María Zambrano |
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L’epilogo dei Remedia
Siamo giunti
all'epilogo: "Hoc opus exegi: fessae
date serta carinae; contigimus portus quo mihi cursus erat. / Postmodo reddetis
sacro pia vota poetae, /carmine sanati
femina virque meo" (vv. 811 - 814) , ho portato a termine quest'opera:
offrite corone alla nave stanca; abbiamo toccato il porto cui era diretta la
rotta. In seguito renderete le dovute grazie al sacro poeta, uomini e donne
risanati dalla mia poesia. - exegi: ricorda
exegi monumentum, ho portato a
termine un monumento, di Orazio (Carmina,
III, 30, 1) . - carinae: torna ancora
la metafora della navigazione. - sanati:
" l'ultimo verso con il significativo sanati recupera alla struttura
superficiale l'impronta di trattato medico e sembra rispondere al v. 43 del
proemio didascalico, discite sanari per
quem didicistis amare"[1].
La morale
profonda del “rispetto”. Alcuni autori moderni. Musil, Fromm, Proust, Moravia, Buzzati,
Zambrano,
A questa didattica dell'amore ovidiana
voglio aggiungere alcuni suggerimenti presi, oltre che da “una lunga esperienza
delle cose moderne” anche da “una continua lezione delle antique”.
Ci sono poi i consigli degli autori moderni
che possono essere sintetizzati da una riflessione di Musil: se da un lato può
essere vero che "la morale non esiste perché non la si può dedurre da
qualcosa di stabile" e quindi "vi sono soltanto delle regole per
l'inutile conservazione di condizioni transitorie", come afferma Ulrich il
protagonista di L'uomo senza qualità,
è altresì vero quello che aggiunge subito dopo: "sostengo che non vi è
profonda felicità senza morale profonda"[2].
Quindi la guarigione dalla pena amorosa
richiede non solo le Pieridi come asserisce Teocrito all'inizio dell'idillio XI
(vv. 1 - 3) , o quell' abbraccio e quello stendersi insieme con i corpi nudi
suggerito da Longo Sofista, [3] ma una moralizzazione del rapporto.
In altre parole, è bene osservare la
persona amata, come se fosse un meraviglioso fenomeno naturale, senza volere né
cambiarla né possederla; si tratta di rispettarla nel senso etimologico
suggerito da Fromm: " Rispetto non è timore né terrore; esso denota, nel
vero senso della parola (respicere
=guardare) , la capacità di vedere una persona com'è, di conoscerne la vera
individualità. Rispetto significa desiderare che l'altra persona cresca e si
sviluppi per quello che è. Il rispetto, perciò esclude lo sfruttamento; voglio
che la persona amata cresca e si sviluppi secondo i suoi desideri, secondo i
suoi mezzi, e non allo scopo di servirmi"[4].
E ancora: se amo una persona "io la rispetto, cioè (secondo il significato
etimologico di re - spicere) io la
guardo come essa è obiettivamente e non travisata dai miei desideri o dalle mie
paure. La conosco, sono penetrato oltre la sua apparenza fino al fondo del suo
essere e ho collegato me stesso con lei dal profondo del mio essere"[5].
La sofferenza amorosa, se viene compresa,
può essere produttiva, comunque va superata.
Certo, dalla donna che ci fa soffrire si
impara anche.
Su questo possiamo sentire Proust: "Una
donna di cui abbiamo bisogno, che ci fa soffrire, trae da noi serie di
sentimenti ben più profondi, ben altrimenti vitali di quanto possa fare un uomo
superiore che ci interessi. Resta da sapere, secondo il piano su cui viviamo, se
davvero ci sembra che il tradimento col quale ci ha fatto soffrire una donna
sia ben poca cosa in confronto delle verità che ci ha rivelate, verità che la
donna, paga d'aver fatto soffrire, non avrebbe potuto comprendere... Facendomi
perdere il mio tempo, facendomi soffrire, forse Albertine mi era stata più
utile, anche sotto l'aspetto letterario, di un segretario che avesse messo in
ordine le mie "scartoffie". Tuttavia, allorché un essere è così mal
conformato (e può darsi che nella natura un tal essere sia proprio l'uomo) da
non poter amare senza soffrire, e da aver bisogno di soffrire per imparare
certe verità, la vita d'un tale essere finisce col riuscire ben
spossante!"[6].
