusto biasima l'andare a chiacchierare in piazza, mentre
Omero approva Nestore quale bravo parlatore nell'assemblea: l'Ingiusto dunque
gioca sul doppio senso per fare un altro punto.
Anche l'elogio della castità viene confutato
con la mitologia: il casto Peleo venne piantato da Tetide:
"infatti
non era sfrenato
né
era piacevole passarci tutta la notte sotto le coperte.
La
donna invece gode di essere sbattuta; e tu sei un vecchio ronzino"(1068 - 1070).
Un'eco
seria e moderna di questa buffoneria antica si trova in Otto Weininger: la
donna "non pretende dall'uomo bellezza ma pieno desiderio sessuale. Su di
essa non fa mai impressione l'elemento apollineo nell'uomo (e perciò neppure
quello dionisiaco), ma quello faunesco nella sua massima estensione; mai l'uomo,
ma sempre il maschio"[2].
L'Ingiusto
quindi si volge a Fidippide e lo invita a non pregiare la temperanza che priva
di tutti i piaceri ( fanciulli, donne, giochi, leccornie, bevute, risate) senza
i quali non vale la pena vivere (1074).
Se
sottolineiamo l'aspetto sessuale del godimento, possiamo ricordarci di Mimnermo
quando domanda, retoricamente, quale vita, quale piacere può esserci senza
l'aurea Afrodite (fr. 1D).
Il
Socrate di Platone, che qui fa da padrino al discorso dell'ingiustizia e della
dissolutezza, nel Gorgia viceversa
raccomanda la giustizia e la temperanza: "chi vuole essere felice
evidentemente deve seguire ed esercitare la temperanza e scappare a gambe
levate davanti alla sfrenatezza ( cercal 507d)... non deve lasciare che le sue
passioni siano sfrenate né mettere mano a soddisfarle, male immedicabile, vivendo
una vita da predone"(507e).
Ma torniamo al cattivo maestro di Aristofane.
Se
vuoi fare i tuoi comodi, continua l'Ingiusto, vieni a scuola da me: ti
insegnerò a parlare in modo da avere sempre ragione:
"se
vieni sorpreso in adulterio, rispondi al marito
che
non hai fatto niente di male: quindi devi imputarne la colpa a Zeus, /
anche
lui è sottomesso all'amore e alle donne;
e
allora tu che sei mortale, come potresti essere più forte di un dio? "(1079
- 1082).
Una
menzione ridicola del dongiovannismo di Zeus, e di Poseidone, si trova anche
negli (Uccelli del 414):
"bisogna
proclamare la guerra santa contro Zeus e impedire agli dèi/
di
andare e venire per la vostra terra a cazzo ritto
(toi`si qeoi`sin
ajpeipei`n ejstukovsi, da stuvw, ho un’erezione, 557)
come
una volta quando scendevano a sedurre le Alcmene
le
Alopi e le Semele"(vv. 556 - 559).
Prima
di sacrificare un montone a Zeus, gli uomini dovranno sacrificare allo
scricciolo (ojrcivlo~
o[rni~)
un moscerino coi coglioni (sevrfon ejnovrchn, v. 569).
Si noti la paronomasiva, il bisticcio, fondata sul
termine o[rci~
(testicolo)
L'Ingiusto
prosegue facendo battute sulla omosessualità di avvocati, tragediografi, uomini
politici e perfino degli spettatori, chiamati tutti "culi
aperti"(1100).
Il
Giusto, non riuscendo a dimostrare che c'è qualcosa di male nell'essere tali, esclama:
"siamo
vinti o culi rotti"(1103) ed entra nel pensatoio.
Quindi
le nuvole pronunciano la seconda Parabasi (1114 - 1130) e promettono interventi
mirati: favorevoli per chi aiuterà questa commedia della quale sono eponime, malevoli
e distruttivi per chi non la approverà.
Poi
si presenta Strepsiade che bussa al pensatoio cui ha affidato il figlio il quale
si affaccia trionfante gridando:
"Viva
la Frode, regina di tutto il mondo!"(1150).
Il
padre ne è compiaciutissimo e già canta vittoria pensando di non pagare i
creditori:
"piangete
oh usurai,
voi
e i capitali e gli interessi degli interessi!
Voi
non potete più farmi male,
tal
figlio ho fatto crescere
in
questa casa,
fulgido
di lingua a due tagli,
difesa
mia, salvatore della casa, rovina per i nemici,
dissolvitore
dei grandi affanni paterni!"(1155 - 1163).
Quindi
il ragazzo scende condotto per mano da Socrate, e Strepsiade, vedendolo da
vicino, è ancora più contento poiché Fidippide ha preso anche l'aspetto malsano
dei socratici:
"come
sono contento vedendo quel colore!
Ora
davvero solo a vederti sei negatore
e
contenzioso"(1171 - 1172).
Ecco dunque che il ragazzo ha preso quell'aria
faziosa tipica dei fannulloni filosofeggianti, pieni di pretese e privi di
merito.
Bene
fa il ragazzo secondo il padre ad
"avere
l'aria di essere offeso mentre offende e compie mascalzonate, "(1174 - 1175).
Vengono
in mente alcune parole degli Scritti
corsari di Pasolini(1975): " i ragazzi brutti, pallidi, nevrotici, hanno
rotto l'isolamento cui li condannava la gelosia dei padri, irrompendo stupidi, presuntuosi
e ghignanti nel mondo di cui si sono impadroniti, e costringendo gli adulti al
silenzio o all'adulazione"(p. 181).
continua
Concordo che l'educazione debba essere giustamente severa,ma non umiliante. I ragazzi vanno educati alla cose belle e nobili,non ammaestrati come scimmie attraverso la violenza.
RispondiEliminaGiovanna Tocco