lunedì 1 dicembre 2025

Un uomo davvero nobile: Tiberio Gracco.


 

Diversi politici giornalisti e opinionisti al soldo dei mercanti di armi seguitano a invocare la guerra. Alcuni di questi, dopo avere visto i salti della Meloni e di Tajani, si sono messi a danzare la pirrica, una danza di guerra.

Quanti traggono lucri enormi o meschini dalla vendita delle armi raccomandano il potenziamento dell’esercito.

Che milioni di italiani sono poveri, molti di questi prossimi alla miseria in difficoltà o nella impossibilità di pagare l’affitto, le cure mediche, addirittura il cibo, non viene nemmeno preso in considerazione.

 Dobbiamo armarci e rilanciare l’industria costruendo armi.

A costoro contrappongo una bella e nobile figura di uomo di famiglia antica e potente che si è messo dalla parte dei poveri e per sostenerla ha dato la vita: i dententori dei privilegi dei pochi con i loro scherani lo hanno ammazzato a bastonate e gettato nel Tevere.

Dico di Tiberio Gracco che aveva Scipione Africano quale nonno materno. Era figlio di Cornelia, figlia del vincitore di Annibale.

Devo questo ricordo a questo ragazzo che ho sempre ammirato mentre nella letteratura latina non ho trovato parole della dovuta ammirazione totale. Lo assimilo ad altre persone che hanno scelto la parte dei poveri pur essendo nati nel ceto opposto, nella casta privilegiata. Ho ricordato tra questi Friedrich  Engels, don Lorenzo Milani, Bertolt Brecht,  Luchino Visconti che sono andati in paradiso passando per la cruna di un ago.

 Cito dunque alcune parole dalla biografia di Plutarco. Putroppo non ho il testo greco e devo limitarmi alla traduzione senza poterla controllare. Magari me la procurerò e farò un secondo intervento.

Sentiamo dunque Plutarco sperando che la traduzionedi Carlo Carena sia precisa: “ Tiberio lottava per un’idea bella e giusta (…) ogni volta che saliva sulla tribuna con il popolo affollato intorno a sé, cominciava a parlare per i poveri”. Era stato eletto tribuno della plebe nel 133. Utilizzava l’intercessio tribunizia in favore dei poveri.

Diceva queste parole: “Le fiere che abitano l’Italia , hanno ciascuna una tana, un covile dove riposare; coloro che per l’Italia combattono e muoiono, non hanno che l’aria, la luce e nient’altro. Senza casa, senza fissa dimora, vagano con la moglie e i figli; i comandanti  ingannano questi soldati quando nelle battaglie li esortano a difendere dagli assalti del nemico il proprio focolare e la tomba degli avi, perché nessuno di questi Romani, e sono moltissimi,  ha il suo altare familiare, nessuno ha il sepolcro avito; ma combattono e muoiono per difendere l’altrui ricchezza, il lusso altrui e vengono ch

iamati padroni del mondo, mentre non hanno una zolla di terra che sia loro (Plutarco, Vita di Tiberio Gracco, 9). Era nato nel 162 e fu ucciso nel 133. Venne ammazzato dalla reazione organizzata dai latifondisti dei quali voleva limitare la prepotenza e le immense proprietà con una riforma agraria. Nel 121 toccherà a suo fratello Gaio.

Ho voluto ricordarlo e onorare la sua nobiltà citando le parole che Plutarco gli attribuisce perché le trovo tragicamente attuali e anche perché si vergognino gli scalzacani che celebrano questo nostro sistema iniquo per ringraziare quanti gettano loro sotto la tavola qualche osso avanzato del banchetto con un rimasuglio di polpa.

 

Bologna primo dicembre  2025 giovanni ghiselli

p. s.

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