L'amore maturo significa un'uscita da
questo stato di squilibrio. Alla fine dell'amore di Swann troviamo un
suggerimento per la guarigione. Vediamo: " appena Swann se la poteva
raffigurare senza orrore, appena rivedeva bontà nel suo sorriso... il suo amore
ridiventava soprattutto un gusto delle sensazioni dategli dalla persona di
Odette, del piacere che provava nell'ammirare come uno spettacolo o
nell'interrogare come un fenomeno, l'alzarsi di uno sguardo, il formarsi d'un
suo sorriso, l'emissione d'un tono di voce" (p. 322) .
Amare una persona rispettandola dunque
significa osservarla senza la pretesa di cambiarla, contemplarla come si può
fare con un paesaggio o un tramonto.
Una soluzione del genere si trova ne La Noia di Moravia: "insomma, lei
non volevo più possederla bensì guardarla vivere, così com'era, cioé
contemplarla, allo stesso modo che contemplavo l'albero attraverso i vetri
della finestra"[7].
Anche il protagonista di Un Amore di Buzzati arriva alla
comprensione e alla compassione per la ragazza che l'ha fatto soffrire siccome gli
ha rivolto contro l' intenzione che lui aveva di usarla, osservandola sine ira
et studio: " dal sonno di lei così abbandonato e confidente viene a lui un
senso di pietà e di pace, una specie di invisibile carezza"[8].
L'invidia si supera trovando la propria
identità: "se cerchiamo l'identità di essere qualcuno al di sopra e al di
là di quello che ci accade e di quello che viviamo, allora non potrà nascere
l'invidia. Perché l'invidia è passione dell'altro, passione dell'identità
dell'altro, passione della libertà dell'altro, nella propria vacillante unità e
libertà"[10].
Concludo questo discorso sull’amore con
l'antistrofe del terzo Stasimo dell'Antigone:
di Sofocle
"Tu anche dei giusti le non più
giuste/menti trascini alla rovina: /tu anche questa contesa consanguinea/di
uomini hai scatenato; /e vince il desiderio vivace/degli occhi della fidanzata
bella nel letto/e siede accanto nella gestione delle grandi /leggi: ineluttabile
infatti/gioca la dea Afrodite" (vv. 791 - 800) .
-
ajdivkou": prolettico. Le
menti giuste traviate dall'amore diventano ingiuste solo quando l'amore è
malato. Si può pensare alla gelosia: "the
green - eyed monster, which doth mock/ the meat it feeds on"[11],
il mostro dagli occhi verdi che si fa beffe del cibo di cui si pasce. - e[cei"
taravxa":
forma perifrastica costituita da e[cw e dal participio aoristo di taravssw, simile al
nostro passato prossimo. - xuvnaimon: ipallage che sottolinea ulteriormente la
consanguineità sempre notata da Sofocle. - blefavrwn: indica gli occhi. - eujlevktrou: composto di euj e levktron, "letto"
per indicare le gioie che possono sconvolgere la razionalità e l'equilibrio
fino a creare attriti o addirittura guerra tra i consanguinei.
Il sostantivo è formato sulla radice lec - /loc - con la quale
si formano anche a[loco", compagna di letto, moglie, e lovco", "agguato".
Da questa etimologia possiamo vedere la
doppia valenza della donna: accogliente e soccorrevole oppure nemica e letale. Tale
ambiguità del linguaggio si può notare anche confrontando a[loco" con a[koiti", "moglie",
colei che dorme insieme, da aj copulativo+ kei'mai, "giaccio", formato sulla
radice kei - koi - su cui si
forma keimhvlion, "oggetto
riposto", "tesoro". La sposa dunque può esssere un agguato, un tesoro,
e altre cose ancora: si ricorderanno la rete (Eschilo, Agamennone, 1116) e l'inganno scosceso (Esiodo, Teogonia, 589 e Opere, 83) . Diverse tra le grandi tragedie hanno a che fare con il
letto il quale non poche volte è il mobile più importante del palazzo, come
nota Kott a proposito dell'Alcesti di
Euripide.
