Enea vuole fuggire ma Didone cerca di fermarlo con una scenata e delle suppliche
La lussuria della regina scatena l'ira di Iarba, pretendente respinto, e la complicità di Enea provoca la collera di Giove che considera legittimo e santo l'ardore sacro della gloria ("si nulla accendit tantarum gloria rerum ", v. 232); impuro e deleterio (ancora una volta!) quello dell'amore. Il figlio di Venere dunque "naviget " (v. 237), navighi, non ami! Quindi il re degli dèi manda Mercurio per rinfocolare i sensi di colpa.
Quanto diverso è questo Iuppiter dallo Zeus utilizzato da Aristofane![1].
e da Ovidio[2] per avallare gli adultèri!
Appena vede Enea fundantem arcem 260 il messaggero Mercurio, il galoppino di Zeus come lo chiama il Prometeo di Eschilo[3] lo assale subito ("Continuo invadit ", v. 265) biasimandolo per il suo crimine.
“Tu nunc Karthaginis altae-fundamenta locas pulchramque uxorius urbem-extruis heu regni rerumque oblite tuarum? (Eneide, IV, 265-266), tu che ora pomi le fondamenta dell’alta Cartagine, tu appendice di donna, e costruisci una bella città dimentico del regno e di quanto hai da fare?
L' “eroe” troiano davanti a tanto rimprovero nemmeno cerca di difendere l'amore:"obmutuit amens/arrectaeque horrore comae et vox faucibus haesit "(vv. 279-280), restò muto, fuori di sé, gli si drizzarono i capelli per il terrore, e la voce si arrestò nella gola. gola.
Il v. 280 è formulare nell'epica virgiliana: riecheggia Eneide II 774:"Obstpui steteruntque comae et vox faucibus haesit ", mi paralizzai, si rizzarono i capelli e la voce rimase attaccata alla gola. E' la reazione di Enea davanti all'umbra di Creusa perdutasi durante la notte della presa di Troia. Uno spettro più grande della figura persona viva
Questo verso torna identico a III 48 quando Enea si terrorizza sentendo il lamento di Polidoro venire da una bacchetta[4] .
La formula del IV canto torna di nuovo con le medesime parole in XII v. 868 e questa volta riguarda Turno paralizzato dal presagio della propria morte.
Enea deve compiere altre imprese grandi e meravigliose, sicché non rimane agghiacciato a lungo : infatti lo scalda un ardore legittimo e davvero degno di un eroe:"Ardet abire fugā " (IV, v. 281), arde di andarsene in fuga, e dà ordini per prepararla furtivamente, riservandosi di parlarne a Didone nei momenti più dolci.
La regina però lo capisce da sola ("quis fallere possit amantem? ", v. 296, chi potrebbe ingannare un'amante? ), lei che temeva tutto anche se era sicuro:"omnia tuta timens" (v. 298).
L'ossimoro allitterante evidenzia quanto di contraddittorio c'è nell'anima di questa donna innamorata e ansiosa. L'allitterazione evoca un battere di colpi e contraccolpi.
Per giunta l’ impia fama (298) , porta la brutta notizia all'amante già sconvolta (furenti , v. 298). Allora scoppia di nuovo l'incendio della pazzia e dell'amore:"Saevit inops animi totamque incensa per urbem/ bacchatur ", vv. 300-301, ella infuria, priva di senno, e infiammata baccheggia per tutta la città.
Quindi la disgraziata affronta Enea al grido di "perfide " (305), che echeggia il lamento dell'Arianna abbandonata di Catullo[5]: prima lo aggredisce rinfacciandogli la malafede, poi lo supplica, evocando la propria morte, invocandone il senso dell'onore, la gratitudine dovuta, e cercando di impietosirlo:" Dissimulare etiam sperasti, perfide, tantum/posse nefas tacitusque mea decedere terra?/nec te noster amor nec te data dextera quondam/nec moritura tenet crudeli funere Dido? " (vv. 305-308), hai sperato, perfido persino di poter dissimulare un così grande misfatto, e di poter andartene dalla mia terra senza dir niente? non ti trattiene il nostro amore, né la destra data una volta, né Didone pronta a morire di morte crudele?
-mea… terra: la terra e la donna sono spesso identificate nella letteratura antica come non poche volte in quella moderna: Pound, a proposito dell'Ulisse di Joyce, ossia di Leopold Bloom, nota che :"La sua sposa Gea-Tellus, simbolo della terra, è il suolo dal quale l'intelletto tenta di saltar via, e nel quale ricade in saecula saeculorum "[6].- data dextera: nella Medea di Euripide la protagonista:"ajnakalei' de; dexia'"-pivstin megivsthn, (vv. 21-22) reclama il sommo impegno della mano destra.