Nelle Trachinie
di Sofocle c'è una presenza quasi ossessiva del talamo nuziale: "ejxaivfnh" sf j
oJrw' - to; n JHravkleion qavlamon eijsormwmevnhn", subito la vedo lanciarsi sul
talamo di Eracle (vv. 912 - 913) ; "oJrw' de; th; n gunai'ka demnivoi"
toi'" JHrakleivoi"", vedo la donna nel letto di Eracle... (v.
915 - 916) ; "kaqevzet j ejn (..,) mevsoisin eujnathrivoi" ", sedeva
in mezzo al letto coniugale (v. 918) ; "w\ levch te kai; numfei' j ejmav, o letto e
mia stanza nuziale (v. 920) .
Nell'Alcesti,
dove la coppia"funziona", c'è un vero e proprio culto del letto: qui
l'eroina muore affermando la sua fedeltà, prima che allo sposo, a questo vero e
proprio feticcio domestico: "prodou'nai ga; r s j ojknou'sa kai; povsin - qnh/skw", non
volendo tradire te e lo sposo/muoio (vv. 180 - 181) . –
pavredro" (Antigone,
799) : apposizione di i[mero" (796) . E' formato da paravvvvv - e eJvdra, "sede"
la cui "radice deriva dall'indoeuropeo *sed - che ha dato come esito in
greco eJd
- /sd - (>z
- ), in latino sed"[12].
-
i[mero" è il desiderio per una persona presente.
Platone spiega molto chiaramente la differenza tra questo termine e povqo": "i[mero~ indica il
desiderio diretto verso un partner che è presente, ovvero il desiderio che sta
per essere soddisfatto, povqo", invece, il desiderio nei confronti di un
assente, ovvero il desiderio che soffre di non potersi appagare: il rimpianto, la
nostalgia[13]"[14].
Il pastore Dafni nell'Idillio VIII di Teocrito mette il povqo" di un uomo per una tenera fanciulla tra
i mali spaventosi del mondo: come l'inverno per gli alberi, l'arsura estiva per
le acque, il laccio per gli uccelli, le reti per gli animali selvatici (vv. 56
- 59) .
-
qesmw'n: (Antigone, 800) Il desiderio appunto è
una delle grandi leggi del mondo: essa riguarda uomini e ferae pecudes [15],
gli animali selvaggi, ognuno dei quali segue la dea dell'amore cupide dovunque ella voglia condurlo. - a[maco": torna, circolarmente,
l'invincibilità dell'amore la cui dea (jAfrodivta è forma dorica per jAfrodivth) del resto
non infligge solo guerre e ferite ma sa anche elargire ludi e giochi.
Aristofane infatti afferma che Qewriva, la festa, odora
di grembi di donne che corrono sui campi: "o[zei... kovlpou gunaikw'n diatrecousw'n
eij" ajgrovn", (Pace, v.
536).
In questo Stasimo dell’Antigone, volendo si può trovare
un'anticipazione del tovpo" del servitium amoris.
P. Fedeli ci riferisce che alcuni studiosi (Copley e Stroh) ritengono "che
il motivo nella formulazione tibulliana e properziana sia tipicamente
romano" mentre un altro (Murgatroyd) "giunge alla conclusione che il
motivo è attestato sin dall'Antigone
di Sofocle. Il Murgatroyd, però, non si è preoccupato di distinguere se lo
stato di servitium si riferisca alla
condizione dell'uomo oppure a quella della donna e se, in questo caso, rifletta
lo stato di totale dedizione della moglie nei confronti del marito nella
società greca; non si preoccupa, infine, di considerare se si tratti di esempi
generici di schiavitù nei confronti del dio Amore piuttosto che nei confronti
della persona amata"[16].