Vediamo altri tre versi:" per conubia nostra, per inceptos hymenaeos,/si bene quid de te merui, fuit aut tibi quicquam/dulce meum, miserere domus labentis et istam,/oro, si quis adhuc precibus locus, exue mentem " (vv. 316-319), per la nostra unione, per le nozze iniziate, se ho ben meritato di te, o se per te c'è stato qualcosa di me che ti ha fatto piacere, abbi pietà di una casa che vacilla e deponi questo proposito, ti prego, se ancora c'è qualche posto per le preghiere.
Anche questi esametri contengono e suscitano echi. Il primo "è un'"allusione" a Catullo 64, 141 "sed conubia nostra, sed optatos hymenaeos" (Arianna abbandonata a Teseo sparito)
Il primo emistichio del v. 317 al lettore di Dante ricorda la captatio benevolentiae di Virgilio a Ulisse e Diomede:"s'io meritai di voi mentre ch'io vissi,/s'io meritai di voi assai o poco"[7].
Infine il dulce meum rammentato da Didone a Enea (v. 318) ricorda quello che Tecmessa cerca di richiamare alla mente di Aiace quando, nella tragedia di Sofocle, tenta di dissuaderlo dal suicidio:" ajndriv toi crew;n-mnhvnhn prosei'nai, terpno;n ei[ tiv pou pavqh/.- cavri" cavrin gavr ejstin hJ tivktous' ajeiv:-o{tou d j ajporrei' mnh'sti" eu\ peponqovto",-oujk a]n levgoit jj e[q j ou|to" eujgenh;" ajnhvr" (Aiace , vv. 520-524), per l'uomo certo è doveroso che rimanga un ricordo congiunto a qualche gioia se in qualche modo l'ha provata: infatti gratitudine genera gratitudine, sempre. Chiunque perda il ricordo di avere ricevuto del bene, non può più essere chiamato nobile.
Virgilio non utilizza la sentenza finale per non togliere nobiltà al suo eroe, ma chi crede nel valore della gratitudine sente che nel comportamento di Enea nei confronti di Didone c'è qualcosa di vile e volgare.
Avvertenza: il blog contiene 7 note e il greco non traslitterato.
Bologna 4 dicembre 2025 ore 19, 10 giovanni ghiselli
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[1] Il Discorso Ingiusto nelle Nuvole[1] (del 423 a. C.) di Aristofane consiglia a Fidippide: se ti sorprendono in adulterio, rispondi al marito che non hai fatto niente di male, poi fai ricadere l'accusa su Zeus, di' che anche lui è più debole di amore e delle donne ( "kajkei'no" wJ" h{ttwn e[rwtov" ejsti kai; gunaikw'n", v.1081).
[2] Fedra nelle Heroides interpreta a suo modo il passaggio dal regno di Saturno al regno di Giove: quello fu il regno della pietas e della rusticitas , questo il regno della libertà e del piacere (Her. 4. 131 sgg.): Ista vetus pietas, aevo moritura futuro,/rustica Saturno regna tenente fuit;/Iuppiter esse pium statuit quodcumque iuvaret/et fas omne facit fratre marita soror " (p. 187), questa vecchia bontà destinata a morire in futuro, c'era quando Saturno governava rozzi regni; Giove stabilì che fosse buono tutto quanto piaceva e rende del tutto naturale che la sorella sia sposata al fratello
[3] Prometeo è irremovibile nella sua opposizione ostinata e quando vede sopraggiungere Ermes lo annuncia come il galoppino di Zeus, il servo del nuovo tiranno (“ajll j eijsorw` ga;r tovnde to;n Dio;~ trovcin,-to;n tou` turavnnou tou` nevou diavkonon” (v. 941- 942) e gli fa notare che il suo discorso superbo è tipico di un servitore degli dèi (qew'n uJphrevtou, v. 954).
[4] E' l'episodio imitato da Dante nella selva dei suicidi (Inferno, XIII; qui il terrore è limitato a "ond'io lascia la cima cadere/e stetti come l'uom che teme", vv. 44-45.
[5]64, 133.
[6] Critica e saggistica, in Ezra Pound, Opere scelte, p. 1168.
[7]Inferno , XXVI, 80-81.
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