L’amore come gioco
-
ejmpaivzei: (Antigone, 801) da questo verbo si vede
che l'amore può essere causa di rovina ma anche fonte di gioco: "Afrodite
è più dea del gioco che dell'amore, in un certo modo è la divinità dell'amore -
passione. Tutti i disegni neoclassici lo hanno compreso, e hanno anche inteso
l'amore come gioco"[17].
Allora bisogna stare al gioco, e giocare prendendo l'iniziativa per non essere
giocati, altrimenti si soffre come Alcesimarco, l'innamorato della Cistellaria di Plauto: "Ita me amor lassum animi ludificat, /fugat, agit,
appetit, raptat, retinet, / lactat, largitur. / Quod dat non dat; deludit. / Modo quod suasit dissuadet; / quod dissuasit, id
ostentat. / Maritumis moribus mecum expetitur: / ita meum frangit amantem
animum, / neque, nisi quia miser non eo pessum, / mihi nulla abest perdito
pernicies
" (vv. 215 - 224) , così amore si prende gioco di me dall'animo stanco, mi
respinge, mi spinge, mi attacca, mi trascina, mi ferma, mi adesca, mi riempio
di doni. Quello che dà non dà; mi canzona. Ciò che ha consigliato poco prima
sconsiglia; quello che ha sconsigliato te lo presenta. Cade su me con capricci
simili alle onde del mare: così spezza il mio animo innamorato, e, a parte che
non faccio naufragio totale, non manca nessun flagello alla mia dannazione.
giovanni ghiselli bologna 27 ottobre
2015
Appendice
I giuramenti d'amore non sono credibili.
“si dovrebbero dichiarare pubblicamente invalidi i giuramenti
degli innamorati e interdire loro il matrimonio, e proprio perché si dovrebbe
prendere il matrimonio indicibilmente più sul serio”[18]..
Cfr. nel Fedro di
Platone i discorsi di Fedro e il primo di Socrate contro l’amore che toglie
libertà all’innamorato.
L'inaffidabilità dei
giuramenti riguarda tanto gli uomini quanto le donne.
Lo afferma pure Sofocle in un frammento (811 Pearson) : " o{rkon d j ejgw; gunaiko; " eij" u{dwr
gravfw", giuramento di donna io lo scrivo sull'acqua.
E se tali solenni promesse penetrano da qualche parte, certo non dentro gli
orecchi degli immortali, sostiene Callimaco in un epigramma: " ajlla; levgousin ajlhqeva, tou; " ejn e[rwti -
o{rkou" mh; duvnein ou[at j ej" ajqanavtwn" (A. P. V 6) , ma dicono
il vero che i giuramenti in amore non entrano negli orecchi degli immortali.
[1]Ovidio
Rimedi contro l'amore, p. 175.
[2]R.
Musil, L'uomo senza qualità, p. 846.
[3]
Le avventure pastorali di Dafni e Cloe,
II, 7.
[4]L'arte d'amare, p. 43.
[5]
E. Fromm, Psicanalisi della società
contemporanea, p. 40.
[6]M.
Proust, Il tempo ritrovato, pp. 239 e
242.
[7]Moravia,
La Noia, Bompiani, Milano, 1984, p.
345.
[8]D.
Buzzati, Un Amore, Mondadori, Milano,
1965, p. 250.
[9]
L'uomo e il divino pp. 258 - 259.
[10]
M. Zambrano, L'uomo e il divino p. 264.
[11]Shakespeare,
Otello, III, 3.
[12]G.
Ugolini, Lexis, p. 186.
[13]Platone,
Cratilo, 240a - b.
[14]J.
P. Vernant, L'individuo, la morte,
l'amore, p. 120.
[15]Lucrezio,
De rerum natura, 15.
[16]
Lo spazio letterario di Roma antica, 1, p. 168.
[17]
M. Zambrano, L'uomo e il divino, p. 244.
[18] Aurora, III, 150.
invidia come passione per l'altro...rifletterò...i tuoi brani sono belli perchè fanno pensare. Giovanna Tocco
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